sabato 31 ottobre 2009

Chi vi credete che noi siam / per i capelli che portiam



In classe, tra tanti rispettabili fanciulli che pur di non applicarsi agli studi volentieri scalerebbero l'Everest a mani nude e in T-shirt di cotone, ne ho uno che si distingue in particolar modo: l'Assenteista.
Costui è un ragazzo assai alto e ben fatto, piuttosto gentile, fornito da Madre Natura di un cervello singolarmente adatto agli studi ma di cui nessuno ha mai avuto notizia che abbia studiato in qualche modo. E' altresì provvisto di una madre prontissima a dire tutto e il contrario di tutto pur di appoggiarlo e ad attaccare la scuola in qualsivoglia modo possa tornare utile alla sua prole pur giurando di non spalleggiarlo né coprirlo. Un caso, insomma, non molto insolito.
Questo bel ragazzo venne promosso dalla prima alla seconda perché provvisto di un cognome che iniziava con una delle ultime lettere dell'alfabeto: quando arrivarono a lui, la quota di quattro-e-non-più-di-quattro ragazzi da segare era già stata raggiunta nella sua classe e così non se ne fece di niente (il che non sarebbe successo se sua madre avesse scelto di accompagnarsi o attribuire la prole a qualche Arimi o Abbagnale. Ma tu guarda i casi della vita). Alla fine della seconda però, vuoi perché le cose si erano spinte troppo oltre, vuoi perché i ragazzi i cui cognomi iniziavano con le lettere B, C, F e L non avevano mostrato particolari carenze scolastiche, fu deciso di fargli ripetere l'anno e di infilarlo nella mia futura classe.

Beh, non è un alunno di quelli che disturba, almeno quando non c'è - e si dà il caso che molto spesso non ci sia e che raramente porti giustificazioni. Appunto per questo qualche giorno fa sono andata in presidenza con un bello specchietto che riportava numero delle assenze e assenze ingiustificate. La Preside ha convenuto che non era cosa, ha parlato con madre e figlio (ignoro se esista anche un padre e qual peso abbia, eventualmente, negli equilibri familiari. Non altissimo, sembrerebbe di capire), poi mi ha riferito.
Stando alle sue parole, la ramanzina è iniziata con un invito per l'Assenteista a tagliarsi i capelli "che è un anno e mezzo che te lo dico!".
"I capelli?" ho strabiliato "E perché?".
I capelli dell'Assenteista sono tanti, un po' cespugliosi, di un bel castano dorato. Checché ne dica la Preside, non sono particolarmente lunghi anche se sulla sinistra porta l'inevitabile ciuffo che tanto usa in questi anni. Ma la Preside si lancia in una filippica contro quei capelli, che coprono i begli occhi e gli impediscono di vedere (seeee!), e lui starebbe molto meglio senza quel ciuffo...
A questo punto è toccato alla Preside beccarsi una ramanzina, da me: che uno porta i capelli come gli pare, che l'occhio sinistro coperto è una moda come tante e certo non possono essere le donne, che arrivano a perversioni come i tacchi a spillo pur di seguire la moda, a poter criticare, che personalmente preferivo gli uomini con i capelli lunghi e che non sperasse di vedermi muovere la punta di un dito per una crociata del genere - soprattutto, che sinceramente il problema non mi sembrava quello.
La Preside mi ha visto talmente infervorata che, applicando il principio che i pazzi non vanno mai contraddetti, ha prontamente ripiegato su tematiche più banali quali il controllo delle assenze e dei compiti del fanciullo oggetto dei nostri discorsi - argomenti su cui mi ha trovato ben più disposta a seguirla.

E poi sono rimasta in Sala Professori a riflettere sui massimi sistemi.
Premesso che sull'argomento capelli&acconciature maschili direi che le parole definitive sono state scritte e cantate da Niccolò Fabi, e che il mio ideale in materia sono i Cavalieri dello Zodiaco - ma questi, in fine, sono affari miei; premesso questo, dunque, mi piacerebbe tanto capire perché noi insegnanti (e DS, che in fondo sono insegnanti diversamente riciclati) amiamo tanto prenderci in giro da soli, salvo poi meravigliarsi se lo fanno anche i ministri.
Perché c'è il fatto che qualsiasi alunno di scuola materna, elementare e media è protetto dalla Costituzione dei nostri padri che sancisce (sia pure tra le righe) il diritto di ognuno di tenersi i capelli come accidente gli pare purché si ricordi di lavarli a scadenze regolari. Posso disapprovare in cuor mio creste, gel, teste rasate, capelli a spazzola e capelli troppo appiattiti sulla testa, ma non una parola sull'argomento uscirà dalle mie labbra, nemmeno davanti alla minaccia delle tenaglie arroventate. Nella vita civile ci vuole un po' di sopportazione reciproca, o non si arriva da nessuna parte.
Nel caso degli adolescenti, occorre poi ricordare che le cose spiacevoli che la scuola gli impone sono veramente un buon numero. Tra queste, nessun tribunale ci darà ragione se ci impuntiamo su un taglio di capelli rispetto a un altro - e, nonostante molti degli ultimi governi abbiano fatto veramente del loro meglio per confondere le idee alle nuove generazioni in tema di legalità, questo i ragazzi oggi lo sanno, e lo sanno anche i Dirigenti Scolastici, perché nessun regolamento scolastico porta articoli precisi in merito a pettinature, trucco e abbigliamento - al massimo qualche generico accenno al fatto che gli alunni devono essere puliti, in ordine e vestiti in modo decente e congruo all'ambiente. Quando obbediscono ai nostri strampalati ordini di togliersi berretti e orecchini, non venire truccati o tenere i capelli raccolti (sì, qualche insegnante pretende anche questo) i ragazzi lo fanno solo per buon cuore nei nostri confronti e in segno di buona volontà, non perché costretti - e ne sono consapevoli. Così come sono consapevoli del fatto che, qualora decidessero di impuntarsi, l'insegnante con mire tiranniche dovrebbe abbandonare l'arena ignobilmente sconfitto per ripiegare sui più consueti terreni della valutazione della sua materia.
Ora, l'Assenteista ha probabilmente buon cuore almeno quanto la media dell'umanità, ma di buona volontà nei confronti della scuola ne ha dimostrata veramente pochina fino a questo momento, stante che anche per averlo presente dobbiamo andiamo a cercarcelo con tanto di canna da pesca e sale da buttargli sulla coda perché non scappi. Ha senso chiedergli un sacrificio personale di una certa entità ai suoi occhi (visto che in un anno e mezzo si è ben guardato dal compierlo) per qualcosa di cui non gli frega niente e che per giunta sul piano scolastico non migliorerebbe di un solo capello (!) la sua preparazione? Insomma, vale la pena istigare il già fiorentissimo senso di ribellione che le creaturine sentono in quest'età per qualcosa che non dovrebbe farci né caldo né freddo, al di là delle preferenze estetiche che noi insegnanti, come tutti i mortali, abbiamo?

Ma anche: da quando in qua si studia con i capelli? Possibile che, pronti come siamo a spiegare alle nostre classi che devono mostrarsi aperti e disponibili verso l'Altro e il Diverso, senza generalizzare e senza rifugiarsi in facili stereotipi (anche e soprattutto in virtù dei nostri saggi insegnamenti, come ci ammoniva una delle tante direttive programmatiche della Moratti), insomma, possibile che proprio noi poi siamo incapaci di vedere al di là di qualche ciocca e invece di valutare l'alunno valutiamo il suo coiffeur?

domenica 25 ottobre 2009

Vale la pena










Mi han premiato. O meglio nominato. Insomma, quella roba lì della catena dei premi.
In verità a suo tempo avevo stabilito in cuor mio che in caso di premi avrei ringraziato con bel garbo e lasciato perdere la cosa (come poi ho fatto). Ma questo premio è carino, perché ha gli occhi azzurri e a me l'azzurro piace, e poi perché oggi è una giornata particolare; quindi oltre a ringraziare La Prof (no, non c'è il link. No, non è un errore, solo che di recente si è occultata e anzi se riemergesse alla luce IMHO farebbe cosa buona e giusta) e Cautelosa che me l'hanno assegnato e ad apprezzare particolarmente che tale premio venga da due dei miei blog preferiti ho deciso di passarlo a qualcuno - non tanti quanto potrei, giusto due gatti più una Refrattaria, ovvero Milady, che i premi non li prende e non li passa, rassicurandola che non è tenuta a fare niente né ad occuparsi minimamente della cosa perché il premio le è stato conferito sapendo perfettamente che lei non avrebbe allungato la catena, solo come esortazione in considerazione del periodo... diciamo particolare... che sta attraversando dal punto di vista professionale. Perché, come lei sa bene, nonostante tutto "ne vale la pena".
Inoltre potrei - anzi, posso senz'altro - aggiungere al gruppo anche la quinta insegnante di lettere delle medie, LaNoisette, che però era già stata premiata dalla Prof e quindi la cosa lascia un po' il tempo che trova.

Ma veniamo ai due gatti: quando aprii il presente blog stabilii che esso blog avrebbe trattato di scuola, solo di scuola, sempre e unicamente di scuola o di ciò che alla scuola poteva in qualche modo afferire, ad esempio la mia vita interiore.
Così anche i blog che segnalo nel Blogroll sono legati alla scuola media - mentre ce ne sono tanti altri altri che seguo, regolarmente o occasionalmente, ma che lì non risultano.

Poi c'è l'eccezione, ovvero il blog tra i blog, il mio blog preferito tra tutti i preferiti, il miglior blog che abbia mai trovato in rete.
Non si parla mai di scuola ma è un tale capolavoro letterario, linguistico, sociale, politico e soprattutto felino che trovare parole adeguate per lodarlo è praticamente impossibile. Il meraviglioso blog polifonico di Esserino e Balena e del variegato clan che ruota attorno a questi splendidi gattoni (compreso il terzo gatto, Ito, che però non scrive) è un ricco banchetto dove i piatti sono sempre diversi ma, ognuno nel suo specifico modo, sempre altamente gustosi e nutrienti e assai pregevolmente decorati.
Il particolarissimo gattese di Balena unito al più classico gattesco di Esserino sono mirabilmente integrati da voci umane di varia provenienza geografica - e le foto dei due autori principali conferiscono al tutto una fiera e impareggiabile bellezza e quel senso di felina felinità che impreziosisce tutto quel che tocca, vuoi con la zampa, vuoi con la coda.
Con i migliori auguri a entrambi, e pure al resto del clan.

Fasce di Van Allen e fasce di reperibilità




La classe insegnante è assai fascistizzata: abbiamo le fasce delle Graduatorie ad Esaurimento e le fasce delle Graduatorie di Istituto (dove la Prima Fascia corrisponde alle Prime Tre Fasce delle Graduatorie ad Esaurimento, e ogni volta farlo capire ai nuovo ATA o ai docenti di primo pelo è affare davvero complesso, poveretti). Poi ci sono le fasce (dette anche fascie, talvolta) di livello degli allievi, da compilare ogni anno. Infine abbiamo le fasce di reperibilità per la visita fiscale quando siamo in malattia. Queste ultime le condividiamo con tutti i lavoratori dipendenti.
Qualche tempo fa, mi sembra nel Giugno 2009, il ministro Brunetta decise di porre un freno allo smodato assenteismo dei lavoratori pubblici mediante un prelievo in busta paga per i primi dieci giorni ai fortunati che avrebbero potuto darsi agli ozi grazie a qualche malattia e allargando assai le fasce di reperibilità che occupavano quindi undici ore al giorno invece delle precedenti quattro.
Il provvedimento, a forte rischio di incostituzionalità perché discriminava i lavoratori statali rispetto a quelli privati, portò, stando a Brunetta, a un forte calo delle assenze per malattia. Ogni mese i giornali riportavano trionfalistiche dichiarazioni del Ministro che spiegava che le assenze erano in calo del 20 o del 30 per cento, indipendentemente dalla stagione o dai picchi influenzali. Non ho mai letto uno di quegli articoli, ma mi sembra di ricordare che le uniche cifre riportate fossero appunto le percentuali. I dati non contenevano mai una cifra che fosse una - anche perché, se a Ottobre fai 'ste grandiose dichiarazioni sulle cifre di Settembre, potresti pure incontrare qualche difficoltà a citarle, queste cifre, visto che i dati precisi arrivano a distanza di qualche mese.
In sostanza ci hanno spiegato per un anno di fila che grazie alla nuova legge l'assenteismo si riduceva ogni mese del venti per cento ma non abbiamo visto un numero, né gli ammalati complessivi degli anni precedenti, né la loro divisione per regioni, enti o Ministeri, né la durata media delle malattie, men che meno la quantità di visite fiscali (che, almeno nella scuola, essendo a carico della medesima ed essendo le suddette scuole già l'anno scorso con le tradizionali pezze al culo, erano state assai più rare di quanto proclamato) del passato e del presente.
A Giugno il governo ha ridotto le fasce di reperibilità e (sembra, ma non è così sicuro) anche le trattenute economiche per malattia - forse perché qualche costituzionalista ha provato a schiarigli le idee. MA, ci racconta adesso il Ministro Brunetta, in Agosto e in Settembre improvvisamente le assenze per malattia sono aumentate - anche se, certamente, in Agosto gli insegnanti dovrebbero aver avuto ben poco a che farci. Secondo le sue stime. Di nuovo, niente cifre manco a chiederle in ginocchio tendendo il piattino per l'elemosina.
E allora, visto che i dipendenti statali sono cattivi e se provi a dargli un dito ti prendono il braccio (e lo nascondono nel muschio, immagino) Brunetta promette che tornerà alle fasce orarie più lunghe, quando l'assenteismo calava ogni mese del 20 per cento, e che ha fatto preparare una legge ad hoc per poter fare in ogni momento una legge ad hoc - salvo poi farsela annullare dalla Consulta o dal Consiglio di Stato, come è diventata abitudine di questo governo da qualche tempo, e non solo per le disposizioni legate al mondo della scuola.

Perché ho fatto questo post?
Non perché sia particolarmente interessata alle fasce di reperibilità o alla visita fiscale (un po' di più alla ritenuta in busta paga, ma parrebbe di capire che non la rimetteranno) anche se naturalmente firmerò tutte le petizioni del caso e contribuirò ai ricorsi etc. etc.
Quello che ci tenevo a sottolineare è che da quando si è insediato il Governo continua a sparare gran copia di percentuali senza mai dare un numero preciso nemmeno per sbaglio (proprio come faceva il precedente governo guidato da questa coalizione durante la legislazione 2001-2006) salvo qualche numero bello rotondo e del tutto inattendibile, e  questa regola vale in particolar modo per il Ministero dell'Istruzione e per i reati commessi dai rumeni.
Signori Ministri, non sono una persona molto intelligente e lo so. Non per questo sono disposta a credervi immediatamente quando cercate di spiegarmi (con l'aiuto di un paio di cifre sparate a caso) che Gesù è morto di paura per aver visto il Fantasma Formaggino.
Signori Ministri, se mi azzardassi a spiegare in classe preparandomi come voi vi preparate con le vostre tabelle inventate sul momento, anche gli scolari più disattenti e disinteressati mi prenderebbero a pomodorate. Giustamente.

sabato 17 ottobre 2009

Sull'enorme utilità di avere una LIM in classe.


Totem o tabù? La LIM può essere entrambe

Una mattina di tre settimane fa, mentre preparavo libri e quaderni e fotocopie prima di entrare in classe, la VicePreside informa me e la coordinatrice di un'altra seconda che quel giorno avrebbero montato le nostre LIM.
Apprendo così che nella mia classe ci sarà una LIM (ovvero una Lavagna Elettronica Multimediale), cosa di cui fino a quel momento non avevo avuto il minimo sentore. La mia collega versa nella mia stessa condizione e anche la VicePreside lascia capire che la cosa è cascata alquanto sul collo anche a lei e che i criteri che hanno portato alla scelta delle nostre seconde sono stati alquanto improvvisati.
La mattinata passa, il gruppo incaricato di montare la LIM arriva.
Sorvolerò sull'effervescenza della mia classe, sulle notevoli difficoltà a occuparsi con loro di un argormento che non fosse la LIM, sulla benefica campana di fine lezione che libera me e loro da una mattinata che potremmo definire "inconcludente" così come potremmo definire "positivo" l'atteggiamento dei tifosi italiani verso l'ultima vittoria ai mondiali.
La verità si fa strada un po' alla volta.
Non abbiamo banda larga, a scuola. Nemmeno banda stretta né, in effetti, alcun tipo di banda o di connessione internet. In effetti non c'è nemmeno la presa elettrica per attaccare la spina della LIM.
La LIM sta lì, un pannello bianco alle mie spalle, un groviglio di fili e spine non allacciati in basso, una specie di grossa staffa sulla mia testa (incombe minacciosa? Oh sì, incombe in modo estremamente minacciosa) ed è del tutto inutilizzabile.
Ma scusate quand'è che...
Mi hanno risposto che prima va fatto il corso per imparare a usarla.
Io il corso l'ho già fatto a St. Mary Mead, garantisco, e comunque non mi serve corso, la userei quasi soltanto come maxi schermo collegato a internet.
Mi assicurano che il collegamento a internet dovrebbe arrivare la settimana prossima.
(Sono due settimane che gli hanno detto che dovrebbe arrivare la settimana prossima. E del resto il tempo è un concetto relativo, ormai lo sappiamo anche noi occidentali).
I ragazzi la guardano frustrati. Io no, perché le volto le spalle.
"Professoressa, ma non potremmo prendere una prolunga e accenderla?".
"No, perché questa senza telecomando non si accende. Non ci sono tasti, vedete. Quella su cui ho fatto il corso aveva i pulsanti su una barra sotto lo schermo. E adesso, se non vi spiace, torniamo agli ordini mendicanti".
Marystar, non è che le lavagne potevi mandarle alle scuole che hanno già la banda larga, così magari venivano utilizzate in qualche modo?
Marystar, non è che oltre alla lavagna ci potevi mandare anche due saponette e un paio di confezioni di carta igienica?

domenica 11 ottobre 2009

Solidarietà femminile


Tra le tante caratteristiche che rendono il nostro amato paese una continua fonte di spunti per l'opinione pubblica internazionale c'è anche un Presidente del Consiglio che ha finalmente restituito alla parola "maschilismo" il suo giusto valore e che si distingue in particolar modo per i criteri e le modalità con cui sceglie i ministri del suo governo.
Molto è stato detto sui criteri da lui impiegati per scegliere i due Ministri delle Pari Opportunità e dell'Istruzione. Tali voci, sempre smentite dai diretti interessati, sono state da molti ritenute credibili per la notevole incompetenza mista ad un'altrettanto notevole straccuraggine mostrata dal ministro Gelmini nella gestione del suo Ministero.

Di recente il Presidente del Consiglio si è esibito in un'ennesima sortita indirizzata ad una deputata dell'opposizione: in un contesto in cui l'osservazione non c'entrava nulla, ha osservato che tale deputata era "più bella che intelligente" - che è un modo come un altro per non rispondere all'osservazione della deputata in questione, solo più maleducato dei molti modi da lui solitamente impiegati, perché la bellezza di una deputata non dovrebbe essere argomento su cui questionare in un dibattito politico.

L'affaire ha avuto un seguito altrettanto patetico e degno in tutto e per tutto del Ministro dell'Istruzione che ci ritroviamo: la deputata Livia Turco, capogruppo del Pd in commissione Affari sociali della Camera, ha chiamato in causa le ministre del governo Berlusconi, Carfagna, Gelmini, Meloni e Prestigiacomo, affermando che "Dopo le offese del premier all'onorevole Bindi durante la trasmissione di Porta a Porta, è ancor più grave il silenzio delle donne della destra". Mentre Giorgia Meloni ha dichiarato "Mi spiace che il premier abbia detto quella frase", il ministro Mariastella Gelmini, invece, ai margini di un incontro del Pdl a Brescia, non ha dimostrato alcuna intenzione di esprimere solidarietà a Rosy Bindi: "Alla Bindi non esprimo certo solidarietà - dice senza mezze misure il ministro dell'istruzione - visto che quando su di me Repubblica e l'Espresso hanno scritto cose terribili che non ledevano la mia intelligenza, ma la mia onorabilità di donna, non ho ricevuto alcun attestato di solidarietà dalla Bindi. Né l'ha ricevuto il ministro Carfagna. La battuta di cui si parla non era poi così grave e la Bindi non dia lezioni perché è fuori dalla storia".


Scopriamo dunque con sorpresa che il ministro Gelmini è convinto, dopo un anno di gestione del suo Ministero, di avere ancora un'onorabilità di un qualsiasi tipo da difendere.
In effetti ha un senso che il Ministro Gelmini si rifiuti decisamente di attaccare l'unico uomo sulla faccia della terra disponibile a darle un ministero o un pubblico incarico - così come ha un senso che il ministro Meloni, che vive politicamente di vita propria, si permetta di avere opinioni personali.

Moderne maniere per lo insegnamento della istoria


Clio, la Musa della Storia, reduce da una visita nella mia attuale scuola
Ai tempi in cui andavo a scuola in qualità di allieva l'unica tecnica riconosciuta per studiare storia era studiarla, sin dalle elementari.
Col tempo sono arrivati gli obbiettivi ridotti o semplificati per ragazzi con difficoltà di apprendimento e stranieri - anche quelli comunque legati a un'interrogazione, per quanto addomesticata, e a un qualche tipo di studio, mnemonico o meno.
Sono arrivate però anche alcune... come dire... tecniche alternative, di cui ho appreso l'esistenza solo di straforo quando sono tornata a scuola dall'altra parte della barricata.
Prima tecnica: lettura del libro in classe.
Che, certamente, ha i suoi lati positivi: ad esempio se hai un libro un po' complesso da usare, oppure scritto in uno storichese troppo stretto. All'inizio di certe prime dall'apparenza un po' debole (che poi magari col tempo diventeranno classi di fulmini di guerra) in tanti ci siamo messi a leggere con la classe. Un po' si legge, un po' si spiega, un po' si amplia, la volta dopo si fa qualche domanda... insomma, un viaggio un po' addolcito verso la meta finale - che è sempre quella dell'interrogazione.
L'altra tecnica è quella della Sottolineatura: l'insegnante ti dice cosa sottolineare o evidenziare.
Beh, forse per le prime una-due lezioni si può anche fare; magari ricordando che la sottolineatura è atto individuale, perché non per tutti sono difficili da ricordare o sconosciute le stesse cose - quindi che sia l'insegnante a dire cosa sottolineare non mi sembra abbia molto senso. Inoltre ogni libro oggi ha parole in neretto, parole in corsivo, richiami ai lati, se ci aggiungi anche sottolineature e evidenziazioni finisce che tutto è evidenziato e quindi niente più salta all'occhio; senza contare l'antico detto sapienziale che ci ricorda come "la quantità delle sottolineature è inversamente proporzionale alla comprensione del testo".
Insomma, l'insegnante legge, poi l'insegnante spiega, poi l'insegnante dice dove sottolineare e quali sono i concetti essenziali.
L'apporto dell'allievo consiste nel trasportare il libro da casa a scuola.
Un po' poco, per una giovane mente in divenire.
Dice "Ah, ma tutto questo è finalizzato a semplificargli lo studio a casa".
Sorvoliamo sul fatto che lo studio non sempre si lascia semplificare, che comunque rischia di diventare un banale esercizio mnemonico e allora tanto vale fargli mandare a memoria le formazioni della Nazionale di calcio degli ultimi mondiali o l'Infinito di Leopardi, che almeno è una bella poesia; ma il punto è che spesso NON si pretende che a casa la creaturina studi storia. Coloro non vengono interrogati. A fine quadrimestre si fa una verifica scritta su un capitolo, magari a casa, e su quello si dà il voto.
In prima, in seconda... sì, e pure in terza.
Di classi abituate a lavorare in questo modo ne ho trovate quattro - una percentuale un po' alta, oso dire.
Il caso più eclatante rimane una terza formata nella sua quasi totalità di stronzi calzati e vestiti - ragazzi capacissimi di avvelenare al minimo tocco un'intera famiglia di crotali, ma molto, molto intelligenti. Non ho idea del motivo per cui la titolare li tenesse a questo regime di farinata e biscottini solubili quando sarebbero stati perfettamente in grado di studiare su manuali delle superiori e in più mangiarci in insalata tutti quanti. Per mia buona sorte la supplenza durò solo dieci giorni, al termine dei quali mi guardai bene dall'interessarmi della loro sorte.
L'anno prima mi ero invece ritrovata a Gennaio in una graziosa seconda, un po' affollata ma simpatica. Chi aveva insegnato prima di me non aveva mai interrogato perché "il programma di storia di seconda era difficile".
Spiegai con garbo che il programma di storia di seconda media era calibrato per i ragazzi della seconda media, e che tutte le altre seconde del regno studiavano quello stesso identico programma, poi chiesi se qualcuno si voleva attentare a ridirmi l'ultimo capitolo. Ci provò la prima della classe, con esiti discreti.
Non vi fu pianto né stridor di denti. Nessuno protestò o si lamentò, tutti si misero a studiare storia e tutti si fecero le loro brave interrogazioni con esiti più che rispettabili. In realtà storia gli piaceva e la studiavano volentieri. Gli piaceva un po' tutto, ricordo, e non solo di Lettere. Una classe molto disponibile.
Poi c'è la mia attuale seconda. Ragazzi vivaci (oh quanto vivaci!) e intelligenti, ma del tutto allergici allo studio. Storia non gli dispiace, ascoltano volentieri le mie rutilanti spiegazioni ricche di effetti speciali, aneddoti avvincenti e risvolti sconosciuti ai più - ma il fatto che la sera prima di una lezione di storia dovrebbero dare una scorsa al testo (piuttosto chiaro e ben fatto) dei paragrafi assegnati del libro ed essere in grado di riferirmelo a grandi linee la mattina seguente non ha ancora attecchito. Se chiamati, una buona parte di loro mi guarda con doloroso stupore, poi prova la solita serie "Non sapevo che fosse da studiare, non sapevo che oggi ci fosse storia, non l'ho scritto sul diario, ho chiamato il tale ma non mi ha detto che c'era da fare questo". Dopo un mese il muro mostra qualche crepa, qualche lieve segno di cedimento, ma ancora nessun crollo strutturale; intanto la collana dei Non Preparati si allunga ad ogni lezione.
Infine c'è una delle Terze dove faccio approfondimento. La titolare mi ha chiesto di dedicarmi a storia perché la classe non sembra riuscire a venirne a capo "Vediamo se sentendola da due campane gli entra meglio in testa".
Così mi rivolgo alla classe con un bel sorriso materno (andiamo molto d'accordo): "Orsù, ragazzi, apritemi il vostro cuore. Qual è il problema? Forse il metodo di spiegazione della professoressa....".
Interviene un dolce fanciulla "La professoressa non ci legge il libro!" si lamenta, col tono del bambino cui hanno appena sventrato a spregio il pelouche preferito.
Brusio di assenso della classe: sì, è quello il problema.
Mostro grande stupore "Ma via, siete in terza, nessuno legge il libro in classe in una terza! Si suppone che siate in grado di farlo da soli. Vi hanno insegnato a leggere in prima elementare, immagino...".
Mi guardano dolorosamente sorpresi. Sviolino su una serie di corde: la loro intelligenza e maturità, la preparazione che ci si aspetterà da loro l'anno prossimo, il fatto che nessuna terza media legge storia in classe (che non è nemmeno vero, purtroppo, ma non mi sembra il momento di servire troppo devotamente la Verità). La classe, un po' più rassegnata, si lascia deviare verso Napoleone, argomento già dissodato in abbondanza dalla titolare.
"Per cosa è famoso soprattutto Napoleone?" chiedo. E' una domanda a più risposte. Sarei propensa a partire dal Codice, ma non è un obbligo.
"Perché è morto su un'isola".
"Ehm. Beh, volendo anche per questo. Ma come mai ci era finito su quell'isola?".
"..."
"Altri motivi per la fama di Napoleone?".
"Perché aveva sposato una donna molto famosa".
"Perché ha conquistato l'Italia".
"Perché è stato il primo ad andare in Russia".
"Perché è stato avvelenato".
"Perché dormiva pochissimo".
Ascoltate le risposte, decido di partire comunque dal Codice (sul libro c'è una bella scheda in merito); nel frattempo mi rallegro in cuor mio di essere solo l'insegnante di Approfondimento, che non è obbligata a mettere voti...