Il mio atteggiamento verso il latino non è dei più amichevoli
Persino io stessa medesima, quando provo a ragionare sulla questione, sono costretta ad ammettere che il mio atteggiamento verso il latino ha qualcosa di patologico, tanto più che in latino mi sono pure laureata. D'accordo, il latino medievale è un po' un mondo a sé, comunque Livio e Virgilio mi piacciono molto, ho la mia brava mensola di autori latini (molti con testo a fronte) e ogni tanto li rileggo (con un occhio all'originale) e qualche citazione in latino la faccio pure io (di solito in cuor mio). Però, sia chiaro, col latino ho un pessimo rapporto.
Quando andavo alle medie latino era ancora obbligatorio in seconda, facoltativo in terza. Quindi in seconda media me lo trovai davanti come materia curricolare.
Fu odio a prima vista. Il problema, lo capii solo col tempo, non era tanto il latino quanto le grammatiche latine. Anzi, il contesto generale delle grammatiche latine.
Il mio istinto di contraddizione scattò subito al primo paragrafo "A cosa serve il latino".
"A una sega" fu la risposta che mi diedi in cuor mio. Né alcuna delle motivazioni addotte dal Manna (manualista all'epoca in gran voga per il latino) servì ad addolcirmi. Non ricordo cosa diceva, ma nulla che avesse un senso ai miei occhi. Provarono a spiegarmi (ci provano ancora, ogni tanto) che il latino apriva la mente, ma a me non sembrava che la mia fosse particolarmente chiusa. Cercarono di adescarmi con la promessa di migliorare il mio grado di comprensione dell'italiano, peccato però che l'italiano lo comprendessi già benissimo; anche quello arcaico, anche quello medievale.
E poi c'era la grandezza della civiltà latina; ma io ero una perfetta figlia degli anni 70 e per me i latini erano una manica di imperialisti guerrafondai e pure assai maschilisti, e l'idea della grandezza della passata gloria imperiale mi faceva venire l'orticaria.
C'erano le frasi, poi: fanciulle che giocavano a palla, ancelle assai soddisfatte di un braccialetto d'argento, discepoli assidui, alfieri strenui, Annibale e i suoi elefanti. E le favole di Fedro - ah, quell'abominevole concentrato di banalità, buon senso spicciolo e moralismo d'accatto. Le favole di Fedro mi davano addirittura il voltastomaco.
L'avversione per quello strano mondo era tale che davanti al latino feci muro, semplicemente. Ci vollero anni e anni per rimediare quel primo, disastroso avvio; ci vollero eccellenti insegnanti e i più bei versi di Virgilio e Lucrezio prima che sopportassi di avere a che fare con quella robaccia e mi adattassi a cercare di tradurla.
Il mio profitto a italiano calò drasticamente: in prima media avevo uno sfolgorante nove, unico di tutta la scuola, in seconda un miserabile sette, dato che il latino faceva media con italiano. In terza mi arrangiai meglio - perché nel frattempo i miei genitori, in un attacco di singolare idiozia, decisero di farmelo fare anche se era facoltativo perché volevano mandarmi - e mi mandarono - al liceo classico. Dove ovviamente fu pianto e stridor di denti perché continuavo ad avere l'allergia alla cultura classica e nemmeno la meravigliosa prof. De Divinis, con tutta la sua cultura, il suo senso assai classico della misura e le sue idee antimperialiste riuscì completamente ad aggirare le mie difese (e non so immaginare che disastro totale sarebbe stato se avessi incontrato una di quelle pazze scatenate che circolano tuttora in libertà ad insegnare al Ginnasio, seriamente convinte che il latino apra la mente, dia un metodo e trasmetta sani valori morali).
E fin qui è storia personale. Qualche anno dopo qualche anima accorta decise che il latino non era propriamente indispensabile alla formazione di base nella scuola dell'obbligo - e pazienza se per colpa della sua mancanza ai virgulti non si sarebbe aperta la mente ancora per chissà quanti anni.
Così approdai alle medie per insegnare, fiduciosa e ragionevolmente convinta che di latino, lì, non si sarebbe più parlato.
E invece, scoprii, il latino c'era ancora. Ancora con gli alfieri strenui, le fanciulle che si grattavano le palle, le ancelle operose e, naturalmente, con Annibale e i suoi elefanti, questi ultimi sempre in gran numero.
In effetti le frasi erano le stesse, scoprii con orrore, anche perché il Manna continuava a circolare, più o meno adattato. E c'erano insegnanti che si contendevano all'arma bianca il mirabile privilegio di annoiare a morte i loro alunni con appositi corsi pomeridiani di latino a pagamento; e questa ai miei occhi rimane la cosa più sbalorditiva: che ci siano genitori che pagano per mandare i loro assidui e diligenti figli ai corsi serali di latino, incuranti che l'anno prossimo i figli avranno fior di insegnante regolarmente stipendiato dallo Stato per insegnargli latino al liceo mediante un regolare corso di studi curriculare,e che invece di ricompensare l'assiduità negli studi dei loro integerrimi figli con gelati, scarpe firmate, giochi per la wii o, al limite, semplicemente lasciandoli in pace, si preoccupano di tormentarli ulteriormente con il latino.
Tali corsi sono riservati ai più bravi "quelli che faranno il liceo"; anche se i privilegiati, depositari di tanto onore, devo dire che spesso mostrano entusiasmo piuttosto scarso, soprattutto quelli che fanno latina in alternativa al Cineforum o ai laboratori di Artistica o Fisica.
Scopo di questi corsi, a quanto vedo, è fornire ai virgulti subito, in anteprima, la parte più noiosa del latino scavalcando tutto ciò che di piacevole il latino può avere. Se non è il Manna buonanima sono strane imitazioni del Manna (sempre con gli alfieri strenui e il pio Enea) - tutta roba capace di stroncare sul nascere ogni sia pur vaga inclinazione agli studi classici.
Mi hanno detto - e probabilmente è vero - che il mio istintivo rigetto per il latino è stato un caso isolato, che i virgulti si adattano spesso di buon grado, che la cosa non fa poi danni così grossi come la mia drammatica esperienza mi porta a presumere. E' possibile, senz'altro è possibile; e magari a loro la mente si apre davvero, non so.
Io, comunque, continuo a trovare il tutto piuttosto privo di senso.
E poi c'era la grandezza della civiltà latina; ma io ero una perfetta figlia degli anni 70 e per me i latini erano una manica di imperialisti guerrafondai e pure assai maschilisti, e l'idea della grandezza della passata gloria imperiale mi faceva venire l'orticaria.
C'erano le frasi, poi: fanciulle che giocavano a palla, ancelle assai soddisfatte di un braccialetto d'argento, discepoli assidui, alfieri strenui, Annibale e i suoi elefanti. E le favole di Fedro - ah, quell'abominevole concentrato di banalità, buon senso spicciolo e moralismo d'accatto. Le favole di Fedro mi davano addirittura il voltastomaco.
L'avversione per quello strano mondo era tale che davanti al latino feci muro, semplicemente. Ci vollero anni e anni per rimediare quel primo, disastroso avvio; ci vollero eccellenti insegnanti e i più bei versi di Virgilio e Lucrezio prima che sopportassi di avere a che fare con quella robaccia e mi adattassi a cercare di tradurla.
Il mio profitto a italiano calò drasticamente: in prima media avevo uno sfolgorante nove, unico di tutta la scuola, in seconda un miserabile sette, dato che il latino faceva media con italiano. In terza mi arrangiai meglio - perché nel frattempo i miei genitori, in un attacco di singolare idiozia, decisero di farmelo fare anche se era facoltativo perché volevano mandarmi - e mi mandarono - al liceo classico. Dove ovviamente fu pianto e stridor di denti perché continuavo ad avere l'allergia alla cultura classica e nemmeno la meravigliosa prof. De Divinis, con tutta la sua cultura, il suo senso assai classico della misura e le sue idee antimperialiste riuscì completamente ad aggirare le mie difese (e non so immaginare che disastro totale sarebbe stato se avessi incontrato una di quelle pazze scatenate che circolano tuttora in libertà ad insegnare al Ginnasio, seriamente convinte che il latino apra la mente, dia un metodo e trasmetta sani valori morali).
E fin qui è storia personale. Qualche anno dopo qualche anima accorta decise che il latino non era propriamente indispensabile alla formazione di base nella scuola dell'obbligo - e pazienza se per colpa della sua mancanza ai virgulti non si sarebbe aperta la mente ancora per chissà quanti anni.
Così approdai alle medie per insegnare, fiduciosa e ragionevolmente convinta che di latino, lì, non si sarebbe più parlato.
E invece, scoprii, il latino c'era ancora. Ancora con gli alfieri strenui, le fanciulle che si grattavano le palle, le ancelle operose e, naturalmente, con Annibale e i suoi elefanti, questi ultimi sempre in gran numero.
In effetti le frasi erano le stesse, scoprii con orrore, anche perché il Manna continuava a circolare, più o meno adattato. E c'erano insegnanti che si contendevano all'arma bianca il mirabile privilegio di annoiare a morte i loro alunni con appositi corsi pomeridiani di latino a pagamento; e questa ai miei occhi rimane la cosa più sbalorditiva: che ci siano genitori che pagano per mandare i loro assidui e diligenti figli ai corsi serali di latino, incuranti che l'anno prossimo i figli avranno fior di insegnante regolarmente stipendiato dallo Stato per insegnargli latino al liceo mediante un regolare corso di studi curriculare,e che invece di ricompensare l'assiduità negli studi dei loro integerrimi figli con gelati, scarpe firmate, giochi per la wii o, al limite, semplicemente lasciandoli in pace, si preoccupano di tormentarli ulteriormente con il latino.
Tali corsi sono riservati ai più bravi "quelli che faranno il liceo"; anche se i privilegiati, depositari di tanto onore, devo dire che spesso mostrano entusiasmo piuttosto scarso, soprattutto quelli che fanno latina in alternativa al Cineforum o ai laboratori di Artistica o Fisica.
Scopo di questi corsi, a quanto vedo, è fornire ai virgulti subito, in anteprima, la parte più noiosa del latino scavalcando tutto ciò che di piacevole il latino può avere. Se non è il Manna buonanima sono strane imitazioni del Manna (sempre con gli alfieri strenui e il pio Enea) - tutta roba capace di stroncare sul nascere ogni sia pur vaga inclinazione agli studi classici.
Mi hanno detto - e probabilmente è vero - che il mio istintivo rigetto per il latino è stato un caso isolato, che i virgulti si adattano spesso di buon grado, che la cosa non fa poi danni così grossi come la mia drammatica esperienza mi porta a presumere. E' possibile, senz'altro è possibile; e magari a loro la mente si apre davvero, non so.
Io, comunque, continuo a trovare il tutto piuttosto privo di senso.
ma perché adesso comincio a vedere i tuoi post di aprile?
RispondiEliminaPerché li ho pubblicati adesso, che domande ^__^
RispondiEliminaIo invece rimango sconvolta e di fronte a certi libri di testo in uso nelle prime classi del liceo e di fronte alla metodologia di certi insegnanti nell'insegnamento del latino.
RispondiEliminaQuest'anno ho seguito una giovane nipote (prima liceo scientifico), diligente e molto impegnata, che ha avuto un approccio quasi traumatico con la nuova disciplina.
E poi c'è chi si meraviglia se molti studenti non amano il latino!!
Sono tra quelle che ha fatto il latino alla medie per sua richiesta (seconda e terza) e poi il classico per scelta. Il latino mi è piaciuto, probabilmente, soprattutto per il suo aspetto matematico-traduttivo (e poi da brava adolescente ho amato Catullo, e da brava storica Tacito e Livio. Più Ovidio e Seneca, senza apparente motivo).
RispondiEliminaNessun trauma, nessun niente, eppure... Eppure quando ho vinto il concorso e ho potuto scegliere (e scegliere bene, visto che ero tra i primi) non ho avuto dubbi: il ruolo l'ho preso su Italiano e Storia, ai Tecnici. Ci sarà un perché...
Latino? Cos'è il latino ... :-)
RispondiElimina@Cauty
RispondiEliminaGuarda, da certi racconti che mi arrivano dalle colleghe delle superiori la grammatica latina sembra diventata molto più complicata. E sì che il latino, in quanto lingua morta, grandi novità sul piano morfologico e sintattico non dovrebbe più presentarne, direi...
@'povna
Figurati se non ti capisco ^__^
@Grigio
^__^
"pazze scatenate che circolano tuttora in libertà ad insegnare al Ginnasio, seriamente convinte che il latino ***apra la mente, dia un metodo e trasmetta sani valori morali***"
RispondiEliminaPerché non è così ?
E la matematica ? La Fisica ? La chimica ? Il tedesco ?
Io l' ho sempre detestato, anche se tradurre era un piacere, per me, per le stesse tue ragioni (noisette ed altre , gatta gennara etc mi "odiano" per questo.
Comunque, per le stesse tue ragioni, legioni (nb!) di studenti odiano la matematica, e la chimica, e la fisica, poiché gli viene insegnata in maniera barbara.
Eppure, giuro, certe pagine sui meccanismi delle reazioni e sui metodi usati nello specifico per determinarli sono dei capolavori del ragionamento umano che stanno al pari dei migliori ragionamenti filosofici !
Anonimo SQ
Il tuo post è un autentico capolavoro di ironia e leggerlo mi ha divertito molto.
RispondiEliminaIl problema non è tanto costituito dal latino o dal greco quanto da cosa si intenda per "aprire la mente".
Tutte le materie concorrono ad aprire la mente, a far mettere in campo all'alunno strategie cognitive e metacognitive di osservazione, indagine e critica dell'esistente e della tradizione tutta. Una cosa diversa è invece la banalizzazione del latino. Quindi assolvo l'insegnamento del latino, mentre condanno spietatamente quei genitori che costringono i figli a studiarlo a partire dalle scuole medie; non si tratta di una scelta dei ragazzi, ma dei genitori che, succubi di un'idea arcaica di formazione classica, o perchè ne hanno sentito parlare o perchè loro stessi fanno parte della schiera di figli "costretti", inoculano nell'immaginario dei virgulti l'idea dell'esclusività della cultura classica. Peggio ancora, a volte si tratta di una scelta dettata dallo status sociale di appartenenza.
io ho fatto latino in seconda e terza media, e, sinceramente, l'odiavo (colpa del Manna?). però, il fatto di essermi già spremuta su coniugazioni e declinazioni mi ha premesso di vivere in assoluta tranquillità il biennio del liceo, dove ho cominciato ad appassionarmi al meccanismo del tradurre.
RispondiEliminae, sì, lo ammetto: ADORO insegnare latino.
@ SQ
RispondiEliminaPremesso che non c'è niente di strano o riprovevole che un insegnante delle superiori, assunto al preciso scopo di insegnare latino, insegni per l'appunto latino, e che non c'è motivo che anche il latino possa aprire la mente, come ha ben spiegato Mel, la mia tirata su taluni insegnanti del Ginnasio ha il suo perché; naturalmente ci sono un sacco di ottimi insegnanti di latino, anche al biennio del Classico, che svolgono il loro lavoro in modo integerrimo - ma c'è anche una rama di invasati che proprio al Ginnasio si accampa e spesso riesce a tarpare malamente le ali degli alunni incautamente affidatigli in nome della Sacra Missione. Ci sono pazzi invasati anche nelle altre materie, si capisce.
La mia tirata era però rivolta nello specifico all'insegnamento del latino alle medie, spesso fatto con libri concepiti ai tempi dei dinosauri e in nome della Sacra Causa, o meglio ancora di quel che Mel ha ottimamente definito "la banalizzazione del latino" che è una roba molto triste.
Purtroppo, per uno o due ragazzi che ci provano col latino per curiosità e interesse, la maggioranza è spesso mandata a forza al corso propedeutico delle medie, spesso proprio in nome di una scelta legata allo status sociale di appartenenza; oppure (o anche) perché è già stato deciso che il ragazzo VORRA' DI SUO GENIO E LIBERAMENTE fare il liceo, in barba alle sue reali aspirazioni - che è una cosa molto triste.
Detto tutto questo, sì, ammetto senza remore che nel mio atteggiamento verso il latino c'è qualcosa (o parecchio) di patologico. Credo anche che un atteggiamento meno polveroso e convenzionale verso il latino renderebbe maggior giustizia a una lingua che ha i suoi lati belli e vanta una letteratura di pregio.In fondo, chi alle medie decide di fare latino ha l'opportunità di farlo senza briglie, senza pastoie e senza programmi, ed è una libertà che potrebbe magari essere sfruttata con profitto. Invece preferiscono lavorare su una specie di risciacquatura per piatti scipita che col vero latino c'entra il giusto, ma in compenso è una discreta palla.
@Mel:
RispondiEliminaGrazie davvero. In effetti ti sei spiegato in modo molto più chiaro di me (forse perché il TUO atteggiamento verso il latino non ha nulla di patologico?) ^__^