sabato 3 novembre 2018

La mia prima visita fiscale



Ore 12.30 di Sabato. Me ne stavo al computer di sala combattendo con un post particolarmente complicato del blog, di quelli da scrivere con dieci finestre aperte contemporaneamente e un sacco di riferimenti normativi (sì, insomma, quello dedicato al fantasma del Portfolio), regolare flebo nutritiva attaccata all'apposito trespolo, e smoccolavo alla grande in modo tutt'altro che distinto per una compassata dama hejan dietro al suo paravento, quando in contemporanea suonano il telefono in camera da letto e il campanello di casa.
"Ellamiseria" smoccolo vieppiù "nemmeno fossi il ministro dell'interno".
Del telefono decido di fregarmene: se proprio mi vogliono chiamino al cellulare.
Quanto al campanello, non aspettavo nessuno, e quaggiù alle 12.30 suonano esclusivamente due categorie di persone:
- giovani volontari che raccolgono alimenti per le missioni africane
- improbabili venditori di improbabili convenientissimi contratti di telefono, luce e gas.
Ai piazzisti di improbabili contratti di solito non rispondo nemmeno. Alle collette alimentari invece partecipo sempre volentieri, ma in questo periodo le collette alimentari sono gli altri che le fanno per me, nel senso che dipendo da loro anche per un etto di burro, e quindi in casa di scorte ne ho ben poche e nemmeno posso andare a fare la spesa mirata per la missione africana come faccio di solito; e comunque i raccoglitori-missionari di solito avvisano con qualche giorno di anticipo.
"Chi è?" ruggisco.
Nessuna risposta. Nuova scampanellata. Nuovo ruggito da parte mia.

Alla terza scampanellata mi rassegno alla ria sorte, mi alzo e vado ad aprire, trascinandomi dietro il trespolo della flebo.
Davanti alla porta, un uomo con una valigetta.
"Chi è? Che cosa vuole'" gli chiedo in malissimo modo.
"...sono il medico dell'INPS"
Lo guardo malissimo "Di Sabato?!?"
"ehm... anche di Domenica, all'occorrenza"
"Alle 12.30?!?"
"...la vostra fascia di reperibilità arriva fino alle 13.00...".
Lentamente realizzo cosa sta succedendo, mi faccio da parte, io e il mio trespolo, per far passare il poveretto e lo accompagno nel corridoio scusandomi molto per come l'ho accolto.
Poi, per meglio mettere le cose in chiaro, mi rispalmo sulla sedia del computer e mi faccio portare la minestrina che avevo appena cotto. Lui si mostra molto collaborativo e me la porta.

Finiamo in un profluvio di scuse reciproche (lui veramente non avrebbe nulla di cui scusarsi, ma la mia apparizione con la flebo al seguito lo ha fatto sentire molto in colpa); gli racconto un po' della mia storia clinica, gli spiego la situazione eccetera. Lui invece mi spiega che quel tipo di chiamate le gestisce il computer e la sua non è una visita richiesta dai datori di lavoro, ovvero dalla scuola.
Mi prende un po' di documenti, mi fa firmare un po' di carte, conferma che sono davvero malata e ci lasciamo in termini assolutamente civili. Del resto, non me la sento nemmeno di dare la colpa al computer: dopo un mese e mezzo di assenza dal lavoro lo Stato ha ben diritto di controllare, e di sicuro al presente non ho nulla da nascondere: basta guardare come cammino per rendersi conto che la mia non è una abile simulazione.

E così posso dire di avere anche provato l'emozione di una visita fiscale.
Che dire, sono esperienze anche queste. Magari non del tutto indispensabili per una vita piena e ricca, ma sono comunque esperienze anche queste.

4 commenti:

  1. Di esperienze del genere ne ho un vasto numero, dato che mi ammalo con facilità alle vie respiratorie (e sempre benedetti siano coloro che si fanno le malattie in piedi perché loro si fan belli di esser gli eroi della situazione, spandendo e sparando microbi a chi non ha avuto la fortuna di ricevere il loro stesso apparato immunitario, bravibenebis): ormai se ti capita di ammalarti di lunedì o di venerdì sei ipso facto sospetta di stare mentendo. Di sicuro il motivo per cui la visita è arrivata nel sabato di ponte è quello. La cosa deve parere assurda anche ai medici fiscali: e infatti questo si è scusato, perché oltretutto nel tuo caso il computer sarà il computer, ma c'è un essere umano che lo programma e dopo un ricovero del genere, con diagnosi che l'INPS conosce per forza, la logica potrebbe far presumere la necessità di un decorso a casa persino, udite udite, nel ponte del 1 novembre.

    La cosa che secca è questa: la presunzione di colpevolezza. Dopodiché i controlli van benissimo, per carità, solo che ad esempio in una grande città i medici non hanno il tempo e la pazienza che ha mostrato il tuo. Io che il fisso non ce l'ho appendo cartelli a caratteri cubitali al citofono condominiale, pregando che nessuno li stacchi, in un cui informo di essere in casa e lascio lì il mio numero di cellulare urbi et orbi, nella speranza che il malcapitato medico lo veda, e non mi sorprenda addormentata o altro, cosa che con il febbrone può anche capitare, scampanellando e concludendo che sono al mare o ai monti a spassarmela, mentre i miei compagni di bagordi sono solo i microbi.

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  2. Ti è andata bene a poterti alzare. Una mia amica sola in casa e con un febbrone da cavallo non sentì il campanello e scoprì della visita del medico solo dopo una settimana, trovando l'avviso nella buca delle lettere. Dovette fare cose da pazzi per convincere (dimostrare era impossibile) l'amministrazione della sua onestà

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  3. Sono sconvolta! Come, non ha aperto l' ancella a ciò preposta! Il medico non ha inviato una poesia con allegato un regalino appropriato - un ramo di verbena, un pacchetto di antidolorifici, una bella foglia coi colori autunnali; non ha aspettato la tua poesia di risposta vergata su un'ecografia. Non pago, ha preteso di guardarti in piena luce! Che tempi! Saluti da una scandalizzata Lurkerella ��

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  4. @Pellegrina:
    Essendo una di quelle che le malattie spesso se le faceva in piedi (ma tanto a scuola circolano tanti di quei virus e microbi che tanto vale) non avevo esperienze di visite fiscali, specie in questo periodo dove, più che a casa, sono stata all'ospedale; quindi ho mantenuto le vecchie abitudini, per esempio "se non so chi è non apro", senza contare i sonnellini durante il giorno che sono tuttora una consuetudine (in me, segnale di esaurimento fisico ancora piuttosto forte), e tra l'altro, sempre in questo periodo, ho sviluppato un sonno piuttosto profondo mentre di solito ce l'ho molto leggero.
    Insomma, mi è andata decisamente bene, vuoi per l'esemplare pazienza del pover'uomo che ha aspettato un bel po', vuoi perché alla fine ho deciso di darmi una mossa. E capisco che l'assenza durante il ponte era sospetta, capisco tutto, ma in cuor mio temo che in questo caso il computer abbia fatto perdere tempo e soldi al pubblico erario...

    @Dolcezze:
    Con i controlli finisce spesso così: la legge di Murphy non perdona. Capisco che l'assenteismo sia un problema serio ma...

    @Lurkerella:
    Sì, dal punto di vista di una dama hejan è stata proprio una spiacevole esperienza, del tutto priva della benché minima raffinatezza! E sì che qualche rametto di verbena sarebbe stato assai gradito ^_^

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