"Portafoglio" un tempo indicava una scatola o addirittura un mobile destinato a contenere documenti
Visto che siamo in zona Halloween e per qualche giorno i fantasmi sono di rigore, ho pensato di riesumare la vecchia Saga del Portfolio, frutto avvelenato della riforma Moratti che mai giunse a maturazione.
Ne parlo un po' come curiosità storica, ma soprattutto perché mi sembra molto indicativa del modo con cui la classe politica ha affrontato il tema scuola (ma anche parecchi altri temi) negli ultimi 25 anni: con incompetenza, leggerezza, cialtroneria e tanta approssimazione.
E iniziamo con una bella canzoncina:
Ma cos'é 'sto portfolio
paraparaparaparapappà
Ma cos'é 'sto portfolio?
Chieda un poco alla Moratti
che tal mostro generò
E vedrà
Men che prima ne saprà
(da cantarsi sull'aria di "Ma cos'e' questa crisi" di de Angelis).
paraparaparaparapappà
Ma cos'é 'sto portfolio?
Chieda un poco alla Moratti
che tal mostro generò
E vedrà
Men che prima ne saprà
(da cantarsi sull'aria di "Ma cos'e' questa crisi" di de Angelis).
Cominciamo, come sempre, con un po' di normativa: ai tempi della riforma Moratti (legge 28 marzo 2003 n. 53) di cui rimangono tuttora tracce nell'ordinamento scolastico non si parlava esplicitamente di portfolio - tuttavia questa strana parola aleggiò sin dall'inizio del progetto negli ambienti scolastici: era il mitico portfolio delle competenze e avrebbe dovuto accompagnare i giovani studenti sin dagli anni delle materne. Nel DECRETO LEGISLATIVO 19 febbraio 2004, n.59 se ne parlava negli allegati, dove si spiegava che detto portfolio avrebbe dovuto articolarsi in due sezioni, una legata all'orientamento e una alla valutazione dell'alunno - in pratica avrebbe dovuto servire per dare i giudizi ma anche per aiutare l'alunno a scegliere il suo percorso formativo.
Siccome, al di là di questo, nessuno dal Ministero si era sprecato ad elargire grandi chiarimenti, le scuole più volenterose avevano provato a imbastirsi un portfolio (magari aiutati da altrettanto volenterosi editori che allegavano ai loro libri appositi fascicoli per creare il portfolio in questione) ma tutti erano andati un po' a tastoni, con esperimenti improntati ad un'ampia gamma di soluzioni e alla massima flessibilità, in modo da proporsi come efficace supporto all'azione educativa e agli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi formativi di ciascun alunno (ovvero aveva fatto un po' il cazzo che gli sembrava più pertinente) secondo quanto affermato dalla circolare ministeriale 85 del 3 Dicembre 2004, dove finalmente qualcuno decise di sporcarsi le mani e dare qualche elemento chiarificatore.
E quanto chiarificatori furono, questi elementi!
Per prima cosa venne precisato che, visto che si trattava di un processo ancora in fase di avvio, interessava di più che le scuole si occupassero della parte valutativa del portfolio.
E, tanto per cominciare con i chiarimenti, il primo da dare sarebbe senz'altro "Come accidenti ve lo dobbiamo fare, questo accidenti di portfolio?" Così il Ministero chiarisce che è opportuno che la strutturazione e l'utilizzo del Portfolio siano improntati ad un'ampia gamma di soluzioni e alla massima flessibilità, in modo da proporsi come efficace supporto all'azione educativa e agli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi formativi di ciascun alunno.
D'altra parte, l'esperienza realizzata nel corrente anno scolastico potrà consentire di affinare e qualificare l'impiego di tale strumento, avvalendosi dell'apporto diretto e partecipato delle scuole.
Che tradotto in italiano suona più o meno come "fate un po' il cazzo che vi pare, poi magari se ci gira passiamo a dirvi se avete fatto giusto o sbagliato, e chissà che a forza di tentare qualcuno di voi non trovi la strada giusta e ce la spieghi".
Secondo punto da chiarire: chi se ne dovrebbe occupare? Perché il portfolio, come tutte le cose di questo mondo, mica si fa da solo.
Ed ecco il pronto chiarimento del MIUR:
ferma restando l'autonoma determinazione delle singole istituzioni scolastiche, si raccomanda di ispirarsi a criteri di funzionalità ed essenzialità, anche per non gravare i docenti di adempimenti formali aggiuntivi.
e insomma, se non è un chiarimento questo... fate voi, ma non perdeteci troppo tempo.
D'accordo, facciamo noi, ma come?
La cura della sezione relativa alla valutazione è rimessa alla diretta competenza di tutti i docenti titolari delle attività educative e didattiche previste dai piani di studio personalizzati (articoli 8 e 11 dello stesso decreto).
Insomma, Tecnologia valuterà Tecnologia, Lettere valuterà Italiano e Musica valuterà Musica. Ecco qualcosa che, senza i chiarimenti del MIUR, non sarebbe mai venuto in mente a nessun docente. Ma...è opportuno ricordare che il portfolio documenta il processo di apprendimento di ciascun alunno, nonché gli elementi di rilievo del comportamento, anche mediante annotazioni relative al conseguimento degli obiettivi formativi delineati nei Piani di studio personalizzati.
Le annotazioni significative dei processi di apprendimento, effettuate secondo scansioni temporali individuate direttamente dagli insegnanti interessati, concorrono alla organica e formale valutazione periodica dell'alunno, da riportare sulla scheda personale e da comunicare alle famiglie, ovviamente nel rispetto delle regole sulla riservatezza.
Le annotazioni significative dei processi di apprendimento, effettuate secondo scansioni temporali individuate direttamente dagli insegnanti interessati, concorrono alla organica e formale valutazione periodica dell'alunno, da riportare sulla scheda personale e da comunicare alle famiglie, ovviamente nel rispetto delle regole sulla riservatezza.
E meno male che i docenti non andavano gravati di adempimenti formali aggiuntivi - In effetti devono solo aggiungere commenti individuali legati al percorso didattico individuale. Però possono scegliere da soli ogni quanto farli, questi commenti individuali.
Niente scartoffie aggiuntive, ah no, assolutamente.
Ad ogni modo tutto questo non chiariva cosa doveva esserci in questo accidente di portfolio.
Ma per fortuna un anno dopo arriva una bella normativa vieppiù chiarificatrice, probabilmente da considerarsi allegato virtuale della circolare del 2004: 10 Novembre 2005, Linee guida per la definizione e l'impiego del Portfolio delle competenze nella scuola dell'infanzia e nel primo ciclo di istruzione.
Durante l'anno trascorso comunque i vari IRRE regionali (appositi organi preposti allo sviluppo dell'autonomia scolastica, che non so se esistono ancora; quello che cito qui è comunque tratto dal documento elaborato dall'IRRE della Lombardia, ma è un documento che in rete non mi pare si trovi più) si erano dati parecchio da fare e avevano rintracciato ed esaminato quante più esperienze significative ... al fine della individuazione e definizione degli elementi fondamentali e imprescindibili che ogni Portfolio ... dovrà contenere, in quanto effettiva certificazione di competenze.
Insomma, la palla era passata agli IRRE, che avevano deciso come doveva essere il portfolio.
E se qualcuno pensa che non sia una procedura molto seria per un ministero nazionale inventarsi la necessità di un corredo didattico per un alunno senza dire come va fatto e sbolognare il lavoro a una pluralità di enti regionali (che, essendo venti enti diversi, avranno ragionato ognuno a modo suo, si suppone) non so che dire se non che sono d'accordo con lui/lei.
Così comunque scriveva l'IRRE di Lombardia:
(il portfolio) comprende la scheda di valutazione e la scheda di orientamento. La prima è redatta sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero ... La seconda è costruita dalle scuole e dai responsabili del processo educativo seguito dagli allievi, e si stratifica lungo il percorso formativo.
Per intendersi la prima era la buona, vecchia scheda di valutazione che da sempre diamo agli alunni a fine trimestre/quadrimestre e a fine anno, e trasmettevamo all'istituto di grado superiore terminato l'esame di terza media. La seconda era un curioso ricciocorno schiattoso a noi completamente ignoto; tra l'altro sorgeva spontanea la domanda: cosa diamine orienti a tre anni, o a sei, da doverlo poi stratificare?
Mistero.
Nel portfolio andava comunque anche messo qualcos'altro, e finalmente l'IRRE ce lo viene a spiegare: nel portfolio,gli operatori scolastici, insieme alle famiglie e ai ragazzi stessi, aggiornano indicazioni e dati, raccolti in ordine ai seguenti aspetti:
- prove scolastiche significative, capaci di descrivere le più spiccate capacità e competenze dell'allievo, specie sul piano logico-scientifico-matematico, linguistico-espressivo e storico-sociale;
-osservazioni dei docenti sui metodi di apprendimento del ragazzo, con la rilevazione delle sue caratteristiche originali nelle diverse esperienze di apprendimento, disciplinari e interdisciplinari;
-commenti su lavori personali ed elaborati significativi, scelti dal ragazzo in collaborazione con il docente, ritenuti esemplificativi di attitudini e di risorse personali;
-indicazioni che emergono da un questionario attitudinale compilato da ciascun studente
-qualità e attitudini del ragazzo, individuate negli incontri insegnanti-genitori, anche grazie all'aiuto di appositi questionari;
-indicazioni che emergono da un progetto personale di vita, elaborato dallo studente e consegnato al docente, relativo alla sua futura collocazione nella società e in una o più attività professionali.
E non basta:
Si possono costruire vari tipi di portfolio a seconda dei soggetti a cui è affidata la costruzione. Il portfolio può essere costruito dall'alunno che decide cosa, quando e come raccogliere i materiali.
Tale costruzione può essere gestita in toto dal singolo alunno o con la consulenza e l'aiuto da parte del docente. Una seconda modalità è quella che vede protagonista il docente nell'organizzazione del portfolio. Nel primo caso si dà credito all'alunno di capacità di scelta, di costruzione di criteri con cui attuare le scelte, di riflessione sulle proprie capacità e sui propri progressi di apprendimento, a partire dalla convinzione che sia pedagogicamente utile educare da subito l'alunno ad una autoconsapevolezza e ad un impegno di scelta. Nel secondo caso si privilegia la funzione del portfolio come documentazione aggiuntiva, quasi una 'memoria' visibile, destinata al docente nell'espletamento del suo impegno di valutazione/orientamento. Nella scuola primaria sembra opportuna un'integrazione delle due modalità di costruzione. In prima battuta è consigliabile che il docente ipotizzi la struttura di portfolio che intende adottare nella propria classe, quindi individui le sezioni di
sua specifica competenza e quelle che possono essere riempite dall'alunno, col suo apporto di consulenza e di scaffolding (sostegno).
Dunque nel portfolio ci stanno prove scolastiche significative (cioè, immagino, quelle venute bene. Anche molte mie versioni dal greco erano altamente significative, a modo loro, ma certo a nessuno sarebbe mai venuto in mente di metterle in un portfolio, col loro bel corredo di meritatissimi 4 e 5; anche se, a ben guardare, testimoniavano assai a favore della mia brillante creatività); ma che queste prove possano davvero descrivere le piu' spiccate capacita' e competenze dell'allievo è però assai discutibile: il sistema scolastico si occupa solo di *alcune* competenze (soprattutto quelle logico-scientifico- matematiche, linguistico-espressive e storico-sociali, appunto) - che sono una piccola e quasi insignificante parte dell'universo mentale delle creature in questione, che tra l'altro sono in piena età evolutiva e quindi ci cambiano sotto gli occhi giorno per giorno, schifando magari ciò per cui fino al giorno prima deliravano e impazzendo d'amore per ciò che fino a un attimo prima non sopportavano.
Ma alla fine si sa che questi documenti stilati "dall'alto" sulla pelle dei fanciullini contengono spesso delle clamorose sciocchezze. Il vero problema era un altro, e non era risolvibile: chi le sceglieva, queste prove scolastiche? Scelti dal ragazzo in collaborazione col docente è una bella tegola. A chi spetta la scelta? Alla creatura, che vuole un portfolio che lo rispecchi, o all'insegnante, che vuole un portfolio che rispecchi quello che *lui crede* sia la personalita' della creatura?
Come ho scritto prima, è facile che un insegnante fraintenda parecchio la personalità e le capacità di un alunno; ma che dire degli allievi stessi? Siamo sicuri che si vedano come davvero sono, insomma che si conoscano? Il tutto senza considerare che la loro personalità e le loro inclinazioni sono ancora materiale in piena fusione e ben lungi dal solidificare.
Imbarcarsi nella costruzione di un portfolio senza decidere prima chi avrà l'ultima parola è una missione suicida; e lo devi decidere a livello nazionale, non regionale o locale, altrimenti i portfolio della vostra scuola avranno lo stesso valore valutativo, orientativo e descrittivo di un rotolo di carta igienica bianca, a prescindere dall'impegno che possano aver richiesto; senza contare che, in queste condizioni, qualsiasi creatura fornita di un minimo di personalità rischia di prendersi delle arrabbiature micidiali all'atto di confezionare il suo portfolio.
Ma non lo rischia solo la creatura: infatti si parla de IL DOCENTE, sorvolando allegramente sul fatto che il docente unico non c'è nemmeno alla materna. I vari consigli e gruppi di insegnanti si ritrovano dunque per fare insieme i portfolio, e prima ancora si sono trovati per decidere i criteri con cui confezionarlo - e meno male che il lavoro al portfolio andava fatto senza aggravare il docente di ulteriori oneri. Sì, certo, come no.
Messo cosi', il portfolio sembra un bel sasso gettato in uno stagno che, volenti o nolenti, i docenti devono ripescare. Molto comodo, per il Ministero, ma anche molto stupido.
Per giunta qui si tirano in ballo pure i questionari attitudinali, e financo i genitori, ficcndosi in un bel ginepraio: nel migliore dei casi si rischia di urtare la loro suscettibilità, e di tirare la creaturina in mezzo a un bel groviglio emotivo. Chi insegna alle medie sa di quante spine è seminata la strada del consiglio orientativo per la scuola superiore, figurarsi se i genitori hanno apertamente voce in capitolo.
Sorvoliamo poi per pietà sul personale progetto di vita, che anche quando c'è mostra una certa qual tendenza a cambiare abbastanza di frequente (e che forse a tre e sei anni non è poi così chiaro e ben definito agli occhi del fanciullino o della fanciullina).
Tuttavia, anche una volta compilato a dispetto di tutti l'incompilabile porfolio, chiunque se lo sia sobbarcato, resta il fatto che ci sono, nella creatura portfoliata, capacità rimaste impregiudicate o sottoutilizzate durante tutto il periodo della scolarizzazione precedente (nelle attività scolastiche e di laboratorio).
Perché ci sono anche competenze che la scuola non tocca. Se tutto va bene il ragazzo sa di voler diventare agronomo o pasticcere, ma certo non l'ha scoperto grazie alla scuola media. A quel punto avere o non avere il portfolio per lui è proprio la stessa. Se poi per sua disgrazia è pure molto bravo in italiano o in geometria, per colpa del portfolio rischiamo di perdere per strada eccellenti pasticceri e agronomi - per tacere delle molte competenze che la creatura potrebbe avere in nuce (chessò, lavorare il legno o tagliare e cucire abiti) ma che non ha mai avuto la minima occasione di sperimentare.
Esistevano poi altre questioni, di ordine brutalmente pratico. Sul newsgroup dell'Istruzione (da dove ho ripescato il materiale per questo post) una persona assai sensata chiese:
Ma poi il portfolio quanto dovrebbe essere grande? Cioè, materialmente cos'è? Uno scatolone, un faldone, una cartellina? I ragazzi che metteranno nel portfolio i loro "lavoretti" avranno bisogno di uno o più scatoloni? E tutta questa roba dove verrà archiviata? E quanto materiale ogni anno dovrà essere selezionato, considerando che si parte dai 3 anni? A 16 anni hai un'opera completa in venti volumi. E ad ogni cambio di scuola tutti i prof si dovranno andare a leggere tutti i portfolio di tutti i nuovi alunni? E se no, chi se li deve leggere questi portfolio? Cioé, a chi cacchio servono? Ai prof. all'alunno (non diciamo per cosa), alla mamma che si conserva i disegnini del figlio (già lo facciamo!)? Oppure qlcn si illude che un futuro datore di lavoro si vada a guardare il portfolio? (Beh, magari se proprio è un lavoro di eccellenza...). Ma davvero all'estero è già in funzione da anni? Con quali risultati?
Le ultime due domande, che io sappia, sono sempre rimaste senza risposta. Non ho svolto indagini accurate, ma nonostante avessi sentito spesso circolare la storia che all'estero il portfolio c'è da tanto tempo non mi sono mai imbattuta in qualcuno che ne sapesse più di questo o in un articolo, graffito, dibattito o messaggio di fumo che descrivesse un po' meglio cosa succedeva in questo mitico estero con questi fantomatici portfoli.Quanto alle altre domande, sul newsgroup qualcuno rispose ricordando alcune concrete circostanze:
Pensa che nella mia scuola ci sono i topi : è arrivata l'ASL che ci ha intimati di non conservare montagne di carte e cartoni.
E allora sti portfolio dove li mettiamo ? E' solo una mossa pubblicitaria.
Ma poi dico io : nell'era dell'informatica non sarebbe stato meglio far fare delle prove di verifica al ragazzo e trasferire tutto su un cd? Compreso i dati, la foto e tutto il resto?
Idea interessante, a parte che una bella fetta di scuole non avrebbe saputo come confezionarli, questi CD (e tuttora, sospetto, più di una scuola incontrerebbe qualche difficoltà).
Fu così che, a parte qualche pallido tentativo sotto forma di circolare e qualche vaga evocazione, il portfolio sparì dalle vite di noi insegnanti senza esserci in realtà mai davvero entrato (molto più lente a scomparire si riveleranno le sezioni dei libri per il portfolio, a riprova del fatto che l'editoria è sempre la parte più conservativa della scuola).
Nota conclusiva: chi, per sua sventura, passando casualmente da queste parti, si fosse ritrovato impaniato in questo interminabile post e non fosse ancora crollato addormentato leggendolo si potrebbe forse domandare perché ho ritenuto indispensabile raccontare una storia così insulsa.
I motivi sono almeno due: prima di tutto avevo conservato un thread sull'argomento, ai tempi del newsgroup, e ho sempre pensato che volevo ricavarci un post; ma soprattutto mi piaceva ricordare a lettori e colleghi come la nostra vita scolastica è stata spesso scandita da questi fantasmi: progetti demenziali mai portati a compimento perché mancanti delle basi minime di progettazione, idee deliranti prive di logica e criterio, destinate fin dalla nascita a sparire nel limbo delle intenzioni.
E qualcuno potrà osservare che, purtroppo, non è affatto un uso limitato alle scuole.
Non sarò io a contraddirlo.
Ti aggiungo un terzo motivo: il portfolio è mirabilmente ricomparso, con il nome "PFI", nella riforma del Professionale.
RispondiEliminaVa da sé che, su come fare il PFI, ci avevano promesso delle linee guide che dovevano arrivare il 4 ottobre.
Se ne è persa traccia molte settimane fa.
Ossignore!
RispondiEliminaCerti incubi, davvero, non hanno mai fine.
Anche se, in effetti, al Professionale il Portfolio un po' di senso potrebbe pur averlo, se fatto con criterio - certamente più senso che alla materna, intendo.
Tienimi informata se mai queste fantomatiche linee-guida dovessero arrivare, non fosse che per curiosità.
Al tipo che si chiede cosa ci mettiamo e dove lo conserviamo mi sono cappottata dalle risate. Certo che essere ligi richiede una forte prossimità con il surrealismo, a volte...
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