giovedì 27 marzo 2014

#nonditeloaigrandi

Ho sempre letto molto sin da piccola, senza fare particolari distinzioni
Secondo C. S. Lewis "Un libro non vale la pena di essere letto a dieci anni se non risulta altrettanto degno di essere letto a cinquanta e oltre". Per quel che vale, sono assolutamente d'accordo. Nella mia lunga vita di lettrice ho sempre letto in felice promiscuità libri per ragazzi e per adulti - detto e non concesso che questa distinzione abbia un senso - e i molti che mi sono piaciuti li ho riletti più volte, in varie stagioni della vita. La mia infanzia è stata illuminata da Orgoglio e pregiudizio (e dal Macbeth) e la mia, diciamo, maturità si è molto appassionata alle vicende di Harry Potter. Non è facile per me fare una  distinzione per fasce di età.
Vorrei perciò dedicare questo post ad alcune delle notevoli arrabbiature che mi sono presa da adulta (diciamo dai 16 anni in su) quando mi sono accorta che taluni libri "per ragazzi" che avevo letto nella mia più tenera infanzia erano stati implacabilmente tagliati dagli editori per i più balordi motivi. Per quanto ne so, questo barbaro costume non riguarda solo le edizioni "per l'infanzia" ma in questa occasione sorvolerò sull'uso della Mondadori di sforbiciare i gialli e la fantascienza per farli rientrare, bene o male che fosse, nella lunghezza richiesta dal formato editoriale delle sue collane dedicate, né mi dilungherò minimamente sul rancore che ho provato quando ho scoperto di avere letto per anni la Christie e Heinlein in edizione ridotta, giusto per fare due nomi a caso.
Quindi (come potete vedere) non mi soffermerò minimamente sullo scandalo che sono state le versioni adattate ne Il Giallo Mondadori e in Urania e parlerò di altro.

Quando ero una tenera e ingenua bambina, e si parla ormai di più di quarant'anni fa, le edizioni per ragazzi avrebbero potuto avere come sottotitolo "In guerra e in editoria tutto è lecito". Solo le edizioni Mursia si fregiavano (meritatamente) della scritta "edizione integrale" e segnalavano i rari casi di riduzione.
I miei genitori di solito ci facevano attenzione, ma qualche volta anche la loro vigile sorveglianza venne aggirata. Fu così che mi ritrovai a leggere Piccole donne in edizione ridotta.
Ora, Piccole donne è un romanzo nato per essere letto da bambine e ragazzine ed è un po' lungo. No, non noioso, assolutamente. Solo lungo. La storia era avvincente, i personaggi interessanti, non c'erano interminabili disgressioni filosofiche e il libro andava benissimo così com'era. Però, secondo gli editori era lungo.
Cosa c'è di male in un libro lungo? Quando ti piace un libro sei contenta che sia lungo, così ti ci vuole più tempo per leggerlo e stai di più con quei simpatici personaggi che tanto ti affascinano. La mia edizione comprendeva metà romanzo, né più né meno. Lo lessi e lo rilessi con gran piacere, e solo negli anni dell'università, quando un amica mi citò un episodio che non conoscevo, mi resi conto del torto che mi era stato fatto. A venticinque anni lessi l'edizione integrale, e ne conclusi che gli editori erano stati degli idioti completi: gli episodi che erano stati tagliati non erano forse essenziali alla trama principale - anche perché, siamo seri, in Piccole donne una vera e propria trama principale non c'è: è la storia di quattro ragazze, della loro madre e dei loro vicini di casa nel corso di un anno. Il suo pregio è l'atmosfera, gli episodi "non necessari" fanno parte dell'atmosfera quanto e come quelli "necessari".

Stessa storia per Il giardino segreto. Anzi peggio, perché quello non è nemmeno un romanzo "lungo", e non ci vogliono certo delle settimane per leggerlo. Anche lì avevano scarnificato un po' di polpa per accorciarlo. In questo caso me ne sono accorta quando, frugando in una libreria dell'usato, trovai un'edizione molto vecchia, più vecchia di quelle che avevo letto negli anni 60 nelle biblioteche di classe delle elementari. La copertina era carina, così decisi di comprarmi quel simpatico romanzo che ormai non rileggevo da troppi anni e di colmare una lacuna della mia libreria personale - in effetti a suo tempo avevo amato alla follia Il giardino segreto, e quando mi accorsi che l'originale aveva un buon terzo di storia in più la mia indignazione non conobbe limiti né confini. Perché ne ero stata privata nelle mie prime due o tre letture? Non era affatto giusto!

Nel caso di  David Copperfield intervennero i miei genitori: avevo letto un paio di edizioni non ridotte, bensì maciullate, sempre nelle biblioteche di classe, e quando un giorno mia madre, parlando di Dickens, mi spiegò che "era divertente" avanzai delle riserve, visto che la mia conoscenza di Dickens si riduceva alla lacrimosa storia di David alle prese con il perfido Murdstone. A riprova del fatto che Dickens era divertente mi venne porto il Circolo Pickwick, l'unico Dickens che c'era in casa.
Lo lessi e dovetti ammettere che Dickens era divertente, molto divertente. Così a Natale mi arrivò in regalo una copia completa di David Copperfield - che, com'è noto, non è un romanzo di centocinquanta pagine scritte grandi grandi e intervallate da un infinità di brutte illustrazioni, bensì un poderoso tomo che, con un carattere di scrittura accettabile, passa tranquillamente le mille pagine. Lì non era questione di intaccare l'atmosfera, mancava semplicemente il romanzo. Quasi tutto.
D'accordo, può darsi che per un bambino di otto anni leggersi David Copperfield in integrale sia un problema. Ma, in effetti David Copperfield non è stato scritto per una platea di ottenni. Era un romanzo per tutti. Perché non lasciar crescere il lettore fino a dodici, quindici, vent'anni o quel che gli pareva e fargli leggere il tutto in integrale? Dove sta scritto che per un infanzia ben riuscita è indispensabile leggersi brani scollegati del David Copperfield?

E veniamo alla Piccola Fadette, delizioso romanzo breve o racconto lungo che dir si voglia. Una storia bellissima, molto ben sviluppata e scritta per ragazzi. Ne circolavano diverse versioni, con diversi tagli. Un confronto casuale in vacanza col libro di un amica mi permise di accorgermi che mancava roba. Quale fosse nel complesso la roba che mancava lo scoprii a trent'anni, quando finalmente misi mano (sempre grazie a una libreria dell'usato) alla versione BUR - perché la BUR è sempre stata composta di edizioni integrali, vivaddio. 
Si era ritenuto opportuno togliere l'amore di Sylvinet per la cognata, gli accenni alla madre di Fadette, l'appassionata difesa che la figlia ne faceva e tutta una serie di dettagli "sconvenienti" - almeno, suppongo che venissero considerati tali - e tagliare una bella fetta delle scene d'amore, caso mai i bambini rischiassero di non pensare che ci si sposa per amicizia. Onore al merito, i tagli si rivelavano perfettamente inutili perché la storia d'amore si segue lo stesso e la madre sono comunque costretti a nominarla. Soprattutto, il libro è scritto così bene che i sentimenti traspaiono non soltanto nelle scene canoniche ad essi dedicate, ma da tutto l'insieme. Compreso l'attaccamento di Sylvinet per la cognata.

Il caso più ridicolo è la storia di Cosetta. Ogni collana di classici per ragazzi, quando ero bambina, aveva un volume dedicato a Cosetta. Qualche decina di pagine con la descrizione di un'infanzia infelice e maltrattata e il glorioso salvataggio ad opera dell'ex galeotto Jean Valjean. Poi la bambina cresce bene e entra in scena il piccolo Gavroche, che muore eroicamente sulle barricate.
Sì, sto parlando de I miserabili. Ma solo quando avevo passato abbondantemente la ventina e, in un insano desiderio di acculturamento**, affrontai la lettura del romanzo in questione scoprii da dove venivano la magrissima e infreddolita Cosette e il giovanissimo barricadero, e seppi come mai Cosette era stata affidata a un altra famiglia (della storia di Fantine, che è una parte talmente bella da essere piaciuta perfino a me, ovviamente nella riduzione non c'era traccia. Figurarsi, una ragazza che resta incinta di uno studente fuori corso e muore di tisi per effetto del troppo lavoro e dei mesi invernali passati a battere il marciapiede - nemmeno da pensarci). Cosa sia passato per il cervello del pazzo scriteriato che ha stabilito che dei bambini sotto i dieci anni dovessero per forza mettere mano ai Miserabili non lo so e non lo voglio sapere; penso anzi che scoprirlo potrebbe gravemente nuocere a quel po' di salute mentale che faticosamente sono riuscita a preservare finora.

Immagino che ora, che viviamo in tempi più ragionevoli e sotto migliori costumi, simili obbrobri non si vedano più. Eppure, eppure, eppure...

Qualche anno fa, dopo avere letto con grande entusiasmo la trilogia di Pullman Queste oscure materie*** cercai qualcos'altro di quell'autore così bravo, e trovai in biblioteca Il rubino di fumo, edizione Mondadori di qualche anno prima, primo volume di un altra trilogia.
Era una storia slegata, senza capo né coda, che mi stupì dolorosamente. Di recente l'hanno ristampata (ristampata? O ri-tradotta?) per Salani, e sembra un volume molto più alto. Non l'ho ancora comprato, ma nel frattempo ho letto un altro romanzo di Pullman, sempre edito da Salani, e guarda caso era scritto benissimo e mirabilmente strutturato.
La cosa mi ha vieppiù insospettito...


*in effetti ho letto le sue Cronache di Narnia a quaranta anni e mi ci sono annoiata a morte. Altrettanto, sospetto, mi sarebbe capitato se le avessi lette intorno ai dieci anni, ai quindici o a qualsiasi altra età.
**onestamente, e con tutto il rispetto, Hugo non è pane per i miei denti. Davvero.
***quella che comincia con La bussola d'oro

13 commenti:

  1. La collana Mursia che tu evochi è la beneamata Corticelli, che anche io consultavo e compulsavo come la Bibbia visto che, come te, detestavo le riduzioni. Per me lo scandalo fu Sara Crewe, sempre Burnett. E per ricostruire la complessa vicenda editoriale ci misi un bel po'.
    Della Alcott, per fortuna Piccole donne passò indenne, ma Otto cugini e Jack e Jill, ereditati dai volumi di una zia, subirono la stessa sorte. Poi per fortuna li ricomprati nella Corticelli.

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  2. ps. Mi hai contaminato, ecco il mio!
    http://nemoinslumberland.wordpress.com/2014/03/27/nonditeloaigrandi/

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  3. Fanno eccezione le riduzioni di Laura Orvieto (Storie della storia del mondo) e Charles e Mary Lamb con i loro Racconti da Shakespeare, che effettivamente avevano un senso - a otto anni leggere l'Iliade o Sogno di una notte di mezza estate è un po' tosto, e invece vedo che i miei figli amano questi libri come li ho amati io - e mia madre quand'era una bambina :-)

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  4. Di Lamb conosco solo una versione (non ridere) ipertagliata... per ragazzi e quindi non posso dire niente, davvero. La Orvieto però non ha TAGLIATO l'Iliade, l'ha raccontata a modo suo. Quindi non era obbligata alla fedeltà all'originale, e chi la legge non pensa di avere letto L'Iliade. Ri-raccontare una storia a modo nostro è un'operazione lecitissima, anzi è proprio quello che manda avanti la letteratura.

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  5. @la povna:
    La Corticelli aveva pubblicato anche gli Otto cugini e ack e Jill? Quando ero bambina c'erano solo i quattro libri delle Piccole donne e un altro... Rosella, mi sembra si chiamasse.
    Fortunato chi ha tutta quella collana in casa, e peccato che certe cose vengano ristampate in modo così occasionale. La BUR aveva cominciato una collana seria (cioè integrale) di libri per ragazzi, una ventina di anni fa, ma non durò molto a lungo. Peccato.

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  6. Riguardo alle riduzioni, aggiungo a quanto diceva Murasaki sulla Orvieto che la stessa osservazione (cioè: cambio di genere, dunque non riduzione, ma riscrittura all'interno di una normale e banalissima pratica intertestuale letteraria) vale anche per i racconti dei fratelli Lamb, che l'operazione di genere la mettono addirittura nel titolo.
    Peraltro la Corticelli pubblicò una buona selezione dei Tales from Shakespeare (che noi leggiamo anche a scuola proprio per ragionare sul passaggio di genere).

    La Corticelli della Alcott ha pubblicato praticamente tutta la produzione per ragazzi: Otto cugini con il titolo La collina delle zie (e il seguito è appunto Rosella, poi ritradotto in una edizione successiva Fanciulle in fiore). Jack e Jill è pubblicato con il titolo "Incontro alla vita" e sottotitolo, appunto, Jack e Jill.

    Allora "Fortunata" è il mio secondo nome (quando si dice un destino: la letteratura giovanile non mi ha arriso per caso!).

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  7. Mi manca "Il giardino segreto; recupererò, perché penso rientri nelle mie corde da giardiniere immaginario.

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  8. Con vergogna mi tocca ammettere di essere cresciuta a pane e riduzioni. Ma mi pento sinceramente. ^___^
    Un saluto affettuoso, cara Murasaki.

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  9. Be', sì, si può dire che sono adattamenti? :-)
    Erano le uniche cose "da piccoli" che mia nonna - che era una un po' rigida, diciamo - aveva accettato in casa.

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  10. "Adattamento" è un termine che nasce come definizione del passggio tra codici, più che tra generi, ma non è che siamo tutti figli di Gorgia, dunque... Tecnicamente, sono esempi di quelli che con Genette chiamamo forme dell'intertestualità; per questo uno dei termini morbidi usati è appunto riscritture (che privilegia l'ottica del passaggio tra generi rispetto a quello tra codici). Poi, come dicevo, nel linguaggio comune siamo ormai tutti figli del cinema, e nessuno, per dire, dice più analessi, dunque...

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  11. Io credo di non averlo mai detto, analessi :-)

    Comunque, Corticelli mi ha fatto scattare qualcosa, e infatti (dopo rapida visita in camera del figlio) erano Corticelli anche tutte le Strane Storie di animali (Strani animali e loro storie, sono una intera serie...).

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  12. Dicevo nessuno tra gli addetti ai lavori, che pure masticano sempre un po' di Genette. Sì la Corticelli aveva varie sotto-sezioni, una per esempio con tutto Verne.

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  13. @Mel
    Oh sì, ti consiglio MOLTO caldamente di recuperare al più presto il Giardino segreto.

    @Linda
    Che bello ritrovarti! ^__^

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