venerdì 22 marzo 2019

Mansfield Park - Jane Austen

Può darsi che a suo tempo Mansfield Park sia stato pubblicato in Italia nella vecchia BUR grigia (sì, quella che dopo sessanta o settant'anni ormai si sfalda quando la riprendi in mano, e peccato perché erano sempre edizioni integrali e con ottime traduzioni). Sta di fatto che quando ero una giovinetta implume in libreria non si trovava e solo nel 1983 Garzanti la propose (o ri-propose, forse) nella collana dei classici. Naturalmente mi ci precipitai sopra come un falco affamato si precipita sulla preda e lo spolpai in pochi giorni rimanendone assolutamente soddisfatta. Ma sono una delle poche.
Tra i sei romanzi di Jane Austen infatti è il meno amato, e lo fu anche ai tempi della sua prima pubblicazione - con una certa delusione da parte di Jane, sospetto., che ci aveva dedicato parecchio lavoro visto che dei sei è il suo romanzo più lungo.
Aggiungo che la rilettura più recente l'ho fatta un paio di mesi fa durante la mia ultima degenza ospedaliera, scaricandolo aggratisse dalla rete, dove si trova molto facilmente. L'edizione che mi capitò fra le mani aveva la traduzione di Giuseppe Ierolli e conteneva anche una ricca appendice dove erano raccolti diversi interessanti documenti e soprattutto l traduzione integrale di Giuramenti di innamorati, la commedia che nel corso del romanzo i personaggi cercano di allestire e che l'autrice non riassume, dandola assolutamente per conosciuta da tutti i suoi lettori; al giorno d'oggi, ahimé, Giuramenti di innamorati è stata  completamente dimenticata, almeno in Italia (se pure è mai stata conosciuta due secoli fa) e potersela legge aiuta a capire un bel po' di allusioni e di commenti fatti appunto nel corso dell'allestimento dello spettacolo. Insomma, consiglio vivamente di cercare quell'edizione perché è un bell'aiuto per il lettore e mi scuso vivamente per non sapervi indicare da dove l'ho scaricata (in modo del tutto legale e alla luce del sole, garantisco): quelle sono state per me settimane un po' confuse e insomma mi sono completamente dimenticata di dove l'ho presa.

Come mai Mansfield Park è meno popolare degli altri romanzi?
Non sono la persona più adatta a rispondere, visto che a me è piaciuto moltissimo, tanto che è il mio preferito subito dopo Orgoglio e pregiudizio; posso solo azzardare delle ipotesi.
E' il romanzo meno divertente tra i sei, tanto per cominciare. Veramente non ci si fanno poi queste gran risate nemmeno con l'ultimo, Persuasione, che però vanta foltissime schiere di apprezzatori. Comunque in Mansfield Park quasi tutti i protagonisti passano il loro tempo soffrendo come cani, soprattutto per questioni di amore non corrisposto e per gelosia - e sempre con l'obbligo sociale di mantenere una facciata serena e brillante. 
La protagonista, Fanny, risulta abbastanza antipatica (non a me, sia chiaro): molti la trovano troppo perbenino e ha il grande inconveniente di non sbagliare un colpo, mai. Fanny ragiona senza orgoglio e senza pregiudizio, ha un suo codice morale molto rigoroso e una sensibilità quasi esasperata, non prende mai in giro nessuno e piange parecchio, anche se di solito senza farsi vedere. E' anche abituata a vedersi scavalcare da tutti, e quindi non pesta mai i piedi per difendere i suoi diritti anche quando avrebbe ottime ragioni per farlo.
Altrettanto ingrato risulta il suo prediletto, Edmund, anche lui un po' troppo perfettino e perbenino. E anche lui mi piace moltissimo, quindi fatico a simpatizzare con chi non lo apprezza. 
D'accordo, né lui né Fanny hanno uno spiccato senso dell'umorismo - ma in fin dei conti non lo aveva nemmeno Fitzwilliam Darcy, che vanta invece schiere numerosissime di fan.
Va detto poi che non c'è una scena d'amore che sia una - si svolgono tutte dietro le quinte - e questo può effettivamente dispiacere in un romanzo dove si parla quasi esclusivamente d'amore. C'è un certo fondo di moralismo e una grande abbondanza di buoni sentimenti, ma a ben guardare c'è in tutti i romanzi di Jane Austen, solo che negli altri le circostanze di solito sono più gentili per tutti, mentre Mansfield Park è sfiorato più di una volta dall'ala della tragedia e ha un lieto fine solo per alcuni dei personaggi. 
Ci sono poi i due fratelli Crawford, brillanti vivaci e spiritosi, che ho sempre trovato di una antipatia mortale (soprattutto Henry) ma che alla media dei lettori risultano molto più simpatici dei due perfettini perbenisti.  Entrambi comunque hanno una singolare capacità di di complicarsi la vita con le loro mani e l'autrice rifiuta costantemente di soccorrerli quando sono nelle ambasce - ma in effetti proprio non so perché dovrebbe: di fatto i Cawford non si mettono nei pasticci per ingenuità o imprudenza, ma perché se ne fregano di tutto e di tutti tranne che di sé stessi, e in effetti non sono il tipo di persone che sono più portata ad apprezzare.

E' un romanzo di gente ricca, ma è anche il romanzo, tra i sei, che mette più apertamente in rilievo i problemi che si possono avere quando si fa parte della gentry ma non si hanno adeguati soldi.
Ho scritto che leggendolo non ci si fanno poi queste gran risate. In realtà non è vero, e contiene alcune delle più acuminate frasi uscite dalla penna dell'autrice, a partire dall'inizio quando spiega che "di certo al mondo non ci sono abbastanza uomini ricchi per tutte le donne graziose che se li meriterebbero" - e il problema di partenza è proprio questo: Maria Ward, donna di notevole bellezza ma con un modesto patrimonio personale di 7000 sterline, ha avuto la fortuna di conquistare Sir Thomas Bertram di Mansfield Park, diventando così Lady Bertram; a suo tempo tutti convennero che per avere il diritto di aspettarsi una fortuna del genere le mancavano almeno 3000 sterline, ma anche sull'evidente fatto che un matrimonio così ricco era un colpo di fortuna anche per le due sorelle minori di Lady Bertram che quindi avrebbero facilmente stretto matrimoni altrettanto vantaggiosi. E invece non va così, appunto perché ci sono più ragazze graziose che gentiluomini ricchi pronti a sposarle, e così le due sorelle minori dovettero contentarsi: la maggiore delle due sposò un sacerdote che non aveva nulla di suo (ma Sir Thomas provvide a fornirlo di adeguato beneficio ecclesiastico) mentre la minore, Frances, sposò contro il volere della famiglia un luogotenente di marina senza soldi né conoscenze e senza nemmeno un buon carattere a raccomandarlo. In compenso il luogotenente di marina si mostrò assai fertile sin dai primi anni, col risultato che gli sposi più squattrinati si ritrovano con una bella nidiata. Sir Thomas decide di aiutarli e, tra le altre cose, prende in casa una delle bambine: Fanny, la Cenerentola di turno - che non viene maltrattata e messa a fare le pulizie di casa o roba del genere, ma che comunque si ritrova sempre in seconda linea rispetto ai quattro figli di Mansfield Park occupando un ruolo che è più quello di una dama di compagnia per Lady Bertram che quello di una figlia adottiva. Tenera, sensibile e molto, molto paziente, la piccola Cenerentola si innamora ben presto di Edmund, il fratello minore, ma ha molta cura di nascondere la cosa - per molto tempo perfino a sé stessa.
Quando Fanny raggiunge l'età giusta per essere presentata in società e Edmund, destinato agli ordini eccclesiastici, sta per essere ordinato sacerdote, a un passo da Mansfield Park piombano i due fratelli Crawford, pieni di fascino e di soldi; e siccome i quattro giovani Bertram sono molto belli e tutt'altro che poveri, inizia una lunga serie di corteggiamenti intrecciati complicati dal fatto che la maggiore delle sorelle Bertram, Maria, è già fidanzata con un ricchissimo e ottimo partito che non ha nulla per raccomandarlo quanto a fascino e simpatia ma di cui le piacciono molto la posizione sociale e i vasti possedimenti. Aggiungiamo che il giovane Crawford ama moltissimo farsi corteggiare e che la giovane Crawford è molto attratta da Edmund ma non sopporta l'idea di legarsi a un ecclesiastico e che Sir Thomas, padre nobile ai limiti dell'insopportabile, passa una buona metà del romanzo all'altro capo del pianeta a badare alle sue proprietà e otterremo una miscela esplosiva in cui all'improvviso si ritrova coinvolta perfino Fanny, quando Crowford il Farfallone decide che la piccola di casa è troppo indifferente al suo fascino e che quindi è indispensabile che anche lei ceda al suo fascino come già hanno fatto le due sorelle Bertram. Naturalmente il tutto finirà in un mezzo disastro - beh, per qualcuno a dire il vero finisce in un disastro completo e senza remissione, e il Qualcuno in questione alla fine può incolpare solo sé stesso... e la sciagurata scelta di farsi trascinare dai sentimenti che fino a quel momento aveva tenuto assai a bada per un sacco di motivi uno più opportunistico dell'altro.
Insomma, i buoni alla fine del romanzo ottengono adeguata ricompensa della loro bontà,  mentre i meno buoni finiscono in castigo - qualcuno anche a tempo indeterminato, ma il tutto è così ben motivato e ben condotto che per conto mio ogni volta resto assolutamente ammirata per l'abilità e il realismo con cui l'autrice ha gestito una trama tutt'altro che semplice, anche se un po' resto dispiaciuta per come chi si sia messo nei pasticci si ritrovi poi costretto a restarci.

Due postille prima di concludere.
La prima riguarda Mrs. Norris, la zia cattiva che opprime costantemente Fanny sotto il peso di una serie di angherie non troppo crudeli (ma solo perché Edmund e Sir Thomas non lo permetterebbero mai!) ma, garantisco, comunque davvero spiacevoli e offensive quanto inutili: di lei non sapremo mai il nome, è sempre e soltanto Mrs. Norris. Quasi due secoli dopo J.K. Rowling chiamò proprio Mrs. Norris la perfida gatta dell'irascibile custode Argus Gazza. I lettori italiani però se ne accorsero solo se e quando presero in mano il testo in inglese, perché i traduttori ignorarono completamente il riferimento letterario e chiamarono la spettrale gatta "Mrs. Purr".
La seconda postilla riguarda il bel saggio che Nabokov dedica a Mansfield Park nelle sue Lezioni di letteratura, dove tra l'altro si parla molto sia della tentata rappresentazione di Giuramenti di innamorati sia, soprattutto, del bellissimo gioco di anticipazioni e rappresentazioni più o meno simboliche degli sviluppi futuri della vicenda che sono una delle cifre più caratteristiche di Jane Austen - e di cui questo romanzo è particolarmente ricco (peraltro, prima di leggere Nabokov, non ci avevo mai fatto caso se non a livello inconscio).

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e mi riprometto solennemente di essere molto più regolare nella mia partecipazione, d'ora in poi. Possa la primavera regalarvi piacevolissime ore di lettura mentre guardate dalla finestra gli alberi in fiore - in attesa che si alzi un po' la temperatura e che sotto gli alberi in fiore possiate andare a leggere godendovi il profumo e il tepore della bella stagione.

venerdì 8 marzo 2019

8 Marzo - Festa della donna

Nell'età dell'oro della mia radiosa giovinezza, ovvero quei favolosi tardi anni 70 in cui una serie di leggi e riforme sembrava garantire alle fanciulle in fiore un avvenire aperto a ogni avventura e scevro di ogni discriminazione, l'8 Marzo era una festa rigorosamente al femminile dove la mimosa era un regalo da scambiarsi tra donne e, in  caso, da portare alle professoresse; soprattutto era un giorno speciale in cui si poteva ribadire l'importanza di essere donne (cosa di cui eravamo tutte molto fiere, anche se in effetti il merito di sì felice genere era da ascriversi esclusivamente ai nostri padri). O almeno, nel mio giro, nella mia classe e nel mio liceo la vivevamo così.
Con gli anni la mimosa è diventata qualcosa che ci regalavano gli uomini (presidi, capufficio e innamorati) e la cosa mi piaceva molto meno, ma ho sempre ringraziato con bel garbo. 
Poi nacque l'abitudine di uscire per cena in gruppi al femminile - e anche lì non ero molto convinta, perché mi sembrava che uscire fra donne fosse cosa che ci spettava di diritto 365 giorni all'anno (366 negli anni bisestili), ma non c'era motivo di rinunciare a una pizzata tra amiche per cui partecipavo sempre di buon grado, specie se la riunione era a casa di una di noi e non in qualche ristorante dove ci spennavano facendoci pagare il doppio del consueto in cambio di una fronda anemica di mimosa e di una cucina più trascurata del solito a causa del sovraffollamento del locale.
Arrivò poi l'uso di andare in gruppo nei locali dove c'era lo spogliarello maschile - un rituale cui non ho mai partecipato e che mi sembrava leggermente idiota, ma dal momento che nessuno ha mai chiesto il mio parere in merito, mi sono ben guardata dal darlo.
Tali cene-con-spogliarello venivano spesso servite con un menù garbatamente allusivo (di quelli, per intendersi, che avrebbero fatto senso ad uno scaricatore di porto della più vivace tradizione) di cui passo ora a dare un forbito esempio:

Corre voce che questo specifico menù sia durato lo spazio di un mattino in quanto, dopo alcune assai vibrate proteste, è stato precipitosamente ritirato con un contrito discorsetto di scuse da parte dei gestori - e del resto non è molto chiaro perché le clienti di cotal ristorante dovrebbero passare la serata a spasimare per un po' di sesso dopo essersi volontariamente allontanate da chi molto di buon grado glielo avrebbe elargito (o, se lesbiche, essendo vicine a chi volentieri gliene elargirebbe dietro cortese richiesta).
Venne poi il tempo di deprecare la violenza sulle donne - cosa assai giusta da deprecare, ma perché proprio il giorno della nostra festa?  - e di lamentarci per i molti soprusi ai quali in quanto donne siamo sottoposte, nonché di scannarci tra noi in nome delle più varie questioni: infatti non c'era più un femminismo soltanto, ma era arrivata la stagione de I femminismI - perché col tempo ogni donna aveva imparato ad essere femminista a modo suo, e tenendo conto di quante siamo, trovare un comun denominatore tra tante individue non è certo cosa facilissima.
Poi arrivò il Gran Lamento Maschile, perché molti uomini si lamentavano di essere discriminati e che per loro non c'era una festa specificamente dedicata (e ogni volta che sento 'sta storia faccio gran fatica a non ringhiare tra i denti "Ah sì, volete una festa? Mo' venite qua che ve la facciamo una volta per tutte, la festa, e più che volentieri").
Oggi la Festa delle Donne dell'8 Marzo è diventata un gran lamento, specie se in quel giorno ti affacci sui social, e i maschietti intervengono moltissimo, spesso e volentieri spiegandoci anche come dovremmo festeggiarlo e come vivere la nostra condizione femminile, ma soprattutto insistendo su come dovremmo essere in quanto donne.
Qualche uomo, ammettiamolo, riesce a cogliere il lato demenziale di tutto ciò:
Sì, la parte legata all'argomento del post è la seconda vignetta della seconda striscia.
No, non sono capace di postare solo quella, altrimenti l'avrei fatto
(la tavola viene dal fumetto che ZeroCalcare ha dedicato alle unioni civili, e che merita assai)
Ma la maggior parte... vabbé, paragonare l'ufficio propaganda della Lega di Crotone a ZeroCalcare è decisamente ingeneroso e quindi non insisterò sul confronto. 
Però trovo che il volantino che quest'anno la Lega di Crotone ha dedicato all'8 Marzo meriti una citazione perché a modo suo è altrettanto divertente, anche se in modo involontario:
Ad ogni modo è noto che provare a discutere con i leghisti è tempo completamente perso. 
Non si tratta comunque degli unici che sembrano convinti che le donne necessitino di spiegazioni sul modo giusto di stare al mondo:
Che una donna servano specifiche istruzioni per essere adeguatamente femminile mi sembra una contraddizione in termini: in teoria la femminilità dovrebbe essere quell'insieme di caratteristiche che fanno di una donna una donna, che insomma si possiedono spontaneamente, e dunque la femminilità è composta da quelle caratteristiche che le donne hanno, e non da quelle che alcuni (che donne non sono) han deciso di voler loro attribuire. Una donna potrà mancare di buon senso, di pudore, di istinto materno, di eleganza, di pazienza, di empatica comprensione, di senso dell'umorismo, di amore per l'arte e le belle lettere, di sentimentalismo, di sentimento, di coraggio e di tantissime altre caratteristiche, ma non di femminilità, così come un gatto non può mancare di felinità anche se è senza pelo o senza talento per la caccia e una persona con la pelle nera (o anche semplicemente un po' scura) non è obbligata ad avere il senso del ritmo per proclamare con fierezza "Black is beautiful" mentre sfila orgogliosamente in corteo.

La Festa della Donna (detta anche Giornata Internazionale della Donna) è dunque una strana entità formata da molti strati. Il fatto che si festeggi proprio l'8 Marzo fa pensare che all'origine fosse niente di più e niente di meno della solita festa di inizio di primavera* dove le donne venivano omaggiate in virtù della loro potenziale fertilità -  una festa di nascita o di rinascita, insomma. Molto rispettabile, senza dubbio, molto importante, e ognuna di noi ha diritto di festeggiarla nel modo che più ritiene opportuno, anche guardando uno spogliarello se così le gira (del resto queste feste di inizio primavera includono spesso anche un aspetto fallico, com'è logico che sia) e senza mostrare troppa pazienza e comprensione verso chi si impiccia di ciò che non lo riguarda. Le riflessioni, anche sconsolate, sulla condizione femminile sono opportune e benvenute, le tavolate di amiche a cena insieme anche, e qualche rametto di mimosa è sempre gradito, chiunque sia che ce lo porge e indipendentemente dal fatto che lo offra con sincero entusiasmo, per quieto vivere o per convenzione e contentino - ma sempre ricordandosi che è roba da donne e alle donne appartiene, anche a costo di ferire orribilmente la delicata sensibilità  interiore degli uomini (ai quale comunque nessuno impedisce di istituire una Giornata Internazionale dell'Uomo, se proprio ci tiene tanto).

Come mi pongo, nel mio ruolo di insegnante, davanti a questa festa?
Con molta discrezione: evito di fare apposite lezioni sull'argomento, a meno che a Storia non sia tempo di suffragette; e avviso sempre, con qualche giorno di anticipo, che l'8 Marzo non interrogo le ragazze, a meno che non vengano volontarie. I maschi osservano che è una ingiustizia (ma non lo dicono mai in tono troppo serio, devo dire) e io ribatto che non lo è affatto, perché gli chiedo semplicemente di prepararsi per le mie materie, né più né meno che gli altri giorni, salvo poi lasciar capire che comunque accetto volontari - e di solito qualche volontario si raccatta sempre.
La Giornata Internazionale della Donna è importante ma avranno tutti modo di pensarci più avanti quando saranno cresciuti, immagino.

*no, non c'è stato nessun rogo di operaie l'8 Marzo, né in USA né altrove. Ci sono stati molti roghi di operaie e di operai, in varie parti del mondo, dovuti a incuria e allo spregio delle condizioni di sicurezza, ma quelli attribuiti all'8 Marzo sono risultati leggende metropolitane. E magari si potesse dire lo stesso di tutti gli altri!

venerdì 1 marzo 2019

Questo non è un libro sul sesso - Chusita


Chusita Fashion Fever è una giovane vlogger (così si chiamano coloro che gestiscono un blog fatto di video) spagnola che tiene un canale su YouTube con oltre 270.000 iscritti - il che le vale, credo, anche il titolo di influencer, cioè di persona che detiene un certo potere nel formare le opinioni degli altri. Forte di queste qualifiche ha scritto una specie di prontuario di educazione sessuale indirizzato ai giovinetti, aiutandosi con le eccellenti illustrazioni di Maria Llovet. Il libro, pubblicato in Spagna nel 2016, è stato poi tradotto per l'editore Giunti all'inizio del 2018.
Siccome a scuola c'era stato di recente un gran lamentarsi che questi ragazzi, per quanto riguarda il sesso, sono di una ignoranza veramente mostruosa (lamentela perfettamente giustificata, stando a quel che ho potuto giudicare di persona) al momento di allestire la Mostra chiesi alla libraia di riferimento se aveva qualche buon libro sul sesso, di quelli indirizzati ai ragazzi e non del genere teso a rassicurare gli adulti, tutto pieno di farfalline e e fiori e sentimenti: qualcosa di concreto, che non girasse troppo intorno agli argomenti e da cui i diretti interessati potessero tirare fuori informazioni comprensibili e valide. Così la libreria mi fornì tre o quattro testi diversi, tra cui appunto quello di Chusita.
Quando arrivarono i libri e la mostra venne allestita non stetti a guardare né a controllare: per me si trattava di uno dei tanti temi su cui c'erano libri a disposizione. Notai però, col passare dei giorni, che i ragazzi che arrivavano durante gli intervalli si radunavano di preferenza intorno a un dato punto, esibendo un palese imbarazzo, risate forzate e un certo disagio, come di chi cerca di fare di soppiatto qualcosa ma non ci riesce perché è sulla pubblica piazza. Uno dei ragazzi venne per farmi notare che Thunderball stava sempre lì a guardare i libri con le cosacce, e questo mi rallietò perché voleva dire che lo scopo che mi prefiggevo era stato raggiunto. Risposi con mirabile calma non disgiunta da una ben studiata indifferenza che avevo chiesto quei libri appunto perché venissero esaminati e, in caso, comprati - che era poi la pura verità. In cuor mio disapprovavo sia le risatine che le prese di giro rivolte a quelli che, come Thunderball, mostravano interesse per la materia: non sono mai riuscita a capire perché nella cultura attuale si dia per scontato che i ragazzi, soprattutto maschi, si interessino al sesso ma si dà ancor più per scontato che debbano vergognarsi almeno un po' per cotale loro interesse (che alla mia antiquata mentalità sembra invece più che legittimo), e ancor più disapprovo che i ragazzi appoggino tale balordissimo atteggiamento mostrando effettivamente di vergognarsi almeno un po' - ma mi rendo conto di avere ormai una certa età e che probabilmente questo mi impedisce di comprendere appieno la mentalità giovanile contemporanea, senza contare che, pur avendo sempre osservato un rigoroso riserbo riguardo alla mia vita più intima, non l'ho mai vissuta come qualcosa di cui vergognarsi, essendosi completamente dimenticati i miei genitori di instillarmi sensi di colpa a tal proposito.

Ed eravamo ormai arrivati al terzo giorno quando, raggiungendo la Mostra dopo la fine dell'orario  delle lezioni, le custodi mi consegnarono il libro di Chusita e un foglietto con su scritto "Libro ritirato dalla vendita perché inadatto" spiegandomi che il biglietto era della prof. Casini, responsabile di plesso. 
Decisamente irritata feci coriandoli del biglietto e rimisi il libro dove era stato fino a quel momento: la prof. Casini poteva anche essere la responsabile del plesso, ma io e soltanto io ero responsabile della Mostra e della Biblioteca, perciò rompesse poco e se quel libro non le stava bene, andasse alla stazione di St. Mary Mead e si attaccasse pure al treno.
Quanto alle custodi, palesemente divertite, mi assicurarono che loro con quella storia non c'entravano niente e si erano limitate a fare da postine.
Durante il pomeriggio la prof. Casini mi gratificò di una lunga telefonata per assicurarmi che nemmeno lei c'entrava niente, e che si era limitata ad eseguire le istruzioni della VicePreside, che a sua volta era intervenuta a seguito di una protesta della prof. Quadrella.
Sarebbe stato interessante, a quel punto, scoprire perché la prof. Quadrella invece di andare a lamentarsi dalla VicePreside non era venuta a parlare con me, che ero piuttosto facilmente reperibile visto che quando non ero in classe a fare lezione stazionavo alla Mostra a riordinare libri, vendere libri e contare l'incasso della vendita dei libri (talvolta financo a leggere libri, cercando di valutare se era il caso di includere questo o quello nella lista degli omaggi cui avevamo diritto). Stava di fatto però che la VicePreside, al contrario della coordinatrice di plesso, aveva il diritto di darmi degli ordini e io ero tenuta ad obbedirle - perciò, arrivata all'ora di chiusura della Mostra ripresi il libro incriminato e lo feci scivolare nel mio cassetto personale. 
La mattina dopo ebbi un aperto e franco confronto* con la prof. Quadrella chiedendole come mai in un libro non ci potevano stare le stesse identiche cose che venivano dette da noi insegnanti nelle nostre lezioni di Educazione all'Affettività. Mi rispose che era una questione di età, perché certe lezioni le facevamo in Terza, non in Prima, e alla Mostra venivano anche le ultime classi delle elementari (che evidentemente era bene che restassero ancora saldamente ancorate alla fase della cicogna, dei cavoli e delle rose), ma a quanto capii in mia assenza su quel libro c'era stata una discussione piuttosto animata, in cui la fazione dei Liberali era rimasta sconfitta principalmente perché il motto della VicePreside da sempre era "evitiamo ogni possibile rogna, per quanto remota possa essere".
Quanto alle eventuali lamentele di eventuali genitori, non se n'era vista l'ombra di un cenno, e sì che in molti avevano esaminato la Mostra palmo a palmo, venendo perfino da me a congratularsi per l'ampia scelta a disposizione dei ragazzi - ma è cosa risaputa che quando servirebbe un genitore polemico che ti facesse da scudo non se ne trova mai traccia
Nel frattempo avevo avuto modo di riflettere a lungo sulla questione e ne avevo tratte due conclusioni:
1) il libro si presentava ormai piuttosto gualcito, e restituirlo così ammaccato alla libreria non era molto corretto; d'altra parte era gualcito perché era stato maneggiato parecchio e da parecchie mani, segno che l'utenza era molto interessata a leggerlo e insomma andava tenuto.
2) D'altra parte la VicePreside era all'ultimo anno di servizio, a Giugno sarebbe andata in pensione e quindi per il successivo anno scolastico il libro poteva ricomparire in pubblico senza problemi**.
Così segnai il libro tra gli omaggi e raccontai tutta la storia alla libraia, che si divertì molto - e un pochino, a dire il vero, si scandalizzò.

E allora, com'è questo terribile libro scritto dalla vlogger influencer spagnola con 270.000 e passa iscritti al suo canale su YouTube?
In tutta onestà, e per quel che ho visto, l'ho trovato un lavoro molto ben fatto, con illustrazioni assai pertinenti, pieno di buon senso e consigli pratici, scritto in un linguaggio chiaro e diretto ma non pesante e capace di affrontare l'argomento nel suo complesso senza trascurare né il cuore, né il cervello né alcun altro organo direttamente coinvolto nella questione. Ottimo da regalare a un giovinetto o una giovinetta di primo pelo o alle sue prime esperienze, così come a giovinetti ancora completamente estranei all'argomento (...almeno all'apparenza). 
La versione su carta costa 13 euro, quella liquida soltanto 7 e in più offre il vantaggio di consentire una certa privacy al lettore che può sfogliarselo in santa pace sull'e-reader o sul cellulare senza essere obbligato ad ascoltare commenti importuni o lazzi fuor di luogo.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma. Buone letture e buon inizio di primavera a chiunque passi per di qua!

*pare che, nel linguaggio dei comunicati del Quirinale, sia l'espressione usata per indicare quando il Presidente della Repubblica si è preso a pesci in faccia con qualcuno.
**peraltro il libro è ancora al calduccio nell'armadio della Biblioteca in attesa di essere catalogato, visto che in quest'anno scolastico non ho ancora messo piede a scuola.