Per puro caso ho sentito nominare questo libro di ricordi di scuola. Il nome dell'autrice mi ha fatto suonare un campanello in testa: possibile che fosse una Olschki degli Olschki di Firenze, celebri editori (anche) di testi di letteratura latina medievale e rinascimentale?
Ma certo che era lei.
Possibile quindi che la terza liceo fosse una terza liceo classico di uno dei licei storici di Firenze?
Sissignori, lo era: il celebre liceo classico Dante, il migliore di Firenze. Perché a Firenze avevamo tre licei classici (poi sono diventati quattro ma uno si è fuso appunto col Dante, per cui adesso sono di nuovo tre), ognuno dei quali era il Miglior Liceo Classico di Firenze (sì, anche il Galileo era il Miglior Liceo Classico di Firenze, e lo era anche il Michelangelo, naturalmente).
E' un piccolo libretto, un centinaio di pagine del formato Sellerio, che è piuttosto piccolo, e dieci sono occupate dalla prefazione di Piero Calamandrei. L'autrice lo ha scritto nel 1954, quindici anno dopo gli avvenimenti narrati e Calamandrei le ha scritto la prefazione perché Marcella Olschki è stata sua allieva all'università; nella prefazione, a suo modo notevole quanto il libro stesso, disserta assai sul lavoro, il ruolo e la funzione dell'insegnante nella formazione dell'alunno, ma ci ricorda anche un piccolo particolare che spesso sembra sfuggire quando si parla di fascismo: i ragazzi della Resistenza sono proprio quelli che sin dalla nascita sono stati imbevuti e assediati da ogni lato dalla propaganda fascista - il che lascia aperta la porta a molte utili e interessanti riflessioni sull'opportunità e l'utilità dell'indottrinamento precoce, a volte secondo me decisamente sopravvalutato sui suoi effetti a lungo termine.
Il libretto è stato poi ripreso da Sellerio negli anni 90, con la prefazione di Calamandrei al seguito (che a a quel punto era diventata anch'essa un prezioso documento storico) e ha avuto diverse edizioni, ma ormai è esaurito, straesaurito e mi è parso di capire che si faccia una certa fatica anche a trovarlo all'usato. Per giunta non ne esiste una versione liquida, e qui tramonta il mio sogno di acquistarlo per la biblioteca della scuola, dove starebbe come un topo nel formaggio, e magari di adottarlo pure come testo di narrativa in qualche terza.
Si tratta di uno di quei testi felici per loro brevità, ricco di ogni tipo di aggancio didattico, di lettura rapida e davvero assai gradevole, che descrive in modo divertente e divertito un classe, un liceo, un sistema scolastico e un momento assai particolare della nostra italica storia.
1939, a un passo dall'inizio della seconda guerra mondiale, che avrebbe ridimensionato tanti drammi che sul momento sembravano così seri, compreso quello che chiude la vicenda. Le leggi razziali erano state già approvate ma la protagonista, nonostante il cognome e il padre ebreo, ne è sfiorata solo in modo marginale perché l'arianità della madre la protegge; descrive però molto bene l'atmosfera di casa, dove il padre soffre per i problemi che la sua esistenza in vita procura alla figlia - e di fatto la vera colpa del pover'uomo è per l'appunto quella di essere nato, come osserva l'autrice.
Una classe allegra, simpatica e un po' scervellata, molto simile a quella in cui ho passato la mia personale terza liceo in un momento storico completamente diverso; e davvero molte cose in questo racconto mi rafforzano nella teoria che la scuola ha in sé qualcosa di immutabile, indipendentemente dalla cornice storica che la circonda. Compagni simpatici ma anche misteriosi, come il ragazzo o meglio l'uomo descritto nel primo capitolo, pluriripetente, elegante e assai educato, che rifiuta ostinatamente qualsiasi compromesso con lo studio ma che per i compagni è fonte di perenne allegria. Professori che...
Ecco, sì: qualcosa di strano nei professori effettivamente c'è. Ma quando mai nei professori non c'è qualcosa di strano? Rassegniamoci: se tutti ci descrivono come una categoria stravagante, c'è pure un suo motivo.
Qui gli sventurati docenti sono costretti a barcamenarsi con la propaganda fascista - e il fatto che molti la approvino anche incondizionatamente non gli semplifica in alcun modo la vita; e il lettore scopre con sincera sorpresa che certi giorni, a ore prefissate, la radio nazionale in tutte le scuole ammaniva saggi insegnamenti di regime, spesso con un notevole sprezzo del ridicolo (assolutamente favoloso e, temo, assolutamente reale e anzi narrato con singolare rigore filologico il capitolo dedicato all'autarchia e al risparmio dei fondi di caffè, che mi meraviglio molto che non sia ormai da decenni in tutte le antologie delle medie); quanto a come le scolaresche accogliessero tali saggi consigli, beh, ogni insegnante o anche solo chiunque abbia fatto parte di una classe per più di dieci minuti può ben immaginarselo.
C'è il professore carogna, naturalmente - nessuno può nemmeno sognarsi di scrivere un libro sulla scuola senza metterci un professore carogna, soprattutto se il libro è rigorosamente autobiografico - e in un racconto ambientato in questo periodo il cattivo della storia quasi inevitabilmente è fascista, e pure un po' suonato; un po' parecchio, nel caso specifico.
Sta di fatto che l'adorabile, solare e un po' stordita Marcella (così l'autrice si descrive per tutta la narrazione) gli manda una cartolina decisamente fuori dalle righe, avendo cura di firmarla, quando ormai il liceo è finito e i loro rapporti anche - e il professore è ben felice di cogliere la palla al balzo e denunciarla per oltraggio a pubblico ufficiale: una vera denuncia, cui farà seguito un vero processo - anzi due: il primo grado e l'appello. Perché il professore, certo, è suonato, ma anche il giudice del primo processo non scherza mica e insomma, dopo la condanna inflitta alla delinquente nel primo grado si rende necessario un ricorso in appello per riportare le cose sui binari della normalità e del buon senso; e nel ricorso viene chiamato anche in causa il preside, che contribuisce non poco a guidare il procedimento verso una sentenza di assoluzione - e tutto sommato di questa vicenda ci sarebbe molto da ridere, se non ci fosse ancor di più da piangere.
A conti fatti un libro ancora molto attuale, oltre che una piacevole lettura dall'apparenza leggera.
Consigliato a tutti, in qualsiasi circostanza o stato d'animo o stagione, ma particolarmente adatto per l'estate.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti una bella estate e felici vacanze.
Tu ci incuriosisci così e poi ci comunichi che non potremo leggere questo libro?!? È verissimo :la scuola è sempre uguale e sempre diversa, raffigurazione in piccolo della società
RispondiEliminaBeh, in biblioteca lo trovi con una certa facilità. Ma per molti e tanti motivi, non soltanto storici, mi sembra in effetti uno di quei libri di cui dovrebbe essere OBBLIGATORIO da parte degli editori tenere sempre una edizione disponibile in commercio. Almeno l'e-book, santiddio! Tra l'altro è una specie di pendant italiano de "L'amico ritrovato" - una cosa del tutto casuale perché i due libri sono nati in modo assolutamente autonomo, ma ad esempio far leggere entrambi tra seconda e terza media durante l'estate o in classe durante la terza sarebbe una operazione davvero conveniente sul piano didattico, e molto interessante per i nostri allievi. Piacerebbe a volte capire PERCHE' i nostri editori sono così disperatamente idioti.
RispondiEliminaBello! Lo tengo presente!
RispondiEliminaComunque io ce l’ho liquidissimo, per chi desidera... 😎
RispondiEliminaIo! Io! Io! IO!!!
RispondiEliminaLo desidero, lo desidero moltissimo, grazie!!!!
Te l'ho lasciato al tuo indirizzo murasaki@etc!
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