mercoledì 3 gennaio 2018

Uscita dall'impasse - una storia molto italiana

Durante le settimane in cui nella nostra scuola le finestre cadevano come petali di rosa strappati da un vento crudele tutte le scuole medie del regno erano parimenti travolte da una ulteriore tempesta: l'angosciosa questione delle uscite dei nostri alunni a fine lezione che, come ho già avuto modo di raccontare tempo fa, infelicitava da tempo la serenità del viver nostro, e di cui sono finalmente riuscita a ricostruire le origini.
Orbene si tratta di tornare indietro nel tempo, e di parecchi anni. Nel 2003 infatti un povero undicenne è rimasto ucciso appunto all'uscita della scuola, travolto da un autobus. I genitori avevano fatto causa alla scuola e al comune. Con i soliti tempi biblici della giustizia italiana era poi arrivata la sentenza, indi la sentenza dell'appello e della cassazione per il penale - e ogni volta la scuola era travolta da nuove raffiche di tempesta; infine, il 19 Settembre 2017, la Corte di Cassazione aveva depositato una ordinanza per il civile che aveva innescato nuovamente il ballo di San Vito a tutto il personale docente e non docente della scuola.
Quel che più incitava al ballo di San Vito era il fatto che l'ordinanza assegnava una parte della responsabilità dell'evento alla scuola e al personale docente che secondo la legge risultava responsabile della sicurezza del ragazzo fino a quando il ragazzo suddetto non fosse stato riconsegnato alla famiglia: risultava insomma che, per quanto alcuni sindacati avessero sostenuto che la legge non era molto chiara, secondo la Corte di Cassazione era chiarissima: sotto i 14 anni un ragazzo è sempre sotto la responsabilità di un adulto e non può essere lasciato da solo perché non è considerato in grado di badarsi nemmeno se va a comprare il latte al negozio all'angolo. 
Naturalmente la legge non è stata formulata in tal modo al precipuo scopo di impedire ai ragazzi sotto i quattordici anni di farsi due passi da soli o con gli amici, e nemmeno per obbligare gli adulti a venirli a prendere ogni mattina all'uscita di scuola; e davvero non c'è il minimo dubbio che se una povera creatura non ancora sbocciata alla giovinezza si ritrova investito da un autobus alla fermata davanti alla scuola c'è stata una notevole mancanza di attenzione nei suoi confronti, davanti alla quale non era legittimo sperare che i genitori si limitassero a dire "Pazienza, chi muore giace e chi vive si darà pace". Invero, le circostanze della vicenda sono state davvero particolari e, a mio avviso, assai difficilmente replicabili (almeno, ci si augura).
Tuttavia i Dirigenti Scolastici han sempre concluso, come un sol uomo/donna, che in base a quella legge sarebbero stati da quel momento ritenuti responsabili di ogni pur minimo danno fosse capitato agli alunni durante il ritorno a casa perché "un tempo i genitori non denunciavano, ma oggi sì" (ma secondo me anche un tempo sarebbe scattata la denuncia da parte delle famiglie che si fossero viste il figlio investito da un bus).

E dunque cosa hanno fatto, questi preoccuposi Dirigenti Scolastici?
Di solito sono partiti tentando di convincere gli insegnanti a riconsegnare gli alunni uno per uno ai genitori, che dovevano venire a riprendere la prole ogni santo giorno, come veniva fatto per le scuole elementari (anche se in verità alcune scuole elementari cessano questa usanza già in quarta, se richiesti dai genitori).
Davanti alle insurrezioni di insegnanti, genitori e alunni hanno poi compilato delle liberatorie, tante liberatorie, di tutti i tipi: liberatorie sintetiche, liberatorie che si perdevano in dotti riferimenti legali, liberatorie fluviali che insistevano sulla capacità che i genitori riconoscevano al figlio di tornare a casa da solo, liberatorie arricchite da squarci lirici sul Patto Educativo di Corresponsabilità... ma tutte col tratto comune di non servire assolutamente a nulla, una volta portate in tribunale - insomma, liberatorie che non liberavano alcuno da veruna responsabilità. Cosa che tutti sapevamo, tra l'altro, anche se facevamo finta di niente.

Per quanto ne so, a nessuno di questi Dirigenti Spaventati è venuto in mente di presentare memorie, istanze, ricorsi, querele, lamentele collettive al Ministero dell'Istruzione chiedendo di avere istruzioni precise o, meglio ancora, che la legge venisse cambiata, insistendo a gran voce e rompendo a tal punto le palle ai loro superiori che alla fine questi si sentissero obbligati a intervenire. Mai.

Nemmeno questa volta è successo, e tuttavia la questione si è risolta, quasi da sola.
Perché, spontaneamente, è intervenuto Qualcuno dalle Alte Sfere.
Matteo Renzi, ex Presidente del Consiglio e segretario del partito di maggioranza del governo. Renzi è abbastanza giovane da avere dei figli in età scolare, che frequentano la scuola pubblica, e la questione è dunque arrivata fino alle sue orecchie, e se l'è presa a cuore.
La gran parte dei politici delle Alte Sfere di questa Angosciosa Vicenda non sapeva assolutamente nulla - cosa è abbastanza comprensibile, perché sono abituati a trattare questioni diverse e su più vasta scala.
I problemi spiccioli andrebbero gestiti a livello più basso, giusto?
La scuola ha una struttura abbastanza complessa: ci sono i Dirigenti Scolastici, i Provveditorati, il Ministero dell'Istruzione - che vengono pagati appunto per badare alla scuola in tutti i suoi piccoli dettagli. Non è che puoi sempre stare a sperare che un caso fortunato porti all'orecchio di Qualcuno in Alto un problema di questo tipo, che alla fine riguarda un determinato ordine di scuola e una determinata categoria di alunni.

Comunque sia, Matteo Renzi ha preso in mano la questione e ha fatto quel che sarebbe spettato a suo tempo ai Dirigenti Scolastici e al Ministero: ha proposto di ritoccare la legge. 
Si trattava di una classica Questione Trasversale, dove nessuno aveva interesse a mettere impedimenti di sorta. La legge è stata ritoccata, e il ritocco è finito nel Gran Calderone della legge finanziaria di quest'anno. E' passato senza colpo ferire. Nessun deputato, nessun senatore e nessun movimento politico ha trovato qualcosa da ridire. 
Adesso noi insegnanti delle medie siamo di nuovo liberi cittadini e i nostri alunni possono tornare a casa a piedi con i compagni, apertamente e alla luce del sole, senza che qualcuno possa accusarci di incuria e straccuraggine (anche se qualcuno sostiene, probabilmente non a torto, che la nuova soluzione lascia spazio a diverse ambiguità).

In teoria dunque è andata a finire bene. In pratica è andata a finire bene non perché la scuola ha fatto il suo dovere, perseguendo onestamente i suoi interessi per le vie legali a ciò preposte, ma solo perché per un caso fortunato Qualcuno nelle Alte Sfere ha avuto compassione dell'imbranataggine delle strutture scolastiche e della loro cronica incapacità di badarsi autonomamente.
Il Qualcuno in questione però non era tenuto a farlo. Quel che ha fatto non spettava al governo né alla direzione di un grande partito. Spettava ad altri, e questi "altri" nel corso dei molti anni in cui questa vicenda ha turbato i sonni inquieti del personale delle scuole medie non hanno minimamente cercato di fare quel che era loro dovere, ovvero presentare con forza il problema a chi doveva badarlo ed anzi era pagato per questo.

Una storia molto italiana, insomma: incasina quanto puoi e spera in un colpo di fortuna, ma non cercare mai e poi mai di affrontare un problema in modo razionale.

3 commenti:

  1. Già è un buon passo. Qualche piucherretttto del mio liceo avrebbe voluto manipolare le vecchie ambiguità per estendere ai primini la consegna dei rampolli ai genitori, ma è stato "abbattuto" prontamente dal DS.

    RispondiElimina
  2. Sinceramente, i genitori arrivano fino alle medie con la pretesa di entrare in classe col suv perché gli eredi non prendan freddo e poi di colpo la scuola è colpevole di non lasciarli andare? Ma semo fora? Mi scuso per il dialetto, ma credo sia comprensibile. Mio nipote, a nove anni, è l'unico bambino che faccia la spesa di tutto il paese (3000 abitanti), e comunque non gira liberamente per strada come fanno altri coetanei. Tutti sanno che mia cognata d hanno altri quattro pargoli più piccoli, e quindi a volte per lei è un sollievo mandare il bambino (non è che gli fa comprare chissà cosa, la spesa che abbiamo fatto tutti da bambini, un panetto di burro, gli stuzzicadenti, il sale...). Però nessuno che la imiti. La capacità di aiutare i bambini a diventare autonomi non parte dalla scuola (che ci prova, poi con i compiti per casa le mamme si siedono con i figli e gli fanno i compiti, visto io) .

    RispondiElimina
  3. @Mel:
    Fantastico: non bastando i problemi che già ci sono in un istituto superiore qualcuno avrebbe voluto accattarne anche qualcuno dalle medie?
    Piuccherretti fino al midollo, ammettiamolo!

    @Bridigala:
    Ahimé sì, alcuni genitori sono sin troppo protettivi e fanno i compiti non solo CON i figli, ma direttamente PER i figli - talvolta perfino alle superiori.
    Esiste tuttavia uno zoccolo di persone sensate e disponibile a lasciare tornare da soli i ragazzi a casa, e sinceramente in questa faccenda da noi i genitori sono stati decisamente unanimi. Anche perché nessuno gli vieta di venirsi a prendere i figli tutte le volte che vogliono, nemmeno con la nuova legge...

    RispondiElimina