lunedì 7 settembre 2009

Manuale del Perfetto Insegnante - Come NON si organizza un'uscita - 2

Il “Sopralluogo” di Venerdì 7 Maggio come esempio di organizzazione di una esercitazione sul terreno


Il sopralluogo di Venerdì 7 Maggio 2004, nell’ambito del percorso formativo del V ciclo della SSIS dell’Università di Firenze per l’insegnamento di Geografia all’interno dell’indirizzo letterario, ha senz’altro costituito uno dei momenti culminanti di tutto l’anno di corso, sia dal punto di vista didattico che da quello relazionale e formativo. La metodologia prescelta, spregiudicata ma di notevole impatto, è stata quella della dimostrazione ex absurdo: l’esercitazione cioè, è stata concepita e organizzata come una dimostrazione concreta di tutti gli errori che si possono commettere nella preparazione di una lezione esterna.

I risultati sono stati senza dubbio notevoli, ma a titolo puramente personale confesso un po’ di dispiacere per non aver potuto usufruire anche della lezione vera e propria (che avrebbe dovuto consistere, mi è sembrato di capire, in un’analisi della topografia urbana ed extraurbana di Firenze, con relativa analisi storico-geografica e un excursus sull’escavazione e l’utilizzo della pietra serena): a parte la curiosità personale, che mi rende sempre disponibile anche verso gli argomenti più insoliti, una lezione del genere sarebbe stata anche assai spendibile in classe per chi lavora nelle scuole fiorentine, anche sotto forma di quelle annotazioni e curiosità che spesso risultano tanto gradite agli allievi. D’altra parte mi rendo conto che non si può avere tutto, nella vita, e del resto anche così l’esperienza si è rivelata oltremodo interessante.


Ho pensato quindi di strutturare la relazione presentando per ogni punto relativo all’organizzazione una fedele (e abbastanza divertita) cronaca dei fatti, seguita dalle critiche che potevano essere mosse a chi aveva “organizzato” l’escursione, per fare infine riferimento alle reali ed effettive modalità con cui andrebbe progettata una lezione all’esterno, così come le ho ricavate dal materiale didattico che ci è stato distribuito (di cui mi rammarico di non aver potuto citare gli estremi bibliografici in nota).


1) Argomento e finalità didattiche

Ci è stato genericamente detto che avremmo fatto un “sopralluogo”, senza alcuna indicazione di modalità, tempi e luoghi. La comunicazione in effetti si limitava ad un invito a ritrovarsi in piazza San Marco ad una data ora (le 14.30 del venerdì 7 Maggio 2004), con la notazione che saremmo stati divisi in quattro gruppi.

E’ importante osservare come nessuno degli allievi avesse la benché minima idea del programma della lezione.


Questo ha indotto negli specializzandi quel particolare stato d’animo, noto come Sindrome del Parco Buoi (SPB) che un gruppo di allievi prova inevitabilmente quando viene coinvolto senza alcuna spiegazione in qualche Attività Non Meglio Definita (ANMD) da uno o più docenti verso i quali non ha imparato a sviluppare un rapporto di stima e di fiducia, e che si può riassumere nelle grandi domande “Chi siamo? Dove andiamo? E soprattutto, perché non siamo restati a casa a guardarci un buon film alla televisione?”.


A questo proposito le fotocopie che ci sono state distribuite nella lezione successiva sono piuttosto eloquenti. Vi si legge infatti :

“Risulta fondamentale, pertanto, una loro [delle uscite didattiche] accurata organizzazione, secondo un preciso schema metodologico” che prevederebbe addirittura il coinvolgimento dell’intero consiglio di classe.

Parte di questa organizzazione consiste in un’accurata preparazione degli allievi. Infatti:

“La preparazione in classe dell’uscita va programmata tenendo presente alcuni punti che sono essenziali nel processo di insegnamento-apprendimento, e che percorrono trasversalmente l’intera unità didattica. A tale proposito, è opportuno accertare e creare i prerequisiti comportamentali e spaziali su cui impostare il lavoro successivo; definire i contenuti in base ai quali si intendono perseguire determinati obiettivi; raccogliere, organizzare e discutere l’adeguato materiale iconografico e statistico; elaborare una serie di prove oggettive atte a valutare lo sviluppo dei progressi cognitivi <>, ed un test sommativo finale che accerti la conoscenza e la comprensione dei precedenti momenti preparativi all’escursione sul terreno [il corsivo è nostro]” (1)


Va da sé che non tutte le fasi di preparazione qui elencate sono sempre indispensabili. Ma, onde evitare la sopra citata SPB, ovvero Sindrome del Parco Buoi, è opportuno quantomeno dare agli allievi che ci vengono affidati (talvolta verrebbe da dire, manzonianamente: “che ci vengono dati in balia”) una sia pur minima consapevolezza delle modalità e dello scopo dell’escursione.


2) Organizzazione e preparazione; valutazione dei rischi

L’itinerario previsto per il mio gruppo (se ho capito bene) comprendeva una partenza da Settignano con sosta nel piazzale Desiderio, per poi proseguire verso Ponte a Mensola e le Cave di Maiano, con ritorno lungo l’Affrico - insomma, una camminata piuttosto lunga.

Le previsioni del tempo erano nettamente sfavorevoli. Inoltre era previsto uno sciopero dei mezzi pubblici a partire dalle 17.00. Da notare che una consistente quota degli specializzandi viene da fuori Firenze.


Nessun invito a munirsi di scarpe comode, e soprattutto nessuna descrizione di eventuali itinerari. In questo modo si è evitato che gli involontari escursionisti prendessero precauzioni legate alla salute (tachipirina e maglioni per chi aveva qualche influenza o malanno da raffreddamento in corso; analgesici per chi aveva le mestruazioni eccetera). Si è così efficacemente provveduto a fornire ogni allievo, sin dall’inizio, del Massimo Grado di Scontento (MGS) nonché del Minimo Grado di Disponibilità (MGD), oltre ad un grado di disagio variabile a seconda delle circostanze (ad esempio chi usa abitualmente scarpe comode e quel giorno indossava vestiti pratici, sufficientemente caldi e godeva di un buono stato di salute non ha provato all’inizio un personale disagio, anche se ha potuto efficacemente constatare quello provato dai suoi compagni).


Lo sciopero dei mezzi pubblici è stato semplicemente ignorato dagli organizzatori, nonostante alcuni specializzandi si fossero preoccupati di fare presente la questione inviando loro e-mail (che non hanno avuto risposta). I docenti hanno dunque applicato la TSO (Tecnica dello Struzzo Ottimista). Uno di loro l’ha anzi portata a notevoli livelli di virtuosismo augurandosi genericamente che “visto che era solo uno sciopero dei Cobas non fosse molto significativo” - il tutto in un’annata in cui il capitolo Scioperi dei Trasporti Pubblici si è rivelato erto di insidie un po’ in tutta Italia (peraltro, a quanto abbiamo potuto constatare a posteriori, i COmitati di BASe hanno goduto di un seguito abbastanza consistente per lo sciopero in questione).

Peraltro il problema Trasporti sarebbe stato facilmente aggirabile procurandosi un mezzo proprio, per esempio uno di quei pulmini che spesso il Comune di Firenze mette a disposizione delle scolaresche su richiesta delle scuole - oppure avendo cura di organizzarsi con mezzi propri (molti degli specializzandi dispongono di automobili o mezzi a due ruote). Questo avrebbe richiesto certamente molto dispendio di tempo e di telefonate... ma non si è detto che l’organizzazione è importante?

L’uso di un mezzo proprio sarebbe stato consigliabile, visto l’alto numero di partecipanti, anche in base a un’altra considerazione: l’autobus n. 10, l’unico che porta a Settignano, non ha una grossa capienza né corse frequenti.


Per recarsi sul luogo iniziale dell’escursione non è stato approntato alcun mezzo dall’Università. Il mio gruppo, composto da oltre cinquanta persone, è stato malamente stipato su un autobus della linea 10, con grave incomodo delle persone che lo componevano e dei disgraziati passeggeri abituali dell’autobus in questione: si tratta infatti di un tram a capienza piuttosto limitata.


Tra gli specializzandi corre voce che i docenti fossero stati avvisati via e-mail anche delle previsioni del tempo nettamente sfavorevoli, sempre senza ricevere risposta alcuna. Ignoro se tutto questo risponda a verità, ma di sicuro non occorrevano attrezzature satellitari o competenze meteorologiche fuor dall’ordinario per intuire che la situazione meteorologica era a rischio: a Firenze (come su buona parte dell’Italia) pioveva senza remissione da una settimana, con vaghe schiarite di durata variabile fra i tre e i trenta minuti, e tutto lasciava intendere che sarebbe continuato così. Non si trattava di una fine pioggerellina primaverile, del tipo che i giapponesi chiamano “rain kiss”, ma di una pioggia torrenziale, adattissima a favorire fenomeni di erosione e dilavazione, nonché a creare paludi urbane adattissime per l’allevamento di anguille e capitoni. Un tipo di pioggia, per intendersi, del tutto inadatto ad un’escursione.


Resta inteso che nella corretta organizzazione di una escursione esterna va fatto proprio l’opposto: prima di tutto la destinazione va comunicata con molta chiarezza, e va data anche qualche indicazione su tempi, modi e itinerari.

In una città con problemi di traffico come Firenze, dove i mezzi pubblici sono piuttosto scomodi, è opportuno cercare di procurarsi un mezzo proprio (p. es. un autobus del Comune) e utilizzare le linee ATAF solo quando si hanno ragionevoli probabilità di trovarle abbastanza sgombre. Naturalmente in caso di sciopero le gite vanno rimandate. Altrettanto naturalmente, per una gita all’aperto, occorre avere sempre a disposizione un cosiddetto Programma Alternativo in caso di pioggia torrenziale. Questo, prima ancora che dalla didattica è stabilito dal più elementare buon senso: se dedichiamo del tempo a fare qualcosa, tanto vale farla bene. Il sopralluogo esterno è bensì auspicato e caldeggiato, ma nessuna legge lo impone; e dunque, una volta che si decide di farne uno, è ragionevole e sensato adoperarsi con tutti i mezzi per farne un’occasione di piacere, oltre che di istruzione - o meglio, un occasione di piacere al fine di renderlo un’occasione di istruzione: com’è noto, infatti, un ADS (Allievo Divertito e Soddisfatto) apprende molto più facilmente di un AID (Allievo Irritato e Disorientato).


3) Il momento della spiegazione - parte I

Giunti a Settignano lo squarcio di cielo azzurro che ci aveva compassionevolmente accompagnato sin dall’adunata di piazza San Marco si è richiuso ed ha cominciato a tirare un vento gelido e molto forte.

Il gruppo si è diretto nella piazza Desiderio da Settignano e si è assiepato intorno al muretto del belvedere. Stando a quel che ci veniva dichiarato, la prima parte della lezione sarebbe consistita in un esame di Firenze dall’alto (una visuale, invero, assai suggestiva).

Ha cominciato a parlare uno dei docenti che ci accompagnava. Il forte vento che si stava levando (e che ha continuato ad aumentare di intensità fin quando ha cominciato a piovere) ha complicato molto la distribuzione del “materiale” (un po’ di fotocopie, una delle quali in A3, e una cartina di Firenze che era pura utopia cercare di aprire, non dico di consultare).

Non dico nulla della raccolta-firme (una costante piuttosto ossessiva della Scuola di Specializzazione), che pure ha dato luogo a numerosi intermezzi comici, alla pari della distribuzione di fotocopie che cercavano con tutte le loro forze di spiccare il volo, come nel celebre racconto di fantascienza di John Sladek.*

Sta di fatto che gli argomenti della lezione (per quel pochissimo che mi è arrivato alle orecchie) erano abbastanza nuovi, anche se ignoro se fosse stato effettivamente previsto il tentativo, fatto da alcuni coraggiosi allievi, di prendere appunti, pur essendo in piedi e senza base d’appoggio per il quaderno.

In realtà non c’erano appunti da prendere, perché la voce dell’insegnante arrivava soltanto a tratti, e solo alle persone aggruppate intorno a lei, in parte a causa del vento e in parte per la distanza proibitiva in un luogo completamente privo di ogni protezione per l’acustica.

Solo in apparenza il problema principale era il vento: in realtà anche senza vento la lezione non avrebbe potuto essere seguita dagli allievi a causa del numero dei partecipanti. Infatti la voce in ambiente esterno non ha la stessa portata che ha in un ambiente chiuso. D’altra parte per guardare Firenze dall’alto occorreva disporsi lungo il muretto del belvedere, e i circa cinquanta presenti, per disporsi, avrebbero dovuto occupare buona parte del muretto per una lunghezza di almeno dieci-dodici metri. Dunque, solo i sette-otto (a voler essere ottimisti) specializzandi più vicini agli insegnanti avrebbero avuto speranza di seguire la spiegazione e anche guardare la città dall’alto.

D’altra parte, ascoltare la spiegazione senza guardare la città dall’alto non soltanto non aveva molto senso, ma avrebbe reso la lezione all’aperto assai simile ad una normale lezione frontale al chiuso, solo molto più scomoda.


A meno che la lezione all’aperto non si limiti ad un ristretto gruppo di allievi (massimo massimo quindici) oppure che l’insegnante non disponga di corde vocali all’altezza della migliore tradizione canora del nostro bel Paese, per i docenti è consigliabile munirsi di un impianto di amplificazione della voce - un microfono senza fili, per intendersi.

Tutto questo a meno che gli allievi non sappiano già cosa devono guardare, cercare, osservare.

“Se si desidera, pertanto, che la visita di studio abbia un ruolo effettivo ed efficace nell’apprendimento, “bisogna costruire almeno due momenti didattici definiti: uno è la preparazione in classe, l’altro è l’indagine diretta sul terreno” secondo un’organizzazione del lavoro che attribuisca uguale importanza alla fase “della lavagna” e a quella del territorio” (2).

Insomma occorre evitare che la lezione esterna si riduca alla semplice manovra di prendere gli allievi, piazzarli senza preliminari di sorta in un punto X purché fuori da un’aula e parlare per un po’ senza preoccuparsi in alcun modo se gli allievi in questione ascoltano e comprendono quel che gli viene detto. Una lezione, al chiuso o all’aperto, ha senso solo se viene effettivamente percepita dagli allievi - a meno, si capisce, di ridurre l’insegnamento ad una mera trafila burocratica in cui il momento più saliente è l’accredito dello stipendio sul conto corrente.

(Va da sé che l’impostazione della SSIS rifugge totalmente da una concezione così avvilente del lavoro di insegnamento).**

4 - Il momento della spiegazione - parte II


Costretti alla fuga dalla pioggia ormai implacabile, i due gruppi di specializzandi e i due docenti si rifugiano al coperto, nella Casa del Popolo di Settignano, in attesa dell’ultimo autobus disponibile prima dell’inizio dello sciopero. Qui i due docenti impartiscono un supplemento di spiegazione assai difficile da seguire a causa del sottofondo di bicchieri, tazzine etc. del bar, e della radio che trasmette un ameno programma di canzoni. Quel pochissimo che arriva nonostante tutto alle nostre orecchie lascia capire che gli argomenti sarebbero stati probabilmente di grande interesse; peccato, ahimè, che ben pochi abbiano avuto modo di sentirne sia pure un breve cenno.


Con questo gustoso finale il Gruppo Vacanze “Fantozzi va alla SSIS” potrebbe aver finito la sua “lezione”, ma interviene il tocco finale: la Relazione. I due docenti infatti, recitando con indubbia abilità drammatica la parte dell’II (Insegnante Irragionevole), proclamano nuovamente l’intenzione già esternata sul piazzale del belvedere, e chiedono nuovamente una Relazione sulla Presunta Lezione, fatta anche in base a materiale che “verrà distribuito in seguito”.

Gli specializzandi, ormai perfettamente calati nel ruolo di SVADII (Studenti Vessati e Angariati da Insegnanti Irragionevoli) protestano a gran voce. I professori contrattano: una cartella, mezza cartella, dieci righe. Ovviamente (in quanto ben calati nel ruolo) ignorano ogni tipo di obiezione legata al fatto che la lezione non c’è stata, e risolvono il problema stabilendo che, se loro dicono che la lezione c’è stata, ciò sta evidentemente a significare che la lezione c’è stata.

In seguito un apposito comunicato ribadirà la richiesta della relazione, precisando che vale solo per chi era presente alla “lezione”.


L’abile manovra didattica ha lo scopo di farci comprendere lo stato d’animo degli studenti quando hanno la precisa convinzione che i loro insegnanti abbiano perso il lume della ragione, insegnandoci con ciò una lezione che, per quanto banale, non sarà mai ripetuta a sufficienza ad un gruppo di aspiranti docenti: reagire davanti a una classe in rivolta puntando i piedi serve solo a complicare ogni attività didattica presente e futura. Come sa chiunque abbia pratica di insegnamento, per poca che sia, l’unico modo di venire a capo di una classe veramente arrabbiata è praticare quello che in didattica si chiama “ascolto attivo” - in breve, starli a sentire. Nel senso di starli a sentire sul serio.

Negli insegnanti inesperti (e talvolta, ahimè, perfino in quelli esperti) c’è l’oscura paura che “se non gli faccio fare il compito, oppure se lo cancello, perderò autorità”. Naturalmente è vero l’opposto: l’insegnante che sa ascoltare le ragioni dei suoi allievi e all’occorrenza cancellare un compito, o ripetere una lezione che non è risultata chiara, non solo non perde autorevolezza né credibilità, ma al contrario la acquista.


La richiesta della relazione a posteriori, infine, ci ricorda che la diffidenza degli allievi è sempre all’erta e, laddove manchi un rapporto di stima e di fiducia con il docente, l’allievo applicherà sempre l’aurea massima “Nel dubbio, fai forca” - ovvero, un’assenza strategica può risparmiarti un sacco di grattacapi.


5 - Tirando le conclusioni


L’esperienza del sopralluogo esterno si è rivelata senza dubbio proficua e interessante, come ho già detto nell’introduzione.

Sarebbe però interessante (e qui sono sicura di non parlare solo a titolo puramente personale) vedere il rovescio della medaglia, cioè le modalità con cui va preparata una lezione all’aperto riuscita.



NOTE

(1) Purtroppo dalle fotocopie distribuite non è stato possibile risalire al testo e al suo autore. In alto sulle pagine di sinistra si legge “I - Geografia e didattica in Italia” e su quelle di destra “3. Le metodologie”. I brani citati sono presi da pag. 81.


(2) Stessa opera di cui sopra, stessa pagina. Parte del passo qui citato è attribuita a “Caldo, 1989, p. 42”.


* Dubito molto che il riferimento al delizioso racconto "Rapporto sulla migrazione del materiale didattico" sia stato colto

** Sì, li stavo perculando. Ma senza che potessero rimproverarmi.

6 commenti:

  1. Ahaha, ho riso di cuore.
    Buon anno, Murasaki.
    r.

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  2. La SPB e le sue cause (Attività varie non meglio identificate) sono la pura e vera descrizione di molte delle iniziative scolastiche!!!!! Mi hai regalato un momento di... risate!!

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  3. :-)))
    Direi che, se con un a relazione così ti hanno dato 28, o non l'hanno letta o dovevano darti 30 e lode!

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  4. Non c'è che dire, una lezione all'aperto che fa davvero... acqua da tutte le parti! Nonostante questo, da un certo punto di vista invidio questi tuoi docenti che addirittura si accollavano l'onere di correggere materiali a casa. Mah, fa pensare che minimamente ci tenessero... impressione che i docenti universitari oggi non danno mai, e che fingono pure male.
    Inoltre... ma che coraggiosa, Murasaki! Non so se avrei la stessa vis polemica e "perculatoria", quando si tratta di prendere voti! ^_^

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  5. @ Renata

    E buon anno anche a te, carissima, e a tutti gli addetti ai lavori, studenti compresi, che passano di qua: gli inizi sono sempre irti di insidie e di possibilità, ma comunque molto delicati ^__^

    @ La Prof

    QUESTA l'hanno letta, sissignori. E infatti all'esame la responsabile della materia bofonchiò un vago "Non sono assolutamente d'accordo". "E' un resoconto fedelissimo" ribattei. Lei non si attentò a rispondere - perché ERA, in effetti, un resoconto fedelissimo.

    @ Federica

    Lo sai che non ci avevo mai pensato? Ma è vero, i professori della SSIS in realtà "ci tenevano", in particolare quelli di geografia, che ci organizzarono un corso che sulla carta era piuttosto interessante.
    Purtroppo, da bravi professori universitari (ma purtroppo vale anche per i professori che venivano dalla scuola, che si erano uniformati in fretta) non avevano la minima idea del fatto che, nell'insegnamento, con gli alunni si deve interagire, altrimenti quelli alzano il ponte levatoio e ti chiudono fuori.
    All'università questo problema non esiste, ma alle superiori sì, e alle medie è quasi più importante del contenuto delle lezioni. Loro però non ne avevano la minima idea ed erano assolutamente ignari di avere a che fare con esseri viventi e non con cubetti di porfido.
    Quanto al coraggio... ho fatto tutta la SSIS in una condizione di rabbia omicida al calor bianco che rischiava di mandarmi in implosione. Stavo quindi attenta a cogliere ogni possibile occasione di sfogo, per puro istinto di conservazione.

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