Da bambina avrei molto apprezzato a Natale un salotto come quello della foto.
Ma proprio non c'era verso; e non solo non lo avevo io, ma non l'aveva nemmeno nessuno dei nostri amici o parenti.
Non solo perché i caminetti, all'epoca, c'erano solo in campagna.
Non solo perché le candele non erano particolarmente associate al Natale, e in giro si vedevano solo candele rosse a tortiglione che la cera non l'avevano mai vista nemmeno di lontano.
Il vero punto era che i gadget natalizi erano ben pochi e al pranzo ci si limitava a tirare fuori il servito buono e il panettone era servito su un tradizionalissimo vassoio da dolci rotondo.
Insomma, era proprio l'andazzo della casa che non si prestava a quei begli scenari ipernatalizi che oggi usano tanto e che dalle Alpi in su sono del tutto consueti dalla notte dei tempi.
Erano i gioiosi e tanto amati anni 60, e l'arredamento che andava per la maggiore era decisamente geometrico ed essenziale. I miei, in particolare, andavano pazzi per lo "stile svedese", definizione con cui all'epoca veniva indicata una curiosa commistione di acciaio, legno verniciato e plastica, il tutto assemblato in mobili rigorosamente squadrati e spigolosi (e che dubito molto usasse in Svezia).
Siccome i miei genitori frequentavano soprattutto intellettuali e artisti legati alle avanguardie (la molto tradizionalista Firenze all'epoca era all'avanguardia in tutte le avanguardie) velluto e tessuti erano a malapena tollerati - giusto il minimo indispensabile per i divani - i cuscini scarseggiavano e tutti si ritenevano in dovere di ricoprire i loro pavimenti con stuoie di cocco. L'albero di Natale, di solito rigorosamente abbinato al presepe, faceva la sua brava figura, ma l'insieme della stanza non era molto natalizio.
All'epoca Natale cominciava più tardi. Le prime pubblicità apparivano sui giornali a Dicembre ormai avviato e le vetrine natalizie arrivavano solo a metà mese, quando anche a scuola ci si cominciava a dedicare ai lavoretti natalizi che spesso comprendevano un grande uso di quella che era chiamata "porporina" ma non era affatto di color porpora anche se, all'occorrenza poteva anche essere di un viola porpora - si trattava insomma di brillantini in polvere incollati sui biglietti di auguri tramite la leggendaria colla Coccoina. I miei biglietti di auguri non venivano mai granché bene, ma io adoravo comunque la porporina, come tutto quello che sbrilluccicava.
Le decorazioni luminose per la strada arrivavano anche loro un po' più tardi di adesso ma duravano un po' di più degli alberi e delle vetrine e di solito le smontavano solo dopo l'Epifania. Usavano molto i colori psichedelici e andava parecchio il rosa e il verdolino. Però era tutto molto metallizzato e questo mi piaceva.
L'albero di Natale era qualcosa che veniva fatto soprattutto "per i bambini", e una volta che questi erano cresciuti veniva abbandonato senza rimpianti. Così purtroppo avvenne anche a casa mia e di parecchi miei amici, alla fine delle medie. Io però non ero molto contenta, e qualche anno dopo cominciai a comprarmi ogni anno qualche addobbo che mi appendevo in camera, mentre quelli usati a suo tempo per l'albero restavano nel sottoscala ad accumulare polvere; quando anni dopo vennero tirati fuori, al momento della spartizione, la maggior parte risultò inservibile. Comunque conservo ancora una pallina di plastica ormai di un dorato molto sbiadito che un tempo era decorata a renne e che appendo solennemente all'albero ogni anno.
I nostri alberi erano qualcosa di grandioso, e solo alcuni amici con ricche ville ed enormi salotti potevano sfoggiare qualcosa di vagamente paragonabile. Tre metri e mezzo di altezza, e ci voleva la scala per decorarlo tutto. Il puntale veniva messo dal ballatoio della scala che portava in mansarda. Per decorare alberi del genere ci vogliono addobbi in quantità industriale, ma noi ne avevamo - sei ghirlande di luci, tanto per cominciare. A quei tempi (e per molti anni a venire) le luci avevano le loro forme: c'erano ghirlande di fiori e di piccoli alberelli di Natale, campanelle di zucchero, fiori di ghiaccio, pupazzetti di neve eccetera. Le nostre (a parte i fiori di ghiaccio che comprai personalmente) erano astratte: strani cosi di vetro da palline che ogni tanto si rompevano e quanto al grado di sicurezza... uhm, diciamo che far saltare l'impianto infilando la spina delle luci dell'albero era un classico dell'epoca. Adesso è quasi impossibile trovare altro che lunghissime ghirlande di punti-luce, anche se all'Ikea ogni tanto si ostinano a mettere in vendita delle ghirlande vere.
Come ho già scritto, a quell'epoca Natale era una festa breve, che cominciava tardi e finiva presto. L'albero di Natale era montato la sera della Vigilia, come nella prima scena dello Schiaccianoci, e raramente resisteva fino a Capodanno salvo qualche caso in cui organizzavi la festa a casa tua invece di andare dagli amici. Un anno però, forse per forza d'inerzia, lo tenemmo fino all'Epifania e ricordo che apprezzai molto.
C'era il suo perché: erano alberi veri e anche se il profumo di resina era molto piacevole, dopo qualche giorno cominciavano a spelare e c'era da spazzare tutto intorno - nel caso di un albero di tre metri e mezzo, naturalmente, c'era da spazzare parecchio. Ma vuoi mettere la soddisfazione?
A casa mia eravamo "liberi pensatori", o almeno questa fu la definizione che mi diede mia madre; in effetti ai miei non sarebbe mai venuto in mente di definirsi atei ma con la Chiesa non avevamo assolutamente nulla a che fare. Il Natale era molto apprezzato, ma era considerata una festa che non aveva alcun aggancio con la religione. Non ricordo che intorno a me nessuno insistesse sul fatto che si doveva essere più buoni, era una festa e basta. E mi compravano un sacco di regali che mettevano sotto l'albero, senza incartarli, ma nessuno si aspettava che anch'io regalassi qualcosa. Con gli anni cominciai comunque a fare dei piccoli pensierini, anche se la mia vera preoccupazione era fare i regali alle amiche (e riceverli, naturalmente). Mi piaceva fare i pacchetti e finii per sviluppare una certa abilità, tanto che ai tempi del liceo ero ormai diventata l'incartatrice ufficiale di casa (all'epoca i commessi si offrivano sì di fare i pacchetti, ma venivano fuori delle cose molto mence, al contrario di adesso: carte bige a quadrettini con nastrini scuri, cose così).
Per il pranzo di Natale nella mia zona l'antipasto classico erano (e sono) i crostini di fegatini di pollo, e per vedere una tartina qualsiasi e non parliamo di quelle al salmone sono dovuti arrivare gli anni 80; tartine o meno, comunque, i crostini sono rimasti e restano un baluardo irremovibile di qualsiasi pranzo di Natale in famiglia, nel contado fiorentino.
Siccome la Toscana non ha una particolare tradizione di dolci di Natale finimmo per importare quelli degli altri, anche grazie a una certa opera uniformatrice della televisione. I panettoni erano rigorosamente industriali e solo verso la fine degli anni 70 entrò in scena Sua Maestà il Pandoro, mentre i fornai e le pasticcerie cominciarono a sfornare panettoni "artigianali", che in realtà erano semplicemente dei panettoni fatti bene e senza conservanti e infatti mancavano completamente di quel lieve retrogusto di detersivo che caratterizzava i vari Motta, Alemagna e Wamar. Insieme al panettone arrivarono in tutta Italia anche ricciarelli e panforte, che però non sono affatto dolci di Natale ma semplicemente dolci molto buoni che i senesi mangiano (giustamente) tutto l'anno - anzi, a ben guardare all'inizio c'era solo il panforte, i ricciarelli arrivarono un po' più tardi e finirono per migrare anche verso la Pasqua.
Dopo i dolci della televisione comunque arrivava sempre il classico dei classici della nostra zona, ovvero vin santo e cantuccini con le mandorle da inzupparci dentro - che dopo un finale a base di panettone, panforte e datteri innaffiati di spumante finiva di stendere gli adulti, mentre i bambini prendevano qualche fetta supplementare di panettone e guardavano con scarso entusiasmo il vin santo (anche se i cantuccini con le mandorle avevano i loro bravi estimatori anche tra i piccoli). Mantenevano una certa diffusione anche i fichi secchi farciti con noci e mandorle: erano considerati un po' popolari (del resto lo erano), ma piacevano tanto...
Di biscottini a forma di albero di Natale, voul au vent a forma di stella cometa e biscotti alle spezie non c'era nemmeno l'ombra dell'accenno di un sospetto.
All'epoca rimaneva un certo spleen dopo Santo Stefano perché "ormai era già tutto finito": Capodanno era una festa rigorosamente per adulti e la Befana venne smantellata senza pietà (e senza alcun rimpianto da parte mia). Adesso invece le feste, com'è giusto, durano due settimane piene e il senso del rimpianto per qualcosa di troppo breve è completamente sparito, rimpiazzato da una certa disponibilità a ritornare alla vita normale dopo due settimane di bagordi e da un rinnovato amore per i brodi di verdura leggeri e le porzioni ridotte di pasta.
A me i regali li portava la Befana, l'ultimo giorno, così non potevo giocarci durante le vacanze. Babbo Natale a un certo punto ha iniziato a portarmi roba per la scuola. Infame. Pranzo di Natale con lasagne e semifreddo al mascarpone, ma già prima venivano preparati i tortelli fritti, che teoricamente sarebbero durati tutte le feste ma venivano spazzati via subito. L'anno scorso con mia sorella siamo riuscite a riprodurre il ripieno quasi alla perfezione - mia madre si è portata il segreto nella tomba. Nella famiglia di mio marito invece si fa vigilia: spaghetti al burro, anguilla e cardi - con burro e parmigiano ma non gratinati.
RispondiEliminaAh, il pane di Natale, il dolce tipico del modenese: un'immangiabile mattone con frutta secca, canditi, cioccolato, uvetta ecc. pesante come il piombo, presente nelle versioni indietro di cottura o secco.
I miei natali di bambina hanno visto più che altro gli anni '80, ma in certe cose mi riconosco anche io. In primis nei fili di luci dotati di forme proprie e assolutamente non sicuri XD Negli anni (ché noi albero, presepe e tutto il corredo non abbiamo mai smesso di farli, anzi, secondo le nuove mode, continuiamo ad aggiungee decori anno dopo anno), via via che smettevano di funzionare, dove si poteva, abbiamo smontato gli oggetti porta-lampadina, e così ci siamo ritrovati con una schiera di campane argentate, bellissime palle traforate, fiorellini di vario tipo, che abbiamo continuato ad appendere all'albero come decori semplici ^^
RispondiEliminaHo anche io un po' nostalgia di quando decori, addobbi, vetrine a tema, ecc. arrivavano a dicembre inoltrato. Ora si giunge al 25 dicembre che se ne è già fatta indigestione, e se n'è stufi (il mio Comune quest'anno ha avuto il coraggio di accendere le luminarie sui viali a inizio novembre!!! è_é). Abitavamo in un appartamento piccino picciò, per cui il nostro albero è sempre stato un po' "nano", arrivando raramente al metro e mezzo d'altezza. Negli anni '70 era un vero spelacchio di plastica, poi per un certo periodo anche noi abbiamo avuto alberelli vivi piantati in vaso, che poi dopo l'Epifania venivano trapiantati in campagna dai nonni. Ma una volta verificato che, raramente, i piccoletti riuscivano comunque a sopravvivere allo shock, siamo tornati all'albero di plastica, anche se ne abbiamo acquistato uno assai più dignitoso, e che continuiamo imperterriti a utilizzare ancora oggi. Colpo di scena del trasloco anni '90: spelacchio è risaltato fuori dalla soffitta, e da allora viene riallestito amorevolmente ogni anno nella zona non di rappresentanza della casa. E' diventato il destinatario di ogni decoro scartato via via dall'albero "ufficiale", col risultato che neanche ti accorgi più che è spelacchiato, carico com'è di qualsiasi cosa, dai mini-Monciccì ai Winnie-pooh di gomma, dai babbi natali fiammiferini ai decori etnici... XD
L'Epifania è una festa cui sono molto legati i miei genitori, dato che ai loro tempi era quella la giornata in cui ricevevano regalini, e Babbo Natale non si sapeva neanche esistesse ancora. E' per questo, credo, che albero, presepe, addobbi, ecc. a casa mia hanno sempre resistito almeno fino al 6 gennaio, quando anche noi trovavamo ad accoglierci un secondo round di regalini (dopo quelli grossi arrivati il 25 dicembre) che ci consolavano in parte della fine delle vacanze.
Macché panettone! Macché pandoro! Il mio dolce di Natale preferito è e resta il panforte margherita di Siena (che di qua dall'Appennino giunge, appunto, solo per Natale). Per il resto, il dolce tradizionale delle feste qui è la coppa di crema di mascarpone "liscia" (cioè, non usata per farci un tiramisù). Che è peraltro praticamente l'unica ricetta che ho rubato a mia nonna e imparato a fare davvero, in quanto golosissima di detta crema.
Da un paio d'anni sono in forze all'esercito dei cosiddetti collaboratori scolastici. E ho così potuto verificare che l'uso natalizio dei brillantini per i lavoretti non è mai tramontato. Come ho avuto modo di dire a una collega solo due giorni fa: "Quando ero piccola io, 'sta roba si chiamava porporina. Ora li chiamano glitter, ma sporcano allo stesso modo. E probabilmente continueremo a spazzarli fino a Pasqua..." :-P
Come te, con gli anni sono diventata io l'impacchettatrice ufficiale di casa, perché amo sbizzarrirmi con carte decorate, fiocchi, coccarde, ecc. Tutto bellissimo, finché non ti ritrovi la notte della Vigilia - col solito tempismo della mia famiglia - a dover imballare giocattoli dalla forma assurda su tavoli troppo piccoli per essee utili... XD
Uno dei miei primi ricordi di bimbetta, nata all'inizio degli anni '50, sono io traballante su gambette di quattro anni o giù di lì, che percorro il corridoio di casa verso il "cassone" del nonno, dove si era allestito il presepio, e sul pavimento trova un enorme (almeno per me piccina) orso di peluche.... la Biba, che da allora mi ha fatto compagnia per tante notti.
RispondiEliminaE non me l'aveva portata Babbo Natale, bensì Gesù Bambino. Perché allora il Natale aveva un senso, e a casa mia si faceva il presepio, bellissime statuine che ancora possiedo, con i pastori, la capanna, la Stella, le pecorelle, il muschio vero e i sassolini, lo specchietto da borsetta della mamma che fungeva da laghetto per le oche, e sopra la capanna di vero sughero pendeva da un filo fissato al soffitto, un meraviglioso piccolo angioletto.
Mio padre preparava il fondale e le colline dipingendo e modellando carta da pacchi marrone, e poi noi bambini lo aiutavamo a togliere le statuine dalla carte e disporle ne paesaggio. Non abbiamo mai messo la neve,ma chi lo sa come fosse il clima di allora in Betlemme ?
Il Natale da credenti cattolici è, ma dovrei dire era un'altra cosa...poi ci dissero che era una festa consumistica, perché per una volta all'anno si spendeva un poco di più per regali e vettovaglie. E ora , ditemi, che si spende e si spande per il black friday, dove sono quelli del consumismo?
Il Natale è stato ucciso, ma non dai capponi e dai tortellini in brodo o dai panettoni... è scomparso e sarebbe lungo raccontare come è perché.
Ma io lo so, e ringrazio la Provvidenza che mi ha fatto vivere, e conservare, il ricordo di quel lontano Natale del 1954....
Avevo scritto un commento, ma dev’essere stato inghiottito dal web. Mi ritrovo in tante cose, in altre meno, ma ti ringrazio per avermi ricordato le ghirlande di luci
RispondiEliminaBella ricostruzione, con tanti particolari su cui mi ritrovo. La porporina mi ha fatto tornare in mente quelle statuine che cambiavano colore con il tempo...chissà se esistono ancora! Ma invece per i pranzi e le cene che tradizioni avete? Fate anche voi il cenone del 24 di magro (si fa per dire, ma comunque senza carne) e il pranzo di Natale con il brodo e la carne lessa?
RispondiElimina@ Lurkerella:
RispondiEliminaLa Befana per molti è intoccabile, senza contare che in certe zone la vera Festa per eccellenza era proprio quella della Dodicesima Notte. Io però penso che le due settimane di festa di cui godono bambini e insegnanti abbia il gran vantaggio di lasciarti due settimane libere per divertirti a giocare con i regali, e quindi rtovo salutare l'introduzione di Babbo Natale (o di GesùBambino, volendo) ma apprezzerei molto anche Santa Lucia, che porta i regali il 13 così puoi anche assaggiarli prima e pregustare meglio il tempo delle vacanze.
Il problema delle ricette di famiglia irripetibili... ecco, io ho lo stesso problema con i crostini di mia nonna. Quella santa creatura ha cercato due o tre volte di insegnarmi il procedimento, e io mi sono sforzata di impararlo e di solito in cucina non sono nemmeno una frana completa - ma, come per le sue patate arrosto, non c'è stato verso :(
@Minty:
Vorrei che l'idea di smontare i decori fosse venuta anche a noi: le campanelle di zucchero e i fiori psichedelici erano proprio carini :(
E trovo geniale la soluzione dei due alberi, quello di rappresentanza e quello più sfigatello ma... diciamo creativo, ecco. Come nel presepe, volendo sull'albero ci va di tutto.
@ Ornella:
Commento malvagissimo al tuo commento: tra le tradizioni di Natale, da tempo immemorabile (o almeno dall'inizio del secolo scorso) c'è il lamento di chi dice che un tempo il Natale era un'altra cosa ^_^ Ma è bello da parte tua condividere con noi i tuoi ricordi. Da parte mia ti dirò che un Natale consumistico è pur sempre simbolo di un certo benessere generalizzato: quest'anno ad esempio in Afghanistan la minoranza cattolica e, ahimé, anche la maggioranza musulmana e la quota media zoroastriana dubito che potranno scialare molto in festeggiamenti. Mi auguro che a qualcoias servano gli aiuti internazionali che riusciremo a mandare (un filone, questo della beneficenza sovranazionake, inventata dalla Chiesa ma molto migliorata in tempi di internet e di social)
@ Dolcezze:
da qualche tempo Blogspot si diverte a mangiare commenti, e sembra trovare particolarmente appetitosi proprio quelli di chi tiene un blog su Blogspot - cosa che trovo particolarmente perfida da parte sua.
Tra le cose in cui ti ritrovi "meno" immagino che ci siano anche i dolci di Natale: se la Toscana fa gran festa ai suoi cantuccini alle mandorle inzuppati nel vin santo - carucci, per carità, ma piuttosto minimali - la pasticceria siciliana, e meridionale in generale offre ben altro!! Che ogni tanto ci racconti pure nei tuoi post ^_^
@ Romolo:
RispondiEliminacome ci ricorda Minty, la porporina vive ancora e lotta insieme a noi, anche se sotto altro nome. E' rimasta però rigorosamente confinata alle elementari, proprio come quando ero bambina. Le statuine che cambiavano colore invece si sono fatte molto più rare, però qualche anno fa comprai un anellino che cambiava colore, rigorosamente made in Estremo Oriente.
Quanto alle tradizioni per la cena della Vigilia e il pranzo di Natale, davvero ogni famiglia ha la sua, o forse la mia famiglia non è mai stata tradizionalista. Però mia madre un anno preparò una cena tradizionale di Vigilia, che comprendeva il pesce (trote, mi sembra) e uno dei suoi meravigliosi sformati di verdure, mi sembra cardi; invece sua sorella da una trentina d'anni ha ripreso la "tradizione" del pranzo di Natale con tagliolini fatti in casa in brodo di non so quante bestie diverse ma comunque con una base di cappone, e di un mix di carni lesse (quelle cotte nel brodo) e di ARROSTI, che per i pranzi toscani di gala sono un must. Altra tradizione ufficiale: frutta secca. Noci, nocciole e mandorle e noccioline, albicocche e fichi secchi... ecco, datteri, ananas, papaya e zenzero essiccati sono sì tradizionali, ma un tantinello piùà recenti.
Grazie per questo bellissimo racconto, mi ha fatto ricordare che quando ero piccola avevamo una ghirlanda di luci composto da minuscole lampadine ad incandescenza in vetro (quelle col filo come quelle dei lampadari!), ogni lampadina era fasciata da un sottile strato in plastica colorata, per cui ogni lampadina faceva uno e un sol colore. ogni lampadina poi era racchiusa da una stellina in vetro tridimensionale che aveva punte molto molto acuminate. Era un filo di luci molto bello, grazie per avermi riportato alla memoria questo dettaglio che avevo completamente dimenticato!
RispondiElimina@ Elena:
RispondiEliminaGrazie a te di avere condiviso il tuo ricordo. Fino a qualche anno fa tutte le ghirlande di luci erano come la tua: a incandescenza, un colore singolo per ogni lampadina e solo una modesta intermittenza, accompagnata da un delicato frinire che mio manca molto (e, come ricordiamo tutti, qualche occasionale corto circuito).