sabato 25 aprile 2020

Haeretica - Sulla didattica a distanza, così crudele e disumana e invalutabile

È tornata la primavera. La prof. Murasaki, molto inumidita e un po' infreddolita
cerca conforto in grembo a uno spirito protettore e & amichevole. L'immagine è di Monokubo
È ormai passato un mese e mezzo da quando il nostro insegnantesco universo, magari un po' caotico ma pieno di certezze su cui contare del tipo "il giorno della gita scolastica al parco nazionale di sicuro pioverà" si è capovolto per poi partire a grande velocità lungo una tangente del tutto imprevista. Vorrei qui descrivere le mie personali sensazioni, aprendo il mio cuore in tutta sincerità in questo quieto angolino di rete. Infatti vedo  che in tanti si disperano, ma a rischio di rendermi colpevole della peggiore blasfemia, io devo ammettere che non mi trovo poi così male.

Naturalmente molte cose sono cambiate: per esempio quando entri in classe (che adesso si chiama classroom) non posso più vedere di che umore sono... Anzi, sarebbe più esatto fermarmi al "non posso più vedere".
In classe vedi e senti (anche un sacco di cose che davvero preferiresti non vedere e non sentire) ma ormai da sette settimane io vedo soprattutto ectoplasmi. E forse sarebbero ectoplasmi abbastanza attenti o partecipativi, ma è difficile apprezzare una bella lezione che senti a scatti, una presentazione che vedi in ritardo o una mappa che non vedi proprio. Io ho un buon computer che fa onestamente il suo lavoro, ma il collegamento perde colpi. Non solo adesso che la rete è sovraccarica: abito nella periferia di un paesello e spesso e volentieri il collegamento cede. Torna quasi subito, è vero, ma insomma nelle tre case precedenti, quando ero meno periferica, ma soprattutto quando ero ancora a Firenze, le cose andavano decisamente meglio.
E tuttavia sotto questo aspetto siamo pure fortunati, perché dopo gran pianto e stridor di denti finalmente a St. Mary Mead hanno messo la banda larga, un paio di anni fa, e finalmente il registro elettronico era diventato una roba ragionevole e le LIM avevano smesso di essere irritabili e capricciose.
Dicevo del mio collegamento, che a volte si defila in pausa caffè.
Quando sono a lavorare per i fatti miei non è un gran problema, di solito: porto pazienza per qualche minuto e tutto riparte. Anche adesso funziona così, solo che devo uscire e rientrare, e non è il massimo per chi prova a seguirmi.
C'è il giorno che tira molto vento. Anche in classe il vento può essere un problema, ma alla fine chiudi la porta, chiudi le finestre e il vento sta lì fuori a farsi i fatti suoi. Invece in rete, ho scoperto, il vento è un problema molto più serio.
C'è poi il giorno che piove tanto, e anche il giorno che boh.
Quindi la mattina il mio primo pensiero è guardare il cielo prima, e le previsioni del tempo poi.
Ci sono alunni che entrano ed escono dalla videoconferenza come anime in pena, alunni che giurano che la telecamera non funziona, alunni che rispondono in ritardo se chiamati - ma se gli fai spengere il microfono perché il cane abbaia o la madre nella stanza accanto sta facendo il telelavoro o discute con qualcuno per cavoli suoi è chiaro che non possono rispondere subito, il microfono ha i suoi tempi. 
Intorno a me tutti sono molto sospettosi, ma io sono garantista e soprattutto non mi illudo di essere l'unica con un collegamento che va e viene. 
Non tutti i colleghi la pensano così. "C'è Ermenegildo che non fa che andare e venire, con me" - anche se di solito risulta che Ermenegildo va e viene un po' con tutti, e non riesce a consegnare i compiti. Giura che la rete se li mangia, i suoi compiti. 
Sarà vero? Póle essere: siamo in periferia, la rete va come va, i giga a volte finiscono... Tutto ciò non è solo colpa del coronavirus o dell'arretratezza della scuola, ma piuttosto di politiche balorde e di compagnie telefoniche pigre.


Alla fine i compiti arrivano, di solito.
C'è Ermengarda che un tempo era assai coscienziosa e adesso non manda più niente. Poi la famiglia trova modo di rimediare e i compiti cominciano ad arrivare, tutti. Io dico che Ermengarda è vittima di circostanze esterne, ma cosa posso saperne?
Di fatto siamo in Italia e tutti siamo presunti innocenti fin quando la nostra colpevolezza è provata al di là del ragionevole dubbio. La soglia del mio ragionevole dubbio è alta, e comunque i compiti in ritardo li ho sempre presi, sono di quelli che è il pensiero che conta.

Stabilito che un collegamento di miglior qualità sarebbe assai gradito, confesserò un mio ereticissimo pensiero, a quel che ho visto non condiviso da alcun collega né in rete né fuori: a me non mi è cambiato molto, nemmeno nel rapporto con i ragazzi.
Sono in rete da vent'anni. In rete mi sono costruita amicizie anche abbastanza solide, in rete ho discusso e questionato e analizzato e fatto discorsi seri e discorsi frivoli e frivolmente seri e seriamente frivoli, ho cazzeggiato e pontificato, ho riso e ho partecipato con grande intensità ai problemi altrui. Per me la rete è una parte della vita. Non mi dispiace condividerla con gli alunni. E a dirla tutta, non mi pare che ne stiamo uscendo male.
Le classi mi sembrano le stesse. E sto cominciando seriamente a preoccuparmi; sono io che sono troppo superficiale e credo solo a quel che voglio credere ignorando la realtà dei fatti?
Possibile, possibile. D'altra parte il mio fegato se la passa meglio di quello di molti miei colleghi, e alla fine è più comodo così visto che di fegato ne ho solo uno e devo tenermelo buono.
Credo che sia terribilmente difficile iniziare un anno scolastico con alunni che non conoscevi prima: ma se non altro il Malefico Virus ha almeno avuto la decenza di arrivare in Italia quando due terzi dell'anno scolastico erano già passati e le classi le conoscevamo già - le classi e le singole situazioni. È un bell'aiuto, ammettiamolo.

Certo, c'è il Gran Problema dei Dispersi, i poveri ragazzi fragili che con la rete funzionano male. In verità alcuni, accortamente badati e assistiti e provvisti di computer grazie al Comune, sono stati recuperati, e qualcuno ha perfino mostrato un gran piacere nell'essere recuperato. 
Altri... ammettiamolo, con altri andava parecchio male anche prima, e anche prima ci adattavamo parecchio, raccogliendo con pazienza le poche briciole che ogni tanto lasciavano distrattamente cadere e cercando di comporci se non un pasto almeno uno spuntino.
(L'Insegnante come Raccoglitore di Briciole. Non male come metafora, devo appuntarmela per riutilizzarla).

La Terza Soddisfatta sotto questo aspetto è un vero disastro, ma è dall'inizio dell'anno che la Terza è un disastro, e dicono che lo fosse anche quando era una Seconda e io languivo nei letti di ospedale. Un terzo se ne frega alla grande della scuola, un altro terzo va a strattoni, il rimanente terzo, misteriosamente, ha sempre lavorato a livelli altissimi. O li strozzi o li prendi così come sono, e corre voce che strozzarli non sia legale - senza contare che strozzare qualcuno in digitale è davvero complicato.

La Prima Asserpentata è addirittura diventata più gestibile - ma lo stava diventando già quando ancora lavoraravamo dal vivo. Si sa, i primini crescono. C'è il grande vantaggio che hanno smesso di picchiarsi - in rete è un po' difficile farlo. Una ragazza è praticamente scomparsa, ma va detto che stava inanellando assenze su assenze già da Dicembre e dalla famiglia ricevevamo sempre risposte molto vaghe, quelle stesse che riceviamo tuttora. Sì, certo, si sente inadeguata perché è indietro col programma. Tutti restano indietro col programma, se non fanno nessun tentativo di seguirlo già dopo le prime tre settimane, appena esaurita la fase del "Benvenuti, cari primini, avvicinatevi e non abbiate paura di noi, non siamo cattivi e vogliamo solo lovvarvi tantissimo", quando si comincia a pretendere un po' di impegno da parte loro.

La Seconda Invasata lavora meglio perché non passa più la gran parte del tempo a litigare e insultarsi. L'elemento più debole... mah, avevamo a gran fatica convinto i genitori a procurargli un aiuto, ma al momento l'aiuto non più più averlo, non per colpa della rete ma dell'epidemia. Certo, se la famiglia si fosse mossa un po' prima, visto che alle elementari han passato tre anni a dire e ridire che c'era qualche problema di apprendimento e che non era colpa solo dei maestri cattivi e privi di comprensione verso un carattere vivace, magari il ragazzo sarebbe diventato nel frattempo un po' più autonomo; ma non è con i se e con i ma che si fa la storia, e d'altronde se i miei nonni avessero avuto le ruote io sarei un carro.

La Seconda Virtuosa assai virtuosamente lavora, con impegno e dedizione e i genitori ci fanno dei gran complimenti. Thanks to the prick, come direbbero ad Oxford: con quel tipo di classi siamo buoni tutti a lavorare, in rete, dal vivo e pure per telepatia. 

Poi ci sono - o meglio non ci sono affatto - i ragazzi dei Centri Sociali, che a causa dell'epidemia ci sono stati sottratti già da fine Febbraio per spedirli in luoghi a noi ignoti e irraggiungibili; e lì veramente, epidemia o non epidemia, qualcosa di più secondo me avrebbe potuto essere fatto: non toglierceli, per esempio. Probabilmente a loro la rete non sarebbe dispiaciuta, anzi uno era assai amante dei computer e l'abbiamo sempre visto assai informatizzato. Adesso languono in solitudine, che è l'ultima cosa al mondo che gli serviva, e gli insegnanti di sostegno possono solo mandargli qualche esercizio da fare, e nessuno ha mai avuto il bene di sapere se li hanno ricevuti e se cotali esercizi sono stati fatti e con che risultati. Un lavoro alla cieca, in pratica. Non venite a raccontarmi che nel XXI secolo non si poteva fare di meglio, con creature assolutamente provate sul piano emotivo e con tutte le stronzate di cui regolarmente ci imbottiscono sulla centralità dell'alunno.

Stabilito dunque che ai miei (probabilmente inadeguati) occhi tutto è cambiato e infatti tutto è rimasto come prima, passo a raccontare di come adesso lavoro in maniera completamente diversa eppur simile a come lavoravo prima e nello stesso esatto modo assegno i voti, con la premessa piuttosto scontata che nessuno che passa di qua è obbligato a leggere niente, ché la vita è breve e c'è tanta roba carina da guardare in rete e dice che hanno messo gratis anche YouPorn - pare, sembra, si racconta, ma non ci vado in questo periodo perché navigo su tutt'altre sponde, come passo adesso a raccontare.

Prima di tutto: in una rete sovraccarica non si può interrogare se non a spizzichi - e io sulle interrogazioni lavoravo parecchio (anzi in qualche consiglio di classe ho avuto l'impressione di essere l'unica che ci stava dietro davvero). Ci ho rinunciato subito, secondo il celebre motto che quando non c'è pane si mangiano le brioche, sperando almeno di trovarne sia dolci che salate. 
Quindi niente interrogazioni, al massimo qualche domanda qua e là. Rispondono quelli che hanno un buon collegamento, e soprattutto rispondono quelli che rispondevano sempre anche in classe. Guarda un po' i casi della vita. 

Faccio delle belle spiegazioni compatte, che quasi nessuno interrompe più. 
Il silenzio è inquietante, si sono lamentati in molti. 
Ma se gli fai spengere il microfono, per forza di cose non resta che il silenzio. E in molti casi devi spengere il microfono, anzi la netiquette dichiara che, in tempi di sovraccarico, dovresti spengere anche la telecamera. A quel punto, oltre al silenzio, c'è anche una inquietante serie di iniziali in tanti bei cerchietti neri. E la Grande Domanda: che cosa fanno, costoro, chiusi nell'anonimato del loro cerchietto nero con l'iniziale?
Sì, certo, Essi possono chattare con gli amici, giocare con i videogiochi, chiacchierare con la sorellina e insomma strafregarsene della mia bella lezione. Certo, è possibile. Ma qualsiasi alunno in regolamentare classe può giocare col cellulare, magari inviando ai compagni messaggi altamente irriguardosi nei confronti dell'insegnante, e anche fare i compiti di altre materie, disegnare su soggetti vari, scrivere a mano bigliettini ai compagni, scarabocchiare gli angoli del libro o anche staccare l'audio e il video della sua medesima persona e pensare intensamente ai casi suoi. L'ultimo caso, in particolare, può facilmente sfuggire anche al docente più accorto e sospettoso. Facciamocene una ragione, chi non vuole ascoltarci non ci ascolta, in video come dal vivo, e sono abbastanza convinta che debba ancora nascere l'insegnante che sotto questo aspetto non può essere aggirato - e quand'anche fosse nato, di sicuro non sono io.

Esistono poi altre possibilità, terribilmente deprecabilio agli occhi di molti colleghi: metti che siano in pigiama, metti che siano ancora a letto, metti che stiano mangiando o coccolando il gatto, il cane o il criceto di casa, metti che non siano ben vestiti e ben pettinati, oppure che vadano in bagno. Terribile, terribile.
Ammetto senza remore che, per quel che riguarda la frequentazione col bagno, ai miei occhi la didattica a distanza batte quella in presenza 30 a 0: niente interruzioni e ognuno ci va quando gli pare. Dal mio punto di vista, è la perfezione.
Ben poco mi turba anche la possibilità che non siano vestiti nel più impeccabile dei modi - in effetti nutro da sempre una totale indifferenza per come si vestono gli alunni in classe e a dirla tutta non sono nemmeno molto convinta della validità di certe distinzioni: le mie camicie da notte di tipo vittoriano per esempio possono tranquillamente essere spacciate per vestiti di cotonina leggera (di fatto sono di cotonina leggera) e alcune sono state effettivamente riciclate come vestiti estivi senza che nessuno si insospettisse, mentre la sottile distinzione tra felpe, tute da ginnastica e pigiami di pile mi ha lasciato spesso abbastanza incerta: una casacca in pile a piccoli orsacchiotti, per esempio, non è sempre chiaro a quale di queste tre categorie appartiene e può magari non essere ritenuta il più elegante degli abbigliamenti, ma in tanti la portano alla luce del sole nelle occasioni in cui non vanno alla prima della Scala o al pranzo dell'ambasciata, così come tanti dormono in T shirt - insomma l'eleganza è soprattutto uno stato d'animo, e ai miei occhi un tantino spocchiosi di dama hejan la maggior parte della gente che incrocio, colleghi, genitori e passanti compresi, è vestita disperatamente male e senza alcuna raffinatezza. 
E allora che vestano come gli pare, contenti loro contenti tutti, e quanto a me è abbastanza difficile contentarmi ma non pretendo che nessuno se ne preoccupi.

Dunque spiego, senza essere quasi mai interrotta con domande e precisazioni, ma spesso dal lamento "prof, io non vedo la presentazione" - cosa che fanno bene a dirmi, ma su cui non ho alcun potere di intervento, come gli rispondo assai addolorata. Qualcuno segue sul libro - peccato che sul libro le carte geografiche facciano veramente pena. In classe proietto sulla LIM delle belle carte grandi e ben dettagliate. In rete faccio lo stesso e poi le carico sulla piattaforma, della serie "si fa quel che si può".
Poi c'è la consegna dei compiti - un tasto molto dolente, questo. Non parlo di quelli che i compiti non li fanno, ché non è certo novità nata con la Didattica a Distanza: prof non c'ero, non avevo capito, non sapevo, l'ho lasciato a casa, il cane mi ha mangiato i compiti, gli alieni me li hanno rubati e anzi erano scesi sulla Terra appunto perché gli serviva una cronologia su Napoleone o una parafrasi di A Zacinto. Parlo di quelli che i compiti bene o male han provato a farli ma non riescono a spedirli o a metterli sulla piattaforma. Sotto questo aspetto non avere What'sUp mi penalizza. Prendo atto che abbiamo cresciuto una generazione di nativi digitali che non san spedire un allegato perché trovano più facile farlo su What'sUp, e a questo punto dichiaro che la colpa non è del perfido What'sUp, che è stato studiato per semplificarci la vita e risparmiarci scocciature, ma dei programmi informatici che non si sono adattati e continuano a complicare la vita a delle povere creature innocenti. Se i ragazzi non san spedire un allegato e ciò nonostante comunicano notte e giorno spedendosi non solo foto e messaggini ma anche lunghissimi papier, film ed enciclopedie vuol dire che c'è modo di farlo, e sarebbe ora che chi deve si aggiornasse, ché saper spedire un allegato non mi sembra che sia una di quelle abilità da far tutelare all'UNESCO, come la fabbricazione artigiana del limoncello o gli intarsi in legno e pietra dura.
Comunque la piattaforma di Google è un po' uno struzzo e prende tutto: file in videoscrittura, file raffinatissimi con ovali e forchette e grafici a torta, fotografie e file corredati da immagini. C'è stata una mezza tragedia però quando, convinta di dare un compito semplice, ho chiesto che mi spedissero una foto con didascalia a loro scelta di questo e di quello (animali dell'Amazzonia, immagini dell'antica Cina e simili) perché appunto mandare un allegato sembra che sia complicato assai. Col tempo comunque hanno imparato, ma è certo che se mi fossi stillata il cervello nella disperata ricerca di un metodo efficace per complicargli la vita non credo che avrei potuto trovare niente di altrettanto efficace.

Ma torniamo ai compiti propriamente detti. Stabilito che sul lavoro in classe non si poteva fare molto conto perché al momento dalla classe ci avevano buttato fuori dall'oggi al domani, ho cominciato a riflettere sul da farsi. Per un po' sono stata tranquilla, a parte dare alla Terza un lungo tema sull'epidemia del coronavirus a partire dalla sua nascita, e fin lì andava tutto bene perché l'argomento era decisamente di livello mondiale. Oggi, con la piattaforma a disposizione, lo imposterei in modo più articolato, ma sul momento mi sono limitata ad affidarmi a sant'Internet.
Poi mi sono messa comoda, perché tutti gli altri colleghi stavano dando immani quantità di compiti tradizionali e non era il caso di tormentare anch'io quelle povere creature.
Si poteva forse puntare appunto su Internet, e lavorare un po' sull'arte di istruirsi da soli o in compagnia?
Sì, volendo si poteva, almeno con le mie materie.
Durante la parte di anno scolastico vissuta in modo più tradizionale mi ero giù trovata ad assegnare compiti di riepilogo, compiti di ricerca e compiti insoliti, cercando soprattutto di farli divertenti. Non sempre era possibile, ma l'intenzione era di mostrargli con la pratica (loro) che Geografia era qualcosa di più vasto di una serie di fiumi, laghi e prodotti agricoli da inanellare con santa pazienza all'insegnante durante le interrogazioni (senza mai dimenticare l'indispensabile barbabietola da zucchero).
Le carte geografiche per esempio raccontano tante cose. Molti paesi hanno storie complicate. Come funzionano i parchi nazionali? Come funziona il commercio? Da dove tirano fuori le risorse energetiche i singoli paesi? Come nascono le tradizioni culinarie locali? Come nascono gli impianti sportivi? Perché certi paesi sono arrivati più tardi di altri nell'Unione Europea?
Paradossalmente il fatto di non stare più in classe per certi versi mi facilitava: adesso  potevo mettere quel che volevo sulla piattaforma e obbligarli quanto volevo a lavorarci su.
La mia voce erano destinati a sentirla per meno tempo, ma questo era un dolore a cui, secondo me, erano in grado di sopravvivere.
Ho cominciato a caricare sulla piattaforma video (corti), immagini con didascalia, carte tematiche, quadri (per storia, soprattutto). Canzoni, curiosità, schemi. Le famigerate mappe concettuali. E a chiedergli di rielaborare tutta quella roba a modo loro, o a modo mio, o una via di mezzo.
Sintetizzare, ricostruire, collazionare. Andare a caccia di notizie.
Il problema se copiano o no non esiste. Ovvio che copiano, o meglio che utilizzano fonti. Ma le devono trovare, per utilizzarle - e per trovarle devono cercarle.
Sono compiti piuttosto complicati da fare - ma alla loro portata, perché prima di assegnarli controllo sempre cosa possono trovare facilmente e cosa no - e se non gli riesce possono sempre chiedere: a me, ai compagni, in casa. Sono compiti piuttosto complicati da costruire, certo, e portano via parecchio tempo. Ma va anche detto che sono anche piuttosto divertenti da correggere - e poi gli do sempre un numero di righe da non oltrepassare, che li obbliga a fare un certo lavoro di sintesi.
E come li valuto, questi compiti?
Tengo conto dell'impegno, della capacità di sintesi e di esposizione (scritta) della gradevolezza del risultato e soprattutto del fatto che non mi abbiano ancora minacciato di orribili torture. A dire il vero non si sono nemmeno lamentati, per adesso.
Ma alla fine dell'anno sapranno tutto il programma?
Non credo. Qualcuno sì, certamente. I più ne sapranno un po'. Nella maggior parte dei casi, almeno con Storia e Geografia, le classi non sanno mai tutto il programma, e certo non lo sapevo io alla fine dei vari anni scolastici. Per incredibile che possa sembrare, buona parte di quel che si studia a scuola non si studia affatto o si dimentica. Ma non nella didattica a distanza: sempre.

In conclusione: come tutti quelli che fanno la didattica a distanza anch'io lavoro come un castoro. Tutto sommato però imparare un nuovo modo  di insegnare aggirando il non lieve ostacolo di doverlo fare in maniera completamente diversa non mi dispiace - e considerato che la routine è stata spezzata, tanto vale fare le cose in modo nuovo. 
Funziona, anche: per la prima volta credo di aver trovato una tecnica per spiegare la storia dello smembramento della Iugoslavia dando un senso a quei malefici sette stati. Non pretendo che abbiano capito tutto - dubito che gli stessi abitanti della ex-Iugoslavia abbiano davvero e completamente capito cosa è successo in quei malefici dieci anni, ma almeno la Seconda Invasata, volente o nolente, ha dovuto imparare qualcosa dell'immane disastro che ha frantumato quei sette stati, molto più delle altre seconde cui ho provato a spiegarlo con i più vari sistemi. E forse sono riuscita a mostrargli qualcosa dell'assoluta bellezza di quella regione, aspra e selvaggia ma con dei boschi davvero favolosi (per tacere dei laghetti e delle sorgenti).

Tutto ciò comunque è compatibile solo con una vita di paziente clausura, perché porta via davvero una grande infinità di ore - anche se va pur riconosciuto che le novità portano sempre via moltissimo tempo, e forse con l'abitudine i suddetti tempi finirebbero per ridursi (a me però va benissimo se si ritorna ai metodi consueti, sia chiaro).
Al momento però di abitudine non c'è nemmeno l'ombra e anch'io, come tutti, sto pazientemente contando i giorni che ci separano dall'agognata fine dell'anno scolastico.
Di anni scolastici faticosi ne ho avuti tanti, ma questo li sta davvero battendo tutti.

12 commenti:

  1. Io invece ho avuto l'incredibile botta de'culo dell'installazione della fibra a casa l'ultima settimana di febbraio, quindi appena prima dell'inizio di questo delirio (noi eravamo già a casa da qualche giorno, ma mi ero limitata ad assegnare un po' di ripasso e bon). Per il resto, faccio mie tutte le tue osservazioni, soprattutto quella della mole di lavoro senza senso e senza fineeeee

    RispondiElimina
  2. Io sono sulla tua lunghezza d'onda: non vedo l'ora di tornare a scuola, ma non sono turbata da metamorfosi improvvise dei miei ragazzi, che mi paiono o avere mantenuto la loro personalità individuale o di classe, o averla evoluta (come capita del resto ai 14-16nni) in relazione a quello che erano. Stessa cosa sui problemi di valutazione, che io continuo a recepire come non problemi. Si lavora molto, ma la mia percezione in questo è stata completamente distorta dall'immane lavoro di gestione dei colleghi, assai assai assai più invasivi degli alunni, e assai più riottosi a imparare alcunché, dando a imparare il senso con il quale noi scaviamo le palle agli alunni quando non lo fanno (arrangiarsi non è imparare, non fermarsi a riflettere non è imparare, e potrei andare avanti a lungo).
    Avere avuto 3 settimane a 1500 contatti di colleghi adulti che dovrebbero insegnare al giorno e altri 10 giorni con contatti dai 400 ai 700 mi ha dato un tale ritardo sulla elaborazione della mia didattica che inizio a recuperare solo ora.
    Ecco, penso che se non ci fosse stato, complice anche il fatto che con le mie tre classi (che sono solo tre, per l'appunto) io lavoravo ANCHE con le piattaforme minimo da settembre in un caso da tre anni, probabilmente non avrei patito così tanto.
    Ma è vero che - prima per cause di forza maggiore - dopo per averci riflettuto sopra a lungo, io ho applicato in questo un principio banale e rigido riassumibile in tre punti:

    a) Se correggo/lavoro/preparo troppo vuol dire che sto sbagliando qualcosa, anche per loro, dunque do meno e faccio meno

    b) Mi attengo rigidamente al calendario scolastico e non pubblico/correggo/mando altro che nei giorni in cui avremmo lezione (questo aiuta a)

    c) Poche scadenze, molto lasche, ma molto elaborate (come dicevi anche tu).

    E devo dire che funziona, funziona anche in una cosa più sottile che è educare i ragazzi a essere consapevoli di non sentirsi in dovere di contattarmi a ogni pie' sospinto solo perché "possono" (un concetto, c'è da dire, che ancora una volta hanno preso dal delirante modo che hanno in media gli adulti, tutti, di gestire la loro socialità e identità digitale).

    RispondiElimina
  3. Mi piacciono questi tuoi compiti particolari e molto interessante la richiesta della sintesi: in quel caso devono davvero rielaborare e non possono affidarsi alla scopiazzatura.
    Mitica la frase che la geografia non è solo laghi, fiumi e PRODOTTI AGRICOLI! Mi ricordo ancora del libro delle elementari dove c'erano dieci righe per stato europeo e c'erano proprio gli immancabili prodotti agricoli! :D

    RispondiElimina
  4. @Kuku,
    non per nulla la barbabietola da zucchero è diventata oggetto di innumerevoli meme XD

    Complimenti, Murasaki, per come hai saputo reinventare la didattica in funzione delle mutate condizioni. Ho pensato spesso a come sarei come insegnante, ma temo mi rivelerei uno di quei mufloni tradizionalisti che difficilmente avrebbero contanta inventiva...
    Una cosa di tutto il tuo racconto però mi ha colpito in modo particolare: cosa vuol dire che, allo scoppio della pandemia con susseguente chiusura scuole, i ragazzi dei Centri Sociali sono spariti e non possono più accedere alla didattica in rete?! Ma in base a che principio accade ciò? Cioè, non farebbero parte anche loro del corpo studente? E non sarebbero, proprio loro, i più bisognosi di non perdere i contatti con compagni e insegnanti, in una situazione di calamità che si somma a fragilità pregresse loro? Ma di cosa stiamo parlando?! Io trasecolo davanti alle mancanze di questo paese in termini di servizi sociali efficaci... :-\

    RispondiElimina
  5. @lanoisette:
    ah, la fibra.... te la invidio TANTISSIMO, sappilo!

    @la povna:
    Educare i ragazzi a non contattare ogni due per tre solo perché possono... mi piace, la trovo una bella cosa e giusta, ma la vedo difficile in un pianeta dove sono rimasta l'unica egoista che si ostina a non essere a disposizione perenne nemmeno dei gatti di casa mentre TUTTI gli altri intorno ritengono loro specifico e doveroso dovere esseri sempre per genitori, figli, gruppi di colleghi... può darsi che un bel giorno queste nuove generazioni si sveglino e decidano di ritornare fuori da questa mentalità del continuo "Io sono qui, tu dove sei?" che, per carità, se sei un cuccioletto di poche settimane è sacrosanta. Comunque vale la pena provarci.
    Solidarietà per i 1700 interventi al giorno, ma temo che fosse inevitabile gestendo... quanti colleghi hai? 200 almeno, immagino... dicevo gestendo 200 e passa persone nel panico più totale. Anche da noi comunque l'addetta all'informatica ha passato giorni complicati - anche perché l'attuale DS una certa capacità di complicare il pane ce l'ha, devo pur riconoscerglielo.

    @Kuku e Minty:
    Vi devo riconoscenza eterna perché non sapevo NIENTE sui meme della barbabietola da zucchero e sui meme di geografia in generale. Giuro che l'anno prossimo se avrò una seconda farà una lezione a base solo di quelli - per meglio spiegare il mio vecchio chiodo fisso che la geografia è spesso fatta con materiale di riciclo e studiare i tratti essenziali di un paese non è difficile. Per esempio, in Europa, abbiamo tutti la barbabietola da zucchero perché non abbiamo la canna da zucchero (tranne qualcosina in Spagna, mi sembra)! Ma ci sono tantissime altre cose da raccontare, di un paese, anche solo rifacendosi al notiziario della sera...

    RispondiElimina
  6. @ Minty:
    Guarda, non me ne parlare - ma soprattutto non parlarne agli insegnanti di sostegno, o almeno prima armati di una bella corazza ignifuga. I ragazzi non sono spariti alla chiusura delle scuole, ma diversi giorni prima, perché "non c'era personale che potesse stargli dietro". Non ho capito bene, anche perché non ho osato fare domande al sostegno che ha ricevuto la chiamata, anche perché stava RUGGENDO peggio di Smaug. Ma insomma sono scomparsi da un giorno all'altro e non ci han dato modo di raggiungerli in rete, nemmeno per salutarli. Sì, fanno parte degli studenti a tutti gli effetti. Adesso (ADESSO) ci hanno offerto ! ora ! alla settimana. Chiaramente l'abbiamo presa, ma la storia è proprio come ti ho raccontato. E sono d'accordissimo con te, e tutto l'insieme è davvero molto triste!

    RispondiElimina
  7. Anch'io ho avuto mio bel daffare a riorganizzare la mia didattica, ma globalmente sono soddisfatta (a parte nella Quarta dormiente che, proprio perché è tale, non mi permette on line di svegliarli adeguatamente). Li ho organizzati con lavori di gruppo e di ricerca, parliamo tanto e ci confrontiamo, facciamo molto riferimento alla realtà... e incrociamo le dita per settembre.
    A proposito... quando ho finalmente visto la barbabietola da zucchero ho pianto di commozione. Credevo fosse una pianta mitologica...

    RispondiElimina
  8. Dell' insegnamento a distanza ho fatto pratica sia durante l'esperienza australiana che quella inglese. Almeno nelle scuole (paragonabili alle private parificate nostre) che avevano creduto nelle mie capacità, lo studio a distanza era contemplato ma erano una minoranza. Non tanto come sostituzione dell' aula ma come affiancamento extra orario. Era comunque un bel guaio. Il problema per me era il tempo di reazione un "tutto chiaro? dalla cattedra"
    riceveva un Ok immediato o una mano alzata per un dubbio. Vallo a fare in multisessione e sì che son una nata col pc in culla e sufficientemente smanettona da non aver mai dovuto chiamare un tecnico. Alcuni lati positivi ci sono ma si perdono elementi troppo importanti della comunicazione, della socializzazione, dell' interazione.
    Hai già i film che mi hai chiesto sul tuo scaffale purtroppo non di qualità High.
    Un abbraccio
    Dani

    RispondiElimina
  9. @ Dolcezze:
    no, non le ho mai trovate mitologiche. Ma da delle "Barbabietole" mi aspettavo che fossero rosso scuro e tondeggianti. E invece mi ritrovo delle carote anemiche...
    Anch'io cerco di fare le cose in moso un po' diverso, piuttosto che una brutta copia delle lezioni "normali". A modo suo è una sfida divertente.
    "E adesso che ho dimostrato di sapere accettare le sfide in modo innovatore e sono un po' stanca, io e i ragazzi, ce la rendereste un po' di routine? Grazie"

    @ Dani:
    Grazie per i film. Sì, i tempi di reazione ci spiazzano, ma vedo che sono lenti anche nelle trasmissioni televisive in tempi normali, quando la rete non è in sovraccarico. Comunque fatta come appendice e completamento della didattica a vista magari è una roba più domestica, forse. Se già conosci gli alunni. In circostanze particolari.
    E grazie per i film, aspetto con gratitudine! 😃❤️🐈

    RispondiElimina
  10. La mia esperienza della Dad in qualche modo è in linea con ciò che scrivi nel post e che scrivono i commentatori, quindi non starò qui a ripetermi; salta all'occhio un dato: attendiamo tutti la conclusione di quest'anno scolastico, che dal 4 marzo si è trasformato in un congegno mostruoso, gestibile, ma invasivo. E i colleghi non è che scherzino in tal senso. Mi nuocciono, infatti, le riunioni varie...

    RispondiElimina
  11. Questo li sta battendo tutti! Ed è il motivo per cui rispondo solo adesso. Vorrei fare un supero commento, ma non solo la DaD mi chiama, ma ho anche figlia da accudire (ecco, io interrogo mentre lei gioca sulle mie ginocchia con i pupazzetti di Harry Potter e ho dovuto censurare gli effetti della bomba atomica, per non traumatizzarla...).

    RispondiElimina
  12. @ Mel:
    E le riunioni nuocciono soprattutto al fegato! il mio, almeno, è davvero ridotto male dopo aver intraveduto le regole che (forse, perché ancora non hanno firmato il decreto) dal MIUR hanno stabilito per il nostro esame delle medie, che avrà valore di esame di stato ma non sarà un esame e gli alunni dovranno (forse) produrre un elaborato che comunque non farà parte dell'esame, perché non sarà un esame bensì uno scrutinio e...
    della serie "per favore, quando fumate, metteteci dentro anche un po' di tabacco".

    @ Tenar:
    E io vorrei fare un super post! Sono ormai sei giorni che lo vorrei fare, e invece sono in ritardo perfino sui commenti
    (la storia della bambina e della bomba di Hiroshima smorzata comunque è bellissima, mi sono rotolata quando l'ho letta).

    RispondiElimina