mercoledì 8 aprile 2020

Vantaggi delle riunioni collegiali al tempo della Didattica a Distanza


La prof. Murasaki segue con la consueta solerzia una avvincente riunione di didattica.
(l'autrice di questo bellissimo disegno è conosciuta in rete come Monokubo)

Come ho già avuto modo di raccontare nell'ultima puntata delle mie avventure, era stata fissata una riunione per materia fra noi insegnanti di Lettere per stabilire i criteri di valutazione e soprattutto gli obbiettivi formativi delle nostre discipline nel corso della Didattica a Distanza; a quella riunione io ero assolutamente decisa a non dare il mio contributo, o meglio a darlo in modo solido e costruttivo, standomene buona e zitta senza cercare di trovare un senso in ciò che un senso non ce l'ha.
Arrivato il Gran Giorno e il Gran Momento sono entrata nella riunione, ho salutato tutti assai amichevolmente, ho scambiato un paio di convenevoli e infine ho disattivato il microfono per poi sedermi in poltrona con una gatta da coccolare.
Anche sedermi in poltrona faceva parte del piano: in questo modo, nel momento in cui mi sarebbe parso assolutamente indispensabile elargire il mio Preziosissimo Parere avrei dovuto alzarmi, raggiungere il computer distante due metri dalla poltrona e disattivare il microfono per poi esprimere a gran voce la mia Augusta Opinione, onde sovrastare la voce di almeno sei colleghi che parlavano l'uno sull'altro; e siccome la cosa mi sarebbe risultata faticosa, oltre che scortese verso la gatta che coccolavo, avrei finito inevitabilmente per non farne di nulla, e senza il mio Indispensabile Parere tutti se la sarebbero cavata a meraviglia. Inoltre, a microfono spento, avrei potuto commentare nel più sarcastico dei modi ogni volta che l'avessi giudicato opportuno (e, non so come mai, lo giudico sempre assolutamente opportuno. Che fortuna essere una persona i cui giudizi sono sempre così indispensabili, davvero non so come ha fatto il mondo ad andare avanti senza il mio parere fino a qualche decennio fa) senza arrecare offesa ad alcuno dei miei colleghi - tutte brave persone sinceramente dedite al loro lavoro e degne della massima stima anche se secondo me a volte parlano in modo un po' strano.
C'erano da scovare cinque obbiettivi: uno per Storia, uno per Geografia e tre per italiano. La prof. Casini, che dirigeva la riunione, si è scusata dicendo che lei aveva buttato giù un paio di idee ma che erano scritte male.
In realtà, più che scritte male, erano scritte in didattichese - una lingua con cui probabilmente nemmeno Shakespeare sarebbe riuscito a tirar fuori qualcosa di accettabile.
L'idea era di permettere ai ragazzi di utilizzare le loro preconoscenze e precomprensioni.
Assai perplessa innanzi a sì inusuali termini mi stavo trasformando in un punto interrogativo quando la prof. Casini ha spiegato "insomma, quel che già sanno".
Non riuscivo a capire perché quelle sventurate creature affidate incautamente alle nostre cure non dovessero essere almeno ritenute all'altezza di avere qualche, seppur rudimentale, conoscenza o comprensione - insomma, cosa diavolo ci stava a fare quel "pre"? Mi ricordava molto le precondizioni e i prerequisiti che oggi van tanto di moda e che sono, a conti fatti, nient'altro che condizioni e requisiti decorati con un inutilissimo "pre" (fisso). E a forza di interrogarmi su come mai la stimabile prof. Casini, che parla e scrive un ottimo italiano e vanta pure una laurea in filologia classica presa col massimo dei voti, indulgesse a sì barbaro gergo, mi sono infine resa conto che quelle due esecrabili parole probabilmente venivano da qualche traccia seminata dal Ministero - perché al MIUR, indipendentemente dal partito che c'è al governo e financo da ministro in carica, son fatti così ed è per loro massima delizia obbligare un insegnante di buona cultura e raffinata preparazione linguistica ad esprimersi in modo osceno. Non spetta a me indagare sulle possibili cause di questa loro specifica perversione, ma non posso far a meno di pre-sumere che gente che parla e scrive in quel modo assurdo incontri delle notevoli difficoltà a procurarsi un partner con cui esprimere pienamente la sua affettività, e dunque soffre di frustrazione.

Ma torniamo a noi. Il primo obbiettivo  che ci davamo, noi insegnanti di Lettere (ma erano obbiettivi trasversali, credo) era quello di far emergere  queste preconoscenze e precomprensioni in quei poveri ragazzi. Ma come collegare tutto ciò con Storia?
In realtà si potrebbe fare con relativa facilità, scopro cercando in rete se davvero quelle due barbare parole esistevano prima che qualche funzionario schiavo del demone dell'alcool le estraesse dalle latebre del suo spirito perverso.
Scopro così che esistono. Ma... 
La precognizione, secondo il dizionario Treccani, sarebbe da intendersi come conoscenza anticipata dei fatti prima del loro accadere.
Insomma, dobbiamo far emergere in questi ragazzi la loro vena profetica.
Finalmente un obbiettivo didattico serio, proclamo a gran voce mentre la gatta mi guarda sospettosa. Trasformeremo dunque i ragazzi in tanti profeti. Saranno eccellenti giocatori a Totocalcio, Totip ed Enalotto e sbancheranno le borse di tutto il mondo; e magari, tra una vincita e l'altra, chissà, forse gli verrà perfino in mente di allungare qualche spicciolo ai loro bravi professori-sciamani, che han risvegliato queste loro capacità divinatorie latenti che altrimenti magari non sarebbero mai venute alla luce.
Che non si dica più che la scuola non serve a niente!
La preconoscenza è una roba un po' meno emozionante: si tratta di una fase conoscitiva preliminare corrispondente a una conoscenza incerta e approssimativaE lì un normale insegnante è senz'altro più a suo agio che a risvegliare facoltà divinatorie: perché nel nostro lavoro capita spesso di avere a che fare con conoscenze incerte e approssimative, soprattutto quando cominciamo l'anno scolastico - del resto, ci pagano appunto per trasformare quelle conoscenze incerte e approssimative su, poniamo, la lotta per le investiture, in ben più solide certezze - anche se non sempre al termine dei nostri sforzi questo risultato si mostra pienamente conseguito, tanto che talvolta finiamo perfino per dubitare che i fanciulletti a noi affidati forse non abbiano ascoltato proprio tutto il tesoro di conoscenze che gli abbiamo rovesciato addosso; ma vabbé, questi sono gli incerti del mestiere, senza contare che, per strano che possa sembrare, non tutti sono così ansiosi di farsi una cultura sulla lotta per le investiture.
Comunque, una volta fatte emergere le preconoscenze e le precomprensioni, in tempo di Didattica a Distanza, i nostri alunni dovrebbero
1) per quel che riguarda la Geografia, aprirsi al confronto con l'Altro (solo via cavo, naturalmente, perché siamo un po' tutti in quarantena fissa) attraverso la conoscenza dei diversi contesti storico-ambientali e socio-culturali, rapportandoli alla realtà attuale (ovvero quella di essere in quarantena fissa) e
2) per quel che riguarda Storia, comprendere nella Storia elementi, situazioni, comportamenti, riconducibili alla situazione odierna (che è quella di essere inguaiati con questa pandemia), cogliendo il processo di continuità e di relazioni della disciplina stessa.  
Megalomania? Delirio di onnipotenza?   
No, solo un onesto tentativo di liberarsi da un compito ingrato, e cioè quello di scrivere una serie di cazzate che di fatto non vogliono dire niente.  
A questo punto qualcuno ha chiesto alla prof. Murasaki, che quest'anno fa solo Storia e Geografia, se era d'accordo. 
Mi sono alzata, ho riattivato il microfono e ho assicurato che ero perfettamente d'accordo e che non ero intervenuta appunto perché ero d'accordo nel modo più completo e assoluto. E ottenuto il mio sigillo, chiesto per decenza e accordato per decoro, sono passati a discutere per Italiano mentre io continuavo a coccolare una Ninphadora particolarmente desiderosa di essere coccolata.


A quanto ho capito, in Italiano ci si proponeva di lavorare soprattutto sulla comprensione del testo (un sempreverde sempreutile nonché il vero motivo per cui lo Stato elargisce ogni mese uno stipendio agli insegnanti di Lettere) e di mettere in relazione i contenuti disciplinari con la situazione attuale: non vi è infatti chi non veda che l'analisi logica è ricchissima di collegamenti al tema delle pandemie, come del resto avviene anche per le guerre puniche e la rivoluzione inglese. E se è pur vero che con la Terza sto facendo un ampio lavoro sulla Cina, che con la situazione odierna ha pur qualcosa a che vedere, con le altre classi mi sto occupando di guerre napoleoniche e stati dell'ex-Iugoslavia, con guerre degli anni 90 annesse, che almeno all'apparenza sembrerebbero avere ben poco da spartire con la presente situazione. E devo altresì confessare che nessuno dei miei pur stimabilissimi alunni mi risulta avere doti di preconoscenza - così come dette doti non sono presenti nemmeno negli altri alunni della scuola media di St. Mary Mead - anche perché, in caso contrario, tale loro particolarità sarebbe stata certo rilevata nei sei mesi in cui han fatto lezione nel più tradizionale dei modi.
Alla fine ci siamo salutati, con l'esplicita intesa che se alla Preside qualcosa di quanto  avevamo scritto non andava bene, doveva sentirsi libera di riscriverlo come meglio l'aggradava e noi eravamo d'accordo a prescindere.
Più avanti la prof. Casini ha messo insieme un sobrio verbale che tutti abbiamo sottoscritto.

Di fatto, quello sproloquio redatto in cinque punti in didattichese stretto è lì per indicare che, non venendo noi dalla stella Vega, siamo abbastanza consapevoli che la situazione è particolare, lo stato d'animo dei ragazzi piuttosto turbato (per tacer del nostro) e che in somma delle somme ci rendiamo conto che non sempre ci si può limitare alla programmazione stabilita ma a volte sarà opportuno occuparsi anche di altro; cosa che, in effetti, fa parte anche del normale corso dell'anno scolastico, detto e non concesso che esista qualcosa che possa essere definito "normale corso di un anno scolastico".
Questo ci ha chiesto il MIUR e questo gli abbiamo dato. Ma se ci spedivano un modulo precompilato da firmare (o magari una autocertificazione, visto che adesso van tanto di moda) facevamo prima noi e loro, e davvero non riesco a capire perché, con tutti i problemi che abbiamo, dobbiamo perdere tempo anche a sproloquiare in didattichese (o, nel mio caso, a parlare nel vuoto per puro spirito polemico avendo almeno il buon senso di non far perdere tempo agli altri).
Questo tipo di rituali mi ricorda ogni anno di più le corvée del tardo feudalesimo; lavoro gratuito imposto con la prepotenza - anche se le corvée, se non altro, servivano al feudatario e gli facevano risparmiare soldi. Le nostre corvée invece, oltre a offendere il buon senso, il senso pratico e il senso del pudore - insomma tutti i cinque sensi, che in questo caso sono tre - non producono effetto pratico positivo per alcuno.
Sarebbe forse il caso che i sindacati avviassero una Grandiosa Rivendicazione per richiedere la corresponsione di un congruo gettone di presenza (almeno intorno ai trecento euro per seduta, ma cinquecento sarebbe meglio) per questo tipo di ignobili marchette. Ogni insegnante aderirebbe volentieri a questa richiesta e al Ministero verrebbe in mente ben presto una soluzione onorevole per risparmiarsi ogni polemica a riguardo senza danni - ovvero smettere di chiedere a puro capriccio riunioni inutili due o tre volte all'anno inventandosi allo scopo i più labili e fievoli pretesti.

C'è una pandemia in corso? D'accordo, c'è una pandemia in corso. Ma non l'abbiamo scatenata noi insegnanti, quindi davvero non capisco perché costringerci a pagare pegno senza che nessuno ci ricavi qualcosa.

2 commenti:

  1. Rivedo, come in uno specchio, una parte delle scene del mio collegio di dipartimento, dico una parte perché la principale delle preoccupazioni, legittima, era quella di stabilire come e cosa valutare. Ci si è riempiti la bocca con l'espressione magica "valutazione formativa", ma senza che davvero se ne fosse convinti. Alcuni, invece, hanno dichiarato che non valuteranno alcunché, aspettando un eventuale vaticinio dal Miur, che non arriverà mai. Della programmazione nulla, non ne abbiamo parlato. L'altra pantomima sarà inscenata il 15 aprile al Collegio dei docenti e attendo con ansia lo spettacolo. Io ho deciso di tacere, perché ho capito che è tempo perso: un Ministero che ammette tutti indistintamente all'anno successivo, disconfermando la funzione di noi docenti, ridotti a intrattenitori socio-emotivi, non merita parole e commenti.

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  2. Sai, alle medie la valutazione è formativa, nel senso che si tiene conto di davvero tante cose, forse di troppe - e quindi non capisco il problema, anche i colleghi che si lamentano non è che a fine anno facessero la media, tirassero una riga e via, altrimenti un bel po' di ragazzi avrebbero fatto le medie in quattro o cinque anni, e in parecchi casi non sarebbe stato né giusto né adeguato.
    Alle superiori, certo, il discorso è differente e nemmeno io approvo la sanatoria, perché molti rischiano di trovarsi un titolo di studio screditato per colpa dell'anno - e non mi sembra davvero giusto penalizzarli perché i loro genitori hanno scelto, o si son trovati, a farli nascere proprio in un determinato anno e non in quello precedente o successivo. Come potevano immaginarsi quel che sarebbe successo?
    Quanto a tacere al Collegio Docenti, davvero mi sembra la cosa migliore e farlo "in forma agile" come va di moda dire adesso, aiuta molto.
    Auguri alla faccia di tutto, comunque!

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