Bella, dolce... forse un po' troppo zuccherina? |
Con un po' di difficoltà e qualche defaillance organizzativa la Nuova, Innovativissima Didattica DADA si è infine messa in moto ed è mia ferma intenzione descrivere in tutti i dettagli come la stiamo vivendo alla scuola media di St. Mary Mead.
Questo primo post è dedicato all'allestimento esterno. No, non le aule, le attrezzature, la disposizione dei locali e la scansione dei tempi, ma proprio alla confezione esterna che un paio di colleghi hanno preparato, e che personalmente trovo leggermente stucca.
Ammetto senz'altro di guardarla con occhi adulti; tuttavia ho ricordi abbastanza precisi di come vivevo certe cose da adolescente, e in particolare mi irritavo quando gli adulti davano l'impressione di considerarmi una specie di plastilina che bastava manipolare nel modo giusto per fare diventare come volevano loro ignorando totalmente la possibilità che il loro prezioso percorso non ci convincesse più di tanto e che quindi potessimo autonomamente decidere di sbattercene alla grande dei loro Preziosi Consigli, arrivando addirittura a dileggiarli alla grande. E no, non ero la sola a vedere le cose in siffatta maniera. Ricordo inoltre che la retorica ci metteva spesso in gran sospetto, anche quando magari era una retorica che di fondo aveva una sua validità.
In occasione della Grande Partenza l'ingresso della scuola è stato disseminato di cartelli illustrati con un forte tocco new age, ricchi di spiegazioni ma anche di mani intrecciate, abbracci solidali, arcobaleni colorati & simili. Non mi è chiaro se gli alunni li hanno guardati o addirittura letti - sospetto di no, e quanto a me sono riuscita a leggerli quanto bastava per tirare giù due appunti solo in previsione di questo post, perché già alle prime parole il caramello che mi si depositava addosso in spessi strati mi toglieva il respiro e la Murasaki dodicenne che non è mai morta rideva selvaggiamente.
Il primo cartello, in prossimità dell'entrata, spiega:
La scuola valorizzerà gli ambienti "speciali", spazi di relazione emotiva ed espressiva: l'agorà, le arti espressive, gli spazi inclusione, lo spazio dedicato alla musica: tutti ambienti di relazione collaborativa in cui docenti e alunni si sentiranno a proprio agio.
Empatia, inclusione, accoglienza, ascolto, collaborazione, rispetto: sono i valori su cui questa scuola sta puntando e su cui abbiamo costruito il nostro manifesto e il nostro programma decorativo.
La scuola ti parla
Esso si fonda sulle parole e sulla libertà di espressione.
Pareti parlanti, aule di arte espressiva, laboratori teatrali, spazi di lettura anche in outdoor, aule dell'identità personale e territoriale e l'agorà, da sempre spazio per eccellenza del confronto, del dibattito, luogo di democrazia e di libertà.
A questo punto mi sento in dovere di spiegare cosa è l'agorà, dopo aver ricordato che prende il nome dalla piazza centrale delle città dell'antica Grecia dove si riunivano i cittadini per fare politica: si tratta di una simpatica stanza riallestita per l'occasione con un bel parquet in legno e un paio di livelli di gradinata anche loro in legno più uno schermo di nuova generazione, arredata con alcuni simpatici puf colorati a forma di cilindro e parallelepipedo, come quelli della foto:
La usiamo (con cautela, per il problema degli assembramenti) dall'anno scorso, per le sedute del Consiglio dei Ragazzi, il corso di teatro e a volte anche per singole classi che ci vanno a far lezione.
L'unico problema è che fin dall'inizio si è instaurata la Sindrome del Salotto buono: i ragazzi possono sì sedersi sui puf, ma non non ci devono saltellare (sennò li rovinano), e devono stare seduti fermi sulla gradinata e muoversi con attenzione perché il pavimento si riga (di fatto sono già saltate un paio di listarelle - presumo perché attaccate male, dato che i lavori sono stati fatti abbastanza al risparmio - e abbiamo dovuto chiamare chi di dovere a risistemarle).
Ora, i ragazzi hanno il gran problema, da sempre, di essere vivi e non imbalsamati, e se gli dai dei puf mi sembra ovvio che ci saltellino. Chiunque su un puf è tentato di saltellare, e di fatto sono stati fatti con questo preciso scopo. Se non vuoi che saltellino con i puf, gli dai delle sedie normali, dove saltellare è fuori questione, ma se gli dai dei puf a scopo ricreativo devi lasciare che si ricreino, e se poi, un giorno (non poi così prossimo, sospetto, perché non sono poi oggetti così fragili) i puf si rovineranno, ebbene, si ricompreranno; altrimenti vale appunto la regola del Salotto Buono, che sta lì per decorazione e nemmeno la famiglia ci si deve sedere se non quando ci sono gli ospiti - che personalmente non trovo un gran messaggio educativo, perché di fatto sta ad indicare che vuoi una stanza carina e decorata di puf per darti un tono da scuola alternativa ma l'importante è che i ragazzi non li usino che sennò li consumano.
L'agorà poi è carina ma piccola: una classe non troppo numerosa ci sta abbastanza comoda, ma non ci puoi fare nemmeno una riunione verticale del Dipartimento di Lettere senza mettere diversi insegnanti seduti per terra (per l'esame però è stata comodissima, perché è anche l'unica stanza della scuola con l'aria condizionata, e dunque quest'anno abbiamo fatto un esame e non una ordalia a trentacinque gradi).
Quanto agli spazi di lettura outdoor (ovvero all'aria aperta) al momento non esistono: un tempo il cortile aveva un tavolo con due panche, come quelle che si vedono nei giardini pubblici di ogni città, ma l'anno scorso una delle panche si è rotta e han tolto tutto, non senza prometterci uno splendido gazebo per fare lezione all'aperto di cui, a distanza di un anno, non vi è ancora la minima traccia: chi vuol leggere all'aperto può farlo in piedi, stile Sentinelle, oppure seduto sui gradini della scala di sicurezza; ma non mi è chiaro quando potrebbe farlo, visto che fuori ci andiamo solo in gruppo e di solito i ragazzi preferiscono stare insieme a chiacchierare, e soprattutto a giocare a palla.
E va bene, si sa che quando si presenta una iniziativa si cerca di ingrandirla un po' e di darle un tono solenne.
Altri cartelli sono dedicati alla topografia e toponomastica della nostra scuola, e mai avrei pensato che un edificio di sì modeste dimensioni ne avesse una così ricca e complessa.
Adesso ogni locale e svolta e corridoio adesso ha un nome. E che nome!
L'ingresso è l'area dell'identità, della condivisione e della libera espressione, nientemeno, e si chiama Piazzale dell'empatia.Vasto programma, invero, e non mi è chiaro cosa c'entra l'identità, di cui dubito si diventi più consapevoli soltanto entrando lì dentro.
Da lì puoi avviarti per il Viale del Sapere Scientifico, che è poi il corridoio dove ci sono le aule di Matematica, Scienze e Lingue (che in realtà sono materie letterarie non scientifiche, solo che al secondo piano Lettere aveva già preso tutto), ma anche l'Aula di Sostegno, un tempo chiamata Aula Relax perché ci potevano andare un po' tutti durante l'intervallo o se avevano finito in anticipo una verifica scritta, appunto a leggere o a giocare, ma che adesso è nota come Spazio della relatività e dell'inclusione; e passi per l'inclusione ma cosa diamine c'entri la relatività non sono riuscita a capirlo (e nemmeno l'ho chiesto, anche perché avevo paura che mi rispondessero); ma in fondo, nel Viale del Sapere Scientifico, un'aula dedicata alla relatività ha pure un suo perché.
Ci sono poi due aule prosaicamente chiamate tra noi Aule Jolly ma che ufficialmente sono chiamate lo Spazio Aperto e lo Spazio del Confronto: servono principalmente ad accogliere le classi dove c'è un alunno stampellato ma, in assenza di alunni infortunati, possono essere usate da Fisica e da Religione.
Sull'aula di Religione c'è una storia che a me è sembrata molto triste: infatti nel primo progetto Religione doveva condividere l'aula di Storia con noi di Lettere. Poi ci hanno spiegato che Religione non l'ha voluta, mentre Religione sostiene che non gliel'hanno voluta dare, e adesso è molto scontento di dover comprimere le classi in una simil-aula che, non essendo nata per fare l'aula, è molto più piccola delle altre aule. So (perché l'ho sentito con le mie sdegnate orecchie) che qualcuno ha detto "Ma è proprio necessario che Religione abbia un'aula? Dopotutto non è una vera materia, non ha nemmeno il voto sulla scheda".
Non sono una gran sostenitrice dell'Insegnamento della Religione Cattolica, ma al momento la legge la prevede e sì, sembra proprio che sia considerata una materia. E comunque esiste e non capisco perché non debba avere una vera aula, sia pure in condivisione con noi di Lettere, visto che ad ogni modo esistono i ragazzi che la fanno.
Saliamo al primo piano, dove sbuchiamo dalla scala nel Piazzale dell'Identità, nel caso che gli alunni non si siano identificati a sufficienza all'entrata. Da lì si può svoltare verso il Largo della non meglio definita Sostenibilità Creativa (ove si trovano le porte da cui si entra nell'aula di Tecnologia e nel Laboratorio Informatico), oppure entrare nell'Aula Polivalente (che un tempo era l'Aula Magna) o infine incamminarsi nel corridoio denominato Corso delle humanae litterae, ovvero le aule di Lettere che per l'occasione sono indicate in latino, ovvero una lingua che alle medie non si fa.
Scendendo invece nel livello più basso troviamo il Crocevia delle Scienze, ovvero l'ingresso del laboratorio di Scienze, ma anche il Vicolo Linguistico-Artistico-Espressivo (aula e laboratorio di Arte, e più avanti la Strettoia del Fumetto e l'agorà).
La Strettoia del Fumetto merita qualche parola di spiegazione: davanti all'Agorà sono stati infatti piazzati un po' di sedili e uno scaffale con qualche fumetto pescato assai a caso. Il punto è che fa abbastanza scena vedere i fumetti a disposizione, ma se non decidi di portarci la classe non serva a niente, perché i ragazzi non sono liberi di girare a piacer loro se non durante l'intervallo, che essendo di dieci minuti non lascia poi questo gran tempo per la lettura; e non puoi nemmeno portarci una classe a leggere fumetti a piacer suo perché, anche sorvolando sul fatto che i fumetti sono stati scelti a casaccio e sono solo una piccola parte dei fumetti presenti in biblioteca, purtroppo se la chiamano Strettoia del Fumetto e non Piazza del Fumetto c'è il suo motivo, e nemmeno una delle nostre classi più piccole può stare lì con un qualche agio, qualora qualcuno decida di portarla a svagarsi leggendo un po' di fumetti, che di per sé non sarebbe nemmeno una idea malvagia.
Ognuna di queste aule ha poi un nome, che mi assicurano essere stato scelto attraverso una scelta condivisa con i ragazzi. Solo che non sono riuscita a capire quando l'hanno fatta, questa scelta condivisa, perché non ricordo di essere stata minimamente coinvolta. Sta di fatto che i ragazzi hanno dimostrato una singolare originalità e dunque abbiamo un'aula dedicata a Dante, una a Boccaccio, una a Virgilio e via dicendo, culminando nell'aula polivalente che è stata dedicata a Morin - e non riesco proprio a capire come sia venuto in mente ai ragazzi di dargli questo nome, visto che mai e poi mai mi è capitato di sentirgli nominare costui. Un po' più credibile mi sembra l'aula dedicata a Margherita Hack, di cui i ragazzi hanno senz'altro sentito parlare visto che da noi è personaggio assai apprezzato.
So di essere ricolma di pregiudizi e di prevenzioni, ma ho come il sospetto che tutto ciò cali leggermente dall'alto, e ciò mi irrita.
I ragazzi, devo ammettere, sembrano però fregarsene alla grande e non ho rilevato alcuna traccia di scontento in loro per tutto ciò - semplicemente, lo sorvolano a volo d'uccello e non sembrano averlo nemmeno notato.
Ma magari fanno così soltanto quando sono con me.
che ridicolaggine
RispondiEliminaTutto questo è proposto, con qualche differenza formale, nel liceo dove ho insegnato fino allo scorso anno scolastico. La sperimentazione didattica era, ed è, circoscritta a questo tipo di esperienze. La ‘fuffa’ imperversa. Ho tanto amato il mio lavoro ma, adesso, il pensiero di condividere questa visione di scuola mi genera disgusto.
RispondiElimina@ Pensierini:
RispondiEliminaOttima sintesi!
@ Mari:
Di fuffa intorno alla didattica ce n'è sempre stata a vagonate, L'ho sempre trovata irritante ma soprattutto non capisco perché sia ritenuta così indispensabile, al di là dell'idea di darsi un tono. Ma un tono potresti dartelo anche senza coprirti totalmente di ridicolo, secondo me.
Wow! Insegnare da te è più folle ehm... Più creativo che farlo da me.
RispondiEliminaE al momento io devo tracciare un percorso trekking per andare a far volare i droni sopra al lago...
@ Tenar:
RispondiEliminaE ogni volta che parli dei vostri droni io friggo vieppiù di curiosità. Lo sai, vero? E ti DIVERTI a stuzzicarmi, VERO?
Comunque sappi che no, insegnare di per sé non è molto folle, anzi sul piano didattico la DADA non ci risulta poi così diversa da quel che facciamo di solito - ma va pur riconosciuto che ormai da tre anni di "solito" si fa ben poco, a scuola.