venerdì 18 dicembre 2020

Addio, e grazie per tutto il pesce - Douglas Adams


Pubblicato nel 1984, due anni dopo La vita, l'universo e tutto quanto, quarto volume di una trilogia, il romanzo che vado oggi a presentare è essenzialmente una bella storia d'amore, che contiene anche una delle migliori e più originali scene di sesso da me mai lette - e posso dire in tutta onestà e senza tema di vantarmi che ne ho lette parecchie e di vario genere, non di rado annoiandomi assai e assolutamente non perché l'argomento fosse privo di fascino ai miei occhi.
Un romanzo d'amore, dunque, e la storia di una ragazza. Un ragazza già citata nelle prime pagine del primo romanzo, che aveva appena avuto una perfetta intuizione su come sistemare tutto nel mondo, e in modo semplice e per niente aggressivo, ma che non aveva avuto tempo di comunicarlo a nessuno perché l pianeta era esploso, e lei con esso.
Ma il romanzo non comincia con lei. Comincia con Arthur Dent, il protagonista quasi principale di tutto il ciclo che, poverino, fino a questo romanzo non aveva avuto occasione di pensare molto né all'amore né al sesso, e quand'anche gli era capitato di pensarci non aveva avuto (stando alle apparenze) modo di combinare alcunché, vuoi perché lo catapultavano subito in un altro pianeta/astronave/universo spaziotemporale, vuoi perché il perfido autore lo piantava lì senza raccontare niente al lettore, che a detta dell'autore non doveva impicciarsi più di tanto in questi affari. Un po' meglio, va detto, gli andava nel film, dove Trillian sceglie lui al posto di Zaphod (da notare che la sceneggiatura del film l'ha scritta Adams ed è stata rispettata. Ma Adams non è mai stato persona che avesse paura delle contraddizioni, specie in questo ciclo).
Di fatto, l'unica cosa in tutto il ciclo in versione scritta che poteva somigliare a una storia d'amore era il legame tra Trillian, l'altra terrestre sopravvissuta all'esplosione e Zaphod Beeblebrox, l'affascinante ma a tratti insopportabile alieno a due teste nonché comandante dell'astronave Cuore d'oro. Nel romanzo precedente però ad un certo punto Trillian si stufa e lo lascia, non sappiamo se per sempre o no (lo scopriremo solo nel quinto libro, ma senza esserne davvero sicuri).

Per combinare una storia d'amore che non sia solo spirituale, è necessario che i due protagonisti si trovino l'uno in prossimità dell'altro. E così avviene. Sulla Terra.
Se qualcuno dei pazienti lettori che mi han seguito fin qui si starà domandando come fa la Terra ad essere teatro di una storia d'amore dopo essere stata polverizzata dai Vogon, ecco, questa domanda se la fanno anche i due protagonisti, fino a trovare la risposta. Ma andiamo per ordine.
Siamo sulla Terra. Sulla Terra sbarca Arthur Dent, da una astronave cui ha chiesto un passaggio in autostop, e ritrovandosi a poca distanza da casa sua resta comprensibilmente perplesso. Ma tutto è come lo ricordava, compresa casa sua, che a quanto pare non è stata distrutta per farci passare una autostrada.
Naturalmente il suo non è un ritorno felice: piove a dirotto, nessuno si ferma a dargli un passaggio... tranne un tipo che ha a bordo la sorella, ben drogata perché è un tipo strano e ha una malattia mentale non meglio definita. Ma Arthur la trova comunque molto attraente e soprattutto avverte con lei una forte risonanza perché...
Arthur la rincontrerà poco dopo, dopo qualche tempo che si è reinstallato a casa e ha ripreso una vita tutto sommato tranquilla (ma priva di delfini, perché sulla Terra i delfini sono improvvisamente scomparsi tempo addietro e nessuno sa come ciò sia accaduto).
Sono passati alcuni anni da quando Arthur Dent è scomparso. Al suo ritorno inventa un po' di storie, cui gli amici e i conoscenti credono fino a un certo punto - ma naturalmente non prova a raccontare a nessuno che in quegli anni ha viaggiato per lo spazio e la Terra su cui tutti loro stanno vivendo attualmente è esplosa. Perché, comprensibilmente, teme di non essere creduto.
Dicevo: Arthur e la ragazza, che si chiama Fenchurch, si incontrano di nuovo e Arthur si ritrova in seria difficoltà a gestire in contemporanea le conseguenze di un colpo di fulmine e il desiderio di condividere con la ragazza la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato in un pianeta che notoriamente è esploso anni prima, eppure c'è ancora. Questa, di fatto, è la causa della malattia mentale di Fenchurch: una sorta di scollamento spaziotemporale che deriva dalla consapevolezza di stare in un pianeta che non è il suo, perché il suo non c'è più.
Siccome l'autore era di umore felice mentre scriveva, e anche innamorato a sua volta (non è una mia illazione, è cosa nota nell'ambiente e ammessa anche dal diretto interessato), lo sfortunatissimo Arthur Dent riesce a spiegarsi con la ragazza, e i due avviano una felicissima storia d'amore che lascia talvolta perplessi i vicini (chi legge scoprirà perché. No, non si tratta di vicini particolarmente pettegoli, o meglio, anche se lo sono la cosa non c'entra con la loro perplessità).
Bene, la storia è tutta qui, salvo due piccoli particolari. Il primo è che verrà spiegato come mai la Terra c'è ancora (c'è e non c'è, per la verità. Ma sorvoliamo). Il secondo piccolo particolare è che la coppia di innamorati lascia la Terra per andare a viaggiare nello spazio, e troverà il posto dove è custodito il Messaggio Finale di Dio al Creato. Con loro ci sarà anche Marvin, il robot depresso che abbiamo incontrato nel primo libro della trilogia ma di sfuggita anche negli altri romanzi, e che alla vista del messaggio morirà, alfine sereno. Questo messaggio... beh, secondo me è molto valido e pertinente e racchiude in sé alquante spiegazioni - ma naturalmente ogni lettore è libero di pensarla a modo suo, ci mancherebbe.
Forse in virtù di questo messaggio, forse perché le storie d'amore mi sono sempre piaciute, specie quando sono a lieto fine, forse perché si tratta di un romanzo felice scritto da un autore felice (e per i libri felici e le persone felici io sempre avuto una certa inclinazione) questo per me è il libro preferito dei cinque della trilogia, e il finale che preferisco.
Sì, perché a questo punto la storia è finita. Forse. Può essere. Chissà.
A proposito, nonostante la frase del titolo sia quella con cui i delfini salutano la Terra ormai destinata alla distruzione, tutto il romanzo si segnala per una malinconica assenza di delfini.

Con questo post partecipo, temo per l'ultima volta quest'anno, al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro quindi felici - per quanto assai casalinghe e intimistiche - feste a chiunque passi da queste parti.

3 commenti:

  1. Dovrei imbarcarmi nella lettura di questi libri che ci hai tanto bellamente consigliato,ma questo è un genere che in questo momento non mi attira. Domani, chissà...

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  2. Ciao Bella Proffe.
    Se Dante ce l' ha fra i su Urania lo voglio legge codesto libro.
    Allora, t'ho rimediati tutti i titoli "emme" e t'ho risposto all' interno del poste odierno. Uno, vello di Stalinne lo trovi digià da stamattina. Stai bene, riguardati, aggàttati più che poi e ci si risente, io starò da Holly nfin' a dopo la Befana.
    Zanza

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  3. @Dolcezze:
    E perché "dovresti"? Il verbo leggere mal tollera l'imperativo, la vita è una sola e breve, i libri da leggere sono tanti e sotto l'albero troverai certo qualcosa di più attraente per te.
    Auguri!

    @Zanza:
    A occhio, e fermo restando che è sempre difficile far previsioni di questo tipo, dovrebbe piacere a tutti voi, anzi mi domando se Bobby l'ha già letto. In tutti i casi, oltre all'edizione Urania ce ne sono altre, disponibili in qualsiasi biblioteca, ma anche raccattare gli ebook dovrebbe essere facile.

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