domenica 24 agosto 2008

Scopro di essere un'assistita dalla carità pubblica



Jacques-Louis David Belisario chiede l'elemosina
(e se l'ha fatto lui, posso ben farlo anch'io)

E io che mi credevo di lavorare.
Convinta, nella mia santa ingenuità (da dietro il paravento si conosce così poco del mondo esterno) di fornire un servizio allo Stato e per quello di essere pagata.
Invece no: l'attuale ministro dell'Istruzione Gelmini ci ha posti tutti quanti infine davanti alla brutale realtà: noi insegnanti siamo degli assistiti a spese della collettività, e il nostro non è uno stipendio bensì un assegno sociale elargitoci per compassione.
La scuola, ha spiegato il ministro più volte in questi giorni (l'ultima a Cortina) è un ammortizzatore sociale, uno stipendificio, un modo per creare occupazione. In pratica, il nostro lavoro non serve: ci fanno scavare la buca e poi riempirla, e tutto questo per far circolare un po' di denaro, ma il nostro lavoro non ha alcuna utilità (nel qual caso non si capisce bene perché indignarsi sui professori fanulloni).
Questa non ce l'aveva ancora detta nessuno.
Diamine, da sette anni sono a carico della collettivià e non lo sapevo. Un peso morto. Lo stato sociale mi paga l'affitto, mi paga la spesa, contribuisce alle spese di famiglia.
E io che tutte le mattine, tenerella, mi caricavo la sveglia. E come mi sono sempre preoccupata di arrivare puntuale, e di tenere in ordine i miei registrini, le mie scartoffie da scrutinio, le mie verifiche...
Inutile, tutto inutile. Lo Stato ha organizzato tutto questo ambaradan che si chiama Scuola Pubblica al solo scopo di permettere, a me e a qualche altro fortunato, di far finta di lavorare. Roba da affilare la katana e fare seppoku sul momento, giusto per lavare l'onta.

Prima di compiere l'irrimediabile gesto e di bagnare di sangue il blog, permettetemi solo una domanda.
Se voglio un assegno sociale, di solito, devo fare richiesta: invalidità, disoccupazione, alimenti, assegno per accompagnatori: richieste, pratiche burocratiche, controlli.
Dalla scuola mi chiamano. Sono stati loro a cercarmi, me lo ricordo benissimo.
Io non avevo fatto richiesta per un assegno sociale, avevo solo dichiarato in un modulo di avere un'abilitazione per l'insegnamento. E quest'abilitazione non l'ho trovata per strada e non me l'han data aggrats all'Opera di San Vincenzo o alla Caritas, l'ho presa in un concorso che non ho certo organizzato io.
E non solo mi hanno chiamato qualche decina di volte, ma continuano a chiamarmi, una volta all'anno, per assegnarmi una cattedra, pardon, un pubblico assegno frutto di gentile carità.
Prima di insegnare, ricordo, mi mantenevo da svariati anni. Non ero un caso di indigenza particolarmente pietoso. Non guadagnavo grandi cifre, ma ricordo che qualche soldino a casa lo portavo. Ci pagavo il riso, il sashimi, il paravento, le vesti di seta, i rotoli di pergamena e l'inchiostro. Di solito c'entrava anche qualche piccolo extra. Che senso ha avuto chiamarmi per darmi un assegno sociale, se all'epoca non rappresentavo affatto un peso per la collettività?

Mistero.

Nel frattempo, sciolta definitivamente ogni tipo di riserva mentale sull'attuale ministro, alcune considerazioni si impongono:
- l'attuale governo tutela le pari opportunità, perché ha messo i vari dicasteri alla portata sia di uomini incapaci che di donne incapaci. Come femminista dovrei rallegrarmene, ma come cittadina temo di non aver fatto un grande affare
- le ultime dichiarazioni del ministro non si spiegano solo con la superficialità, l'impreparazione e l'incompetenza. C'è di mezzo evidentemente qualcos'altro.
Troppo alcool? Troppo poco tabacco in quel che fuma (se fuma)? Qualcuno ha sostituito lo zucchero con polvere bianca di altro tipo?

Si può fare l'antidooping ai ministri in carica?

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