giovedì 24 giugno 2010

Il ruolo dei giovani nella storia e nella politica. Parlano i leader.


Ai miei tempi alla maturità si faceva "il tema": sceglievi tra una manciata di titoli più o meno balordi, di poche righe l'uno, tutti i giornali li riportavano e la mattina dopo i non maturandi di ogni età li commentavano sotto l'ombrellone tra un tuffo e l'altro.
Oggi le tracce della prima prova sono un'entità mostruosa che occupa sette pagine sette in A4 scritte piccole, dove si mischiano temi di vecchio stampo, testi da analizzare e i materiali per la "redazione di un saggio breve o di un articolo di giornale". Quest'ultima tipologia ha quattro tipi di ambito, ognuno con un argomento diverso e ogni argomento ha quattro documenti che il candidato può usare "in tutto o in parte e nei modi che ritiene opportuni".
Insomma, districarsi tra tutta quella roba e scegliere cosa fare è diventata impresa che, già da sola, richiede un notevole grado di maturità. Poi comincia il lavoro vero, ovvero capire dove va a parare la traccia e come la si vuole svolgere.
I giornali non riportano i testi integrali, quindi sotto l'ombrellone si discute di tracce delle tracce, sintetizzate e riassunte. Molto più complicato di un tempo anche quello, devo dire, e parecchio approssimativo.

Per il saggio breve l''argomento nell'ambito storico-politico quest'anno era "Il ruolo dei giovani nella storia e nella politica. Parlano i leader", che ricorda molto il buon vecchio titolo di tesi "Brevi cenni su Dio e sull'universo" che Umberto Eco suggeriva di evitare. Probabilmente è la traccia che avrei scelto se fossi stata tra i candidati, perché la curiosità di vedere cosa sarebbe saltato fuori da siffatto pastone sarebbe stata forte: facevo parte di quella razza che comincia il tema senza scaletta, al massimo segnandosi un paio di punti chiave da trattare, faceva un tema e al momento di copiarlo in bella ne scriveva un altro completamente diverso. Vivevo il tema come un viaggio che non sapevo dove mi avrebbe portato e che mi divertiva molto. Quando andava bene prendevo dei voti piuttosto alti, quando mi perdevo un po' (ma succedeva di rado) raccattavo un sette in virtù di una forma corretta e scorrevole.

I quattro documenti sul vastissimo tema dei giovani nella storia e nella politica erano una quartina assortita in modo piuttosto curioso, ma non c'è dubbio che ognuno di loro fosse significativo. Di lì a trovare un filo conduttore, però, c'è da darsi il suo bel daffare.

Primo documento: discorso parlamentare di Mussolini nel Gennaio 1925. Viene indicata la data ma non viene specificato che è il discorso con cui Mussolini si arroga la responsabilità del delitto Matteotti.
Piccolo dettaglio: non si parla di giovani. Mussolini si è rivolto molte volte ai giovani e ha lavorato molto alla formazione di una gioventù fascista che aprisse la strada verso una nuova era del mondo (che fu poi quella che andò sulle montagne a fare la Resistenza). Ma qui non si parla di loro, nemmeno come speranza. Mussolini non parla ai giovani, parla ai deputati e, indirettamente, alla nazione. I giovani compaiono di striscio soltanto in una frase: "se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa!". Secondo questa sua interpretazione, dunque, il fascismo è il frutto ardentemente perseguito dei giovani dell'epoca.

Il secondo brano è del 1947, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, ed è tratto da un discorso pronunciato da Palmiro Togliatti alla Conferenza Nazionale Giovanile del PCI. Secondo Togliatti, i giovani che si avvicinano al partito "devono essere stabilmente conquistati ai grandi valori del socialismo e del comunismo, se non vogliamo che essi rimangano dei "pratici", o, peggio, dei politicanti. Essi devono acquistare la certezza - volevo dire la fede - che l'avvenire e la salvezza della società umana sta nella trasformazione socialista e comunista, e questa certezza deve sorreggerli, guidarli, illuminarli". Per tutti gli altri giovani, i comunisti devono fornire gli strumenti per capire e superare la profonda crisi in cui i poverini si dibattono senza staccarli dai loro ideali "morali e anche religiosi". Il processo in corso da qualche decennio è la faticosa gestazione di un mondo nuovo (e, si sa, il mondo nuovo lo partoriscono i giovani).

Terzo documento: Aldo Moro, in un congresso della DC del 1969 - altro anno piuttosto particolare perché... viene dopo il 1968. In quegli anni i giovani, oltre a essere i potenziali costruttori del mondo che doveva ancora venire, stavano diventando un'entità autonoma e organizzata: movimenti giovanili, contestazioni giovanili e tutto il resto fino ai Beatles e a Bob Dylan (e, sul fronte italiano, un giovane Guccini che cantava che Dio era morto ma sarebbe risorto presto grazie al mondo nuovo che stava arrivando e che i giovani avevano messo in costruzione).
E' proprio di questo mondo nuovo che Moro parla, in quello stile attorto e involuto che non era solo suo ma di tutta la DC. Moro presenta una società in trasformazione, dove aumentano il pluralismo e i centri di decisione. "I giovani e i lavoratori conducono questo movimento e sono i primi a voler fermamente un mutamento delle strutture politiche ed un rispettoso distacco; i giovani chiedono un vero ordine nuovo, una vita sociale che non soffochi ma offra liberi spazi, una prospettiva politica non conservatrice". Si tratta di "un'assunzione di responsabilità". Quindi, auspica, largo ai giovani "nella società, nei partiti, nello Stato": porteranno linfa vitale e pace sociale alla nuova società che va formandosi.

Il quarto documento è preso da un'enciclica di Giovanni Paolo II in occasione del centenario della De rerum novarum. Siamo nel 1991 e il muro di Berlino è già caduto Il papa depreca che l'individuo oggi venga visto come produttore e consumatore di merci oppure come oggetto di amministrazione da parte dello Stato; ma l'uomo non è solo questo, è "prima di tutto un essere che cerca la verità e si sforza di viverla e di approfondirla., in un dialogo che coinvolge le generazioni passate e future". Ad ogni generazione infatti i giovani rimettono tutto in discussione: non necessariamente per distruggere, ma "discernendo ciò che nella tradizione è valido da falsità ed errori o da forme invecchiate, che possono essere sostituite da altre più adeguate ai tempi".

Trovare un filo conduttore tra queste quattro voci non è impresa di poco conto.
Certo, chi legge sa che il fascismo no, non era solo olio di ricino e manganelli (magari si fosse limitato a quello) e che la passione superba della migliore gioventù italiana portò l'Italia ad una serie di catastrofi che a contarle si fa notte - non ultima una notevole disponibilità verso il condizionamento mentale che fa ancora parte del DNA italico.
Sa anche che la trasformazione socialista e comunista della società umana ha avuto (e già aveva ai tempi di Togliatti) una serie di conseguenze piuttosto negative in alcuni paesi anche se l'Italia ne ha tratto grandi vantaggi.
E che alcuni giovani, pochi anni dopo il 1969, mostrarono con i fatti (anche ad Aldo Moro) che la pace sociale non era in cima alle loro priorità.
E che non sempre il lavoro di ripulitura generazionale operato dai giovani ha portato a soluzioni più adeguate ai tempi (anche se spesso il rinnovamento è stato comunque utile).
Ma insomma, non è una gran novità che non sempre i giovani hanno saputo gestire nel migliore dei modi le chiavi di un futuro radioso e che la storia va avanti un po' come le pare in barba alle umane previsioni. Non importa spremersi le meningi per cinque colonne di foglio protocollo (durata massima consentita a un saggio breve) per arrivare a tale conclusione. Son cose che si sanno.

Magari c'è dell'altro?

I testi non sono omogenei. Sono tutti e quattro documenti ufficiali rivolti ad assemblee politiche (anche il quarto, direi, pur se in modo meno scoperto: un papa è un politico di tipo particolare, quindi anche le sue platee sono diverse da quelle di un normale politico). Sono di tre leader italiani e di un leader polacco che ha regnato in territorio italiano (ma, di nuovo, il quarto è un caso più complesso: dall'Italia i papi governano il mondo - o, più esattamente, il loro mondo - che non comprende tutti gli italiani ma che va ben oltre i confini dell'Italia).

Sono testi scritti in circostanze diverse: uno è un brano del discorso con cui Mussolini conquistò definitivamente il potere, ma gli altri tre ebbero conseguenze meno vistose.
Nel primo caso, i giovani hanno già operato il Grande Cambiamento, negli altri tre si confida che lo faranno a breve. Anzi, Giovanni Paolo II non parla di un grande cambiamento, parla di un costante rinnovamento generazionale - e in effetti è l'unico che ci azzecca.
Insomma, si parla (tranne nel primo) dei giovani che stanno gestando il futuro - che, si spera, sarà glorioso. Non è un concetto nuovissimo.
La scelta del brano di Mussolini perplime. Mussolini è stato senz'altro una figura di grande importanza nella storia italiana, lavorò molto sulla gioventù e le sue potenzialità - ma in questo brano non si parla dei giovani che costruiranno il futuro, si parla (poco) dei giovani che l'hanno già costruito; il primo tag che viene in mente per soggettarlo non è certo "giovani", è "Matteotti. delitto".
Gli altri tre sono discorsi importanti nel loro contesto storico, magari gravidi di conseguenze potenziali e reali, ma come importanza non reggono certo il confronto - nemmeno l'enciclica, che non è tra le più celebri di Giovanni Paolo II. In compenso sono, tutti, assai pertinenti con l'argomento assegnato.

La scelta del primo documento ha fatto molto discutere ed è stata vista da alcuni come l'ennesimo tentativo di legittimazione di Mussolini e del fascismo da parte del governo attualmente in carica.
Difficile capire, in questo caso, che tarantola abbia morso il governo in questione nel citare proprio questo passo, che c'entra il giusto con il tema proposto e si ricollega direttamente ad uno dei peggiori crimini del Ventennio nonché al triste momento in cui tutto quel che ancora restava della democrazia italiana venne stracciato e utilizzato per far prendere meglio la fiamma nei caminetti. Altri passi, ben più giovanilistici e giovanileggianti avrebbero potuto servire meglio allo scopo, vien da pensare, e avrebbero costituito documenti ben più pertinenti che non avrebbero offerto il destro a critiche.
In effetti, il brano di Mussolini sembra la risposta sbagliata in uno di quei giochi del tipo "Trova l'intruso".

Forse è stata un'abile manovra che ha sfruttato il fatto che le tracce spesso sono conosciute solo per sintesi. Lanci la notizia "Nei temi c'è Mussolini!". Prontamente una schiera di giornalisti, opinionisti. intellettuali etc. ruggisce "No! Nei temi non deve esserci Mussolini! Il MIUR ha fatto un grave errore!". Allora una schiera di opinionisti, giornalisti etc. filogovernativi insorge "Vedete come sono cattivi? Criticano la presenza di Mussolini nelle tracce. Vogliono rimuoverlo dalla storia italiana!".
Ma, sinceramente, mi sembra un po' contorta: d'accordo che in questo periodo buona parte delle alte sfere sembra piuttosto suonata, ma insomma...

Tuttavia, alla luce delle mie conoscenze storiche, sociali, filologiche e organolettiche nonché a forza di rileggere quei testi un filo conduttore l'ho trovato:

"I leader politici sono sempre pronti ad apprezzare il ruolo dei giovani in politica, soprattutto quando parlano ad assemblee giovanili, e ad apprezzare apertamente i giovani... disposti a farsi incanalare sulla strada che è stata loro preparata".
E infatti Mussolini apprezza la migliore gioventù italiana, ma non sembra entusiasta della molta gioventù che militava tra i socialisti (i comunisti all'epoca erano merce rara), Togliatti vede nelle masse dei giovani esterni al partito tante pecorelle che i suoi baldi giovani comunisti dovevano accortamente convertire, il papa con la sua enciclica non intendeva certo inserire tra "le forme invecchiate da sostituire con altre più consone ai tempi" il rifiuto del sacerdozio femminile o la condanna delle unioni gay, mentre Aldo Moro loda l'ingresso dei giovani in politica in un momento in cui inimicarsi i giovani poteva portare conseguenze piuttosto pesanti in termini elettorali.
Insomma, un giovane accorto dovrebbe diffidare in cuor suo dei politici, soprattutto quando costoro lodano i giovani in questione - perché ai politici manipolare le masse piace e di solito si ingegnano di farlo quanto più gli è possibile.

D'accordo: anche questa non è una di quelle scoperte epocali che cambiano il corso della storia. Sono cose che si sanno, anzi fanno parte del pensiero più spicciolo dei giorni nostri.
E, di nuovo, non si capisce che tarantola abbia morso il governo o il MIUR nella scelta dei testi.
E' davvero il caso di ricordare alle potenziali nuove leve che la politica talvolta tende a strumentalizzare la gente? Di incoraggiare le nuove leve a diffidare della politica? Di fornire impianti umidificatori agli abitanti dell'Amazzonia, e congelatori agli esquimesi?
(O forse qualche frondista del MIUR ha colto il destro per infilare un brano apparentemente fuori tema ma che risulta piuttosto attuale ed offre il destro a molte e molte riflessioni, utili per tutti i giovani - intendendo per "giovani" tutti coloro che hanno dai nove ai centonove anni?)

giovedì 17 giugno 2010

I compiti per le vacanze

Ah, io sono di quelle che non dà i compiti delle vacanze, né a Natale né a Pasqua e tantomeno durante l'estate.
Ma scherziamo? Intanto non sono mai sicura che l'anno prossimo a correggerli ci sarò io; poi sono buona e cara e se c'è da correggere non mi tiro certo indietro, ma così, subito dopo l'estate (in cui IO mi riposo, IO; e allora perché non devono riposarsi anche i ragazzi, eh?) no, proprio no, mi viene lo sconforto.
E pazienza se i ragazzi ci stanno qualche giorno per rodarsi. Anch'io i primi giorni sono in fase di rodaggio, no? Un po' di comprensione per queste povere creature legate ai compiti come cani alla catena per tutto l'anno. IO, a miei tempi, non ho mai fatto i compiti delle vacanze; no, non perché ero scioperata. Cioè lo ero, ma in questo caso non c'entra. Non me li davano e quindi non li facevo. Guardate che non è che venivamo su tanto peggio di 'sti figlioli, a riposarci durante l'estate.
E poi, io faccio italiano. Vedrai che un pochino si esercitano comunque, con l'italiano. Anche se non leggono, parleranno. E poi non è vero che non leggono, molti leggono eccome. Gliel'ho detto, ai genitori: portateli in libreria, e se gli piace qualcosa compratela. Fatela scegliere a loro. Non importa se a voi sembra un libro scemo. Il mondo non è fatto certo solo di letture intelligenti! Ma come volete che leggano, se li rimpinziamo sempre di compiti?
Magari per matematica è diverso, e per le lingue straniere capisco che debbano esercitarsi, e comunque per le altre materie vedranno un po' gli altri insegnanti, io bado alle mie materie, loro baderanno alle proprie. Non pretendo di insegnare il mestiere a nessuno ma io no, non do compiti. Le vacanze sono vacanze e i ragazzi hanno da vacanzare. Hanno studiato tutto l'anno, adesso riposeranno. Punto.
E poi si sa come va a finire: quelli che hanno lavorato tutto l'anno faranno tutti i compiti, che nemmeno gli servono, mentre quelli che hanno lavorato poco non li faranno nemmeno d'estate oppure li faranno con i piedi.
No, niente compiti. Su questo sono incrollabile, manichea, oltranzista, integralista.
Niente compiti.

Poi è arrivata la seconda di Hogsmeade.
Che era così sicura che avrebbe avuto i compiti di Natale che mi ha chiesto di fare il diario durante le vacanze di Natale, invece che nella prima metà di Dicembre.
Così gli ho fatto fare il diario.
E poi, a Pasqua, eravamo piuttosto indietro a storia. E gli ho dato i compiti di storia.
E, ai primi di Giugno, ho corretto le verifiche finali di analisi logica.
Cioè, corrette... le ho guardate. Non era mica possibile dare il voto a quella roba.
I due bravi l'hanno fatto bene, ma quelli sono macchine da guerra, studierebbero anche se li appendessero a testa in giù dentro un formicaio. Ma gli altri...
Beh, è chiaro che gli altri l'analisi logica non l'hanno studiata. E anche i compiti, mi sa che non li hanno fatti con grande attenzione. Anzi, a ricordarsi bene le cose, era chiaro che parecchi non li hanno fatti proprio, né male né bene. Anzi mi par di capire, dai risultati, che non seguissero granché nemmeno in classe; tranne quando gli davo le frasi a doppio senso da analizzare, ma insomma non posso mica rifargli tutto l'eserciziario con le frasi a doppio senso. Devono imparare ad analizzare anche quelle frasi banali dove compri un vaso di cristallo e il gattino bianco dorme sul divano.

Insomma stavolta i compiti li ho dati: studiarsi tutto il programma di analisi logica e fare un bel pacchetto di esercizi. Gli ho consegnato il foglio ma ne ho stampata una seconda copia che ho consegnato ai genitori quando sono venuti a ritirare le schede.

No, ai due bravi no. Anzi, gli ho alzato il voto sulla scheda.
Credo che, anche senza i miei compiti, un modo per passare il tempo lo troveranno.

martedì 15 giugno 2010

Mater Dolorosa (Assenteista, Good Bye)

La Madre dell'Assenteista è un classico nel suo genere - la Madre un po' trascurata e molto melodrammatica che tanto spesso popola i blog di noi insegnanti. Bionda, piuttosto bella, abbigliamento alla moda non supportato da adeguato stile*, piuttosto annoiata, ci guarda dall'alto in basso e ci domanda se la situazione è davvero così grave - ma quando abbiamo smesso di chiamarla, stufi di perdere il tempo nostro e della Preside, ha cominciato a venire spontaneamente, per chiederci se davvero la situazione era così grave. Nella seconda metà dell'anno si è fatta regolarmente scortare dalla figlioletta in età da elementari, una sorta di incarnazione della Pinky dei Muppets ma meno simpatica, che interviene per spiegarci che lei a scuola è tanto brava ma che se, come sembra, negli ultimi tre mesi dell'anno ha passato tutto il tempo con la madre invece che a scuola, forse tanto brava ormai non è più.

La mattina abbiamo appeso i tabelloni, nel pomeriggio dovevamo consegnare le schede. Mentre stavo infiocchettando e siglando i registri prima di consegnarli in segreteria è arrivata la custode a cercarmi. Se potevo andare, la madre dell'Assenteista aveva chiesto di parlarmi...
In effetti non ero obbligata a farlo, il tempo del ricevimento è finito da settimane; ma ho pescato una collega dal mucchio - Matematica, guarda caso - e mi sono accomodata con lei, la madre e Pinky in un'aula vuota.
E la madre ci apre il suo cuore e ci rende partecipi del suo dolore: che lei proprio non riesce ad accettarla questa cosa troppo brutta, di un ragazzo bocciato perché stava antipatico ai professori. Perché gli altri compagni l'hanno detto: l'Assenteista non doveva essere bocciato, perché altri che lo meritavano non sono stati bocciati "perché gli era morta la madre, perché qui, perché là"...

Non so cosa prescriva il Galateo dell'Insegnante per un caso come questo; d'altra parte ognuno reagisce come sa. Io ho urlato, facendo una sfuriata alla madre - una sfuriata in piena regola, dove ho rimproverato aspramente l'Assenteista di averci costretti a fermarlo e ricamando a sopraggitto e punto croce sul fatto che la classe, quella classe, proprio quella, era una classe perfetta per lui, dove tutti avevano legato con lui e dove la differenza di età non si sentiva. Ho poi aggiunto che, lui, aveva fatto benissimo a non venire e a mandare la madre perché se lo avessi avuto davanti l'avrei come minimo strozzato sul momento, visto che se l'era cercata col lanternino - e nessuno osasse tirare in ballo gli altri compagni, perché là dentro tutti, assolutamente tutti, avevano lavorato infinitamente più di lui e nessuno aveva un camposanto di scheda nemmeno lontanamente simile alla sua.

Quando mi sono fermata per riprendere fiato è intervenuta, molto più pacatamente, la collega di matematica. Che ha ribadito che il ragazzo la matematica non l'aveva studiata mai, ma proprio mai-mai-mai, prova ne era che soltanto a Gennaio era saltato fuori che lui non aveva il libro (che quell'anno aveva cambiato edizione e quindi non era più lo stesso dell'anno prima). E lei per questo lei gli aveva dato il suo (il suo di lei insegnante di Matematica) e da Gennaio era senza libro, che per un'insegnante non era proprio comodissimo, perché il suo libro lo aveva l'Assenteista; il quale Assenteista, però, il suo libro certo non l'aveva usato per studiarci matematica anzi, per quel che le risultava, non l'aveva usato proprio. E allora, se la signora fosse stata così gentile da riportarglielo, quando nel pomeriggio fosse venuta a prendere la scheda, perché a lei il libro di matematica faceva comodo, sa, perché a lei serviva per lavorare...

La Madre non ha trovato argomenti per rispondere e si è limitata ad andarsene borbottando un vago "Vado dalla Preside" (e sappiamo che c'è andata, ma la Preside ci ha gentilmente risparmiato il resoconto del colloquio).
Non è venuta a ritirare la scheda, nel pomeriggio. E naturalmente Matematica non ha riavuto il suo libro.
Non credo che ci sperasse, comunque.

Resta da capire il senso di questa storia (anche se questa storia un senso non ce l'ha); l'Assenteista si è comportato da stordito - in effetti molto da stordito - e nei primi sei mesi di scuola ha fatto capire in tutti i modi possibili e immaginabili che della scuola non ne voleva sapere (negli ultimi due mesi ha invece stabilito che musica, scienze e italiano non gli facevano del tutto schifo, ed era diventato molto più gestibile in classe); sapeva benissimo che non era vero che a scuola si passa sempre e comunque, perché lui l'anno prima era bocciato. Magari contava sull'invulnerabilità dell'essere stato fermato una volta, ma il suo non era l'atteggiamento di chi cerca di studiare il meno possibile, era un rifiuto sistematico verso la scuola che solo verso la fine dell'anno si è attenuato, e solo per poche materie. Certo, avremmo potuto dargli fiducia (come era stato fatto in prima, senza grandi risultati) ed è perfino possibile che la fiducia sarebbe stata ricompensata. Ma chi si azzardava a correre il rischio, con quella classe e con buona parte delle materie intonse e intatte (tanto per parlare di matematica, non aveva chiaro nemmeno il meccanismo del massimo comun denominatore e del minimo comune multiplo)?
Comunque l'Assenteista ha quattordici anni e non si era fatto da solo; che un ragazzo a quell'età si comporti da stordito ci può anche stare e in fondo la scuola dell'obbligo è per tutti.

Ma la famiglia? Dopo nove anni di scuola e non so quante chiamate dalla segreteria e dalla presidenza, la famiglia non si preoccupava nemmeno di fargli le giustificazioni e fino all'ultima settimana abbiamo dovuto telefonare per chiederle. Fino all'ultima settimana.
Che senso aveva l'ultimo pellegrinaggio della Mater Dolorosa a lamentarsi, come se fosse chissà quale sorpresa il fatto che il figlio fosse stato fermato?
La famiglia non era composta di quattordicenni, in teoria. La famiglia aveva visto la scheda del primo quadrimestre. Conosceva la situazione. Non gliel'avevano detta solo i professori, era stata spiegata con grande chiarezza anche dalla Preside - e non una volta soltanto.

Evitare la dispersione scolastica, dicono.
Più che volentieri, se ci spiegano come.

*vuol dire che, esattamente come il figlio, gira abitualmente con mezzo culo di fuori

venerdì 11 giugno 2010

Il giorno dopo lo scrutinio

Capita ordunque che, dopo gli scrutini, un'insegnante possa talvolta trovarsi leggermente alterato perché non condivide appieno il voto di taluni suoi colleghi davanti a taluni casi didattici, e capita che trovi un filino incoerente il fatto che costoro, che tutto l'anno hanno guiaiolato e rumoreggiato sul fatto che una data classe fosse indisciplinata e non studiosa, poi trovino normale promuovere ragazzi con cinque o sei insufficienze.
E che diventi a strisce arancioni e nere quando sente i colleghi che continuano a dire al momento di passare qualcuno con sei sufficienze "Ma allora dobbiamo arrotondarne un paio perché sei insufficienze sono troppe" in nome di una qualche disposizione ufficiosa della scuola dice che sopra le quattro insufficienze si boccia - ignorando platealmente il fatto che il consiglio è sovrano come dice la legge dello Stato, che mai e poi mai può essere scavalcata da una delibera del Collegio. Eccheccazzo, se davvero pensi che cinque insufficienze siano troppe non passarlo, se ti sembra sia il caso di passarlo attieniti alla legge e fregatene se il paese è piccolo e la gente mormora.
E può anche capitare che all'insegnante in questione venga l'orticaria perché l'insopportabile e melenso insegnante di religione, che vede metà della classe per un'ora a settimana e conosce solo due voti (distinto e ottimo) perché "la preside gli ha detto così", e arriva sempre con un quarto d'ora di ritardo in qualunque classe ma spedisce fuori allo stato brado i ragazzi di alternativa se tu arrivi un po' in ritardo perché sei in presidenza a conferire per qualche valido motivo, lamentosamente attacchi il lamento che "poverino qua e poverino là ma come facciamo a fermarlo", anche se hai provato 765 volte a spiegargli che la bocciatura non è punitiva ma fatta nell'interesse della creatura, che al momento sembra assai inadeguata a seguire la terza media.
E capita pure che all'insegnante a strisce arancioni e nere venga l'idrofobia in forma grave se il Sostegno vota per promuovere qualcuno spiegando candidamente che questo qualcuno "è tanto amico del suo allievo e così l'anno prossimo possono fare gruppetto", trasformando così in certificati due ragazzi uno dei quali, semplicemente, ha stabilito che la matematica non esiste ma a parte questo non ha nulla di certificabile.
E avviene pur talvolta che venga stabilito che "tanto il tale non avrebbe comunque fatto un gran percorso scolastico, se anche fa male le medie che cambia?" decidendo così il futuro di una creatura in trasformazione e inchiodandolo ad vitam alle tendenze mostrate quando aveva tredici anni.
E che detto insegnante non riesca a capire perché l'intero consiglio dia i voti in condotta basandosi su come i ragazzi si rivolgono agli insegnanti ma senza tenere in alcun conto quelli che si deridono, perculano e offendono anche durante la lezione tra di loro - oh no, questo non ha importanza, basta che si alzino in piedi quando l'insegnante entra in classe.
Capita infine che le venga un travaso di bile supplementare quando la preside si diverte a perculare a sua volta Albione perché ha i voti bassi - finché Albione spiega, un filino alterata, che lei ha "somministrato" all'inizio dell'anno la prova d'ingresso che la scuola aveva stabilito, ha calcolato i punteggi secondo le modalità indicate dalla scuola e le sono risultati voti dal 2 al 5 nessuno escluso e che quindi, insomma, la scuola vedesse di trovare il modo di far pace con il proprio cervello.

Capita, sì, capita.
Come cantavano giustamente i Pooh, capita quando capita.
Poi ti passa.
Perché, magari, chissà, hanno ragione loro.
O comunque per l'alunno la scelta migliore, chissà, potrebbe essere quella che è stata presa contro la tua opinione.
Forse.
E comunque vada i risultati a lungo termine tu non li vedrai.
Per fortuna, viene da pensare.

lunedì 7 giugno 2010

I piaceri della continuità (ovvero come inguaiarsi da sola)

Durante la riunione della Commissione per la Continuità con le Elementari la Preside, che fino a quel momento aveva volato alto parlando di massimi sistemi e cullandomi in un piacevole flusso sonoro mentre pensavo ai fatti miei (ma dal mio sguardo partecipe&attento nessuno lo avrebbe mai detto) improvvisamente si interruppe, forse desiderosa di una pausa per le sue corde vocali, e ci chiese se avevamo suggerimenti.
Per puro e bieco esibizionismo parlai, ricordando la mia esperienza di supplente alla Scuola Città Pestalozzi di Firenze, di cui mi sono sempre tenuta moltissimo*: lì avevo una terza media e in più facevo quattro ore nella quinta elementare: storia e geografia, in nome appunto della continuità; perché l'anno dopo, per la titolare, quella quinta sarebbe diventata la sua prima media.
All'epoca la cosa mi sconvolse, tanto che chiesi se erano proprio sicuri che potessi legalmente fare quelle ore, visto che non avevo l'ombra di un titolo che mi autorizzasse ad insegnare alle elementari. Superato il trauma e incontrata la classe - una bella classettina piuttosto disciplinata ma vivacemente partecipe, che mi mise subito a mio agio - trovai che la programmazione concordata era stata scelta con molta accortezza: a storia lavoravano su uno di quei manuali sperimentali delle medie pieni di laboratori, dove studiammo le civiltà idrauliche e facemmo un affascinante lavoro sulla battaglia di Kadesh. A geografia invece leggevo il Giro del mondo in 80 giorni, con un po' di spiegazioni di appoggio (eravamo ormai negli Stati Uniti e si chiacchierò di un po' di tutto, dai Padri Pellegrini al Fiume Sand Creek di De André) e mentre leggevo i ragazzi potevano disegnare. Per le ultime lezioni arrivai con una carta della Terra di Mezzo; gli feci un po' di cartografia, poi gliela diedi da colorare: le montagne in marrone, il mare in azzurro eccetera. Si divertirono come pazzi e da allora ogni prima da me incignata passa una delle prime lezioni a colorare la carta della Terra di Mezzo, con tanto di voti a fine esercitazione (che di solito sono belli alti).

Era un sistema dolce e fruttuoso: insegnante e ragazzi si conoscevano gradualmente e si sintonizzavano, ci si abituava a gestire i casi problematici e via dicendo. Dimenticavo: durante queste lezioni l'insegnante delle elementari era sempre presente - insomma si trattava di una (Orrore! Spreco di denaro pubblico! Danno irreversibile all'erario!) compresenza - una parola che qualche anno fa poteva essere ancora pronunciata in pubblico senza arrossire.
Insomma, un vero esempio di continuità se mai se ne vide uno. Ed anche l'unica esperienza in merito che avessi.

L'idea piacque, così mi ritrovai arruolata volontaria per fare una lezione di storia o di geografia in una delle quinte - perché quello di Hogsmeade è un Istituto Comprensivo, e anzi quest'anno comprende in modo particolare dato che, causa lavori in corso alle elementari, le quarte e le quinte sono nostre ospiti, Insieme a me vennero arruolati anche Inglese e Scienze - non altro che per il fatto che erano lì presenti e non furono abbastanza presti a trovare una scusa per spaniarsi.

Si impongono a questo punto due considerazioni:
1) Possibile che l'idea di fare una o due lezioni di collegamento tra elementari e medie in un istituto comprensivo non fosse venuta in mente a nessuno fino ad ora e avrebbe continuato a non venire in mente a nessuno se Murasaki non si fosse messa a sfogliare l'album dei ricordi?
Mah.
2) Possibile che la sottoscritta abbocchi sempre come una carpa?
(ma certo che è possibile. Del resto io abbocco sempre, comunque e in qualsivoglia circostanza. Ce l'ho nel DNA, come si dice).

In realtà l'idea non mi dispiaceva del tutto, altrimenti credo che con o senza pretesto mi sarei svincolata in gran fretta. Come sempre, a fine Aprile ero sommersa nelle cose da fare e questa lezione comportava spostare classi per usare la LIM, concordare la lezione con l'insegnante delle elementari che non era meno ingolfata di me...
In realtà tutto è andato a posto quasi da solo - ad esempio io e l'insegnante delle elementari continuavamo a incontrarci per caso proprio quando ci veniva in mente qualcosa da dirci, la classe che occupava l'aula con la LIM proprio il giorno che avevamo fissato era in palestra a fare Fisica ma in quel giorno specifico spariva per due ore per dedicarsi a non so cosa, lasciandoci padroni del campo...

Così, seguendo da brava carpa la forza della corrente, in uno degli ultimi giorni di scuola mi sono trovata col telecomando in mano davanti a una ventina di giovani e agguerrite nuove leve della nostra utenza a spiegargli "di cosa parliamo quando parliamo di impero romano": la forza della propaganda, la forza dell'esercito, l'importanza delle fogne senza le quali una città di due milioni di abitanti sarebbe rimasta tale per ben poco tempo, i vantaggi del sincretismo religioso...
In sintesi, quaranta minuti di sana e ordinarissima frontale, ingentiliti da una trentina di immagini sulla LIM. Le creature hanno ascoltato in rispettoso silenzio ma hanno anche alzato la mano per intervenire e domandare.

D'accordo, la continuità è un'altra cosa. Magari l'anno prossimo provo a fare qualcosa di meno improvvisato.
Comunque è stato divertente.

* Non c'ero entrata per meriti particolari: nella nobile e gloriosa Scuola Città Pestalozzi gli insegnanti di ruolo sono scelti dal Collegio Docenti, ma i supplenti sono presi dalle graduatorie sperando nella buona sorte, come in tutte le altre scuole del regno.

mercoledì 2 giugno 2010

Haeretica - Contro Lo Studio Della Storia della Letteratura Alla Scuola Media



Per qualche motivo che ho sempre faticato a comprendere, molti insegnanti di Lettere delle scuole medie sembrano prendere assai sul serio lo Studio della Letteratura Italiana. Li vedi spiegare ai genitori ai Consigli di Classe, in tono assai compunto, che sono indietro con letteratura ma è per questo e quest'altro motivo e si rimetteranno senz'altro in pari entro Pasqua, li senti informarsi con i colleghi se sono avanti o dietro a loro con il programma, li trovi seriamente preoccupati perché "forse Svevo riescono a farlo ma Pirandello no", o che sospirano perché "ho fatto la verifica a sorpresa su Seicento e Arcadia e i ragazzi non avevano studiato nulla, il voto più alto è quattro" - e qualche volta finisci per sentirti pure un'insegnante trascurata perché i tuoi allievi non sanno un accidente sull'ermetismo, la scapigliatura o la donna angelo - e tanto meno sull'Arcadia e la letteratura italiana del Seicento* mentre tu, sciagurata perdigiorno, stai lì a baloccarti con Dickens, Asimov, Pratchett, Kafka o quant'altro la tua rutilante fantasia possa averti suggerito nelle ultime settimane (e la tua rutilante fantasia è sempre piena di consigli in merito; non solo, ma all'idea di trovare un angolino di tempo per parlare della Scapigliatura o dell'Arcadia la tua fantasia, da rutilante, si fa addirittura incandescente sfornando decine di decine di alternative).
Ogni volta, in cuor tuo, ti domandi come mai costoro, se tanto pazzamente amano la letteratura italiana, non se ne vanno alle superiori, possibilmente al triennio dove l'insegnamento della letteratura è curriculare; ma ancor più ti domandi perché, se davvero costoro amano la letteratura italiana, tollerino di farla in cotali condizioni.

Ma proviamo ordunque ad andare per ordine.
Lo studio della storia della letteratura italiana alla scuola secondaria di primo grado NON è obbligatorio né curriculare; da qualche parte una qualche ordinanza ministeriale o programmazione o quel che è invita gli insegnanti a "far leggere brani dei grandi scrittori italiani" in classe, e questo è quanto**.
I grandi scrittori di lingua italiana, ai miei occhi, presentano un sacco di problemi: alcuni li trovo di una noia allucinante, altri mi sembrano del tutto inadatti ad un virgulto tra i dodici e i quattordici anni, altri scrivono in un italiano arcaico ancora incomprensibile per il virgulto di cui sopra, di molti infine non mi so spiegare la reputazione di cui godono né il peso che vien loro attribuito; detto questo, ci sono autori da cui non si può prescindere (vedi Dante che, almeno qui in Toscana, le classi aspettano fremendo e scalpitando), autori in traduzione (Boccaccio, Ariosto), singoli pezzi che piacciono sempre (S'io fossi foco di Cecco Angiolieri), autori che stanno nella programmazione come topi nel formaggio (Ungaretti con le poesie da trincea, Quasimodo con le poesie di guerra, Verga con Rosso Malpelo e Libertà) e testi che piacciono troppo all'insegnante (nel mio caso, Il cantico delle creature di Francesco d'Assisi). Ma far leggere i brani, anche molti brani, non vuol dire fare storia della letteratura: se qualche parola (qualche) sul verismo può valere la pena di spenderla al momento di leggere Verga, l'Arcadia e il romanzo storico e la donna angelo mi sembrano del tutto rinunciabili, anche perché nelle letterature delle medie se ne parla con una superficialità e una cialtronaggine davvero insopportabili.
Può darsi che esista una buona storia della letteratura italiana fatta per le medie e adatta a mandibole della prima adolescenza, quando, per ovvi motivi, i ragazzi sono del tutto digiuni di letteraturese e critichese e tutta la Letteratura Canonica è assolutamente nuova per loro - una letteratura che introduca le principali tematiche, le colleghi con le principali questioni storiche etc. Se esiste, o meglio se esistesse, immagino che fare un po' storia della letteratura del nostro paese alle medie potrebbe anche, con alcune classi particolarmente propense, avere un qualche senso e fornirgli un po' di preparazione di base che potrebbe anche tornargli utile alle superiori.
Ma, in fiduciosa attesa che qualcuno mi indichi questa fenice dalle piume d'oro, quel che vedo io sono degli autentici musei degli orrori nati tagliando, incollando e raffazzonando le peggiori storie delle letterature delle superiori - dico peggiori, ma magari prima del lavoro di taglia e incolla costoro erano libri rispettabilissimi, chissà.

Il lettore più sensibile avrà forse intuito che non vado proprio pazza per la storia della letteratura e della critica; tuttavia, le molte volte in cui ho dovuto affrontarne lo studio, sporadico o sistematico, l'ho fatto agevolmente prendendo un qualsiasi manuale delle superiori. Quello che avevo al liceo ad esempio non era eccezionale, ma mi forniva tutto il necessario e i vari insegnanti inserirono le aggiunte che reputavano opportune; ma anche le letterature consigliate all'università per gli esami, o semplicemente quelle raccattate dagli amici quando dovetti preparare il concorso, si sono sempre rivelate utili e adeguate quanto bastava; di sicuro qualcuna era meglio di qualcun'altra, ma tutte erano di livello accettabile e mi fornivano il servizio che gli richiedevo: una sintesi chiara e dettagliata dell'evolversi della nostra italica letteratura, con qualche aggancio alla letteratura straniera e abbondanza di testi e di commenti storici, linguistici, metrici, filologici etc.

Niente di tutto ciò viene nemmeno lontanamente offerto da una letteratura delle scuole medie. Lì, i testi sono scelti secondo un canone di cui nessuno ricorda più l'origine, e con scarsissima attenzione al resto dei programmi della scuola - in generale il criterio seguito è quello de "il brano più famoso", in qualche caso "il brano più comprensibile": ad esempio i Sepolcri di Foscolo sono assai famosi, ma - orrore! - lunghi, oltre che piuttosto complessi. A ciò molte antologie rimediano non già abbandonando i Sepolcri alle cure degli insegnanti delle superiori, ma riportando la prima ventina di versi - che, staccato dal resto del poema si riducono a un "Una volta morto, chissenefrega di come mi seppelliscono?" - che non è esattamente una sintesi efficace e completa del poemetto Dei Sepolcri inteso nel suo complesso.

Il caso dei Sepolcri non è isolato; ma i testi tagliati, accorciati e mutilati lo sono ancora il meno (anche se ai miei occhi costituiscono già un peccato mortale): il problema più grave è la parte redatta dall'antologista, composta essenzialmente da
1) luoghi comuni letterari non spiegati
2) leggende metropolitane letterarie non spiegate
3) frasi fatte non spiegate
4) cazzate non spiegate.
Tanto per fare un esempio: dire che la poesia romantica rifugge dagli stilemi petrarcheschi non è molto chiaro per il ragazzo che potrebbe non avere fatto Petrarca e di sicuro non ha toccato né intravisto i petrarchisti - senza la tenace esistenza dei quali è un po' difficile comprendere come mai, nel 1800, ci si desidera liberare di un poeta che, poveraccio, stava ormai sottoterra da quattro secoli senza dar noia a nessuno (tra l'altro: perché nessuno desiderava liberarsi dagli stilemi ariosteschi o tassici? E soprattutto: cosa diamine sono gli stilemi?).

E il romanzo storico? Improvvisamente compare il romanzo storico, vengono date una serie di caratteristiche del suddetto e si passa a parlare... dei Promessi Sposi e del Gattopardo - che hanno caratteristiche assai diverse, distano cento e passa anni tra loro e per giunta sono romanzi storici piuttosto anomali nell'ambito europeo. Beh, almeno sui Promessi Sposi a volte si fa un discorso abbastanza articolato, ma il Gattopardo di solito si limita ad essere citato... per confrontarlo con i Viceré, il tutto senza far leggere una singola riga di nessuno dei due. E siamo d'accordo che tutto sommato si sopravvive anche senza leggere né l'uno né l'altro, ma allora si può anche non parlarne che si fa prima.

Poi arriva Ungaretti.
Ungaretti è un ermetico, si sa (si sa?). Perfino gli autori di antologie delle medie però sembrano consapevoli che "è un ermetico" non vuol dire molto per un ragazzo di tredici anni. Allora glielo spiegano, cos'è un ermetico - e lo spiegano in modo assai emetico: chi lo collega a Hermes Trimegisto e chi a Hermes semplicemente (che sono due personaggi un tantinello diversi e di solito i ragazzi ricordano ben poco del secondo e non sanno un accidente del primo). In ogni caso gli antologisti si ricordano di spiegare alla creatura che Hermes o Hermes Trimegisto si ricollegano al senso oscuro della poesia, al gusto del significato nascosto - poi arrivano le poesie da trincea di Ungaretti che sono quanto di più chiaro si possa immaginare sia come testo che come significato che come messaggio e proprio non si capisce che caspita c'entrano gli scritti iniziatici ellenisti e le divinità psicopompe (se non ricordo male, infatti, né gli uni né le altre c'entrano un bel niente).
Anche Montale è ermetico, ci dicono. però poi si distacca dall'ermetismo "seguendo un suo percorso autonomo" (che non ti spiegano dove porta). E anche se lo stesso Montale sostiene "Codesto solo possiamo dirti / Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", non per questo mi sembra bello ricondurre la sua ricca interiorità al semplice fatto di non essere più un ermetico (che tra l'altro non si è ancora capito cosa vuol dire).

Tutte queste considerazioni e molte altre si sono imposte con forza al mio sentire quando, in occasione delle ultime ore dell'anno di Approfondimento, i ragazzi di terza hanno invocato da me lumi, aiuti e comprensione umana per le loro traversie con Letteratura e ho avuto il dubbio piacere di risentirgli numerose paginate di considerazioni letterarie mandate più o meno a memoria e malamente rielaborata anche dai più bravi (e alcuni sono bravi davvero).
Il che mi ha convinto una volta di più che un insegnante ben preparato e convinto può, in circostanze favorevoli, far apprezzare da una classe su cui ha un buon influsso praticamente qualsiasi testo e qualsiasi autore, non importa se adatto o meno adatto - ma che se proprio costui insegnante si impunta per fare anche storia della letteratura, allora si deve armare di fotocopie e blocco per appunti, sporcarsi le mani e scendere in un'infinita infinità di dettagli, altrimenti anche la migliore classe finirà per ripetere, in modo più o meno fluente, un'enorme quantità di sciocchezze desunte dall'orrendo libro di storia della letteratura per le medie.
Per gli autori dei quali, mi auguro, il fuoco pennace brucerà in eterno - o almeno per un periodo molto, molto lungo.

*del resto, a dirla tutta, NEMMENO IO so assolutamente nulla sulla letteratura italiana del Seicento e le mie conoscenze sull'Arcadia non basterebbe a riempire un cucchiaino da saliera.
** Ne ho perso memoria e cognizione ma ricordo benissimo di averla letta, qualche tempo fa. Esiste. Da qualche parte esiste. Sono sicura che esiste.