Ebbene sì, esiste anche un manga per la Divina Commedia. L'ha disegnato nientemeno che Go Nagai, e ha il pazzo titolo di Mao Dante. |
Da quando insegno mi sono abituata a considerare Dante come una marchetta inevitabile. Non so come funzioni altrove, ma in provincia di Firenze gli alunni scalpitano per avere Dante praticamente dal primo giorno della Seconda, e guai a non darglielo subito.
Dopo un po' di solito l'entusiasmo cala, almeno con me: l'inizio piace sempre molto, tutti si entusiasmano alla porta dell'Inferno, tutte le seconde scrivono sulla porta della classe un bel cartello con il celebre Lasciate ogni speranza o voi c'entrate (ogni scuola media ne ha qualcuno).
Passati Paolo e Francesca però l'entusiasmo cala, specie se in cattedra c'è un impiastro che porta brani aggiuntivi che non hanno traduzione e che apprezza soprattutto la parte teologica. Si sopporta Ulisse, e poi in qualche modo lascio sempre perdere. Onestamente, si tratta di un testo difficile per dei ragazzi di tredici anni.
Quest'anno però ho tenuto duro e ho torturato i ragazzi senza ritegno perché la Seconda Sfigata è (ma forse potrei dire era) una classe del tutto sprovvista di flessibilità linguistica, e anche piagnere al posto del più moderno piangere bastava a mandarli in crisi. Io invece volevo che si abituassero a capire che le parole si scrivono in più di un modo, che la lingua cambia e che le radici linguistiche portano frutti anche molto variabili - insomma ho usato Dante come una specie di manuale per la lingua italiana (è possibile, considerando le sue inclinazioni, che la cosa non gli sarebbe nemmeno dispiaciuta). E dunque liste di parole sconosciute, un po' di etimologia e anche la scoperta di parecchie parole che nel dialetto fiorentino sono rimaste tali e quali - e anche gli immigrati dei paesi più lontani alla seconda generazione han cadenza e lessico molto fiorentini).
Ci hanno sputato sangue ma i risultati si sono visti e più di uno, dopo qualche difficoltà iniziale, adesso naviga con una certa facilità in quelle insolite acque - ma d'altra parte anche i bravi han diritto a qualche soddisfazione a scuola, mi sembra.
E siccome quando si insegna si finisce sempre per imparare qualcosa, anche in campi dove ci si ritiene abbastanza ferrati, mi sono ritrovata a guardare la Commedia con occhi diversi - perché dopotutto per me era sempre stata un poema teologico che parlava dell'evoluzione dell'anima e di teologia cattolica, e il fatto che Dante ogni due per tre si mettesse a chiacchierare con qualcuno mi era sempre parso più che altro un espediente per alleggerire la trattazione, magari mettendola ogni tanto in bocca a qualcun altro.
Però una mattina Orlando, dopo che avevo finito di risentire la storia di Pier delle Vigne, ha alzato la mano e ha fatto una piccola, innocua domanda:
Qual era lo scopo di tutto questo per Dante?
Lo scopo di tutto questo per me era sempre stato "descrivere l'aldilà", e ho cominciato ad abbozzare una risposta in questo senso. Ma mi sono accorta che la domanda andava in una direzione diversa: perché Dante aveva raccontato tutte quelle storie, di Tizio, di Caio e anche di Sempronio? Insomma, di tutti quei contemporanei? Perché ci spiegava che Pier delle Vigne era stato calunniato e ci raccontava le vicende del conte Ugolino, dando per scontato che la sua era la versione giusta (e come poteva non esserlo, se ce la faceva raccontare direttamente dalla defunta voce dei protagonisti?).
Nuova risposta mia personale: perché Dante voleva riscrivere la storia: questo era andato in quel modo, quell'altro aveva torto eccetera. Per ognuna di quelle anime, al centro di vicende che noi decifriamo solo con l'aiuto di ampli commentari i cui autori han dovuto lavorare come certosini, non sempre con risultati troppo sicuri, intrecciando fonti e postille, ma che all'epoca erano storie assai famose, Dante offre nuove possibilità e versioni alternative, ricostruendo qualcosa di diverso e di nuovo per il lettore, e levandosi qua e la soddisfazione di mandare all'inferno papi ancora in vita e posizionando in paradiso teologi condannati dalla Chiesa per eresia; non si limita a organizzare con gran disinvoltura l'aldilà in un raffinato sistema di gironi e cerchie collegandoli ai vari peccati e ai vari pianeti - sistema che ebbe un gran successo e che viene considerato a tutt'oggi la vera mappa dei tre regni post mortem, che fino a quel momento erano una roba piuttosto vaga (in particolar modo per il Purgatorio, che Dante ha strutturato di tutto punto sulla base di qualche possibilità piuttosto vaga) - ma ha anche fatto le pulizie di primavera per un sacco di vicende avvenute nel nostro mondo, intervenendo e normando con forza anche le vicende dell'aldiquà: questo è andato così, quello invece è andato colà, insomma un lavoro a tutto tondo. Adesso vi rifaccio il mondo per diritto e per rovescio, e ve lo rifaccio per bene, tutto tirato a lucido, consequenziale e a modo mio.
In effetti, per quel che ricordo, durante il viaggio l'unico peccato che lo aveva seriamente preoccupato per la salvezza della sua anima era la superbia - sapeva lui perché.
Va detto comunque che questo suo tentativo di riordino ha riscosso un grande successo: di tutta quella gente con cui Dante parla nel suo viaggio ormai la versione dominante è la sua e solo qualche storico particolarmente piantagrane può azzardare, ad uso di pochi specialisti, qualche dubbio basato su grande spulciamento di polverosissime carte: per tutti i lettori della Commedia la versione di Dante è l'unica che vale la pena di prendere in considerazione - anche perché è raccontata talmente bene...
Per l'appunto io sono una storica, e per giunta molto appassionata di gialli. Così, mentre spiegavo pazientemente parola per parola le tragiche vicende del conte Ugolino per la prima volta, probabilmente ancora sotto l'influsso della malefica domanda del perfido Orlando*, mi sono posta un paio di domande, e le ho poste anche ai ragazzi:
- la storia dei figli che chiedono al conte Ugolino di mangiarli per nutrirsi, se l'è cavata dalla testa o ha qualche fonte?
(risposta: è tutta farina del sacco di Dante: in quel momento erano già murati nella torre, e certo nessuno passava da lì ogni giorno per chiedere se c'erano novità).
- il padre aveva effettivamente mangiato i figli?
Nella mia mente il celebre verso poscia più che 'l dolor poté 'l digiuno stava a indicare che il pover'uomo era infine morto di fame e non di crepacuore, e non mi ero mai capacitata che qualcuno avesse potuto tirar fuori da quelle parole la certificazione di un banchetto a base proteica.
Tuttavia mentre rileggevo il tutto per la prima volta un sospetto si era insinuato nel mio cuore: poteva essere possibile che quando i cadaveri furono ritrovati portassero i segni dei morsi del padre?
Al che era seguito un successivo dubbio: poteva essere che qualcuno avesse deciso di screditare vieppiù Ugolino raccontando che i cadaveri dei figli recassero il segno eccetera eccetera?
Ad ogni modo i ragazzi hanno facilmente individuato che la conversazione tra i figli e il conte era frutto della mente del padre, mentre per la seconda domanda han dato una pluralità di risposte sintetizzabili in
- No, un genitore non potrebbe mai fare una cosa del genere
e
-Sì, un genitore completamente impazzito avrebbe potuto fare anche quello.
Entrambe valide, certamente. A me però interessava che si preoccupassero delle fonti e tanto li ho tormentati che alla fine, guidati passo per passo, han finito per convenire con le mie due ipotesi e anzi, per motivi più che comprensibili, tendevano ad appoggiare la possibilità di una fake legata alla volontà di screditare ulteriormente il traditore.
* che non è affatto perfido: si tratta, per quanto ne so, di un ragazzo molto solare ma anche molto riflessivo ma soprattutto di carattere assai gentile.