(potrebbe contenere spoiler, anche se a me sembra di no)
E finalmente arriva la mia adorata Miss Marple. Il personaggio nasce alla fine degli anni 20 per una raccolta di racconti, poi approda nel 1930 al romanzo con La morte nel villaggio, ambientato a St. Mary Mead, e torna in scena solo dodici anni dopo, nel 1942, ormai in piena seconda guerra mondiale (ma del gran conflitto arrivano poche e vaghissime eco).
Miss Marple si presenta sin dall'inizio come una investigatrice decisamente anomala, e molto più complicata per l'autrice da gestire di Poirot: questi infatti è una vecchia gloria dell'investigazione, e può lavorare in prima persona. Miss Marple è una candida vecchietta e tanto per cominciare deve avere una spalla della polizia su cui contare perché non può fare interrogatori o chiedere "Lei dov'era tra le cinque e le sette del 15 Giugno?". Nel suo caso quindi il giochino dell'investigatore furbo e del funzionario di polizia idiota non può funzionare: non le serve un Lestrade che metta in evidenza la sua accortezza, ma un Craddock che la apprezzi come merita ed esegua coscienziosamente i compiti a casa che lei gli assegna regolarmente. Miss Marple non può esigere o ordinare, è una figlia dell'età vittoriana e deve manovrare gli uomini perché facciano quel che serve a lei, invece di farlo direttamente. Tuttavia, in qualità di candida vecchietta, riesce a insinuarsi dove la polizia non potrebbe mai, a interrogare senza averne l'aria, a raccogliere informazioni che nessuno penserebbe mai di dare alla polizia e a ricomporre zone del quadro che qualsiasi metodo ufficiale di investigazione lascerebbe in ombra. Vederla all'opera è sempre molto interessante.
St. Mary Mead è un tipico villaggetto dove tutti si conoscono e dove la vita è scandita da ritmi ormai consolidati. Lì, in una bella villa dall'aria molto vittoriana, abitano il colonnello Bantry, ormai in pensione, e la sua signora, grande amante del giardinaggio e intima amica di Miss Marple.
Nalla villa c'è anche una biblioteca, naturalmente: una bella e comoda biblioteca un po' logora per l'uso, foderata di legno e decorata con improbabili stampe di scene di caccia, che sembra uscita pari pari da un romanzo di Trollope. E lì, una mattina, la servitù entrata per mettere in ordine prima di svegliare i padroni (perché in quegli anni c'era ancora un sacco di servitù) trova... un cadavere. E non basta, è il cadavere di una giovane donna alla moda, platinata, vestita da ballo. Strangolata. E il colonnello Bantry non ha la benché minima idea di chi sia costei.
L'evento è decisamente da rubricare nella categoria degli "insoliti": la servitù dà di matto, la polizia si mostra interessatissima a dettagli quali l'identità della vittima e i suoi rapporti col colonnello. La signora Bantry invece è una donna pratica e fin dall'inizio si preoccupa del punto principale: occorre chiarire al più presto chi ha ucciso quella poveretta, e soprattutto scagionare il suo amato consorte dall'accusa (mai pronunciata ad alta voce da nessuno, ma non per questo meno condivisa dalla collettività del paese) di avere illeciti traffici con bionde forestiere, accusa che rischierebbe di portarlo al più nero ostracismo da parte della comunità tutta e di cui, col candor dell'innocenza, all'inizio il poveretto nemmeno si accorge. A tal scopo la polizia non ha ancora terminato il primo giro di interrogatori che già Miss Marple è stata chiamata in soccorso a risolvere il caso. E invero il caso uscirà presto dai ristretti orizzonti di St. Mary Mead per approdare su lidi più festaioli e sdipanarlo richiederà un certo impegno - tuttavia il colonnello Bantry riuscirà a conservarsi una reputazione immacolata e anche a fraternizzare con elementi "nuovi" del villaggio cui inizialmente era stato piuttosto ostile.
Di questo romanzo mi piacquero molto le conversazioni tra Miss Marple e la signora Bantry, in particolare la prima, dove Miss Marple osserva che la giovane vittima aveva una certa propensione per il "lusso a buon mercato". Per una figlia degli anni 60 come me era facilissimo da capire - e anzi sotto questo aspetto la poverina, con il suo broccatello da quattro soldi, aveva tutta la mia comprensione e anche la mia solidarietà: dal lusso a buon mercato eravamo, di fatto, circondati in quegli anni.
Ma negli anni 40, quando il libro era stato tradotto, mi domando quanto il lettore italiano medio avesse capito la categoria sociale e culturale in cui quella definizione infilava la giovane vittima, perché da noi il lusso a buon mercato all'epoca non esisteva, e arrivò soltanto dopo la guerra - vuoi perché prima il grosso della popolazione combatteva faticosamente con le scarpe di coniglio e la cicoria al posto del caffé, vuoi perché da noi eravamo ancora fermi alle categorie della ricchezza non ostentata (come quella dei Bantry), della miseria più che visibile e dell'ostentazione del benessere, poco o tanto che fosse, reale ma messo bene in evidenza, da parte della piccola e media borghesia: di lusso a buon mercato proprio non c'era traccia, ancora.
Il romanzo rientra nella categoria "il diavolo si nasconde nei dettagli" e presenta una soluzione assai arzigogolata, di quelle su cui la Christie si è costruita la reputazione.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro buone letture a tutti in questa giornata luminosa che, dopo tante piogge, promette singolarmente bene.
Eh, vabbè, con la zia Agatha andiamo sul sicuro! Non so se ne ho ancora una coppia in casa o se l'ho regalata a qualche biblioteca, ma è un giallo storico che ha poi ispirato altri autori e autrici più contemporanei.
RispondiElimina..ci sono aspetti della vita degli inglesi che ancora mi sfuggono:la servitù..chi manteneva tutta 'sta gente..quelle mega-ville..
RispondiEliminaIl colonialismo ovviamente..ma "ciance" mie a parte sono tutti dettagli utili ai grandi romanzi.
Le tue recensioni poi sono la ciliegina sulla torta!Come sempre scrivi inviti alla lettura piacevolissimi.Grazie 😊
Un altro mio romanzo 'preferito', uno dei primi che ho letto e uno dei pochi, honestly, dei quali non capii il colpevole (non credo che sia particolarmente meglio congegnato di altri da questo punto di vista, ma era appunto uno dei primi per me). Io lo ricordo di istinto per quella frase geniale con cui si apre l'agnizione della sig.ra Bantry: la cameriera che irrompe in camera proferendo l'immortale: "Signora, signora, c'è un cadavere in biblioteca".
RispondiEliminaFacciamo attenzione con gli spoiler: uno crede che semplicemente non si possa ignorare la trama di romanzi pubblicati da sessant'anni e riproposti in film e serie tv in tutte le salse e invece trovi un tuo amico amicissimo che, davanti a un sushi gigante, ti guarda con occhi da cernia perché hai appena rivelato chi sia l'assassino in "Assasinio sull'Orient Express", film che aveva intenzione di vedere di lì a poco...
RispondiEliminaComunque, uno dei miei gialli preferiti di Agatha Christie, e anche uno dei più sconosciuti (data la difficoltà di mettere in scena una storia del genere) è "Il ritratto di Elsa Greer" anche se io preferisco decisamente Miss Marple a Poirot, perlomeno nei romanzi (nella trasposizione televisiva, invece, David Suchet batte chiunque 90 a zero).
Un altro che mi piace molto è "C'era una volta", il romanzo giallo ambientato nell'Antico Egitto...
Sebbene li abbia tutti in cartaceo e in digitale e tutti letti illo tempore, Agatha è il mio cruccio. Mi piace e molto anche quando bara cioè quasi sempre, ma non riesco a ricordarla. A parte 10 piccoli indiani che ho visto 10 volte in versioni diverse. Tutti gli altri li ho obliati a parte i titoli. Ogni tanto ne rileggo uno. Passa una settimana e non so più neppure di cosa parlasse. Per me che ho forzato il cervello a imparare centinaia di aperture di scacchi è un piccolo dramma. Lo chiamo la sindrome di Agatha. Del resto Agata era il nome della mamma di Esserino e Balena che sia una Nemesi (alla Christie) per averle sottratto i due pelosi?
RispondiEliminaUn bacione
(ti servisse qualche file fischia e arriva)
Posso dirti che mi piacciono di più i tuoi post sui gialli di Agatha Christie che non i gialli stessi?
RispondiEliminaQuesto non lo ricordo. Dovrei andare a casa dai miei a recuperarlo, perché l'ho certamente letto. Mah, l'Alzheimer avanza.
RispondiElimina@Priscilla:
RispondiEliminaIndubbiamente, con zia Agatha andiamo sul sicuro! ☺️
@Eva:
avere le colonie (=essere un paese ricco) indubbiamente aiutava, perché erano molte di più le persone che vivevano di rendita e potevano permettersi molta servitù. Ma era un fenomeno diffuso dappertutto, e anche in Italia bastava far parte della piccola borghesia per avere almeno una serva fissa, che viveva in famiglia. Lo spartiacquearriva con la seconda guerra mondiale: dopo la servitù diventa meno facile da trovare, a quanto ho capito per questioni sociali.
@ la 'povna:
In cuor mio sospetto che tutto il romanzo siastato faticosamente costruito pezzo a pezzo proprio per permettere qul fantastico avvio!
@Ilaria Villa:
e pensa che una volta, durante una mensa scolastica, solo per un casuale miracolo riuscii a bloccare uno sciaguratissimo ragazzo che stava per spiattellare la soluzione di "Dieci piccoli indiani" a una compagna che lo stava leggendo in quei giorni!
"Il ritratto di Elsa Greer" è anche tra i miei preferiti, e arriva domani ^_^
@ Gattari inglesi:
(Quale dei due, a proposito, Bobby o Dani?)
Ebbene sì, zia Agatha si dimentica. Io ormai non la dimentico più, almeno per certi romanzi, perché li ho riletti quattro-cinque volte, ma le prime due riletture mi sono sempre goduta la soluzione come se fosse la prima volta. In compenso, almeno io, tendo a ricordarmi i particolari più assurdi, che magari non c'entrano molto con la soluzione. Tipo le tartine con la pasta di pesce, per intendersi, o la lettera iniziale del frammento di etichetta del flacone in questo romanzo.
@ Kuku:
Mmmmhh... diciamo che disapprovo vivamente!
@ Dolcezze:
Zia Agatha si dimentica - almeno, alcuni di noi lo fanno. Questo, volendo, può permettere di rileggerla col piacere intatto della riscoperta ^_^
No mi sono spiegata male: mi riferisco al fatto che tutt'ora non riesco ad "entrare" in questa loro mentalità da "vita di rendita"..perché non ce l'abbiamo proprio nel dna il "colonialismo"..
RispondiEliminaQuanto alle colonie avrei pure una storia "tutta italiana" riguardante la Libia..ma è troppo personale perciò mi astengo.
Dirò invece che mia trisnonna,nel 1902, ha tirato su sua figlia da sola ed è stata al servizio poi tata per due bambine d'una famiglia benestante fiorentina. Sono diventate così di famiglia che una la chiamavo Zia Ornella.
Poi per avvicinarsi a sua figlia,nel 1910 è tornata qua ed è andata al servizio di una baronessa.
Storiona stile Bronte senza sentore di schiavitù ma solo di "dovere di mamma" finita😊