mercoledì 31 luglio 2013

La Pizza dei Giovani, ovvero sul nonnismo

Un insegnante appena arrivato alla scuola media di St. Mary Mead presta il dovuto omaggio alla prof. De Rapacis (The Accolade di E. B. Leighton, 1901)

L'anno in cui per la prima volta approdai alla scuola di St. Mary Mead una buona metà delle cattedre era occupata dai cosiddetti precari. Oltre a svariati precari a contratto annuale, che avevano ricevuto l'incarico in quella sorta di ordalia nota col nome di "convocazione per le supplenze annuali" c'era pure un piccolo ma agguerrito drappello di supplenti di terza fascia - quelli senza abilitazione, insomma. I due più giovani erano stati addirittura scelti come mascotte del gruppo e se ne parlava come di due cuccioletti ancora da svezzare, nonostante Petite andasse per i 29 anni e Petit ne avesse ormai compiuti 31; quanto a me e alla De Angelis, avevamo ormai saldamente varcato la soglia dei 40, come Lucy.
Il fatto di essere nuovi della scuola e in buona parte pendolari da Firenze ci saldò in una specie di gruppo interno che era unito soprattutto da una forte simpatia reciproca. Sotto Natale ci venne spontaneo ritrovarci per una classica cena in pizzeria cui si unì la prof. Marzapane, che non solo era di ruolo da un'eternità, ma apparteneva di diritto al gruppo delle Anziane della scuola; né la sua presenza ci causò dispiacere o disagio alcuno, perché è sempre stata un'ottima compagnia.

Passarono le vacanze di Natale, poi tornammo a scuola. Mi ritrovai così un bel giorno di metà Gennaio a fare la mia consueta sorveglianza mensa con la prof. De Rapacis (responsabile di plesso nonché Eminenza Grigia della scuola), la Cleptomane (che come sempre era "salita a prendere un caffé" per non fare ritorno) e la prof. Casini che già da tempo aveva mostrato di essere sempre disposta a dir male di chiunque. D'abitudine le lasciavo parlare senza intervenire, vuoi perché non sempre sapevo di chi stavano sparlando, vuoi perché esporre opinioni di un qualsiasi tipo in loro presenza, specie riguardo ad un essere vivente, non mi sembrava affatto consigliabile. Ascoltarle però era spesso un'esperienza interessante e formativa.

Ad un certo punto (erano partite dall'indispensabilità del libriccino sulle regioni d'Italia allegato al manuale di prima, transitando tra l'altro da: malattie incurabili, depressione e voti dell'esame di terza) la De Rapacis disse che lei non aveva mai fatto distinzione alcuna tra insegnanti di ruolo, non di ruolo e supplenti, e che per lei i colleghi erano sempre stati tutti uguali*, però non si capacitava del fatto che alcuni degli insegnanti di quella scuola avessero organizzato una cena senza avvisare gli altri colleghi - e seguì un elenco di nomi che  comprendeva tutti i partecipanti della nostra innocua pizzata di Natale tranne me.
Siccome con me certe finezze sono del tutto sprecate, ne conclusi semplicemente che si fosse trattato di una seconda cena, che si era svolta in mia assenza. 
"Vabbe', non ci trovo niente di male" dissi "Ognuno va a cena con chi gli pare, giusto?".
No, assicurarono, non era giusto. La Casini  mi spiegò che all'inizio dell'anno aveva fatto anche lei non so che riunione di colleghi a casa sua e aveva impavidamente invitato anche gente che le faceva schifo. 
"Va bene, se mai mi inviterai, mi ricorderò di quanto affettuoso calore può esserci nei tuoi inviti"  assicurai.

Siccome non stavo reagendo nel modo giusto la procedura fu riavviata dall'inizio: prima l'elenco dei partecipanti alla cena, poi la data approssimativa dell'evento, e a quel punto, dato che era oggettivamente improbabile che a scuola fossero state fissate due serate con pizza nella stessa settimana, una con me e una senza di me, ma a parte quello con gli stessi identici partecipanti, realizzai di cosa stavano parlando - e addirittura venni sfiorata dal sospetto che sapessero perfettamente che a quella cena c'ero anch'io e stessero cercando di stanarmi senza aver l'aria.

"Veramente c'ero anch'io a quella cena" dissi conciliante "Non c'era nessun intenzione di escludere nessuno, volevamo andare a cena insieme e ci siamo andati, tutto qui".
No, non era tutto lì: i partecipanti erano stati selezionati in base all'età e questo non andava bene. Avevamo fatto la Pizza dei Giovani.
"Bah, per chiamare giovane me ci vuole una bella fantasia" dissi con un bel sorriso, ben consapevole che le altre due avevano rispettivamente cinque e dieci anni più di me "Eravamo solo persone che avevano voglia di cenare insieme. Persone, avete presente?".
No, non avevano presente. Era stata una grave mancanza verso i colleghi non estendere l'invito a tutti. Il Vecchio Preside avrebbe dovuto non chiamarci più per le supplenze, dopo questo (rischiando peraltro non pochi ricorsi - per tacere del fatto che dal Provveditorato avrebbero continuato a mandargli chi pareva a loro, in base alle graduatorie, senza consultarlo).
"Ma, scusate, come funziona? Se voglio andare a letto con un collega o una collega, devo per forza estendere l'offerta a tutti gli altri, compresi quelli che lavorano negli altri tre plessi?" (all'epoca al Collegio Docenti facevamo più di cento presenze).
Il paragone le lasciò alquanto sconcertate. Non c'entrava niente, mi dissero. Non era la stessa cosa.
E come no, ribattei, sul mio facevo quel che mi pareva; e, di sicuro, ero libera di andare a cena con chi mi pareva senza rendere conto a nessuno.

Era, con tutta evidenza, un caso di incomprensione reciproca: io non riuscivo assolutamente a capacitarmi del fatto che qualcuno, sul posto di lavoro, si azzardasse a sindacare su chi frequentavo una volta uscita da scuola, mentre loro erano altrettanto palesemente sbalordite dalla mia totale, completa e assoluta mancanza del sia pur minimo segno di contrizione.

Dissi che il loro era un modo di ragionare folle (e in effetti sbagliai, perché in quel contesto il verbo "ragionare" era del tutto fuor di luogo). Offesissima,  la Casini ribatté "Vedi di calmarti, qua nessuno ha offeso nessuno dicendogli che il suo modo di ragionare è folle". "Come no, l'ho detto io. Se volete lo ripeto anche, lo metto per iscritto e lo firmo davanti a testimoni".
Il problema di base era che io non potevo (letteralmente: non potevo. Non ne avevo la facoltà né il diritto) fare l'unica cosa sensata, cioè andarmene sbattendo la porta; non solo perché non c'era alcuna porta da sbattere (eravamo in un ampio cortile) ma anche perché eravamo già sotto il numero regolamentare per sorvegliare i cento e passa ragazzi che in quel momento saltellavano come canguri scorazzando intorno a noi - sorvegliandosi da soli, per nostra buona sorte - perché la Cleptomane era via da venti minuti a bersi il suo eterno caffé. Scelsi adunque l'unica possibilità che mi sembrava dignitosa, ovvero mi chiusi in un silenzio avvolto da dense nuvole di fumo nero, ed evitai di raccogliere ulteriori provocazioni; che, devo dire, continuarono numerose. Ad esempio venne stabilito che la prof. Marzapane doveva smettere di andarsene in giro scroccando cene (evidentemente il loro concetto di "scroccare" era un po' particolare, visto che la Marzapane aveva pagato la sua parte senza minimamente cercare di scaricare su di noi il prezzo della sua pizza). Poi la Casini osservò che Petite faceva tanto la giovane, ma aveva già trent'anni, e suo figlio (il figlio della Casini, che all'epoca aveva sei anni ancora da compiere) aveva una maestra della sua età e la considerava vecchia.
E andarino avanti su questo livello per un bel po'.
Finalmente l'intervallo di mensa si concluse e riportammo in classe i ragazzi.

Ero ben decisa a non riferire nulla di quella deplorevole conversazione ai diretti interessati, ovvero il manipolo dei Giovani e Similgiovani; disgraziatamente un'insegnante ci aveva sentito questionare ed era prontamente corsa dalla De Angelis, e da Petite e Petit dicendo che c'era stata una discussione e avevamo parlato anche di loro (l'arte di cucinarsi qualche teglia di cavoli propri è notoriamente poco praticata, ahimé). E così all'uscita di scuola me li ritrovai davanti, tutti e tre, debitamente preoccupati e ricolmi di domande. Sul momento, ahimé, non mi venne in mente una balla adeguata e non seppi fare di meglio che  scodellare un resoconto un po' addolcito di tutta la conversazione (che, per quanto ci provassi, si prestava ben poco ad essere addolcito).


Il saggio Petit trovò la storia divertente e si guardò bene dall'affrontare l'argomento con le due arpie; l'angelica De Angelis provò a mediare, senza sortire grandi risultati, e Petite, semplicemente, andò in crisi, ed essendo di gran lunga la più debole, anche psicologicamente (era alle sue prime supplenze) venne fatta oggetto di lì sino alla fine dell'anno di un moderato bullismo da parte della De Rapacis.

Quanto a me, dismisi ogni forma di rapporto con la De Rapacis (fino a quel momento l'avevo sempre trattata con grande rispetto, anche perché era una brava insegnante) e non contribuii al regalo per il suo pensionamento.

La Gran Tragedia della Pizza dei Giovani fa ormai parte della memoria collettiva ed è stata oggetto di gran divertimento per chi l'ha sentita raccontare; ma io, tuttora, quando ci ripenso sento i canini che si allungano e si aguzzano.


*e già dal fatto che le fosse venuto in mente di fare una precisazione del genere, persino una persona candida e sprovveduta quale mi pregio di essere dovette prendere atto definitivamente che di distinzioni gerarchiche era abituatissima a farne, eccome.

7 commenti:

  1. Da me c'è stata la pizza "di quelli che prendono la corriera", che coincidono con i precari, almeno una parte. Ma devo dire che nessuno ha avuto proprio un bel niente da dire su ciò.
    Io poi ancora meno (sono nella terra di mezzo -arridaje- dei vecchi ma precari che comunque essendo locale va in macchina a scuola), dato che ogni anno, quando organizzano la mangiata e invitano tutti, io non vado mai. Sarò un po' stronza, ma ho anch'io quella bizzarra idea che a mangiare ci vado con chi pare a me, ed è impossibile che in un collegio di 40 persone siano tutti simpatici ;-)

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  2. Mi hanno invitato alle cene finali di (quasi) tutto il collegio solo dopo dieci anni di ruolo...

    (bel pezzo, ho riso, anche se posso capire i canini che rispuntano)

    (solo una cosa: adesso, saresti ancora invitata alla pizza dei Giovani? :_P)

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  3. Il paragone che hai utilizzato è strepitoso! Credo che lo utilizzerò anche io, al primo rimprovero di nonnismo sul lavoro! :))

    Troppo simpatica, a presto!

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  4. Le "pizziate"(così diciamo)con colleghi sono quasi sempre causa di pettegolezzi. Da tempo me ne tengo alla larga, tranne rare eccezioni.

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  5. sono capitata qui un po' per caso, io invece non ho riso affatto. la storia mi pare bruttissima e trovo abominevole che una professoressa di mezza età, che si presume colta, intelligente e persona con uso di mondo, possa essere tanto meschina. mio marito mi ha raccontato di un episodio simile accaduto in caserma (gruppetto di soldatini che, prima di separarsi l'ultimo giorno, ha offerto la cena a due degli ufficiali più simpatici) e furono impediti ad uscire quell'ultima sera da un ufficiale che non era stato invitato.... roba da non crederci. Mi dispiace tantissimo per la giovane supplente. Michela.

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  6. Varrebbe la pena arrabbiarsi se tutte le energie non fossero già spese a essere triste per loro. Che noia, una vita così.

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  7. @Alice:
    Infatti, di solito nessuno ha niente da ridire. Meglio ancora: di solito la cosa non viene nemmeno notata.

    @LaProf:
    ehm... per quel che ne so da allora non c'è stata ALCUNA pizza dei giovani... e quindi immagino che la risposta sia "No" ^__^

    @Linda
    A presto... o anche "a tardi", sperando che le tue vacanze durino ancora a lungo :)

    @Mel:
    Ecco, i pettegolezzi non ci avrebbero sorpresi. Ognuno spettegola su quel che gli pare, giusto? Ma il richiamo formale, con la pretesa di essere pure presi sul serio mi ha sbalordito

    @Michela
    Ti capisco, perché è il tipo di effetto che ha fatto anche a me - soprattutto per la collega più giovane. Che col tempo si sarà fatta un po' di pelle più spessa, però ha avuto sfortuna a trovarcisi in mezzo proprio al primo anno. E naturalmente il clima della scuola era tanto, tanto, TANTO amicale e tutti ci volevamo tanto bene. Il bello è che la maggior parte dei colleghi era effettivamente e sinceramente amichevole, quindi finisci per non renderti nemmeno ben conto con chi hai a che fare.

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