domenica 20 marzo 2022

Sulla deplorevole ignoranza riguardo all'Europa orientale di cui la scuola italiana è in parte responsabile (ma non per colpa mia)

Ebbene sì, questa carta descrive la situazione dell'Europa nel 1914

Sin da quando ho cominciato a insegnare sono rimasta colpita da un certo paradosso che riguardava la geografia europea: stati come l'Inghilterra, la Francia e la Spagna, che gli alunni conoscono abbastanza bene e gli insegnanti anche e per giunta sono oggetto di cospicui approfondimenti da parte degli insegnanti di lingue sono oggetto di ampie disgressioni geografiche, culturali, monumentali, storiche eccetera, mentre appena si passa la vecchia cortina di ferro, che un tempo in qualche modo ci divideva anche dalla Jugoslavia, abbiamo solo poche e scialbe descrizioni accompagnate da schede storiche che dir che fanno pena è fargli un complimento.
Tutto ciò aveva magari senso quando avevo l'età dei miei attuali alunni: dall'Est arrivavano poche notizie, di solito di discutibile attendibilità, e con l'Est avevamo poco a che fare, anche se qualche avventuroso andava al mare o a caccia in Jugoslavia.
Poi il tempo è passato ed è arrivato un papa polacco - che all'inizio venne  considerato una sorta di alieno giunto casualmente dall'impero di Vega, nonostante parlasse un italiano migliore di parecchi dei nostri politici e oltre all'italiano se la cavasse bene con molte altre lingue. 
Grazie a lui la Polonia entrò nei giornali e nella nostra vita a colazione, pranzo e cena - per riassumerla nella sconsolata frase apparentemente assurda della mia amica del cuore davanti a una manifestazione di Comunione e Liberazione dedicata al povero popolo polacco oppresso "A dar retta a loro tra poco una ragazza, quando andrà a letto, invece del suo amico si porterà uno di quei cartelloni sui polacchi" (e infatti tutte noi che la ascoltavamo, invece di dire "Ma che cazzo dici?" annuimmo convinte). Erano infatti gli anni di Solidarnosc.
Ci furono poi le guerre di quella che, appunto con quelle guerre, diventò la ex-Iugoslavia (la J, misteriosamente, si cambiò in I anche se il suono rimase lo stesso).  La Iugoslavia ce l'avevamo alle porte di casa, ma di fatto non se ne parlava molto - non per colpa dei telegiornali, che invero ci informavano regolarmente sulla questione, ma l'argomento prendeva poco e ai nostri occhi erano una gabbia di matti che improvvisamente si erano messi a picchiarsi non si capiva bene perché.
Poi cadde il comunismo e arrivarono grandi stormi di migranti dall'Albania e, appunto, dalla Iugoslavia in dissoluzione, seguiti poi da polacchi, bulgari, ungheresi, rumeni e perfino da qualche russo.
Nel frattempo io avevo cominciato a insegnare, anche se questo fatto, pur così importante per me, ebbe per l'opinione pubblica ancor meno rilievo delle guerre della ex-Iugoslavia e si fatica a trovarne tracce nelle rassegne stampa internazionali.

I libri di geografia comunque mantennero  il vecchio schema: quindici pagine per il Regno Unito, sei per la Russia e qualche francobollo per i paesi balcanici, con un cenno distratto sulla Primavera di Praga e niente del tutto sull'invasione dell'Ungheria. In Bulgaria coltivavano le rose, in Polonia erano molto cattolici e ci avevano la Madonna Nera, in Cecoslovacchia (nel frattempo diventata repubblica Ceca + repubblica Slovacca lavoravano il cristallo e allevavano bovini, Budapest era una città doppia formata da Buda e da Pest.
Tuttavia tutto il mondo slavo e non più comunista ormai non era più così estraneo alla nostra vita quotidiana: frotte di italiani andavano in vacanza in Croazia e Slovenia, Andare in vacanza a Praga o a Cracovia era piuttosto consueto, le nostre classi erano popolate di albanesi, polacchi, romeni, bosniaci e montenegrini - e col tempo un bel po' di quella gente entrò anche nell'Unione Europea. Inoltre un sacco di imprenditori italiani misero radici nell'Europa dell'Est e cominciarono a fiorire anche i matrimoni. Insomma, quei paesi non erano più una lontana terra di leggende, e i vari alunni di origine bulgara, croata, bosniaca eccetera secondo me avevano diritto a vedere descritti con un po' di attenzione le terre dove erano nate e vissute le loro famiglie - terre che non mancano certo di bellezze naturali, monumenti di pregio e illustri tradizioni storiche, architettoniche, musicali, artistiche e letterarie.
Ma anche se dalla caduta del comunismo sono ormai passati trent'anni, i manuali di Geografia continuano a mantenere un pudico riserbo sull'Europa occidentale, che continua a presentarsi come una serie di francobolli staccati tra loro (dove comunque si coltivano grandi quantità di barbabietole da zucchero, e in Bulgaria abbondano le rose - anche se a quel che ho capito la Valle delle Rose è usata ormai soprattutto per il turismo.
A peggiorare le cose c'è il fatto che Geografia, essendo un libro occidentale, si legge da sinistra a destra e dunque si parte da Spagna e Portogallo per arrivare solo a tre quarti dell'anno all'Europa dell'Est, che quindi viene fatta nel migliore dei casi in modo piuttosto affrettato, con l'unica eccezione della Germania dove un cospicuo approfondimento sul Muro di Berlino non manca mai; e mentre nei primi anni lo spiegavo con serenità come uno dei tanti casi della vita, negli ultimi tempi gli sguardi delle classi mostravano chiaramente di trovarla una storia di pazzi - e hanno ragione loro, naturalmente, è stata proprio una storia di pazzi e sembra assurdo ripensandoci che a qualcuno sia venuto in mente di fare una cretinata del genere e l'abbia anche fatta. Ma dico, non potevano lasciargli tutta Berlino e amen? Nossignori, un quarto di città con uno schieramento, tre quarti con l'altro schieramento ma circondati da uno stato comunista.

Per una serie di raffinati motivi che originano dal mio fermo convincimento che "a scuola si dovrebbe studiare quel che non si conosce, non quello che già si sa" ma anche da certe mie caratteristiche caratteriali (spirito di contraddizione, pedanteria e masochismo, tanto per citare le tre più appariscenti) mi sono sempre adoperata con grande impegno per rimediare a questo stato di cose che, a quel che so, non turba assolutamente nessuno tranne me.
E già che ci sono, mi è d'obbligo precisare che quando ho cominciato a insegnare, di Geografia non sapevo proprio nulla, e dunque ignoravo tutto (anche) dell'Europa dell'Est. Ma in qualche modo ho sempre considerato un sacro dovere tormentare i miei sventurati alunni soprattutto con l'Europa dell'Est, sulla quale nel frattempo ho imparato diverse cose di vario genere.
E dunque, il primo anno in cui mi sono trovata ad addentare la geografia europea sono partita direttamente dalla Russia, per poi muovermi verso ovest.
Come molte idee all'apparenza brillanti, almeno per chi le concepisce, anche questa dimostrò qualche inconveniente - vuoi perché avviare le interrogazioni sugli stati con la Russia, per quanto in versione semplificata, è una discreta cattiveria, vuoi perché se fai la Russia in Seconda i ragazzi popi non possono portarla in Terza all'esame, dove invece in molti percorsi ci sta comoda come un topo nel formaggio, senza contare che è effettivamente (anche) uno stato extraeuropeo, almeno per i tre quarti del suo territorio. A questo proposito mi sento in dovere di aggiungere che sui tre quarti extraeuropei ho trovato solo un manuale che si attentava a dire qualcosina, eppure geograficamente mi è sempre parsa un territorio piuttosto interessante.
Con gli anni ho comunque elaborato una metodologia che si è rivelata piuttosto valida: si parte dalla Grecia, che è uno stato molto amichevole e per inaugurare le interrogazioni va benissimo; da lì si continua con la regione balcanica - ex-Iugoslavia, poi Albania (su cui cerco di soffermarmi un po' quando ho qualche alunno albanese, cioè sempre) Turchia e Cipro. Da lì si passa al blocco del Patto di Varsavia, poi la Germania e infine repubbliche baltiche, Bielorussia e Ucraina. 
Infine si passa all'occidente, che è più facile e dunque va meglio perché a fine anno i ragazzi sono stanchi e poi ci sono in mezzo le gite... voglio dire, un tempo lontano c'erano le gite e le uscite varie di primavera.
Li tormento senza pietà con la storia del panslavismo e delle guerre iugoslave, ma come gadget c'è anche la parte geografica propriamente detta che, soprattutto nella regione balcanica, è davvero bella e i paesaggi recitano benissimo.
Li tormento molto anche con la storia del Patto di Varsavia e del comunismo. Cioè, del comunismo non parlo più dello stretto indispensabile, tanto lo faranno a Storia in Terza, ma insisto molto sul fatto che per mezzo secolo le due Europe sono state separate e dall'altra parte non erano molto contenti di come li trattavano - che serve se non altro a spiegare perché  laggiù sono tutti europeisti anche se certe direttive sulla tutela dei diritti di gay e lesbiche si entusiasmano ben poco.
L'Unione Europea la infilo dove capita, a seconda delle circostanze. A volte ci insisto molto, a volte poco, dipende da come reagisce l'utenza. Tra l'altro non è molto facile da spiegare: non è una federazione, non è una confederazione, è... boh, è l'Unione Europea, prendetela così.

Quest'anno, purtroppo, questa mia mattana si è rivelata molto più utile del previsto ai fini della didattica.

4 commenti:

  1. Mi hai convinto. Con la prossima seconda parto dalla Grecia!
    Geografia è davvero un problema eppure è evidente che sapere, che so, dove sta la Crimea (e quali problemi abbia) non è poi cossì seondario...

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  2. Infatti! Ma non dirò che avevo nemmeno lontanamente immaginato quanto sarebbe stato importante oggi conoscere bene quella zona del mondo: le mie banali motivazioni non andavano al di là di un vago "cerchiamo di conoscere un po' meglio quella parte ancora sconosciuta per tanti di noi" :(

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  3. Ma infatti perché questa cosa? probabilmente è proprio un fatto culturale, di affinità. In fondo spagnoli, francesi, tedeschi ce li abbiamo avuti dentro casa fino all'altro ieri. per non parlare degli inglesi, che dai beatles ai Rolling Stones hanno fatto parte del nostro bagaglio culturale da sempre. Perché poi effettivamente l'est Europa non è che sia meno ricca di fatti storici, però probabilmente ci hanno visto sempre molto meno coinvolti

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  4. D'accordo, l'area slava nel complesso ha una storia a parte, un ceppo di lingue particolari eccetera. Però davvero non c'è dubbio che negli ultimi 30 anni ci siamo mescolati parecchio, tra badanti, viaggi-studio, imprenditori rampanti, turisti e quant'altro. E personalmente gradirei anche una revisioncina dei manuali di storia che raccontano davvero poco finché non entra in scena Pietro il Grande. E' anche vero che "laggiù" han cominciato a scrivere più tardi, però qualcosa si sa. O meglio, qualcosa sanno gli specialisti perché io faccio una gran fatica a rastrellare qualche informazione. E quei 50 anni della cortina di ferro pesano ancora parecchio.

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