Come osserverebbe Eliot se mai si fosse occupato della questione, adottare un libro di storia è un serio affare / non è passatempo per bagnanti discinti.
Non so se qualche decennio fa era così complicato. Quando andavo alle medie avevo un bel libro, si chiamava "Il libro Garzanti della Storia", carta non patinata ma rilegatura in tela. A sinistra c'era il testo, a destra immagini, documenti e divagazioni varie. Il testo era piuttosto chiaro, senza troppe complicazioni e la pagina di approfondimento doveva essere fatta piuttosto bene perché mi ricordo che mi divertivo a leggerla e pure a commentarla. Non c'erano esercizi ma c'era una bella cronologia alla fine di ogni capitolo (un'abitudine, purtroppo, che è andata persa in favore di linee del tempo rutilanti, colorate e spesso piuttosto faticose da seguire). Ci lavoravo volentieri e non ricordo di avere mai avuto fraintendimenti: si capiva sempre cosa stava succedendo. Il linguaggio era preciso ma senza grande sfoggio di storichese: nessuno pretendeva che a dodici anni venissi a capo de "la dialettica dei ceti" o mi interessassi alle "istanze corporative che andavano mediate"; quando qualcuno faceva delle riforme, di solito si aveva la gentilezza di informare il lettore di che tipo di riforme si trattasse e lo stesso valeva per le leggi: nessuno mai mi ha sbattuto davanti il Navigation Act senza spiegarmi se era roba che si mangiava o che altro.
"Chiarezza" è una parola che spesso sembra ignota agli autori di manuali di storia per le medie.
I curatori di antologie in compenso sembrano conoscerla fin troppo: qualsiasi brano è riadattato, sminuzzato, premasticato e decorato di note spesso demenziali, togliendo qualsiasi ostacolo alla lettura per le nuove generazioni: si sa che oggi i ragazzi hanno un vocabolario ridotto (ma non sarà certo grazie alle antologie che lo amplieranno, temo).
Gli stessi ragazzi però, arrivati ad aprire il libro di storia, si trovano spesso davanti un testo ostico ai limiti dell'incomprensibile, scritto in una prosa farraginosa e contorta, con ampio sfoggio di vocaboli in storichese stretto. Ci sono l'inumazione e l'incinerazione (laddove io me la sono cavata onorevolmente fino al liceo con sepoltura e cremazione), i privilegi doganali, la sudditanza, gli opifici tessili, la rifeudalizzazione delle campagne, la spinta propulsiva dell'economia e gli inasprimenti fiscali. I re sono talvolta "convinti assertori dell'assolutismo", i banchieri "traggono ingenti guadagni", la posizione della donna è "subordinata rispetto a quella dell'uomo, dal quale dipende senza alcun margine di autonomia", le crisi sono dovute "all'insufficiente sviluppo dell'agricoltura", i mercati "sono ristretti ad ambiti sempre più limitati" e via strologando.
Davanti a un testo scritto in swahili stretto, l'alunno undicenne può scegliere di tradurre ogni paragrafo, riga per riga, con l'aiuto di un buon vocabolario, impararsi più o meno a memoria il testo, tutto o in parte, o stabilire che la storia gli fa schifo; tale scelta è subordinata alla competenza lessicale dell'alunno e della sua famiglia, alle sue capacità mnemoniche e al suo livello di disponibilità, ostinazione e ambizione. Tradotto in italiano corrente: secondo me molti non studiano storia perché non ci capiscono una sega.
Qualche libro invece è chiaro e discorsivo, TANTO chiaro e discorsivo: ti spiega cosa devi sapere e ti istruisce anche su cosa devi pensare in merito e come devi rapportarlo al mondo contemporaneo. Viene usato un linguaggio semplice e piano (un tantino sciatto, volendo): le istituzioni della Francia prima della rivoluzione, ad esempio, sono arretrate e occorre cambiarle, come l'alunno che ha delle felpe vecchie e logore deve comprarne di nuove (no, non me lo sono inventato). Questa categoria più discorsiva ha un grande amore per un certo tipo di aneddotica: si va da Lucrezia Borgia che finì impiccata (in quanto nota avvelenatrice) ai longobardi che prendono il nome dalle lunghe alabarde a Maria Antonietta che suggeriva di mangiare brioche al posto del pane passando per santa Scolastica, sorella di Benedetto e capostipitessa del monachesimo al femminile. Proprio santa Scolastica sta conoscendo un'ondata di popolarità nei manuali di storia medievale (immagino in onore delle pari opportunità) nei quali un tempo non era nemmeno citata.
Chi era santa Scolastica? La sorella gemella di Benedetto, il fondatore di Montecassino. La troviamo citata solo in un passo dei Dialoghi attribuiti (non con tanta sicurezza come un tempo, per la verità) a Gregorio Magno e che nessuno ha mai preteso di spacciare per fonte storica. Nella Vita di Benedetto invece non ce n'è traccia e la Chiesa è da tempo mooolto prudente sul fatto che sia mai esistita. Abbiamo un sacco di incisioni e miniature con santa Scolastica, d'accordo, ma, come dire, abbiamo anche le incisioni con il Santo Graal. Che nell'antichità abbiano sinceramente creduto a santa Scolastica non c'è dubbio, ma che con tante notizie assai attendibili i manuali per le medie debbano proprio impuntarsi su qualcosa di abbastanza incerto non mi sembra una gran prova di buonsenso.
Ecco, io delle lunghe alabarde dei longobardi e di santa Scolastica non sento alcuna necessità in un manuale di storia. Non ho niente contro il colore locale, ma lo vorrei un po' piu' attendibile e sono assolutamente contraria a rifilare falsi storici e etimologie à la Isidor de Seville* ai miei amati alunni, presenti e futuri.
*per esempio formica, così chiamata perché fert micas, ovvero porta le briciole. Mah?
*per esempio formica, così chiamata perché fert micas, ovvero porta le briciole. Mah?