Come tutti gli ucraini, anche i gatti di laggiù hanno un forte senso patriottico |
Alle 4.07 di stamani, 24 Febbraio 2023, la guerra in Ucraina ha compiuto un anno.
E' stata sin dall'inizio una guerra complicata e terribilmente faticosa anche per chi come me la seguiva dalla poltrona, rigorosamente su YouTube perché i consueti notiziari mi sembravano vuoti e scarsamente informati.
L'ho seguita e la seguo con estrema dedizione, sciroppandomi le cartine militari e un sacco di live dei più vari canali, perfino uno filorusso, che rappresenta con estrema fedeltà la narrazione della guerra che il governo russo cerca di portare avanti, e dunque in certi casi può risultare interessante.
Ho evitato con cura di farmi una cultura sulle armi perché mi sembrava una causa senza speranza: di fatto, riesco a malapena a distinguere un carro armato da un paracarri, ma se anche decidessi di approfondire la mia cultura e uscissi dal limbo in cui il Leopard è un bell'animal con la pellicc maculat, cosa cambierebbe? Non è che aspettano me per decidere le strategie di guerra, e davvero fanno benissimo a non farlo.
Tuttavia perfino una persona della mia totale ignoranza può trovare spunti di interesse, nel seguirne le alterne vicende armamentali (chissà se si dice così; ma ne dubito).
E' una guerra combattuta tra due stati che un tempo han fatto parte dello stesso esercito e usato le stesse armi. L'Armata Rossa aveva un grandissimo arsenale, e fino a una certa data (inizio anni 80?) si trattava di roba davvero efficiente, tenuta con gran cura perché da un momento all'altro c'era la possibilità di dover combattere contro la NATO. Poi, piano piano, molte cose sono state abbandonate, stoccate, cannibalizzate, abbandonate - ché le armi costano parecchio quando le compri, ma costa anche tenerle in efficienza, e questo lo capisci anche con una laurea in latino medievale. Così abbiamo visto riemergere dai cimiteri dell'Armata armi degli anni 80, poi 70, poi 60... gli esperti di storia militare ci sono andati in sollucchero, come un medievista se trovano la tomba di un re longobardo appena scoperta.
E poi c'è l'altra caratteristica delle armi vecchie: funzionano solo con proiettili di vecchio tipo. E tutti i paesi dell'ex-Patto di Varsavia a frugare in cantina per vedere se trovavano qualche cassa di proiettili da dare all'esercito ucraino che, poverello, era rimasto a corto quasi subito, e a tirare fuori reperti museali e a rimetterli in forza per passarli ai vicini sotto attacco, mentre i soldati ucraini andavano all'estero a imparare a usare le armi nuove promesse dagli occidentali. E i meccanici russi e ucraini che si davano all'archeologia cercando di rendere efficiente questo e quello e a dare la caccia ai pezzi di ricambio.
Fantasmi, fantasmi ovunque. Una guerra del XXI secolo combattuta con armi del XX più o meno restaurate, con modalità dell'inizio del XX secolo e qua e là spuntavano puntatori elettronici che andavano in qualche modo adattati alle vecchie armi... la Storia ha strani modi di vendicarsi.
Quasi subito si è cominciato a parlare moltissimo di logistica, una strana parola che conoscevo a malapena e che sta a indicare tutto ciò che riguarda l'organizzazione militare, dai rifornimenti all'addestramento degli uomini alla manutenzione e riparazione delle armi. Ho dunque imparato che sul piano logistico i russi funzionano malissimo e nemmeno gli ucraini erano dei fulmini di guerra ma si sono dimostrati disponibilissimi a fare i compiti a casa. Bravi ragazzi.
Naturalmente sono favorevolissima all'invio delle armi e dispostissima ad applaudire financo l'attuale Presidente del Consiglio se le manda*. Brava ragazza.
E di punto in bianco mi sono ritrovata nell'insolita parte di guerrafondaia militarista nonché filoamericana. La cosa non mi ha creato alcun problema sociale perché nel mio piccolo universo la mia posizione è talmente condivisa che nemmeno ne parliamo, e l'attuale presidente russo non è affatto ben visto (e non voglio nemmen provare a ridire come ne parlano gli alunni, con cui per vari motivi storici e geografici mi ritrovo a sfiorare l'argomento non meno di una volta a settimana).
Lo strano è che ho sempre condiviso l'atteggiamento un po' snobistico del "sì, gli americani sono antipatici e imperialisti" pur possedendo solo strumenti informatici Apple, ascoltando di buon grado musica americana e guardando con gran piacere film e telefilm americani oltre a pascolare volentieri da McDonald.
E sono sempre stata molto pacifista e contraria alle spese militari. Mettete dei fiori nei vostri cannoni, date alla pace una possibilità eccetera eccetera.
E ho odiato con tutte le mie forze le due guerre del Golfo (sì, anche quella con l'autorizzazione ONU. Davvero, non mi ha affatto convinta). All'epoca della seconda anzi venivo regolarmente insultata - non tanto io singolarmente in qualità di Murasaki, ma quanto anonima partecipante tra chi deprecava queste guerre di aggressione e veniva definito perciò pacifinto perché sì, è vero che le guerre sono un male ma non quelle dove il governo decide di mandarci. A capo del governo ai tempi della guerra del 2002 c'era un tale (che ci ha pure fatto partecipare alla guerra in Afghanistan anche se, come ho scoperto in seguito, nessuno ce l'aveva chiesto e che in fin dei conti non è poi finita in modo così onorevole né per noi né per nessun altro) che non godeva delle mie simpatie, e sui suoi giornali e nelle sue televisioni veniva spesso esposta la curiosa tesi che sì, la pace, la pace, ma chi era contrario alla seconda guerra in Iraq lo era perché mancava di fibra morale. Io ero molto fiera di mancare di fibra morale, e avrei tanto voluto stare con i francesi e i tedeschi, che quella guerra si limitarono a guardarla da lontano rifiutando decisamente di averci a che fare. Ma sto divagando.
Insomma, sono guerrafondaia e pazienza, ma non riesco a capire perché sia deplorevole aiutare chi è stato attaccato, soprattutto se si trova a un passo dai confini di casa mia, che di fatto è l'Unione Europea.
E anche i polacchi mi sono sempre stati abbastanza sull'anima, ma ho molto apprezzato quella loro decisa tendenza a dar via anche le mutande per mandare soldi (e armi) all'Ucraina e frugare nelle cantine a caccia di residuati bellici.
Al contrario dei polacchi, i russi invece mi sono sempre piaciuti molto: ho un piccolo scaffale di classici russi, ho fatto una bella ricerca sulla rivoluzione russa per l'esame di terza media, tengo Il Maestro e Margherita sull'altarino, adoro l'inno russo (in versione comunista, dove citano Lenin), il mio film preferito è russo e a Natale in casa lo Schiaccianoci imperversa per settimane e settimane, senza contare che adoro il balletto classico. Mi dispiace molto che i russi si siano cacciati in questo pasticcio e vorrei tanto che la loro mattanza finisse - dopotutto, gli ucraini hanno almeno la soddisfazione di morire per difendere casa loro, mentre i poveri ragazzi russi mandati in guerra con l'equivalente delle nostre scarpe di cartone nemmeno quello, e ne muoiono anche di più. Chi attacca muore molto di più, ho scoperto - è proprio una legge matematica, e a ripensarci è anche abbastanza ovvio, però io non lo sapevo.
In questo anno, a forza di spulciare video ho imparato una immane quantità di cose che non sapevo.
Parecchia geografia, per esempio, e non solo io - è una vera sorpresa vedere i ragazzi di prima media alla scoperta della carta geografica d'Europa che si mostrano consapevolissimi dell'importanza del Dnipr/Nepr/Nipro e della Crimea, e chissà che non abbiano sentito nominare perfino la Transnistria.
Inoltre ho scoperto (cosa ovvia, a pensarci) che eravamo abituati a sentire i nomi geografici dell'Ucraina nella loro versione russa. Bolzano non è Bolzano, è Bozen, Fiume sarebbe in realtà Viums, Caporetto si chiama Kobarid. E Kiev in realtà sarebbe Kijv (oppure Kyiv? In effetti sono entrambe traslitterazioni dal cirillico ucraino), e un sacco di altri posti hanno un nome impronunciabile in russo e un altro nome, a volte molto diverso ma altrettanto impronunciabile, in ucraino. I commentatori ci diventano pazzi.
E adesso so anche che esiste una chiesa ortodossa autocefala** ucraina e perfino - una scoperta fresca di questo Natale, che solo la febbre dell'influenza mi ha permesso di digerire senza conseguenze - che nella chiesa ortodossa ucraina il Natale si festeggia secondo il calendario cattolico/protestante appunto per differenziarsi dai russi che lo festeggiano nei giorni riservati al calendario ortodosso più classico; e qualcuno poi ci ha spiegato pure che in realtà negli anni del comunismo il Natale non si festeggiava affatto, solo un po' di straforo, e che dunque anche il Natale ortodosso era in un certo senso una novità. Alla fine di tutta quella storia mi sono ritrovata a pensare che il cattolicesimo romano ci avrà pure qualche limite, ma che già nel IV secolo aveva scelto come data per il Natale il 25 Dicembre e si è sempre attenuto a quella data per tutti i secoli dei secoli successivi, amen. Un po' di coerenza, vivaddio!
Ho anche imparato po' di storia sulla nascita della Russia, e parecchia storia recente e recentissima dell'Europa dell'Est, di cui i nostri manuali si occupano veramente col contagocce, oltre a parecchie notizie su come è montato il conflitto; volente o nolente mi sono trovata ad ascoltare infinite versioni sulla questione del Dombas (cui, ho scoperto con una certa fierezza, il manuale adottato fresco di pacca l'anno scorso aveva dedicato una paginetta più che dignitosa) e ho avuto un sacco di chiarimenti sulla misteriosa occupazione della Crimea di qualche anno fa, che è stata uno dei molti punti di partenza di questa storia, e che all'epoca avevo seguito con interesse e partecipazione, ma era stata ingoiata nel nulla con una rapidità sbalorditiva, almeno in Italia.
In effetti avvisaglie che Qualcuno, a Mosca, aveva idee strane del giusto spazio vitale che spettava alla Russia ce n'erano state da dare e da serbare. Rispetto agli anni 30 del secolo scorso però diplomatici, politici e militari avevano il grosso vantaggio di aver studiato su manuali di storia che raccontavano come si era arrivati alla seconda guerra mondiale, e alla fine qualche campanello era scattato sicché la situazione non li aveva trovati del tutto impreparati***.
Ho imparato anche un sacco di cose su come funziona un esercito. Nella mente di tanti di noi gli eserciti sono quelle robe che vanno a fare la guerra, con alterne fortune; adesso so qualcosa su come vengono riforniti, sui problemi che dà riparare un carro armato e che gli ufficiali e i sottoufficiali hanno funzioni importantissime che vanno al di là di puntare la baionetta sulle schiene dei soldati in trincea per spedirli all'attacco, tanto che la loro mancanza crea serissimi problemi, e so anche che l'esercito ucraino, che ai tempi dell'occupazione in Crimea era poco più che una raccolta di scalzacani, aveva passato una capillare riforma ad opera della NATO, che lo aveva organizzato all'occidentale (con ottimi risultati, a quel che sembra) mentre quello russo aveva avviato una riforma che aveva però abortito per ritornare all'organizzazione precedente, e questo aveva creato invece un sacco di problemi.
Un anno è passato e io mi sono tanto tanto aggiornata. Nel frattempo la guerra sembra essere svoltata, un passetto per volta. L'attacco russo ha sortito una serie di reazioni alchemiche di portata invero ammirevole: la NATO, che da parecchi anni vivacchiava con una certa aria di disarmo (dopotutto, era nata soprattutto per tenere testa all'URSS ai tempi della guerra fredda, ma ormai da tempo non esisteva più né la guerra fredda né tanto meno l'URSS; almeno, così sembrava) si è improvvisamente rinvigorita mettendo foglie e fiori e ricevendo richieste di annessione da due paesi che suo tempo si erano fatti un vanto di non allinearsi con nessuno dei due blocchi; l'Unione Europea, che grazie alla pandemia aveva dimostrato una certa vitalità e una qualche consapevolezza di esistere, ha reagito con ammirevole rapidità e una coerenza di cui davvero non si era vista la minima traccia ai tempi delle guerre dell'Iugoslavia.
Quanto all'Ucraina, paese all'apparenza diviso, del tipo "se metti insieme due ucraini avrai tre opinioni su tutto", ha improvvisamente scoperto una compattezza mai mostrata prima e adesso è piena di russofoni che durante l'anno han deciso che la loro lingua era l'ucraino e soltanto l'ucraino e al diavolo il russo (primo tra tutti il presidente Zelensky, di cui la maggior parte di noi non aveva mai sentito nemmeno parlare e che ormai è diventato un soggetto di conversazione comune quanto i più celebri calciatori). Insomma l'Europa sta cambiando pelle, ed è un processo affascinante ai miei occhi.
Tutto ciò avrebbe magari potuto maturare lo stesso, magari con tempi e forme diverse, ma ormai è andata così. Di sicuro, e questa è l'unico aspetto che trovo positivo di tutta questa vicenda (a parte l'innegabile importanza del mio aggiornamento) non una sola di queste conseguenze era stata minimamente prevista da colui che ha scatenato il conflitto, ed è stata per lui motivo di profonda irritazione.
E meno male, almeno questo.
*Naturalmente approvavo anche Draghi quando l'ha fatto, ma questo non è strano perché io, di tendenza, approvo Draghi anche solo per il modo con cui respira.
** giuro, si chiama proprio così
***anche perché i servizi segreti americani si erano dati ad analizzare la questione con una cura e uno scrupolo ben diverso da quello che, due anni fa, avevano dedicato alla partenza dall'Afghanistan, dove erano sembrati davvero portati dalla piena.