lunedì 30 gennaio 2023

Lunedì film - Troy (Film per le medie)

                             

Nel 2004 uscì un grandioso colossal dedicato, appunto alla guerra di Troia, dopo un lungo periodo di silenzio cinematografico dopo molti anni di silenzio: infatti i numerosi adattamenti dei tre poemi epici dedicati alla guerra più famosa della nostra cultura sono numerosi, ma concentrati soprattutto intorno agli anni 60, e passato il periodo di entusiasmo per i film detti peplum l'argomento era stato piuttosto trascurato dai registi cinematografici (anche se mi sembra di ricordare che c'erano stati nel frattempo anche un po' di sceneggiati, ma nessuno molto recente).
Quando Troy piombò sugli schermi di tutto il mondo però venni presa da un attacco di spocchiosità e rifiutai di andare a vedere quella che a mio avviso era una colossale (appunto) americanata. Contribuì in parte anche mia madre, che tornò scuotendo la testa e lamentando una serie di varianti che non l'avevano affatto convinta. In realtà niente di quel che disse fece capire che deprecava il film o rimpiangeva i soldi spesi per il biglietto, ma all'epoca non ero molto indulgente per chi osava fare film di storie note non esattamente nel modo che piaceva a me.

A redimermi da tanta stupidità provvide qualche anno dopo la prof. Therral, che usava farlo vedere alle sue prime, come sigillo delle letture epiche che noi insegnanti non manchiamo mai di fare, un po' perché l'epica ci piace, e soprattutto perché quasi sempre Omero piace moltissimo ai ragazzi; un giorno che facevo una sostituzione nella sua classe mi chiese se ne approfittavo per fargli finire di vedere appunto Troy e io coscienziosamente obbedii, come usa fare in questi casi, deplorando in cuor mio tanta superficialità da parte della mia stimata collega.
Uscii dalla classe deplorando invece la mia idiozia e da allora ho fatto penitenza facendo vedere anch'io Troy alle mie prime, tranne alla Prima Sfigata (che non a caso si chiama così) perché quando sarebbe venuto il momento le porte della scuola si stavano riaprendo e i ragazzi si godevano finalmente un po' di uscite e di attività varie dopo due anni di reclusione - e la durata di Troy (due ore e mezzo) e il caldo terrificante che c'era nelle aule mi sconsigliarono la visione. L'ho rivisto quest'anno con una delle due prime che mi sono toccate in sorte, perché lo avevano iniziato durante una supplenza ma la prof. Quadrella aveva rifiutato di sacrificare due ore a quel film, che deprecava assai.
In quella classe io faccio Storia e Geografia, e non c'è dubbio alcuno che Troy con la storia e con la geografia non c'entra un cavolo, ma con loro non avevo ancora visto un film, hanno sempre lavorato molto e con grande dedizione - e poi me lo hanno praticamente chiesto in ginocchio.
D'accordo, non è un film molto filologico - ma in effetti, cosa c'è fa filologizzare con la storia della guerra di Troia? Si tratta di una guerra che forse c'è stata ma non se ne sa niente o quasi, e che è diventata un gomitolo di miti e leggende ognuno dei quali ha almeno tre versioni diverse e che ha continuato a essere riscritta e reinventata per almeno tre millenni spargendo frutti per tutta Europa, non ultimo quello che vuole un troiano come capostipite di Angli e Franchi e dove tutti gli dei più famosi han lasciato un pezzetto del loro cuore, tra figli, innamorati vari e dispetti di tutti i tipi. Si trovano facilmente in rete elenchi di "errori storici" del film, ma ammetto che mi ricordano quelle discussioni dove si sostiene che i vampiri di Twilight non sono veri vampiri, quasi che il Vero Vampiro sia certificato da un apposito consorzio come il Chianti Gallo Nero o la carbonara col guanciale.
L'unica variante che non ho gradito è stata Menelao, che a me è sempre piaciuto moltissimo e che leggenda vuole che Elena si fosse scelta come marito in una vasta rosa di pretendenti, riprendendoselo dopo la guerra con grande gioia di lui e grande disapprovazione da parte di Euripide: nel film è un uomo antipatico e Elena ha gran cura di spiegare a Paride che non le è mai piaciuto né tanto né poco. 
Per quanto antipatico comunque è sempre più sopportabile di Agamennone, che io stessa, che l'ho sempre trovato insopportabile, non avrei saputo rappresentare più odioso di come l'ha fatto lo sceneggiatore, nemmeno impegnandomi con tutte le mie forze.
Non mi ha convinto troppo nemmeno Patroclo, che Omero presenta come un uomo di grande sensibilità e non come un ragazzino ansioso di far vedere che è bravo - ma alla fine quella del film è una delle varianti possibili, e dunque perché no?
Uno dei grandi punti di forza del film è senza dubbio Brad Pitt: mai Achille fu più Achille di lui, nel bene e nel male: un tipo strano, difficile da trattare, a tratti incomprensibile ma che in qualche modo si lascia capire benissimo. E mi è dispiaciuto vedere Enea ridotto a poco più di un fotogramma, ma è vero che nell'Iliade non è un personaggio molto importante. Ho apprezzato anche l'idea di lasciare aperta una finestra che non nega la possibilità per Paride ed Elena di restare insieme (e che di sicuro fa scappare Elena lontano dalle grinfie dell'insopportabile marito, anche se non è chiaro verso quale sorte), e l'ho trovata anzi una pensata molto gentile da parte dello sceneggiatore - del resto va ben riconosciuto che Orlando Bloom nella parte di Paride fa pure lui una riuscita molto rispettabile.
Quanto a Ettore, è talmente Ettore che nessun filologo potrebbe mai trovarci da ridire.
Tuttavia la mia protagonista preferita è proprio Troia, presentata in modo magari non troppo filologico (ma anche lì: che caspita ne sappiamo noi di com'era quella città all'epoca della guerra?): davvero solenne, sontuosa e grandiosa:
Esistevano davvero città così? E' mai esistita una città così?
Non importa, mi piace, e anche lo spiegamento dei due eserciti è sempre molto suggestivo, come i sipari dove i troiani si ritrovano a discutere, a parlare o a guardare dalle mura (o a camminare per le bellissime strade), con scorci davvero interessanti.
Mancano completamente gli dei - togliere gli dei dalla guerra di Troia è una moda recente e non mi ha mai convinto, ma va pure riconosciuto che, una volta tolti gli dei, la trama funziona benissimo o anche meglio, e d'altra parte se tieni gli dei le scelte dei vari personaggi hanno molta meno importanza anche se la continua presenza delle varie Moire, Destino, Fato e quant'altro conferisce un fascino speciale a scene come quella della morte di Patroclo. Tuttavia, in mezzo a un film d'azione, le scene di Zeus che con la bilancia in mano si mette a pesare le anime non tanto per stabilire quanto per conoscere quale delle due è consacrata alla morte avrebbero stonato, senza contare che vale l'osservazione del mio alunno "Ma se il Fato ha già stabilito perché tutta questa gente sta a perdere tempo, dei ed eroi?". E' un punto molto importante, quello del perché dei ed eroi stan lì a perdere tempo con scelte e decisioni, e va benissimo sia per una lettura in classe che per un banchetto, ma in un film che non è il Settimo sigillo effettivamente non so: i greci a banchetto che ascoltavano l'aedo di turno conoscevano già piuttosto bene le vicende, immagino che gli interessassero di più lo stile specifico del poeta o gli interventi degli dei; quando si sedevano e tagliavano l'arrosto Patroclo ed Ettore per loro erano già morti, ma indagare chi li avesse effettivamente uccisi (Apollo, Ettore e un terzo guerriero nel primo caso, Apollo, la Sorte e per ultimo Achille nel secondo caso) aveva invece un suo perché, e in tutti i casi c'erano abbondanti motivi di commozione e nessuno si domandava cosa succedeva dopo perché tanto sapevano anche quello. 
Invece per chi non si è fatto come me la collezione di tutte le varianti in anni di letture, per chi segue semplicemente la storia - ed è una gran bella storia - perché ancora non la conosce è diverso, e se Paride ed Elena restano insieme dopo la caduta di Troia, alla faccia di tremila anni di stratificazioni, ebbene non può che fargli piacere, così come si rallieta assai se anche quell'antipaticissimo Agamennone crepa insieme al ben più stimabile Priamo (che tanto pochi giorni dopo la presa di Troia Agamennone è destinato a crepare comunque, e quindi tanto vale).
Dunque la via prosegue senza fine, lontano dall'uscio da cui parte, le storie appartengono a anche a tutti gli sceneggiatori che arrivano col tempo e che parlano ogni volta a un pubblico diverso, e Troy è un film adattissimo per le medie, e se poi i ragazzi si interessano particolarmente alla vicenda, hanno tutto il tempo che vogliono per approfondire la questione in tutte le sue complesse ramificazioni e varianti, con o senza apparato filologico.

domenica 29 gennaio 2023

La maledizione di St.Mary Mead

Un po' più originale della solita copertina con la prima legge di Murphy.
E poi ieri l'avremmo cantata tutti davvero molto volentieri, a scuola. 

La Giornata della Memoria non passa mai inosservata alla media di St. Mary Mead: le Terze vanno in pellegrinaggio alla tomba di una celebre famiglia ebrea, Prime e Seconde guardano appositi film, ad Arte si fanno disegni in tema eccetera; insomma, se ci sono i Negazionisti (della Shoah) davvero non è colpa nostra.
La scelta dei film per le Prime e le Seconde in questi anni di pandemia si è fatta più delicata: mentre fino a tre anni fa sbattevamo senza ritegno la pellicola più cruda che ci passava tra le mani (e infatti io tendevo a lasciare l'incombenza ai colleghi perché cotali film mi impressionano alquanto) in questi anni di pandemia abbiamo preferito storie più soft in considerazione del fatto che primini e secondini sono, appunto, più facilmente traumatizzabili.
E dunque la prof. Spini arrivò qualche giorno fa offrendo per le Prime Il viaggio di Fanny, che ci garantiva essere adattissimo. Quanto a me, volevo approfittarne per vedere finalmente un film che avevo sempre desiderato vedere ma su cui non ero mai riuscita a mettere le mani, ovvero Arrivederci ragazzi, di cui tutti avevano sempre detto un gran bene.
Il mio progetto si era ben presto arenato perché la nostra Scaricatrice Seriale non era riuscita a procurarselo nonostante vari tentativi e ricerche. Così avevo deciso di ripiegare anch'io sul Viaggio di Fanny, che godeva pure della caratteristica, molto rara per questa categoria di film, di un lieto fine.
Le Prime dunque avrebbero visto Il viaggio di Fanny proprio nella Giornata della Memoria, riunite insieme nell'Aula Magna - un lusso che negli anni scorsi non era nemmeno lontanamente proponibile: intere decine di ragazzi a distanza ravvicinata riuniti insieme, figurarsi!
Adesso però si poteva fare senza paura, e alla terza ora ho raccolto i miei pulcini e li ho portati in Aula Magna. Un po' di tempo per la distribuzione dei posti, disinnescando qualche gruppetto potenzialmente pericoloso, una breve presentazione della prof. Ghirlandai ed ecco che il film parte e per i primi quaranta minuti va tutto bene. Poi...

Poi, finito il primo file, si trattava di avviare il secondo. Peccato che il file in questione sembrasse completamente svanito nel nulla. Dopo qualche tentativo di recuperarlo in rete abbiamo infine stabilito che, anche se siamo abituati tutti quanti a fare l'impossibile, per i miracoli non siamo ancora attrezzati e i ragazzi vengono riaccompagnati in classe, tra molti mugugni e lamentele cui non troviamo altra risposta che un generico, per quanto sincero "Ci dispiace".
Appena entrata li lascio lamentare un po'. A dire il vero sono soprattutto storditi perché il film li aveva assai presi e avrebbero assai gradito continuare a vederlo. Anch'io, per la verità.
Vado alla lavagna. "Ragazzi, conoscete la prima legge di Murphy?" chiedo.
Non la conoscono. Così gliela scrivo: Se qualcosa può andare storto, lo farà
Poi spiego: "Vedete, il vero problema è che ci siamo dimenticate, tutte noi, della maledizione dei film che pesa da sempre su St. Mary Mead".
E passo a raccontargli di come, da sempre, veder un fil a St. Mary Mead è sempre pericoloso, soprattutto nell'Aula Magna. Non soltanto lì, certo, in generale vedere un fil nella nostra scuola è sempre pericoloso, perché salta sempre fuori qualche intralcio imprevedibile: DVD che han sempre fatto il loro dovere e improvvisamente funzionano solo per la traccia in inglese, DVD che decidono di rompersi proprio quel giorno, file che non funzionano o che spariscono all'improvviso, come è successo stamani, l'audio che proprio quel giorno decide di non funzionare, film sulla piattaforma proprio il giorno che non c'è la rete... ogni volta un impiccio diverso, ma sempre del tutto imprevedibile.
"Un tempo in quell'aula c'era un impianto un po' complicato, e per quanto chi andava a vedere il film avesse sempre avuto gran cura di preparare tutto per tempo succedeva sempre qualcosa. In queste condizioni ho fatto ben due cineforum, nei primi anni, e alla fine ho imparato che l'unica tecnica che funzionava quasi sempre, soprattutto in classe con la LIM,  era non dire a nessuno che quel giorno c'era il film e farlo partire di soppiatto. Stavolta non l'abbiamo fatto, anche e soprattutto perché sono passati quasi tre anni dall'ultima volta che abbiamo visto un film in quell'aula a classi aperte, e ci eravamo dimenticati della maledizione".
Le povere creature mi guardano sempre più perplesse, ma evitano di contraddirmi. Non reagiscono in modo scomposto nemmeno quando accenno alla possibilità, che dovrebbe pure essere presa in esame una buona volta, di chiamare qualche alto prelato ad esorcizzare la scuola. Poi passiamo a fare un pochino di geografia e gli faccio vedere un video di tema quasi altrettanto allegro, ovvero la catastrofe del Vajont. In effetti, era uno degli argomenti che avrei affrontato quel giorno se non ci fosse stato il film.

L'ora dopo sono nella Seconda Sfigata, che da giorni invoca a gran voce un film sulla Shoah per commemorare la Giornata della Memoria.
"Lo vedremo Lunedì" spiego "Avevo già deciso comunque di fare così, ma ammetto che ormai non è più una scelta, bensì un caso in cui si deve accettare di piegarsi alle circostanze avverse".
Pentasilea alza la mano "Prof, io ho un film carinissimo. L'ho visto qualche anno fa ed è su una piattaforma dove ho l'account. Si intitola Il viaggio di Fanny".
Come succede in certi cartoni animati, mi arresto a metà di un gesto. Scambio uno sguardo con l'insegnante di Sostegno.
"Cioè, mi stai dicendo che hai un account per Il viaggio di Fanny?" chiedo con un filo di voce.
E che dunque sarebbe bastato chiamarla in Aula Magna per continuare serenamente a vedere il nostro bel film, tutti quanti...
Pentasilea è beatamente ignara della tragedia avvenuta poco prima e conferma che sì, ha l'account per vedere il film sì desiato dalle prime (e anche da noi insegnanti).
Di nuovo guardo il Sostegno "Forse sarebbe il caso di avvisare la prof. Ghirlandai, quanto meno per risparmiarle altre ricerche" mormoro.
Sostegno ne conviene e sparisce per qualche minuto; nel frattempo ringrazio Pentasilea e la deludo ripetendole per l'ennesima volta che no, noi quel giorno non vedremo alcun film.
In compenso, durante il fine settimana la Scaricatrice Seriale mi chiama per annunciarmi che ha trovato Arrivederci ragazzi.
E si spera, domani, di poter adempiere tutti quanti il nostro dovere civico di onorare la Giornata della Memoria.

giovedì 26 gennaio 2023

L'ora multitasking

dolci, croccanti, con gli occhi radianti di innocenza: gli alunni-draghetti croissant
Alla quarta ora c'è storia con la Prima Brava. E prima di tutto c'è da finire di vedere Troy, che per una malefica serie di inciampi ha dovuto essere interrotto il giorno prima nel bel mezzo dell'incendio di Troia, a un quarto d'ora scarso dalla fine.
Per giunta, per finire di vedere il film dobbiamo entrare nell'account Netflix di un alunno, perché il DVD dell'insegnante che l'aveva avviato, dopo molti anni di onorato servizio ha deciso di funzionare soltanto nella traccia in inglese. E dopo da quello stesso account dobbiamo pure uscire.
I ragazzi avevano chiesto se c'erano film anche per L'Odissea e L'Eneide. Una piccola ricerca il giorno prima mi aveva confermato sì che ce n'erano diversi, ma che era tutta roba degli anni 60. Così gli spiego che anche i film hanno le loro mode e discutiamo un po' dei cambiamenti che la sceneggiatura ha fatto rispetto alle versioni più consuete. Spiego che non esiste una versione specifica della leggenda della guerra di Troia, che forse non è solo una leggenda ma grandi certezze in merito non ci sono, e insisto un attimo sulle storie che hanno sempre nuove diramazioni e cambiano e fruttificano variamente nel corso dei secoli.
Nel frattempo siamo tornati in classe e non so come mai siamo passati a parlare di gatti, e anche un po' di cani e parecchi ragazzi parlano dei loro gatti e cani. Poi passiamo ai maiali che nell'alto medioevo pascolano nei boschi, e io stessa non ho idea di come sia avvenuto il passaggio di argomento, che non ho forzato in alcun modo.
Da lì all'economia curtense il passo è breve e un paio di alunni mi leggono la sintesi che hanno fatto in proposito. Segno un paio di voti, rispondo a un po' di domande rigorosamente pertinenti alla storia altomedievale e registro l'offerta di una alunna che non ha fatto la sintesi perché vorrebbe fare una esposizione (quella, insomma, che nei tempi andati si chiamava interrogazione e che quest'anno accosto con grande cautela perché le prime sono sì piuttosto studiose, ma assolutamente non abituate a esporre).
Mentre ripongono libri e quaderni per avviarsi verso l'aula successiva prendo atto una volta di più che quella classe si distingue per la rara capacità di riuscire ad infilare in una singola ora una quantità immane di cose: più di una volta mi sono ritrovata, esaurito con tutti i crismi l'argomento che mi ero proposta di trattare, ad avere ancora del tempo a disposizione che ho impiegato facendogli fare gli esercizi di ripasso "così per la volta prossima avete i compiti già fatti" e dopo restava anche qualche minuto da aggiungere al risicato intervello che ci permetteva di uscire fuori in cortile.
Da notare che il tutto non è legato ad una implacabile disciplina, ma anzi tra i maiali al pascolo nei boschi e la contrazione delle città non manca il tempo per abbondanti intermezzi dedicati alle tipiche chiacchiere da Prima. Semplicemente, c'è il tempo per tutto.
Come sia possibile questo prodigio non lo so, ma certo non è per merito mio perché nelle altre classi il tempo non mi basta mai. Se però qualcuno riuscisse a distillare il misterioso principio che permette loro di utilizzare così bene il tempo, credo che il comune di St. Mary Mead diventerebbe il più ricco d'Italia (e naturalmente anche la scuola con gli alunni meno stressati di tutta la penisola).

domenica 22 gennaio 2023

E per concludere, solo un ultimo piccolo modulo sulle gite e le uscite...


All'inizio dell'anno ognuno di noi insegnanti si è preparato il suo piccolo carico di uscite e progetti per le varie classi, più le gite di un giorno e perfino - oh, miracolo miracoloso! - perfino una gita di ben tre giorni per le Terze. Insomma, la solita roba. Il tutto con una certa cautela perché, anche se apparentemente tutto stava avviandosi verso la normalità, vai a sapere.
Personalmente ho preparato un paio di gitarelle a Firenze, dove andare in treno, una visita all'acquedotto di Firenze per le prime, una per la diga di Bilancino e la solita uscita per le seconde al Museo Stibbert. Tutta roba ordinaria e abbastanza collaudata, ma per il museo e l'acquedotto e la diga ci serve il pullmann.
Dopo abbiamo preparato la lista di tutto ciò, unita ai vari progetti, divisi per classi, e li abbiamo segnati nel verbale del Consiglio di Classe, poi nella programmazione delle singole classi, poi in una apposita lista, sì come ci era stato richiesto dalla Segreteria.
Infine abbiamo anche preparato una piccola lista per la Segreteria dove le gite erano divise secondo il mezzo di trasporto (treno o pullmann, perché purtroppo il teletrasporto ancora non lo abbiamo anche se per le uscite farebbe davvero comodo), indicando quanti alunni e quanti insegnanti avrebbero partecipato a ciascuna gita, qualche volta anche con i nomi degli insegnanti accompagnatori, ma con date molto approssimative, del tipo in primavera, marzo-aprile e roba del genere.

Qualche giorno fa arriva una circolare che chiede di indicare le uscite e le gite previste, con le date precise e di compilare tre lunghissimi moduli, di quelli che chiedono anche se gli alunni sono stati partiriti con parto ordinario o cesareo e il numero di scarpe degli accompagnatori, entro lo scorso Venerdì.
Era naturalmente la settimana dei prescrutinio e tutti eravamo discretamente immersi fino al collo nelle più varie tematiche.
Dopo ponderata riflessione ho stabilito che dopo aver compilato per tre volte la lista delle uscite, ritenevo che il tutto fosse sufficiente, anche perché non avevo nulla di nuovo da aggiungere perché ancora non avevo contattato né il museo Stibbert né l'acquedotto di Firenze per fissare la data, né del resto le mie ancora precarie condizioni di salute mi spingevano a tal passo.
Così ho lasciato i moduli dove stavano e mi sono limitata a rispedire lo schemino, che ho avuto cura di spedire Venerdì dopo le otto di sera, convinta in tal modo che la questione sarebbe stata riaffrontata dopo il fine settimana.

Era troppo sperare, e infatti la mattina dopo, mentre l'aurora faceva ancora fatica a mostrare un piccolo cenno di vita, ho trovato la risposta:

mi scusi ma dovrebbe mettere delle date e dirmi se richiede lo scuolabus o il pullman privato.
In tal caso dovrebbe compilare la modulistica che le allego. Grazie e un cordiale saluto

Ho contato fino a dieci, fin ito di bere il caffè e sono infine riuscita a partorire una risposta almeno vagamente civile, che se non altro non iniziata con la parola "Vaffanculo".

Le date non sono state ancora fissate. Ho segnato solo le gite per cui richiedo il pullman.
Su queste gite ho già riempito una serie di prospetti e schede.

Sette minuti dopo arriva la risposta.

Mi scusi nel  piano gite a volte non vengono definite date ed orari...oppure se si richiede lo scuolabus o pullman privato...questi dati sono indispensabili ai fini delle richieste da fare al Comune e per i preventivi da richiedere alle ditte.
Grazie e buon sabato

E va bene, apprezziamo se non altro la dedizione al lavoro. Ma è proprio sicuro che proprio stamani vadano fissate delle gite da fare ad Aprile?
Provo di nuovo a spiegarmi, ma con scarsa fiducia.

Nel mio piano credo di averli indicati.
Ad ogni modo: per queste uscite mi serve un qualche tipo di mezzo di trasporto perché con i treni non ci arriviamo, e sono tutte uscite che rientrano nell'orario scolastico, quindi partenza poco dopo le 8.00 e rientro entro le 14.00. Le date ancora non le ho, in quanto devo ancora contattare gli enti. Diciamo che ho aspettato per vedere come andavano la pandemia e l'inverno. Ho sempre aspettato l'anno nuovo per decidere le date delle uscite di primavera.
In tutti i casi le date non ci sono. Naturalmente appena le avrò ve le farò conoscere.

Rileggo per controllare se sono stata chiara. Il problema è che a me sembrava di essere sempre  stata chiara, ma boh.
Con mia grande sorpresa invece sembra che abbia trovato la chiave magica.
Tre minuti dopo arriva la risposta.

Ah va bene allora tutto ok

Leggo il messaggio con vivo sbalordimento. Cioè, dopo avere insistito tre volte stabilisci che ti va bene fare con quel che ti ho dato? Che era quanto avevo già scritto nei precedenti tre prospetti che ti ho inviato?
Invero, il mondo delle segreterie di scuola è strano, e la quantità di scartoffie che ci vengono richieste è piuttosto ridondante. Ma non solo a scuola, in effetti.
Credo che sia qualcosa che noi italiani abbiamo nel sangue: suvvia, un altro moduletto dove ci fornisci di nuovo le stesse informazioni che ci hai dato già tre volte. Coraggio, ancora uno. Giuro che non te ne chiediamo altri, dopo. Almeno fino alla prossima volta.

Comunque, ho iniziato il Sabato mattina di umore piacevolmente fiammeggiante 

domenica 15 gennaio 2023

La Gran Questione della scrittura in Corsivo - 2 - Il parere degli Scriventi (se il Parlante fa la lingua, lo Scrivente farà la scrittura, giusto?)

Mentre scrivevo il recente post sulle scelte di alunni e insegnanti in merito ai cosiddetti quattro caratteri*, la settimana scorsa, mi è venuto in mente che magari, al limite, avrei perfino potuto prendere in considerazione l'idea di fare esprimere in proposito gli scriventi oggetto del contendere, ovvero gli alunni. E subito mi sono accorta di una cosa piuttosto curiosa: in una scuola che ha sempre mostrato di fare grandissimo conto dell'Inclusività, dell'Ascolto e financo dell'Empatia, e dove la questione del carattere di scrittura era oggetto di tante discussioni, a nessuna di noi (me compresa) era mai passata per l'anticamera del cervello l'idea di interrogare gli alunni su una questione dove in teoria avrebbero pur dovuto avere qualcosa da dire.
Ripensandoci ancor di più non è poi così strano perché, per quanto la scuola moderna ami straparlare di stesure di regole condivise e di coltivare il dibattito e la specificità individuale e tutto questo genere di bellissime cose, la tendenza a considerare i ragazzi come contenitori da riempire di fatti** è ancora molto forte: e dunque ci preoccupiamo assai di insegnargli le nozioni giuste, il metodo di studio giusto, la giusta scala di valori e il giusto modo di pensare, valutare e classificare nonché il giusto modo di intrattenere rapporti umani. Senza perdermi troppo in complesse questioni etiche e filosofiche, questo genera principalmente due problemi: il primo è che il nostro sistema di valori non sempre è perfetto (per quanto noi possiamo trovarlo perfettissimo e adatto a tutti) e magari nemmeno adeguato al singolo alunno, il secondo è che il mondo cambia e dunque i ragazzi crescono in una società diversa dalla nostra, e saranno loro a plasmare quella futura - e dunque il rischio di risultare portatori di un messaggio fuori dal tempo c'è sempre.
Tornando giù dai massimi sistemi, proviamo a riprendere la questione della scrittura.
Dalla mia piccola inchiesta, in cui ho domandato di raccontare la loro storia scrittoria, sono emersi alcuni fatti interessanti.
Primo: no, non è vero che alle elementari non insegnano a scrivere in corsivo. Tutti, come un sol alunno, hanno scritto che alle elementari gli è stato insegnato il corsivo. Alcuni anzi han detto che il corsivo gli piaceva ma a un certo punto lo hanno abbandonato.
Secondo punto: perché lo hanno abbandonato?
Qualcuno ha scritto serenamente che arrivato alle medie ha cominciato a scrivere in corsivo. Niente di strano per i miei alunni, perché sin dai primissimi giorni ho proclamato senza infingimenti che ognuno scrivesse pure come gli pareva, l'importante era che la scrittura fosse corretta sul piano ortografico: accenti, H e tutto questo genere di cose.
Aggiungo anche che la prof. Bipolar di inglese ha detto subito, anche lei senza infingimenti, che voleva solo il corsivo e niente storie - e qualcuno si è anche lamentato per questo, o comunque ha segnalato la cosa.
Tuttavia le colleghe che si lamentano che i ragazzi scrivono in stampatello perché non sanno scrivere in corsivo non hanno certo risposto come me (altrimenti non si lamenterebbero del fatto che i loro alunni non scrivono in corsivo). E' dunque possibile che qualcuno abbia giocato sporco e gniaulato che lui/lei non sapeva, non riusciva eccetera. Può darsi quindi che le mie colleghe non abbiano saputo mantenere con fermezza la loro richiesta. Ma teniamo conto che, certo, ognuno ha la sua storia, ma le nostre classi vengono tutte dallo stesso bacino delle elementari di St. Mary Mead e quindi tutti hanno avuto più o meno lo stesso addestramento, anche se i mesi del lockdown hanno certamente lasciato una traccia perché per un certo periodo i ragazzi hanno usato soltanto la tastiera e dunque solo lo stampatello.
Punto terzo: a un certo punto sono state proprio le maestre a dire a qualcuno di scrivere in stampatello. Non a suggerire garbatamente che, magari; no, c'è stato proprio un momento in cui ad alcuni è stato detto di passare allo stampatello.
Quindi: tutti hanno cominciato con il classico corsivo inglese ma qualcuno è stato incoraggiato a usare lo stampatello.
Alcuni stranieri, per esempio? Se hai un passato a base di ideogrammi cinesi o di scrittura in arabo è ovvio che qualsiasi insegnante di buon senso stabilirà che le 24 lettere della scrittura capitale bastano e avanzano, almeno all'inizio. Tuttavia i nostri "stranieri" sono quasi tutti cresciuti in Italia e con l'alfabeto hanno avuto un approccio molto simile ai nostri giovani concittadini. L'unico straniero arrivato in tempi molto recenti è un cubano che l'anno scorso scriveva in una desolante fusione primordiale di sillabe e parole variamente affastellate in corsivo e che con l'andare dei mesi ha sviluppato un corsivo molto normale ingentilito assai da una ragionevole separazione  delle parole.
Poi ci sono i dislessici. Per legge i dislessici sono esentati dall'obbligo del corsivo ma di fatto scrivere in corsivo non gli è vietato, in teoria (e infatti alcuni, anche occasionalmente, scrivono in corsivo e non è che necessariamente venga fuori un disastro, anzi).
Alcuni di questi dislessici mi hanno raccontato storie insolite, del tipo a un certo punto la maestra mi ha detto di scrivere in stampatello perché in corsivo scrivevo male. Al momento la ragazza esibisce un grazioso stampato minuscolo molto aggraziato e decisamente di facile lettura.
Tutto ciò mi ha portato a immergermi in profonde riflessioni.
Da bambina ero molto disordinata, anche nella scrittura. Più esattamente non esito a dire che scrivevo come un cane arruffato (ammesso che ai cani arruffati sia mai venuto in mente di scrivere). Magari ci avevo un po' di disgrafia, chissà - del resto tuttora ho un rapporto decisamente complicato con la destra e la sinistra. Col tempo e con l'esercizio comunque mi placai e adesso posso esibire un corsivo che di sicuro  non sembra un merletto, ma che è comunque di grande leggibilità anche se un po' scialbo. Fu un processo lungo e complesso, ma già in quarta elementare la mia scrittura non aveva niente di illeggibile. Del resto, ai miei tempi non c'era scelta e soprattutto il mio stampatello faceva pure quello abbastanza pena e a nessuno sarebbe venuto in mente di propormelo come rimedio per le mie difficoltà scrittorie.
Dunque può darsi che le maestre, pur avendo fatto coscienziosamente il loro dovere, abbiano difettato nella pazienza, oppure abbiano cercato di curare il prima possibile un male che magari aveva già in sé la sua cura.
Ultimo particolare sulle maestre: è possibile che, pur insegnando coscienziosamente il corsivo inglese, essendo figlie del nostro tempo si siano abituati a scrivere in quella specie di carolina (littera antiqua, per noi allievi del prof. Casamassima) un po' imbastardita da legature che già ai tempi della mia infanzia era il corsivo preferito dalle ragazze in crescita. Tra l'altro, mentre il corsivo per quel che si sa nacque spontaneamente, la scrittura carolina fu inventata in provetta appunto per fornire ai copisti dei monasteri un modello di scrittura chiara e facile da imparare e da usare. 

Infine una piccola collezione di curiosità: qualcuno ha detto che per gli appunti preferiva il corsivo perché era più veloce, ma che per i testi da presentare preferiva lo stampatello perché aveva l'impressione di fare un lavoro meglio confezionato.
Un altro ha detto che sa benissimo che il suo corsivo è disordinato ma lui preferisce scrivere così, e per consolarsi ogni tanto si ricorda che esiste anche il corsivo cirillico (nel suo testo mi ha omaggiato di una vera rarità, ovvero una autentica H maiuscola con tutti gli svolazzi del caso - come questa, insomma:
anche se la sua era un po' più pasticciata).
Una ragazza ha spiegato che lei scrive rigorosamente in stampatello minuscolo ma con delle legature*** che le piace molto metterci.
Altri, appunto, hanno detto che gli piacerebbe scrivere ancora in corsivo ma preferiscono lo stampatello perché altrimenti si sentono troppo disordinati.
Altri ancora che hanno abbandonato il corsivo con grande sollievo quando sono arrivati alle medie.
E qualcuno infine ha detto che gli piacerebbe scrivere in corsivo ma ha dimenticato come si fa.
Al termine della mia piccola inchiesta ho imparato che la questione era molto più complessa di quel che credevo e mi ha assalito perfino la tentazione di dedicare qualche ora a una specie di laboratorio del tipo "Inventa anche tu il tuo corsivo" o roba del genere, magari accordandomi con Arte. Dopotutto, il mio lassismo nasce principalmente dal desiderio di rimuovere ogni ostacolo meccanico alla scrittura intesa come momento espressivo, ma forse una corda di scorta per l'arco fa sempre comodo. Chissà?

* che a quanto ho capito sarebbero stampatello maiuscolo, stampatello minuscolo, corsivo maiuscolo e corsivo minuscolo.
** come teorizzato da Mr. Gradgrind in Tempi difficili di Dickens
** "Sì, io sono rigorosamente vegetariana. Certo, un pasto al giorno con la carne lo faccio sempre, si capisce"

venerdì 13 gennaio 2023

Un lavoro perfetto - Tsumura Kikuko


Il romanzo è stato pubblicato da Marsilio nel 2021 e ristampato poi nel 2022 per l'Universale Economica di Feltrinelli. Probabilmente non lo avrei mai preso in considerazione se I dolori della giovane libraia non gli avesse dedicato una lunga recensione inserendolo in un macrotema piuttosto trascurato nella letteratura contemporanea, ovvero il rapporto col lavoro.
Cominciamo dalla copertina, che davvero non aiuta: una povera ragazza completamente accasciata su una scrivania su uno sfondo rosa caramella, e che grida da ogni centimetro quadro chicken literature! Quanto al titolo, non ho la minima idea se sia una traduzione del titolo originale o racchiuda in sé un lampo creativo occidentale, ma in inglese suona un po' differente anche se la copertina è molto, molto simile alla nostra.

La protagonista è una giovane donna - non troppo giovane, in realtà: trentasei anni, dunque non una pischellina. E' reduce da un colossale esaurimento dovuto al suo amato lavoro, che troppo l'ha assorbita fino a mandarla completamente in crisi in quanto si sentiva non solo inadeguata, ma soprattutto divorata viva.
Adesso è a caccia di un lavoro tranquillo, meccanico, che non la coinvolga troppo e  che possa prendere o lasciare a suo capriccio.
La responsabile dell'ufficio di collocamento le trova diversi di questi lavoretti, e ognuno rivelerà misteriose insidie rivelandosi molto più complesso e coinvolgente di quanto si era mostrato all'inizio.
Fino alle ultime pagine non sapremo qual era il misterioso Lavoro Divorante che ha causato l'esaurimento, e per tutto il romanzo (non molto lungo ma nemmeno cortissimo, diciamo poco più di 300 pagine, ma molto scorrevoli) non sapremo quasi niente della sua vita privata, se non che vive sola e, a quanto sembra, non ha una vita sociale troppo intensa - solo qualche vaghissimo accenno ci fa comunque capire che ha avuto delle storie d'amore e ha tuttora degli amici. L'unico evento del suo passato su cui si sofferma è l'esaurimento (di cui comunque non racconto quasi niente) che sembra aver tagliato in due la sua vita; in pratica è la storia di una creatura appena rinata che riparte per un nuovo inizio, con ancora addosso qualche segno delle ferite passate ma con uno sguardo fresco e innocente.
Il primo di questi lavori sembra effettivamente rientrare nel quadro richiesto: si tratta di sorvegliare uno scrittore attraverso telecamere piazzate nella sua casa per cercare di capire dove custodisce la droga che, in modo del tutto involontario, viene spacciata attraverso di lui. Passivamente dunque la protagonista sbobina le lunghe ore di filmato dove un tale fa la sua vita custodendo inconsapevolmente (e passivamente) merce illecita: un lavoro ottimo per annoiarsi a morte ma che davvero non sembrerebbe offrire occasioni per farsi coinvolgere troppo, e anzi sembra avere come unico effetto collaterale il rischio di morire per la gran noia. Eppure...
Eppure sarà proprio lei a capire il meccanismo con cui viene raggirato il poverino, e a risolvere il caso. L'istituto che le ha offerto il lavoro sarebbe contentissimo di assumerla in pianta stabile con un buono stipendio, ma la protagonista giustamente scappa.
Il secondo lavoro, di nuovo, non sembra nascondere insidia alcuna e si mostra come la routine più banale e innocua di questo mondo: preparare annunci pubblicitari da registrare per poi farli ascoltare in autobus -certo meno noioso che sbobinare le giornate di uno scrittore sedentario, e con in più un un certo qual piacere creativo - eppure anche lì, mentre compila annunci nel suo quieto angolino, i tentacoli del Coinvolgimento arriveranno fino alla soglia dell'ufficio.
Di nuovo la protagonista scappa, anche se la ditta sarebbe più che disponibile a rinnovare il contratto. La tappa successiva sarà andare ad affiggere manifesti. Un po' di moto, finalmente, un lavoro all'aria aperta, e sfido chiunque a lasciarsi coinvolgere da un'attività innocua come quella di incollare manifesti, eppure...
Sì, appunto, può succedere anche questo.
L'alternarsi dei lavoretti dall'apparenza innocua ma stranamente coinvolgente - vissuti comunque sempre dall'esterno e con la possibilità di scappare da un momento all'altro, forniscono alla protagonista una sorta di apprendistato dove imparerà molto sul mondo del lavoro, ma soprattutto moltissimo su di sé - perché anche a trentasei anni puoi essere la protagonista di un romanzo di formazione (anche a cento, se per questo).
L'ultimo di questi lavoretti innocui (sappiamo che sarà l'ultimo perché le pagine rimaste ormai sono poche) si presenterà fin dall'inizio come il meno innocuo e il più denso di mistero e conterrà una curiosa chiave di volta che riporterà la protagonista all'inizio della sua storia, ma con una consapevolezza e una capacità di comprensione molto diversa, che le permetterà, forse, chissà...
Ho scritto che è un romanzo di formazione, ma volendo si può definire il racconto di un percorso iniziatico - che in fondo è un altro modo di dire la stessa cosa. 

La scrittura è garbata e scorrevole, ma anche piacevolmente ironica e leggere. Qualcuno l'ha trovata anzi un po' troppo leggera e senza spessore, qualcuno l'ha definito un buon libro di evasione, molto gradevole. Io l'ho trovato un buon libro punto e basta, me lo sono spolpato in tre giorni, penso che mi abbia fatto molto bene - e, forse, un pochino ho anche invidiato la protagonista: cinque lavori così insoliti in un anno non me li ha mai offerti nessuno; o forse, chissà, me li hanno offerti e io non sono stata capace di riconoscerli?

domenica 8 gennaio 2023

La Gran Questione della scrittura in corsivo

Le lettere di Natale si scrivono in corsivo o in stampatello?
Ah, saperlo, saperlo...

"Prof, che cosa ne pensa del corsivo?" si informa un giorno una candida fanciulla.
E' chiaramente una domanda-trappola, di quelle fatte per perdere il tempo, testare un insegnante o anche ridere un po' alle sue spalle. 
Modestamente, con le domande-trappola sono piuttosto brava. Sul corsivo poi...
"Oh, è un tipo di scrittura che è nata tra il II e il III secolo d. c, Immagino vada bene come qualsiasi altra scrittura" rispondo svagata mentre apro il registro elettronico.
Mi guardano un po' spiazzati (la mia risposta, per quanto storicamente inappuntabile, tendeva appunto a spiazzarli) poi la fanciulletta prova a spiegarmi che si riferiva al parlato corsivo.
"Ah, quello" rispondo sempre più svagata "Immagino che uno parlerà come gli pare. Se posso darvi un consiglio, però, forse è meglio che non lo usiate quando fate le interrogazioni. Qualcuno di voi deve giustificare?".
Ai miei occhi la vera incertezza che nutro sul corsivo è "perché diamine usare un aggettivo tradizionalmente legato alla scrittura per indicare un particolare tipo di pronuncia che allunga le vocali?". Ma, di nuovo, sono scelte individuali e magari andrebbe chiesto all'inventrice di cotale idioma.

Veniamo invece al corsivo propriamente detto, ovvero quella tipologia di scrittura nata tra II e III secolo d. C. in cui il calamo si stacca dalla carta (o pergamena o papiro) solo in poche occasioni e non ad ogni lettera.
Sulla Gran Questione legata al corsivo avevo già esposto il mio pensiero in uno dei primi post di questo blog, nel lontano 2008. Da allora la mia opinione non si è spostata di mezzo millimetro e continuo a lasciare assoluta libertà ai miei alunni nella scelta del carattere con cui desiderano esprimersi, consapevole tra l'altro che quel che oggi accettiamo come corsivo è una specie di carolina dove le legature scarseggiano assai.
A St. Mary Mead comunque la questione al momento è oggetto di gran diatriba e coinvolge anche le Perfide Maestre delle elementari, ree tra l'altro di non insegnare il corsivo ai nostri ragazzi.
In sintesi: ormai da qualche anno alcune insegnanti di Lettere si lamentano non tanto del fatto che i ragazzi che ci arrivano non scrivano in corsivo, quanto del fatto che il corsivo proprio non lo conoscono e non lo sanno quindi usare. Di ciò si sono lamentati più volte con le insegnanti delle elementari nelle riunioni della Commissione della Continuità. A quanto pare però le insegnanti delle elementari non hanno mai preso atto della richiesta di insegnare il corsivo agli alunni. La cosa è vissuta come una grandissima carenza da parte loro ed è occasione di grandissime lamentele nella nostra Sala Insegnanti. Quando una volta ho provato a chiedere timidamente che differenza faceva mi è stato ululato in risposta che ciò era una gravissima mancanza di manualità e perdita del patrimonio culturale - il che mi sembra una sciocchezza ma in fondo che ne so? Se voglio scrivere in corsivo sono stata messa in grado di farlo, e in effetti è con quel corsivo imbastardito di stampato che usa adesso che scrivo il diario, le liste della spesa, le correzioni sui compiti e i biglietti di auguri per Natale e i compleanni e anche le annotazioni sui libri.
Conosco il corsivo, dunque posso scegliere di (non) usarlo, mentre non posso scrivere in giapponese perché il giapponese non lo conosco, nonostante il nom de blog che mi sono scelta.
Tuttavia secondo me non è esatto dire che alle elementari di St. Mary Mead non insegnano a scrivere in corsivo, perché tutti gli anni le prime medie possono vantarsi di includere nelle loro file un gruppetto che scrive in corsivo (in prevalenza femminile, direi) ma ammetto di non avere mai fatto caso se poi continuavano ad usarlo.
Inoltre abbiamo avuto due anni di pandemia, in cui spesso erano diffidati dal mandare compiti non scritti al computer, e dove si sono alquanto domesticati con la tastiera. Sta di fatto che ormai a mano scrivono sempre meno, e qualcuno, credo, col passare degli anni si posiziona sullo stampato (più spesso in capitale, ma a volte anche in minuscolo. E lì sarebbe da capire dove finisce il corsivo è comincia invece lo stampatello, perché la cosa non è sempre così chiara. I dislessici, ma anche gli stranieri più altri casi particolari spesso sono esentati in partenza dal corsivo. E, ripensandoci: perché tutti mi chiedono sempre all'inizio della nostra conoscenza, se possono scrivere in stampatello? E  perché qualcuno non me lo chiede? 
Pòle essere che in questi anni il rapporto con la scrittura sia cambiato?
Forse sarebbe il caso di chiederglielo.

sabato 7 gennaio 2023

Leggere, forte! - 1 - Ogni classe è un palcoscenico, ogni docente in classe è re.


Come fu, come non fu, una bella mattina di Novembre la scuola media di Crifosso venne colta da uno slancio di grande entusiasmo e decise di aderire al progetto Leggere, forte! indetto dall'INDIRE, che è uno di quegli organi molto seri e molto didattici strettamente collegati al Ministero di cui non ho mai ben capito la funzione (indubbiamente per miei limiti) ma insomma se dici che stai seguendo un corso o un progetto dell'INDIRE chiunque sia del ramo ti guarda con gran rispetto.
In questo caso, come si può evincere dal nome, il progetto mira a promuovere la capacità di ascolto degli alunni attraverso una serie di letture fatte ad alta voce da tutto il Consiglio di classe.
Dunque Crifosso ha deciso di aderire, che va benissimo. 
Ma con grande slancio ha altresì deciso che avremmo aderito anche noi di St. Mary Mead, e di ciò ci hanno informato alla riunione di Dipartimento.
Ho già avuto modo di descrivere gli Insegnanti di Lettere e le loro caratteristiche più salienti  in un post di qualche anno fa - e tra queste perversit... ahem, volevo scrivere caratteristiche c'è senz'altro quella di essere, ognun* di noi, più territoriale di un branco di iene.  Cotal territorialismo comprende da una parte noi singoli, persone ragionevolissime che per farci reagire devi proprio passarci sui piedi col rullo compressore, e dall'altra parte  gli altri, che, sì, va pur ammesso che sono territoriali fino all'isteria. E insomma ecco spiegato come mai a Crifosso è sembrato tanto normale stabilire qualcosa per noi - qualcosa, per giunta, che coinvolgeva tutti i Consigli di Classe al gran completo - non sia mai che Arte o Religione pretendano di disporre delle loro ore di lezione come meglio credono.
Dunque il progetto ci è stato presentato, con tanto di argomento (l'Ambiente) e un lungo elenco di testi proposti per la lettura.  
Nessuno di noi ha battuto ciglio e non c'è stata alcuna levata di scudi;  perfino io, che di solito sono la Piantagrane Ufficiale della scuola media di St. Mary Mead, stavolta non ho piantato l'ombra di una grana - anche perché in effetti l'idea non mi dispiaceva; e mentre gli altri parlavano dei massimi sistemi la mia fertile mente scodellava idee a ripetizione che mi appuntavo in silenzio. La riunione si è conclusa comunque in modo assai pacioso con tanto di promessa da parte della responsabile del Progetto Leggere, forte! di inviarci il manuale, non so quali dispense e la lista dei libri consigliata dall'INDIRE, oltre alla promessa di un corso di formazione in non si sa quante lezioni su come approcciare i ragazzi alla lettura (in pratica, partecipare a questo progetto sembrava più impegnativo di un dottorato di ricerca).

Una rapida seduta nella fornitissima biblioteca comunale di Lungacque mi ha permesso di constatare che i libri consigliati sull'ambiente erano per lo più testi adatti alle elementari e molto spesso andavano avanti a schede, mappe, disegni ecc. che non si capisce proprio in che modo potessero servire per una lettura dove chi ascoltava non aveva il testo davanti - e non parliamo poi della  possibilità di permettere all'alunno di immergersi nel flusso della vicenda, obbiettivo assai sbandierato nel manuale introduttivo che mi ero coscienziosamente messa a spilluzzicare.
Vabbé, testi narrativi collegabili a questioni ambientali davvero non ne mancano, mi sarei scelta quel che più mi aggradiva e l'INDIRE facesse pure l'uso che desiderava della sua stupida lista di letture consigliate.

Ai consigli di classe delle due Prime, dove faccio solo Storia e Geografia, ho offertio la mia più totale collaborazione, e lo stesso ha fatto Tecnologia. Ho scoperto però con sorpresa che il terreno è invero assai spinoso.
Sia la prof. Therral che la prof. Quadrella han proclamato fermamente che avrebbero letto soltanto loro. Entrambe sono piuttosto scocciate da tutta la faccenda - anche la prof. Therral, che da anni ha avviato la sana pratica di leggere in classe un libro, lei che legge e la classe che ascolta, appunto per il piacere della lettura condivisa, e che quindi immaginavo assai interessata al progetto. Scienze dice che provvederà a leggere qualche articolo, appunto a carattere scientifico, e gli altri si chiudono in un pudico silenzio, vista l'aria che tira.
Ho così scoperto che era stato deciso, in un qualche momento in cui non c'ero, di interpretare il coinvolgimento dell'intero Consiglio con la formula "Italiano farà da sola e leggerà quel che gli pare, e gli altri se han voglia leggeranno qualcosa per conto loro" - che non mi sembra esattamente lo spirito con cui era nato il progetto, ma d'altra parte non è che puoi obbligare nessuno, qualsiasi cosa possano pensarne a Crifosso o all'INDIRE.
Per la Seconda Sfigata comunque Sostegno ha offerto la sua collaborazione, ove si rivelasse necessario.
Diciamo dunque che il progetto verrà reinterpretato a St. Mary Mead con una formula un tantino personalizzata. Non so come la prenderanno i colleghi di Crifosso, ma il giorno della prossima riunione di Dipartimento mi porterò dietro patatine e pop-corn e se ci sarà una discussione spettacolare (a Crifosso non di rado sono piuttosto caldi nelle loro reazioni) le sgranocchierò mentre mi godo lo spettacolo.
Quanto alla Seconda Sfigata, dopo le vacanze di Natale partiremo per la nostra mezz'oretta di lettura quotidiana, io che leggo e loro che ascoltano. L'Indire suggerisce almeno un'ora, meglio un'ora e mezzo al giorno di lettura ma, a parte che ogni tanto forse non sarebbe del tutto sbagliato anche fare un po' di programma qua e là, la Seconda Sfigata non ama fare troppo a lungo la stessa cosa. Con una mezz'oretta di lettura invece dovrebbero essere tutti contenti.

domenica 1 gennaio 2023

Buon 2023 a tutti


 Con l'auspicio che l'anno nuovo ci porti la pace, il calo dell'inflazione, la tanto sospirata transizione energetica e pure un certo criterio nell'utilizzo delle fonti energetiche
(quest'anno si vola basso, con le pretese)

Auguri e felicità a tutti!