venerdì 13 gennaio 2012

Quello che gli insegnanti non capiscono


Nel portfolio da consegnare alla fine della SSIS andava inserita anche una "relazione critica", ci dissero. Si trattava di tirare un bilancio complessivo della nostra esperienza all'interno della Scuola di Specializzazione. 
Per più di un anno pregustai il piacere che avrei provato nel cenciare l'intera struttura della SSIS in Toscana, partendo dalla delirante gestione della segreteria fino alle enormi vasche di acqua calda e fredda che ci avevano spacciato per lezioni nell'Area Trasversale.
Disgraziatamente, la consegna del portfolio e l'esame furono anticipati di punto in bianco di più di venti giorni, costringendo tutti noi ad assemblare il portfolio in un modo che solo con molta indulgenza può definirsi "approssimativo". La relazione critica fu da me improvvisata l'ultima sera prima della rilegatura e il sonno a un certo punto mi convinse a lasciarla a mezzo. 
Anche così, devo dire, venne fuori uno scritto abbastanza corrosivo; tuttavia, in confronto a quel che mi albergava in seno, era un barattolo di miele dalla stucchevole dolcezza.
Ne riporto qui la prima parte, quella dove espongo l'unica, utile lezione che ho imparato in quegli anni. In precedenza, tutte le mie esperienze come allieva erano state nel complesso positive: non ero un'alunna modello, ma ho studiato volentieri e ho trovato diversi buoni insegnanti. Ero anche una fanciulla adattabile e disponibile, pronta a prendere il buono che c'era e a sorvolare sui lati più negativi. 
La rabbia cieca che mi ha perseguitato in quei due anni di Scuola di Specializzazione davanti alla quasi costante presa di giro cui ero sottoposta era per me un'esperienza tutto sommato nuova, soprattutto per la sua portata. Ad un certo punto mi venne, letteralmente, l'orticaria: uno sfogo sulla pelle con tanto di febbre che arrivò senza motivo e senza motivo sparì nel giro di tre giorni, lasciandomi febbricitante e dolorante, e che gli amici battezzarono "sissite".

Tirare le fila di due anni di lavoro, e di un lavoro di questa portata, è sempre difficile. Molti sono gli interrogativi che restano in sospeso, molte le impressioni ancora da definire compiutamente. Per fare un lavoro di valutazione almeno in parte adeguato sarebbe stato opportuno avere uno spazio di tempo libero, per lasciare alle impressioni il tempo di sedimentarsi e prendere forma. Purtroppo così non è stato.
Al termine del biennio di Scuola di Specializzazione sono certamente un’insegnante più stanca e più irritabile di quando ho cominciato. Pure, devo ammettere che almeno per certi aspetti sono anche un’insegnante più consapevole di molti aspetti legati al mio lavoro.
Il biennio di scuola mi ha riportato, dopo tre anni di insegnamento, dall’altra parte della barricata. Da insegnante sono tornata allieva - una condizione che avevo finito per dimenticare, e che senza dubbio mi è stato utile rinfrescare.
Rivedere gli insegnanti non più come colleghi ma come “gli altri” mi ha mostrato con impietosa evidenza  molti dei difetti insiti nella professione. Si è trattato di un procedimento a tratti molto amaro, ma dal quale ho ricavato elementi preziosi per un utile processo di autocritica che proverò ad elencare.
Gli insegnanti sono una categoria permalosa, portata a prendersi  eccessivamente sul serio, convinti di custodire le uniche chiavi di accesso valide alle loro materie. Gli insegnanti sono noiosi, logorroici, pedanti, amano molto ascoltare il suono della loro voce. Spesso mostrano scarsissimo rispetto per i loro allievi e sono convinti che questi siano necessariamente più sciocchi, sprovveduti e ignoranti di loro. Spesso scambiano il disinteresse delle classi loro affidate per superficialità e incapacità di applicazione, evitando con ogni tipo di pretesto di prendere atto che il rifiuto che talvolta gli allievi attuano nei confronti della loro materia è spesso un rifiuto verso di loro come singole individualità.
Gli insegnanti spesso generalizzano, filtrando le reazioni di un gruppo di allievi attraverso le loro precedenti esperienze, senza rendersi conto che talvolta il loro modo di proporsi farebbe scattare meccanismi di autodifesa e di protezione anche in un santo. Spesso sono troppo occupati a “farsi valere” o “mostrare chi è che comanda” per cercare di rapportarsi con chi hanno effettivamente davanti. Spesso un gruppo di allievi che “rifiuta” un insegnante, chiudendosi a riccio, si limita a prendere atto del fatto che è l’insegnante per primo che rifiuta loro. 
Insegnare, lo sappiamo e ce lo hanno ripetuto spesso in questi due anni, è un lavoro difficile, delicato, complesso.
La condizione di allievo è altrettanto difficile e delicata, e può rivelarsi molto dolorosa quando la comunicazione con l’insegnante viene completamente a mancare. 
Tutto questo si ripercuote inevitabilmente sui processi di apprendimento, innescando non solo meccanismi di rifiuto o di rivolta consapevoli, ma anche strane forme di difesa del tutto inconsapevoli. Quando ciò che ti viene insegnato, o meglio “imposto” dall’alto, senza possibilità di discussione o di confronto, sembra ignorare le più elementari regole del buonsenso, oppure essere troppo estraneo a ciò che si ritiene adeguato o formativo per noi, o semplicemente risulta noioso perché troppo conosciuto e già sentito troppe infinità di volte, scattano improvvise amnesie, blocchi nella scrittura, rimozioni. Scattano, talvolta, anche meccanismi più seri di “difesa”, che spesso danneggiano proprio ciò che si sta cercando di difendere, cioè noi stessi - e arrivano le crisi di insonnia, le influenze a catena, misteriose tendiniti, gastriti all’apparenza incurabili, strani casi di eruzioni cutanee, febbri persistenti e apparentemente inspiegabili. Qualche volta si tratta solo una forma di difesa da parte dell’organismo per costringere il suo proprietario a fermarsi e riposare, volente o nolente, ma spesso questi sintomi sono il segnale di un disagio più profondo.
Talvolta le barriere scattano molto prima, e gli allievi invece di ammalarsi o avere improvvise e inspiegabili crisi di nausea si limitano ad alzare la barriera, estraniarsi e applicare la legge del minimo sforzo: si ritorna così a scegliere gli ultimi posti, quelli in fondo all’aula, dove si può chiacchierare indisturbati e dove il fastidioso mormorio dell’insegnante ha scarsissime possibilità di raggiungerci; si riscoprono i passatempi tipici degli studenti: gli SMS con il cellulare, magari spediti ai compagni di corso, le parole crociate, una rivista comprata per strada prima di venire a lezione o magari qualche fumetto, il CD da ascoltare con le cuffie - e naturalmente gli intramontabili bigliettini e le altrettanto intramontabili caricature degli insegnanti. 
Lo studente che utilizza il tempo della lezione per “socializzare” scrivendo SMS ad amici, familiari e compagni di corso non sta ignorando l’insegnante: lo sta criticando, in modo spietato e spesso - ahimé - ampiamente giustificato. Questa è senza dubbio una lezione dolorosa, ma sono convinta che mi abbia fatto bene ricordarla. Passati gli esami e l’accumulo di stanchezza che hanno spazzato via il mio consueto carattere solare e accomodante, sono convinta che questi due anni di Scuola di Specializzazione avranno fatto di me un’insegnante e una persona migliore, perché più paziente, tollerante e disposta all’autocritica.

All'orale, l'unico commento che fece la mia ineffabile tutor fu "Come mai ha una visione così negativa dell'insegnamento?". A tutt'oggi non ho capito se lo chiese perché sul serio non aveva capito dove andavo a parare, o se preferì aggirare la questione. Lo so, la seconda ipotesi sembra di gran lunga la più probabile, ma considerando il cervello di quella donna, è pur possibile che davvero non abbia capito.

8 commenti:

  1. Ho il sospetto che, dopo aver letto ad alta voce Corto Maltese a tutti i cari colleghi del consiglio di classe, al prossimo scrutinio leggerò te.
    Applausi.

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  2. E probabilmente è stato così: l'eccelsa insegnante, sentendosi appunto 'una mente eletta', ha pensato che tu ti riferissi a qualche ipotetico, pessimo, docente di chissà quale mondo lontano....forse delle isole Mauritius, tanto per fare un esempio.
    Io sono completamente d'accordo con quanto esposto nella tua lucida e completa disamina.
    Perfetta.

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  3. non so che darei per leggere la versione originale ... cioè quella che avresti scritto se i pavidi non avessero spostato la data

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  4. concordo con te, anche se la mia esperienza di SSIS, per quanto faticosa, sia stata ben diversa.

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  5. Invitato a tenere le lezioni di informatica ai corsi SSIS di un'università del nord, dopo la prima lezione passata con i corsisti a cercare il laboratorio e la seconda a dover chiacchierare perché la segreteria si era dimenticata di prenotare il laboratorio, ho salutato amichevolmente SSIS. E non ci sono più tornato nonostante le numerose richieste.

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  6. Molto schietta! Condivido, fatti salvi i casi in cui è l'allievo a trascinarsi i problemi, dalla famiglia o dal contesto in cui vive, in classe.

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  7. Ti ho beccata nel blog roll di Povna (che ho scoperto oggi) hai riportato tutto lo schifo che invece io non ho avuto il coraggio di esprimere riguardante la mia esperienza di sissina milanese. Temevo fosse stata solo la nostra (classe concorso A013) sfiga di aver trovato gente totalmente ignorante del mondo REALE della scuola, ma purtroppo, a quanto pare mi sono sbagliata.
    Onore e gloria ai sissini sopravvissuti.

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  8. @ 'Povna; non sum digna...

    @ Sì, Cauty, hai compreso perfettamente il tipo. E in effetti lei era una delle più esasperanti. Giunse al punto di darci un appuntamento all'ora sbagliata e rimproverarci perché non eravamo venuti all'ora giusta, e ci vollero un bel po' di insistenze per convincerla ad aprire il sito delle comunicazioni e convincerla a guardare l'ora che LEI aveva scritto. Va da sé che non si scusò.

    @ Cuoreblu
    Benvenuta ^__^
    C'è anche una seconda parte, prima o poi la posterò.

    @LaNoisette
    Appunto nella seconda parte parlo dei difetti strutturali della SSIS - della SSIS di Firenze, intendo. Specificando che l'idea di base aveva dei lati interessanti, se solo i docenti avessero fatto un buon lavoro. Perché, QUANDO IL DOCENTE LAVORA CON CRITERIO, di solito i risultati ci sono, specie se gli allievi sono adulti...

    @ Il Grigio
    Temo che i tuoi potenziali alunni si siano persi qualcosa, ma capisco il tuo punto di vista. La nostra segreteria lavorava all'incirca nello stesso modo. Già la storia dell'esame anticipato di 20 giorni senza avvisarci (l'abbiamo saputo quasi per caso, ovviamente all'ultimissimo momento) è indicativa, ma è stata solo un episodio tra i tanti.

    @Mel:
    In realtà non era una tirata contro GLI INSEGNANTI, era contro QUEGLI insegnanti. Ma quando mi sono ritrovata a cercare sistematicamente i posti in fondo all'aula per chiacchierare in pace ho capito molte cose, e forse senza questa esperienza non lo avrei mai capito così chiaramente: di solito, e da sempre, quando mi fanno lezione cerco di seguirla. Di fatto ognuno degli insegnanti dela SSIS ha goduto della mia attenzione per i primi quindici minuti; poi, spesso, abbassavo il bandone. Spesso, ma non sempre.

    @Mammozza
    Benvenutaanche a te ^__^
    Onore e gloria ai sopravvissuti, sempre. Sarebbe interessante fare una mappa dei corsi SSIS fatti bene - perché LaNoisette non è l'unica che conosco che ne parla come di un'esperienza positiva.

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