Secondo un' amica "zoccola" è una parola che evoca una grande sensazione di libertà, come un cavallo che corre in riva al mare. Immagino sia stata influenzata dalla pubblicità del bagnoschiuma Vidal che circolava quando eravamo bambine.
Sono stata ragazza negli anni Settanta, quando circolava il concetto di sorellanza e la solidarietà femminile era vista come un valore. Certo, non fra tutte e per tutte, ma mi trovai la mia nicchia senza troppa difficoltà. Insomma, essere aggressive tra donne non era visto proprio come un obbligo irrinunciabile, e ai maschi era richiesto di mostrare un certo rispetto formale non solo verso le loro partner, ma anche verso le donne in generale. Il concetto di "troia" e "zoccola", oggi così comune nell'accezione di "parole offensive da rivolgere ad un essere umano femmina in riferimento ad una sua più o meno vivace attività sessuale con una o più persone" non esisteva nella mia famiglia. C'erano le prostitute, a volte chiamate "puttane", ed era l'indicazione di un mestiere - legittimo, se effetto di una libera scelta, o da condannare se la femmina in questione era forzata a farlo. Parlando di donne che avevano una vita sessuale variegata (ma a cui si dedicavano per loro esclusivo piacere) si usavano espressioni soft del tipo "divertirsi" o "fare le corna" (se la signora in questione era sposata). C'erano naturalmente donne di cui si parlava male: se ne criticavano il carattere, la stupidità, la grettezza d'animo o tante altre cose, ma il fatto di avere un appetito sessuale più o meno vivace o una certa disponibilità ad accompagnarsi a più persone erano caratteristiche del temperamento e del carattere che non attiravano il biasimo - insomma, sul suo una donna faceva quel che meglio credeva, salvo rendere conto, eventualmente, al marito o al fidanzato. Le mie due nonne si regolavano allo stesso modo dei miei genitori e, per quel che ricordo, lo stesso faceva l'unico nonno che ho conosciuto. Il linguaggio nel complesso non era particolarmente modesto o pudico, ma, ripeto, il concetto di biasimo legato alla vita sessuale di una donna era assente. La parola "troia" era usata esclusivamente nella locuzione "figliol di troia" che in Toscana non è necessariamente intesa come insulto, mentre "zoccola" veniva pronunciata solo riferendo frasi dette da altri (di cui raramente veniva lodata l'intelligenza).
Le persone con cui ho stretto legami più forti nel corso della vita si regolavano nello stesso modo, anche se da un racconto di Benni è stata mutuata l'espressione "andare a darla in giro come il verderame nei campi" che parve assai carina - viene usata di solito in frasi del tipo "ma quand'anche andasse a darla in giro come il verderame nei campi sarebbero solo affari suoi".A vederla oggi, sembra una roba da museo paleolitico. Il pendolo è girato e oggi "troia" è un offesa generica da rivolgersi serenamente a una femmina umana anche in contesti che col sesso non hanno assolutamente nulla a che fare - poniamo "quella troia mi ha sbagliato le fotocopie" (della vita sessuale di quella troia non sappiamo nulla, solo che quando esegue le fotocopie non controlla cosa viene fuori. Che è un demerito, sia chiaro. Assai grave, ai miei insegnanteschi occhi).
Spesso però viene usato proprio e perlappunto per criticare quel che una signora fa sul suo, con una leggerezza e una stupidità che mi sono sempre risultate del tutto incomprensibili. E passi (cioè, "passi" un accidente. Ma facciamo finta che) se lo fa con tuo marito, il tuo fidanzato o anche solo il ragazzo o l'uomo che piace a te, si può comprendere un certo disappunto e una qualche irritazione che sfocia nell'aggressività verbale. Ma quando la signora in questione si prodiga per far del bene a un sacco di maschi che con te non hanno nulla a che fare, che motivo c'è di biasimarla?
Con questa mentalità antidiluviana, è chiaro che ho delle serie difficoltà a comprendere l'atteggiamento delle giovani generazioni verso il sesso. Intendiamoci, occasionalmente si trovano ancora ragazzi che, vuoi per l'educazione antiquata che hanno ricevuto, vuoi per un senso di discrezione, si astengono da questo tipo di censure. Ma son rari.
Le due principali preoccupazioni delle giovinette di oggigiorno sono: 1) non essere definite troie e 2) dare di troie alle altre. I giovinetti, invece, si limitano alla possibilità 2, anche se per fortuna la loro VERA preoccupazione principale è trovarsi una o più ragazze (all'occorrenza da chiamare troie, ma solo nei momenti di stanca o dopo che ne sono stati piantati).
E non è solo un problema delle giovinette, visto che qualche mese fa un'immane quantità di donne è scesa in tutte le piazze d'Italia per protestare contro la concezione della donna che l'allora presidente del consiglio dei ministri e tutto il suo governo mostravano apertamente di avere. La manifestazione riuscì molto bene, ma io non mi sono mai liberata dal sospetto strisciante che parteciparci significava legittimare un po' il punto di vista di quegli strani esseri che all'epoca avevamo al governo e riconoscergli dignità di interlocutori; ma naturalmente il vero problema in quel caso non era tanto il presidente del consiglio dei ministri, bensì la quantità immane di uomini e donne che lo avevano votato nonostante (o meglio, siccome) avesse quel punto di vista. Un milione di donne ha protestato contro il suo modo di vedere le donne, ma quanti milioni di donne lo hanno votato pensando seriamente che un uomo che disquisiva liberamente sulla bellezza o meno delle sue ministre e avversarie e alleate politiche o risolveva una domanda scomoda invitando la giornalista che l'aveva posta a vestirsi meglio fosse proponibile come presidente del consiglio?
Che gli uomini italiani trovino tanto normale qualificare le donne di troie quando queste fanno qualcosa che a loro non va bene mi sembra deplorevole, ma che le donne, soprattutto quelle delle nuove generazione, accettino di porsi in questi termini anche tra di loro mi sembra, prima di tutto, incomprensibile. E pericoloso. Anzi, mi sembra la vera chiave di volta della questione femminile in Italia.
Il legislatore qui non ha colpa. In Italia il sesso è reato solo quando manca il consenso di una delle parti in causa. In tutti gli altri casi viene considerato legittimo. L'evasione fiscale è un reato, il riciclaggio è un reato, produrre danno ai monumenti è reato, cambiare ragazzo due volte al mese no; eppure i fatti dimostrano che si presta molta più attenzione alle donne che cambiano spesso partner piuttosto che a chi danneggia monumenti pubblici o ricicla denaro di provenienza illecita, e le donne, specie se giovani, sembrano particolarmente ossessionate da questo problema, preoccupandosi assai di giustificarsi, spiegando che loro non sono troie, mentre le altre sì.
Per infischiarsene della questione ci vuole una forte dose di autostima - esattamente quello di cui sembrano mancare le ragazze delle nuove generazioni. E troppa della loro energia e forza mentale viene deviata su questa autentica questione del cazzo per permettere loro di dedicarsi adeguatamente alle vere sfide che la vita gli presenta: studiare, farsi degli amici, trovare un'adeguata quantità di amore, costruirsi una vita su misura per loro. Difendersi dalle compagne e badare alla loro reputazione dovrebbero essere occupazioni minimali, per badare alle quali basta usare un'infinitesimale quantità delle loro grandi forze. Non devono, o meglio non dovrebbero, essere i Grandi Problemi delle loro giovani vite.
Non so cosa possiamo fare a questo riguardo noi insegnantesse, spesso assai preoccupate di stabilire quali delle nostre o altrui alunne sono troie (dedicandoci, già che ci siamo, anche alle di loro madri, troie anch'esse, si capisce) e aggiungendo anche qualche buona parola su qualche collega.
Di certo nessuno ci chiede di far niente, in quanto il problema sembra non esistere. Assai maggiore attenzione viene dedicata, poniamo, all'anoressia. Ma se è vero che di anoressia a volte si muore, è anche giusto considerare che all'anoressia si arriva attraverso varie strade, e passano tutte per la questione dell'autostima e dell'immagine di sé.
Posso alzarmi in piedi (anche se Semolino qui sulle mie ginocchia non gradisce) e applaudire in maniera forsennata?!
RispondiEliminaTutto, ma specie la parte sulla manifestazione.
No, no, NO! Semolino non va disturbato, mai!
RispondiEliminaE ricordo benissimo il tuo post sulla manifestazione, era come un eco a tante cose che mi erano passate per la testa in quei giorni...
Condivido in pieno il tuo zoccolesco papier, espressione di sagace e ponderato buonsenso, giusto quello che sembra mancare in giro. Che si debba mandare astolfo sulla luna per recuperarlo?
RispondiEliminaDài, mandiamo Astolfo. Però un cavallo non basta per riportare giù tutte quelle ampolle, ci vuole come minimo un TIR!
RispondiEliminaVieni da me come consulente: l'ultimo giorno prima delle vacanze l'ho passato disquisendo con Diablo e Alì e un altro sul fatto che avevano disquisito in pubblico sull'eventuale "troiaggine" della Chicca e sul fatto che non erano comunque affari loro. E per tutta risposta Diablo si è improvvisamente svegliato e mi ha detto: "c'era mica bisogno di fare tutto 'sto casino".
RispondiEliminasi nu fij'e zoccola in napoletano ha la stessa accezione del "figliol di ....."
RispondiEliminaquasi benevola e di certo positiva
La nonna senese sosteneva che "il "calesse" è il mio e ci faccio salire chi voglio io"
Quella napoletana sostiene che non essendo di burro non ci restano le impronte.
Metafore primitive se vuoi ma calzanti.
Semmai lo sdegno nasce quando di si fa di virtù privata curriculum politico.
Non ho partecipato alle manifestazioni ma posso capire la presa di distanze in quel particolare momento
Volevo provare a scrivere qualcosa di serio, sentendomi tirata in ballo come insegnantessa e come madre di future/i (prossimi, ahimè) adolescenti, ma quella cosa del calesse che ha tirato fuori Viviana mi ha fatto troppo ridere. E non ho neanche un gatto con cui condividere :-)
RispondiElimina@Prof, consulesco volentieri. Poche e blande (blande? Mah... e forse neanche poche. Però sono parile) da parte mia e l'incauto e ciarliero giovane va via in versione lombrico, anche se magari in cuor suo continua a chiedersi perché faccio tanto casino. Ma sono sicura che anche alle tue labbra sono arrivate parole in misura bastevole...
RispondiElimina@Viv, un plauso alle nonne, entrambe, con nota di merito per quella del calesse ^__^
@ LGO: non so se i gatti capirebbero, comunque: le gatte femmine non hanno problemi di autostima, di solito. Almeno, quelle che ho conosciuto io!
Non è mia abitudine apostrofare le donne con toni volgari, anzi potrei estendere anche all'altro genere la medesima abitudine; al massimo ciò può verificarsi nel silenzio della mente, ma mi piace di più capire le ragioni irragionevoli di certi comportamenti che dare della troia o del cornuto al "nemico". Detto ciò, ipotizzo che la tendenza ad offendere l'altro attraverso riferimenti sessuali sia comune a tutto l'ecumene; certamente in Italia, considerati certi comportamenti millantati da chi ci ha rappresentato politicamente, la tendenza, già radicata da secoli, si è estesa ancora di più ma, come evidenzi nel tuo post, la causa profonda è l'autostima. Un'adolescente che dà della troia a un'altra è anche un modo per rafforzare l'immagine ideale di sé, che spesso viene negata dalla prassi comportamentale della giovane dai costumi morigerati(frutto dell'immaginario).
RispondiEliminaVado contro corrente :-) Secondo me non è cambiato molto nei fatti. Attraverso le chiacchierate con persone vecchiotte, soprattutto, nonnine :-D, si capisce bene che un tempo le cose stavano perfino peggio: i mariti erano più o meno liberi di avere comportamenti libertini, le mogli... guai! Non solo ad averli, ma anche a criticare.
RispondiEliminaOggi per "fortuna" c'è perlomeno una sorta di parificazione. Non ti lasciare trarre in inganno da "americanate" che in Italia abbiamo stravolto come nostro solito. Negli States, in slang, dare della troia non è necessariamente negativo, a volte lo usano perfino per... vantare le capacità della propria compagna! :-D
Qui quei termini volgari hanno sfondato attraverso le versioni italianizzate (opinabili, peraltro) giunteci nei film e... decisamente hanno assunto accezioni più negative.
Ma si tratta di termini, parole, non sostanza. Mi viene in mente la "Guerra dei Roses" (Michael Douglas e Kathleen Turner) che, incrociandosi per le scale a fine rapporto, si insultano vicendevolmente con "troia!" - "stronzo!". Ecco... gli uomini sono stronzi, le donne troie. Per i giovani spesso sono solo insulti. Perché non si usa un termine equivalente di "troia" per gli uomini? Perché culturalmente c'è ancora il retaggio che per l'uomo non sarebbe un insulto, quindi meglio "stronzo" ;-)
Letto con estrema attenzione e partecipazione. Credo che per chi è stato baciato dal '68 e seguenti sia difficile comprendere tali fenomeni espressivi, specie nei confronti dell'altra metà del cielo.
RispondiEliminaNel raccontino del nostro post sta per arrivare un pezzo che ricorda anni fiorentini
un abbraccio
dante
@Mel e Wolf:
RispondiEliminaè vero, il linguaggio è cambiato e certi insulti ci sono sempre stati, ed è verissimo che in parte li abbiamo importati dai film americani (anche se "cornuto" è rigorosamente made in Italy ^__^); e certe parole sono state sdoganate proprio dalla mia generazione diventando più comuni e meno offensive.
Però quella che mi sembra aumentata è la facilità e la frequenza con cui le giovani leve si danno di "troia" (intendendo appunto "troia" e non solo "incapace, inetta, stupida o simili) l'una con l'altra e quanto la questione occupi oggi le loro giovani menti.
Io la interpreto come un segno di sottomissione volontaria ai valori patriarcali che la mia generazione e quella successiva avevano in minor dose.
Fermo restando che anch'io, come tutti noi, ho sott'occhio un campionario ridotto e statisticamente non valido.
No, io non credo che sia davvero cosi'... a volte ho perfino il dubbio che il senso 'storico' della parola non conti nemmeno per chi la usa :-D
RispondiEliminaUn po' come per il genovese 'belin', che e' un intercalare famosissimo con diverse sfumature (ad esempio 'belinone'). Ma... sai cosa vuol dire in realta', no? :-D
Wolf, come si dice in questi casi: "Prendo atto del tuo punto di vista e mi auguro che sia quello più valido". Ma non sono molto convinta, anche se vorrei esserlo.
RispondiEliminaLa questione è stata citata anche dal Presidente della Camera Boldrini, in un intervento del 15/7/2013 al convegno "La violenza sulle donne è un'emergenza. L'immagine e il potere. Istituzioni e media verso il cambiamento", in http://presidente.camera.it/5?evento=152&intervento=152:
RispondiElimina"Parto da qui, dunque, dal livello culturale. Perché il rispetto della donna è un fatto che passa anche dall'uso della lingua e dell'immagine. Faccio appena un accenno all'uso sessista della lingua. Ogni volta che si deve offendere una donna è immancabile il riferimento ai presunti comportamenti sessuali della stessa. Qualunque sia il ceto sociale di appartenenza, qualunque sia il grado di istruzione, qualunque sia la natura della discussione, l'uomo (anche giovane, purtroppo) di norma non ribatte sullo stesso terreno, ma sposta il piano su quello dell'offesa sessuale. Non è solo una mia constatazione. È la Corte di cassazione che lo afferma, in una sentenza dello scorso mese di gennaio. L'ho menzionata perché "porre le donne in condizione di marginalità e minorità" - come dice la sentenza - è uno degli effetti che ha ottenuto e ottiene parte della comunicazione."