Non sono della scuola di pensiero che il libro è per forza buono, bravo e bello - dopotutto sono libri anche quelli che gli editori scolastici cercano costantemente di rifilarci, per tacere dei manuali di didattica scritti dai docenti della SSIS; ma insomma, fatto questo necessario distinguo, sono di quelle che leggono volentieri e un po' di tutto.
Questo Natale, durante il consueto sopralluogo il libreria, sono rimasta colpita -anche perché me lo han sbattuto davanti in numerose e alte pile, corredate da grandi cartelli segnalatori: "NOVITA! APPENA USCITO!", insomma anche un cieco l'avrebbe notato - da un grosso tomo Laterza con quadro risorgimentale in copertina (un tale con l'aria indomita, la spada in mano e gran sfoggio di tricolore sullo sfondo) intitolato "La forza del destino. Storia d'Italia dal 1796 ad oggi".
Per tutta una serie di circostanze esterne (=non ci ho mai avuto voglia di approfondire) per me il Risorgimento è rimasto quello studiato ai tempi delle medie. Ogni tanto mi dicevo che sarebbe stato il caso di darmi un'aggiornatina in merito, ma non avevo mai trovato nulla di invitante. Quel tomo invece mi invitava abbastanza e per giunta era scritto da un'inglese, tal Christopher Duggan. In conclusione, è diventato il mio regalo di Natale insieme alle favole del Bardo Beda.
Si è rivelato una lettura molto interessante, storicamente aggiornata e ricca di dettagli a volte curiosi, a volte agghiaccianti ma molto utili da rivendere per un'insegnante delle medie. I due secoli della nostra sacra storia patria vengono esaminati con l'occhio a volte partecipe ma serenamente distaccato di chi in cuor suo è ben lieto che il complicato compito di essere italiani spetti ad altri e non a lui. Tale occhio straniero lo porta a volte a sottovalutare l'importanza di certi elementi (ad esempio la chiesa cattolica) ma anche a vedere aspetti che allo storico indigeno tendono a sfuggire. Lo stile è scorrevole ma denso, le fonti abbondanti e ben utilizzate, il taglio prospettico molto valido.
Oltre che una storia d'Italia, è soprattutto una storia dell'idea di Italia a partire dalla sua nascita (le invasioni napoleoniche); la maggior parte delle recensioni spiegano anzi che il libro ci racconta come mai l'idea di Italia non è mai stata molto popolare e non ha attecchito più di tanto. Ammetto che a me questo aspetto è sfuggito, forse perché a me l'Italia non è mai sembrata un collage malamente assemblato bensì uno stato assai unitario dotato di caratteristiche e perversioni sue proprie ma abbastanza uniformemente distribuite nella penisola. Sarà che la vedo dalla Toscana?
Per il mio personale aggiornamento e acculturamento sono stati venticinque euro spesi molto bene; tuttavia per me questo libro ha avuto un'altra funzione molto più importante: ha cambiato la prospettiva con cui guardo al presente e mi ha curato una depressione strisciante che mi trascinavo ormai da un anno ma che covava almeno da altri sette: da tempo ormai mi sentivo estranea al mio paese, ai miei concittadini e a tutto ciò che in teoria avrebbe dovuto rappresentarmi. I consueti rimedi contro la depressione - gli affetti, i piaceri di una vita senza grosse complicazioni, un lavoro che nonostante gli eroici sforzi del Ministero vivo con piacere e interesse, l'amore per la musica, i confort di una casa accogliente - non bastavano a cancellare il senso di disgusto che rimaneva in sottofondo e a volte neanche tanto in sottofondo. Mi guardavo intorno e mi domandavo cosa stavo a farci in un paese che sembra ben deciso a crogiolarsi nello squallore e in una retorica mortalmente noiosa.
Lo squallore e la retorica fioriscono tuttora rigogliosamente intorno a me e il paese non è cambiato, ma grazie a questo libro sono cambiata io, quel tanto che basta ad accettare la situazione. Non sono diventata più ottimista, ma ho visto e toccato con mano come la spirale che ci ha portato alla presente situazione è la stessa in cui l'Italia è avvolta da più di due secoli. Non siamo peggiorati: siamo così dalla notte dei tempi. Per cause esterne? Sì, certo, anche per cause esterne, ma soprattutto per la nostra intrinseca natura.
Da tempo, da ben prima di nascere, l'Italia cerca un Grandioso Riscatto alle umiliazioni passate. Lo cerca non in una serie di moderati e piccoli progressi compiuti dai singoli e dalla collettività, ma in Qualcosa dall'esterno che lavi le nostre colpe passate e permetta agli italiani di presentarsi rinnovati e puliti dinanzi al loro Grande Destino - perché è chiaro che dobbiamo avere un Grande Destino. Non un destino qualunque, da persone modeste e ragionevoli e disposte a costruirselo, ma un Destino Sublime, all'altezza del nostro Grande Passato (abbiamo sempre avuto un Grande Passato, noi italiani, accuratamente sepolto nelle brume del tempo e che difficilmente regge ad un'analisi storica condotta con un minimo di criterio; e forse questo è uno dei motivi per cui la Storia, quella vera, senza grandi certezze ma che richiede molta pazienza per studiarla, non è mai andata molto di moda qui da noi).
Per andare incontro a questo Grande Destino da sempre stiamo cercando qualche Grande Rito Purificatore dopo il quale, improvvisamente, tutto andrà spontaneamente per il verso giusto. Ci consideriamo da sempre una Grande Nazione che gira con il freno a mano tirato, e da sempre cerchiamo il freno per toglierlo. Basterà togliere il freno e tutto cambierà all'improvviso.
A questo Grande Freno sono stati dati nomi diversi in varie epoche e per toglierlo abbiamo innescato giganteschi meccanismi che ci hanno frenato vieppiù. Per molto tempo il freno è stata la divisione dell'Italia, poi, quando l'Italia è diventata un paese politicamente unito, si è cercato un Grande Riscatto Guerriero che lavasse il nostro vile passato di servitù e sottomissione allo straniero. Dopo due caldi bagni di sangue rigeneratore che ci hanno quasi annegato e una serie di sconfitte militari che non ha forse uguali nella storia d'Europa, per fortuna il mito eterno dell'eroismo in guerra è passato di moda e adesso attendiamo trepidi la Grande Stagione delle Riforme e la Messa a Riposo di una Classe Politica Corrotta )che a me, a dire il vero, sembra soprattutto molto incapace).
Strano ma vero, in pochi hanno provato ad applicare una buona amministrazione per rendere forte il Paese Che Infine Era Unito, a organizzare adeguatamente l'esercito per procurarci il Grande Trionfo Bellico o, in tempi più moderni, a studiare bene le strutture da riformare (quanto ai Vili Politici Corrotti, dal momento che ce li siamo eletti con le nostre sante manine in risposta a una serie di slogan singolarmente cretini, mi rifiuto di considerarli un male che si possa eliminare con l'aiuto di qualche Uomo della Provvidenza). Si tira avanti nell'attesa di un miracolo, dimenticando che i Paesi Meno Gloriosi Di Noi i miracoli se li sono costruiti a forza di tentativi, puntando su strumenti banali quali il buon senso e la determinazione, invece di passare il tempo a piangersi addosso.
Tutti i luoghi comuni e le lamentele perenni che infarciscono da sempre i nostri discorsi affondano le loro radici in un'atavica tendenza a piangerci addosso e a cercare un Grande Riscatto e buona parte dei nostri mali derivano dal rifiuto di affrontare le Grandi Disfunzioni con piccoli, banali e scialbi rimedi che richiedono pazienza, criterio e metodo ma soprattutto una gran fatica.
Ma non è un limite della nostra generazione, o delle ultime due, è qualcosa di intrinseco che ci portiamo dietro da molto tempo. Accettarlo per venirci a patti mi sembra l'unica ragionevole via d'uscita, dal momento che sperare di diventare Qualcosa di Grande da domani, dopo qualche Magnifico Rituale non mi sembra abbia portato a grossi risultati - e del resto, tra un lamento e l'altro, in questi due secoli e passa la vita è pur andata avanti. Sì, certo, probabilmente dovremmo cambiare; ma sarebbe il caso di accettare prima di tutto il fatto che, se siamo così, è perché così vogliamo essere, nel bene e nel male.
In alternativa al librone di Duggan è possibile (e richiede molto meno tempo) anche ripiegare sulla sintesi di Max Pezzali, che magari non è un grandissimo musicista ma ha dei testi talvolta piuttosto efficaci:
questo è il solo ed unico bicchiere che abbiamo
se si stava meglio quando si stava peggio
non lo so però io vivo adesso
(da notare che la canzone mi è sempre parsa assolutamente cristallina, ma quando ho scorso i 600 e passa commenti al video ho scoperto che la maggior parte del pubblico sembra averla completamente fraintesa. Chissà, forse era davvero troppo chiara?)
forza d'animo?
RispondiElimina;)
Non riesco a leggere il post... comunque ho lasciato un commento al post precedente... a presto!
RispondiEliminami segno il titolo del libro.
RispondiEliminain cambio consiglio
David Bidussa Il mito del bravo italiano, Il Saggiatore.
bella e davvero interessante questa tua recensione... prometto di leggerlo, dopo la saga di ameliapeabody in cui mi sto crogiolando per tuo merito.
RispondiEliminaCiao (nuova lettrice).
RispondiEliminaBellisima recensione, lo andrò a cercare al più presto!
Ciao. La mia alunna malata di leucemia non ce l'ha fatta...
RispondiEliminaRingrazio tutti, tranne Palmy che mi ha lasciato un post davvero triste.
RispondiElimina@Lanoisette:
ho preso nota ^__^
@ f:
benvenuta!