Ai miei tempi alla maturità si faceva "il tema": sceglievi tra una manciata di titoli più o meno balordi, di poche righe l'uno, tutti i giornali li riportavano e la mattina dopo i non maturandi di ogni età li commentavano sotto l'ombrellone tra un tuffo e l'altro.
Oggi le tracce della prima prova sono un'entità mostruosa che occupa sette pagine sette in A4 scritte piccole, dove si mischiano temi di vecchio stampo, testi da analizzare e i materiali per la "redazione di un saggio breve o di un articolo di giornale". Quest'ultima tipologia ha quattro tipi di ambito, ognuno con un argomento diverso e ogni argomento ha quattro documenti che il candidato può usare "in tutto o in parte e nei modi che ritiene opportuni".
Insomma, districarsi tra tutta quella roba e scegliere cosa fare è diventata impresa che, già da sola, richiede un notevole grado di maturità. Poi comincia il lavoro vero, ovvero capire dove va a parare la traccia e come la si vuole svolgere.
I giornali non riportano i testi integrali, quindi sotto l'ombrellone si discute di tracce delle tracce, sintetizzate e riassunte. Molto più complicato di un tempo anche quello, devo dire, e parecchio approssimativo.
Per il saggio breve l''argomento nell'ambito storico-politico quest'anno era "Il ruolo dei giovani nella storia e nella politica. Parlano i leader", che ricorda molto il buon vecchio titolo di tesi "Brevi cenni su Dio e sull'universo" che Umberto Eco suggeriva di evitare. Probabilmente è la traccia che avrei scelto se fossi stata tra i candidati, perché la curiosità di vedere cosa sarebbe saltato fuori da siffatto pastone sarebbe stata forte: facevo parte di quella razza che comincia il tema senza scaletta, al massimo segnandosi un paio di punti chiave da trattare, faceva un tema e al momento di copiarlo in bella ne scriveva un altro completamente diverso. Vivevo il tema come un viaggio che non sapevo dove mi avrebbe portato e che mi divertiva molto. Quando andava bene prendevo dei voti piuttosto alti, quando mi perdevo un po' (ma succedeva di rado) raccattavo un sette in virtù di una forma corretta e scorrevole.
I quattro documenti sul vastissimo tema dei giovani nella storia e nella politica erano una quartina assortita in modo piuttosto curioso, ma non c'è dubbio che ognuno di loro fosse significativo. Di lì a trovare un filo conduttore, però, c'è da darsi il suo bel daffare.
Primo documento: discorso parlamentare di Mussolini nel Gennaio 1925. Viene indicata la data ma non viene specificato che è il discorso con cui Mussolini si arroga la responsabilità del delitto Matteotti.
Piccolo dettaglio: non si parla di giovani. Mussolini si è rivolto molte volte ai giovani e ha lavorato molto alla formazione di una gioventù fascista che aprisse la strada verso una nuova era del mondo (che fu poi quella che andò sulle montagne a fare la Resistenza). Ma qui non si parla di loro, nemmeno come speranza. Mussolini non parla ai giovani, parla ai deputati e, indirettamente, alla nazione. I giovani compaiono di striscio soltanto in una frase: "se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa!". Secondo questa sua interpretazione, dunque, il fascismo è il frutto ardentemente perseguito dei giovani dell'epoca.
Il secondo brano è del 1947, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, ed è tratto da un discorso pronunciato da Palmiro Togliatti alla Conferenza Nazionale Giovanile del PCI. Secondo Togliatti, i giovani che si avvicinano al partito "devono essere stabilmente conquistati ai grandi valori del socialismo e del comunismo, se non vogliamo che essi rimangano dei "pratici", o, peggio, dei politicanti. Essi devono acquistare la certezza - volevo dire la fede - che l'avvenire e la salvezza della società umana sta nella trasformazione socialista e comunista, e questa certezza deve sorreggerli, guidarli, illuminarli". Per tutti gli altri giovani, i comunisti devono fornire gli strumenti per capire e superare la profonda crisi in cui i poverini si dibattono senza staccarli dai loro ideali "morali e anche religiosi". Il processo in corso da qualche decennio è la faticosa gestazione di un mondo nuovo (e, si sa, il mondo nuovo lo partoriscono i giovani).
Terzo documento: Aldo Moro, in un congresso della DC del 1969 - altro anno piuttosto particolare perché... viene dopo il 1968. In quegli anni i giovani, oltre a essere i potenziali costruttori del mondo che doveva ancora venire, stavano diventando un'entità autonoma e organizzata: movimenti giovanili, contestazioni giovanili e tutto il resto fino ai Beatles e a Bob Dylan (e, sul fronte italiano, un giovane Guccini che cantava che Dio era morto ma sarebbe risorto presto grazie al mondo nuovo che stava arrivando e che i giovani avevano messo in costruzione).
E' proprio di questo mondo nuovo che Moro parla, in quello stile attorto e involuto che non era solo suo ma di tutta la DC. Moro presenta una società in trasformazione, dove aumentano il pluralismo e i centri di decisione. "I giovani e i lavoratori conducono questo movimento e sono i primi a voler fermamente un mutamento delle strutture politiche ed un rispettoso distacco; i giovani chiedono un vero ordine nuovo, una vita sociale che non soffochi ma offra liberi spazi, una prospettiva politica non conservatrice". Si tratta di "un'assunzione di responsabilità". Quindi, auspica, largo ai giovani "nella società, nei partiti, nello Stato": porteranno linfa vitale e pace sociale alla nuova società che va formandosi.
Il quarto documento è preso da un'enciclica di Giovanni Paolo II in occasione del centenario della De rerum novarum. Siamo nel 1991 e il muro di Berlino è già caduto Il papa depreca che l'individuo oggi venga visto come produttore e consumatore di merci oppure come oggetto di amministrazione da parte dello Stato; ma l'uomo non è solo questo, è "prima di tutto un essere che cerca la verità e si sforza di viverla e di approfondirla., in un dialogo che coinvolge le generazioni passate e future". Ad ogni generazione infatti i giovani rimettono tutto in discussione: non necessariamente per distruggere, ma "discernendo ciò che nella tradizione è valido da falsità ed errori o da forme invecchiate, che possono essere sostituite da altre più adeguate ai tempi".
Trovare un filo conduttore tra queste quattro voci non è impresa di poco conto.
Certo, chi legge sa che il fascismo no, non era solo olio di ricino e manganelli (magari si fosse limitato a quello) e che la passione superba della migliore gioventù italiana portò l'Italia ad una serie di catastrofi che a contarle si fa notte - non ultima una notevole disponibilità verso il condizionamento mentale che fa ancora parte del DNA italico.
Sa anche che la trasformazione socialista e comunista della società umana ha avuto (e già aveva ai tempi di Togliatti) una serie di conseguenze piuttosto negative in alcuni paesi anche se l'Italia ne ha tratto grandi vantaggi.
E che alcuni giovani, pochi anni dopo il 1969, mostrarono con i fatti (anche ad Aldo Moro) che la pace sociale non era in cima alle loro priorità.
E che non sempre il lavoro di ripulitura generazionale operato dai giovani ha portato a soluzioni più adeguate ai tempi (anche se spesso il rinnovamento è stato comunque utile).
Ma insomma, non è una gran novità che non sempre i giovani hanno saputo gestire nel migliore dei modi le chiavi di un futuro radioso e che la storia va avanti un po' come le pare in barba alle umane previsioni. Non importa spremersi le meningi per cinque colonne di foglio protocollo (durata massima consentita a un saggio breve) per arrivare a tale conclusione. Son cose che si sanno.
Magari c'è dell'altro?
I testi non sono omogenei. Sono tutti e quattro documenti ufficiali rivolti ad assemblee politiche (anche il quarto, direi, pur se in modo meno scoperto: un papa è un politico di tipo particolare, quindi anche le sue platee sono diverse da quelle di un normale politico). Sono di tre leader italiani e di un leader polacco che ha regnato in territorio italiano (ma, di nuovo, il quarto è un caso più complesso: dall'Italia i papi governano il mondo - o, più esattamente, il loro mondo - che non comprende tutti gli italiani ma che va ben oltre i confini dell'Italia).
Sono testi scritti in circostanze diverse: uno è un brano del discorso con cui Mussolini conquistò definitivamente il potere, ma gli altri tre ebbero conseguenze meno vistose.
Nel primo caso, i giovani hanno già operato il Grande Cambiamento, negli altri tre si confida che lo faranno a breve. Anzi, Giovanni Paolo II non parla di un grande cambiamento, parla di un costante rinnovamento generazionale - e in effetti è l'unico che ci azzecca.
Insomma, si parla (tranne nel primo) dei giovani che stanno gestando il futuro - che, si spera, sarà glorioso. Non è un concetto nuovissimo.
La scelta del brano di Mussolini perplime. Mussolini è stato senz'altro una figura di grande importanza nella storia italiana, lavorò molto sulla gioventù e le sue potenzialità - ma in questo brano non si parla dei giovani che costruiranno il futuro, si parla (poco) dei giovani che l'hanno già costruito; il primo tag che viene in mente per soggettarlo non è certo "giovani", è "Matteotti. delitto".
Gli altri tre sono discorsi importanti nel loro contesto storico, magari gravidi di conseguenze potenziali e reali, ma come importanza non reggono certo il confronto - nemmeno l'enciclica, che non è tra le più celebri di Giovanni Paolo II. In compenso sono, tutti, assai pertinenti con l'argomento assegnato.
La scelta del primo documento ha fatto molto discutere ed è stata vista da alcuni come l'ennesimo tentativo di legittimazione di Mussolini e del fascismo da parte del governo attualmente in carica.
Difficile capire, in questo caso, che tarantola abbia morso il governo in questione nel citare proprio questo passo, che c'entra il giusto con il tema proposto e si ricollega direttamente ad uno dei peggiori crimini del Ventennio nonché al triste momento in cui tutto quel che ancora restava della democrazia italiana venne stracciato e utilizzato per far prendere meglio la fiamma nei caminetti. Altri passi, ben più giovanilistici e giovanileggianti avrebbero potuto servire meglio allo scopo, vien da pensare, e avrebbero costituito documenti ben più pertinenti che non avrebbero offerto il destro a critiche.
In effetti, il brano di Mussolini sembra la risposta sbagliata in uno di quei giochi del tipo "Trova l'intruso".
Forse è stata un'abile manovra che ha sfruttato il fatto che le tracce spesso sono conosciute solo per sintesi. Lanci la notizia "Nei temi c'è Mussolini!". Prontamente una schiera di giornalisti, opinionisti. intellettuali etc. ruggisce "No! Nei temi non deve esserci Mussolini! Il MIUR ha fatto un grave errore!". Allora una schiera di opinionisti, giornalisti etc. filogovernativi insorge "Vedete come sono cattivi? Criticano la presenza di Mussolini nelle tracce. Vogliono rimuoverlo dalla storia italiana!".
Ma, sinceramente, mi sembra un po' contorta: d'accordo che in questo periodo buona parte delle alte sfere sembra piuttosto suonata, ma insomma...
Tuttavia, alla luce delle mie conoscenze storiche, sociali, filologiche e organolettiche nonché a forza di rileggere quei testi un filo conduttore l'ho trovato:
"I leader politici sono sempre pronti ad apprezzare il ruolo dei giovani in politica, soprattutto quando parlano ad assemblee giovanili, e ad apprezzare apertamente i giovani... disposti a farsi incanalare sulla strada che è stata loro preparata".
E infatti Mussolini apprezza la migliore gioventù italiana, ma non sembra entusiasta della molta gioventù che militava tra i socialisti (i comunisti all'epoca erano merce rara), Togliatti vede nelle masse dei giovani esterni al partito tante pecorelle che i suoi baldi giovani comunisti dovevano accortamente convertire, il papa con la sua enciclica non intendeva certo inserire tra "le forme invecchiate da sostituire con altre più consone ai tempi" il rifiuto del sacerdozio femminile o la condanna delle unioni gay, mentre Aldo Moro loda l'ingresso dei giovani in politica in un momento in cui inimicarsi i giovani poteva portare conseguenze piuttosto pesanti in termini elettorali.
Insomma, un giovane accorto dovrebbe diffidare in cuor suo dei politici, soprattutto quando costoro lodano i giovani in questione - perché ai politici manipolare le masse piace e di solito si ingegnano di farlo quanto più gli è possibile.
D'accordo: anche questa non è una di quelle scoperte epocali che cambiano il corso della storia. Sono cose che si sanno, anzi fanno parte del pensiero più spicciolo dei giorni nostri.
E, di nuovo, non si capisce che tarantola abbia morso il governo o il MIUR nella scelta dei testi.
E' davvero il caso di ricordare alle potenziali nuove leve che la politica talvolta tende a strumentalizzare la gente? Di incoraggiare le nuove leve a diffidare della politica? Di fornire impianti umidificatori agli abitanti dell'Amazzonia, e congelatori agli esquimesi?
(O forse qualche frondista del MIUR ha colto il destro per infilare un brano apparentemente fuori tema ma che risulta piuttosto attuale ed offre il destro a molte e molte riflessioni, utili per tutti i giovani - intendendo per "giovani" tutti coloro che hanno dai nove ai centonove anni?)
molte riflessioni, molte perplessità, a mio giudizio scelte gravi (decontestualizzare è un errore di omissione, grave, voluto, inquietante e sottile, come ha commentato Ohibò). per tacere della pochezza di tutto il resto, che faceva da contorno a questa (s)traccia che solo un eccesso di buonismo delle due di notte spinge la 'povna a definire sventurata...
RispondiEliminaUn saluto!!!!
RispondiEliminaSe non fosse che sono matura due volte e mi avanzano due anni mi metterei a fare una traccia di quelle proposte e poi ve la sottoporrei :-P che alla maturità stando alla zoccola membro interno (evito ulteriori commenti ma voi pensateli pure) ho preso tre al tema della mia maturità .-P (sì era la sua prediletta ahahahah)
RispondiEliminaUna collega (Sary) mi ha fatto osservare che era anche un tema-trappola, perché per svolgerlo ci si doveva esporre, politicamente, a dei perfetti sconosciuti - cosa che probabilmente nemmeno io, con tutta la fiducia nella mia mirabile forma scritta, avrei gradito fare in un'occasione importante come quella dell'esame finale.
RispondiEliminaInsomma, era anche una porcata verso i ragazzi.
Ogni anno, nel leggere (meglio, nell'occhieggiare) le tracce dei ntemi della maturità, esalo profondi respiri di sollievo all'idea che non dovrò più affrontarne...
RispondiEliminaNon ne sarei capace!