venerdì 24 marzo 2017

Harry Potter e il Principe Mezzosangue - J.K. Rowling



Il sesto volume a una prima lettura ci lasciò abbastanza perplessi;  ne discutemmo a lungo nel newsgroup, prima noi truppe scelte che l'avevamo comprato in inglese, poi di nuovo qualche mese dopo quando arrivò l'edizione italiana. Uno dei filoni più percorsi naturalmente era dove fossero gli Horcrux e in che modo si collegavano con la profezia - ma la gran parte delle discussioni verteva su Piton, una volta di più rivoltato come un calzino, con l'aggravante che ogni singola sua parola o azione detta o fatta all'interno del romanzo si prestava ad almeno due interpretazioni, quando non tre o quattro. Ce n'era di che diventare scemi, davvero.
Il libro, inoltre, ci aveva convinto fino a un certo punto.
Non è che non sia bello, anzi contiene alcuni capitoli davvero magistrali e ci sono un sacco di punti appassionanti. Manca però, in un certo senso, un impalcatura che tenga insieme il tutto - o meglio non è esatto dire che manca, ma è fragilina. Ti appassioni ai flashback, alle conversazioni tra Harry e Silente sulla profezia e gli Horcrux, alle spedizioni che i due fanno insieme, alle lezioni con il nuovo insegnante Lumacorno, alle vicende sentimentali che toccano variamente quasi tutti i personaggi... ma alla fine l'impressione è di un anno scolastico abbastanza vuoto, senza che capiti granché a movimentarlo: ogni tanto c'è qualche piccolo incidente non letale, Draco fa cose, vede gente e si interessa di fotografia ma senza cavarne gran costrutto, all'apparenza...
C'è un finale con i fuochi d'artificio, naturalmente, ma ci lascia ancor più spiazzati e, come dire... orfani. E figurarsi come lascia Harry.
Qualcuno suggerì che non fosse da considerarsi un libro autonomo, quanto la prima parte del volume finale. A tutt'oggi mi sembra una buona teoria.

Si parte alla grande: Voi-sapete-chi è ufficialmente tornato, e le conseguenze ricadono anche sui poveri babbani. Così il Ministero della Magia decide di mettere al corrente dei fatti il primo ministro inglese, in un capitolo dal contenuto assai drammatico ma che è forse la cosa più divertente che J.K. Rowling abbia scritto - soprattutto per chi, come me, continua a identificare lo sventurato primo ministro in questione con Tony Blair (cosa impossibile, perché sarà eletto solo la primavera successiva).
Il secondo capitolo non fa ridere, ma offre una tal quantità di spunti di riflessione che ci misi tre ore buone per leggerlo: si tratta di una conversazione tra Piton, la madre di Draco e Bellatrix che ci fa chiaramente capire che Piton gode grande fiducia da parte di Voldemort e sta facendo per suo conto il doppio gioco con Silente. Bellatrix però non si fida, e obbliga Piton a spiegarle tutta una serie di particolari - cosa che Piton fa, ma senza riuscire a convincerla più di tanto.
Anche il lettore resta col dubbio, perché le obiezioni di Bellatrix non sono prive di fondamento, mentre d'altra parte si suppone che Voldemort sia pur capace di pararsi il culo.
E dunque tutto il romanzo è dominato dall'invadente interrogativo: Piton sta facendo il doppio gioco, sì, ma lo fa per conto di Silente o di Voldemort? Con allegate varie altre domande: Da qualsiasi parte stia, come spera di uscirne vivo? Perché Silente si fida tanto di lui? Pòle darsi l'inaudito caso che Silente una volta tanto si sbagli?
Il lettore cambia idea all'incirca ogni sette pagine, ma sul finire del volume qualcosa lo convince... forse. Quanto a me, avevo notato un elemento, nel libro precedente, che mi aveva tolto definitivamente ogni dubbio in merito. Le discussioni in merito comunque fiorirono e prosperarono, in rete e fuori, anche se devo dire che gli adulti nel complesso individuarono spesso la soluzione giusta mentre i ragazzi si fecero ingannare più facilmente. 

Piton, Voldemort, la famiglia Malfoy... Il sesto romanzo è quasi completamente dedicato ai Serpeverde, che fanno e disfano alla grande per quasi 600 pagine:   e ci sono anche il nuovo professore Horace Lumacorno, Voldemort in versione giovane Tom Riddle, la famiglia di origine di Voldemort da parte di madre (discendenti di Salazar Serpeverde in persona, niente di meno. Peccato che nel corso delle generazioni certe caratteristiche si siano un po' annacquate) più un misterioso R.A.B. di cui in realtà abbiamo già sentito parlare e un ancor più misterioso Principe Mezzosangue che scrive un sacco di cose interessanti a margine dei suoi libri di testo - e anche di lui abbiamo già sentito parlare, oh sì.
Tra tanto sfarfallare di drappi verdi e argento Harry passa un anno tutto sommato piuttosto tranquillo e impara non soltanto come fare ottime pozioni, ma anche un arte per cui non sembrava affatto portato, ovvero quella di manipolare le persone con garbo e dolcezza - all'inizio del libro applicandola in modo istintivo, con il professor Lumacorno, poi via via in modo sempre più consapevole: convincendo l'insicurissimo Ron di avergli dato un piccolo aiuto per superare le sue difficoltà, riuscendo a estorcere a Lumacorno il suo ricordo più importante... e infine nella prova più dura, quando a forza di blandizie e di bugie riesce a convincere un Silente ormai in preda al delirio a finire di bere una terribile pozione, obbedendo così all'ordine più difficile da eseguire che questi gli abbia mai dato.
Ognuna di queste manipolazioni non è solo fatta a fin di bene ma è necessaria per risolvere una situazione molto delicata e viene attuata senza vera frode né peccato - perché Harry è un Grifondoro fino al midollo e la sua anima è  talmente limpida da permettergli di uscire emotivamente indenne perfino da quella palude malsana che è la manipolazione altrui; e si rifiuta decisamente di collaborare con il nuovo Ministro nel manipolare l'opinione pubblica per rassicurarla - ben due volte, e con ottimi argomenti.

Nel coro di quest'anno Harry e Silente sono molto vicini, e passano gran tempo a conversare: della profezia, di Voldemort, del libero arbitrio... e degli Horcrux, che saranno la chiave di volta dell'ultimo libro.
In compenso Piton e Draco parlano molto meno. Per buona parte del romanzo Draco appare e scompare, e non sembra fare molto di rilevante, mentre Harry ne sembra letteralmente ossessionato e continua a pedinarlo e tampinarlo per ogni dove, sempre senza cavare un ragno dal buco.
Seguiamo da vicino e da lontano un bel po' di storie d'amore: accennate, sognate, controverse, abortite, rinviate, ricordate... e qualcuna anche portata a buon fine. E scopriamo anche l'esistenza dei filtri d'amore, che funzionano, almeno per brevi periodi, e conservandosi aumentano di efficacia.
Il finale ci lascia completamente spiazzati. In particolare il quartultimo capitolo, intitolato "La Torre" in italiano (ma il vero titolo sarebbe "La Torre Colpita dal Fulmine") va letto con molta attenzione, tenendo ben presente non solo la raffigurazione della carta che i tarocchi dedicano appunto alla Torre, ma anche l'interpretazione che di questa carta viene data.

Ed eccoci all'ultima lista di new entry: pochi ma buoni, e saranno assai importanti nell'ultimo libro:
- Horace Slughorn: è un Serpeverde di buona tempra morale. Ama lo studio delle Arti Oscure, l'ananas candito e la vita comoda, ma non ha mai condiviso le idee di Voldemort né è mai stato attratto dalla possibilità di diventare un Mangiamorte. Dopo il ritorno ufficiale di Voldemort è ben deciso a evitarlo e per farlo si adatta a condurre una vita assai scomoda. E' un grande mago, assai  esperto di pozioni, e un ottimo insegnante, nonché molto vanitoso. Un personaggio che amo molto, e che a tratti mi ricorda Hercule Poirot (che, al contrario, non mi ha mai entusiasmato)
- R.A.B.: un anima non vile. Ne abbiamo già sentito parlare in passato (ma di sfuggita) e ne sentiremo parlare in seguito
- Fenrir Greyback: lupo mannaro. E no, non è affatto come Lupin, tesssoro mio. Proprio no.
- la Stanza delle Necessità: che in questo libro appare in una nuova e interessantissima versione che sul momento Harry non sembra valutare a sufficienza - ma ci saranno altre e più fiammeggianti occasioni per farlo
- gli Horcrux: scopriamo in realtà di averne già conosciuto a fondo uno, qualche libro fa, e un altro ci occhieggia con fare indifferente per tutto il romanzo. Si tratta di oggetti sottoposti ad un uso particolare grazie a complesse pratiche magiche, attraverso i quali Voldemort si è assicurato una possibilità di non morire; alcuni di loro vanno ancora individuati.

Da questo libro è stato tratto un film che, non ricordo per quale insieme di disgraziate circostanze, vidi due volte in una settimana pur non essendomi piaciuto né la prima né la seconda; decisi però di esternare sul blog cosa ne pensavo soprattutto a livello di trama e di sceneggiatura.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro buone letture e un felice primo fine settimana di primavera a tutti - anche se il tempo non sembra dei più promettenti per le gite fuori porta.

8 commenti:

  1. Libro di transizione e di cassetta, per quanto di buon mestiere.
    Non a caso scompare ogni analisi di gruppo, predominante nel libro precedente.
    La scena finale rigurgita del sadismo degli scrittori per l'adolescenza degli ultimi due secoli: siamo nati per soffrire sappiatelo, abituatevi e consideratelo giusto e normale.
    Film non visto ma la tua recensione che ritengo affidabile non mi stupisce.

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  2. E'vero, il sesto libro è forse l'unico ad essere un volume di passaggio, che traghetta al gran finale. Introduce alcuni personaggi, continua a costruirne altri. Harry finalmente costruisce un rapporto adulto con il suo mentore, Silente, mentre sentiamo che fosche trame li avvolgono, senza peraltro riuscire a disvelarle o a comprenderle. Il finale è splendido e tragico, se alla fine dell'ordine della fenice eri inquieto, qui soffri proprio, sai che al peggio non c'è mai fine, e speri intensamente che il capitolo finale sia tutto rosa (e non è, Pellegrina ha perfettamente ragione). Harry, tra l'altro, si affeziona all'idea che si è fatto del Principe mezzosangue, se lo avvicina, se lo fa amico, e oltre a portargli guai, il di svelamento finale dovrebbe fargli già comprendere che non tutto è come sembra e la realtà non è mai bianca o nera. Horace Slughorn, infine, da' il nervoso dalla prima all'ultima pagina, almeno per me è stato così, per la sua presunta incapacità di schierarsi. Vanesio, pigro, amante delle comodità, e' però diversi gradini sopra Peter Pettigrew, che tradisce gli amici per incapacità di opporsi alla forza altrui, e per assoluta mancanza di senso morale. Slughorn un senso morale lo possiede, anche se questo lo spinge a vivere in fuga per non essere costretto ad affiancare Voldemort, ed è solo la forza di Persuasione di Silente che lo spinge a schierarsi davvero, decisione su cui non tornerà più indietro. Quindi, pur se come semplice anello di congiunzione, a me questo libro non è dispiaciuto affatto.

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  3. Secondo me il sesto libro si appunta molto su due questioni: la prima è la rivelazione della autentica lealtà di Snape (il secondo capitolo è in questo senso parlante e non lascia adito a mezzo dubbio, a fare una corretta analisi del testo), il secondo è appunto la rivelazione della lettura dei segni (l'analisi del testo) come strumento sufficiente per capire (quasi) tutto (le lezioni speciali di Dumbledore attraverso il Pensieve): cosa che tutto sommato rimanda al punto 1: se il lettore sarà in grado di fare una buona analisi del testo, questo romanzo ha già tutto squadernato davanti (il concetto viene ripreso poi nell'ultimo con la storia degli Hallows attraverso le fiabe di Beedle the Beard).
    Sulla crudeltà finale, sì, ma con juicio eh, che io credo che il "Kill the spare" "Avada Kedavra" Cedric Diggory was dead del quarto sia difficilmente battibile. "Kill the spare", ci rendiamo conto? Per di più in una situazione in cui Harry, e il lettore con lui, è completamente disorientato. Qui che ci sia del groppo pericolo e possa sollevarsi il velo lo sappiamo (appunto) dal capitolo 2.

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  4. @povna:
    ebbene, noi del newsgroup CI PROVAMMO, a fare l'analisi del testo, ma da quel secondo capitolo non cavammo alcunché di definitivo o chiarificatore, per cui mi piacerebbe sapere cosa ci hai trovato tu (in commento al prossimo post, per favore, dove si possono mettere i cosiddetti spoiler).
    Sono anch'io d'accordo che la morte più cattiva è quella di Cedric - e ammetto di avere sofferto molto poco per quella di Silente; non per mancanza di affetto verso il personaggio, ma perché è morto in un punto strutturalmente molto valido, e in fondo "se l'era cercata", programmandola con notevole cura. E Sirius e gli altri alla fine avevano scelto di combattere. Ma Cedric, che avrebbe certamente fatto una scelta assai onorevole, non ha avuto il tempo di fare nemmen quello.

    @Bridigala:
    Nemmeno a me è dispiaciuto affatto, anzi è uno di quelli che leggo più volentieri. Eppure, tutte le volte che lo chiudo, devo ammettere in cuor mio che è un ottimo libro, ma fatto soprattutto di quadri staccati e senza una vera storia che lo lega. Lumacorno comunque è uno dei miei personaggi preferiti, e mi è piaciuto moltissimo che infine la Rowling ci mostrasse che Serpeverde è a tutto titolo una delle Case di Hogwarts, e non il suo impianto di compostaggio.

    @Pellegrina:
    Vero, l'analisi del gruppo latita paurosamente, e perfino il Golden Trio appare piuttosto disunito (in particolare Hermione, qua è un vero impiastro e, una volta tanto, non ne azzecca una, anche se si rifarà nel prossimo volume con gli interessi).
    Ma cos'ha di tanto punitivo secondo tutte voi l'ultimo capitolo?

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  5. Sì, è proprio per quello che secondo Cedric è più cattiva, concordo in toto (e poi su Silente in qualche modo è preparata da capitoli dolorosi, mentre su Cedric sei davvero spiazzato (questo per quanto riguarda la trama, e poi anche come accenni pure perché Cedric è una vita spezzata prima di viverla, quell'altro le sue belle partite di poker se le era giocate).

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  6. A me la morte di Silente ha fatto particolarmente effetto su un piano di tecnica narrativa e su un piano di significato del personaggio. Si tratta di un suicidio razionale in due tappe passando attraverso due modalità particolarmente crudeli, efferate e prolungate, con finalità nell'immediato non fulgide - chissene di Malfoy, insomma. La sua sola morte assomma queste caratteristiche anche se ci sono altre morti crudeli nel ciclo questa è forse la più splatter.
    Finisce pure per sembrare una cattiveria gratuita dell'autrice per far piangere un po' dando sfogo al sadismo.

    Lo scontro di cui è vittima Cedric invece si gioca in un campo talmente nemico per il lettore avvertito che la conclusione mortale colpisce e rattrista ma è nell'ordine del possibile, diciamo, quindi è meno in controtendenza. E poi Cedric rimane un personaggio minore anche se facile da amare, Dumbledore non è minore mai, nemmeno nella pù piccola apparizione di sfuggita.

    Dumbledore è strano, diverso da ogni altro. E' la rappresentazione se vogliamo un po' convenzionale dell'anticonvenzionale che sa sospendere le regole quando è necessario. Anzi dà l'impressione di non credere lui per primo alle regole imposte; sa cosa avviene e sa che va bene così; lascia sperimentare e tentare; apre all'autonomia nel processo verso la conoscenza; lascia, anzi ordina di, avvicinarsi a materiale sensibile e potenzialmente velenoso, nel contenuto e nel metodo, cioè OFFRE IL MODO NON SCOLASTICO DI CRESCERE intellettualmente e intellettivamente; lui è al di là dell'autorità e dell'istituzione in quanto sistema oppressivo di controllo delle menti. Sfida se necessario l'autorità ministeriale: sa lottare, lo ha fatto in passato quando è stato necessario e conserva la memoria delle lotte di un tempo.

    Lo può fare e lo sa fare bene perché è irrimediabilmente al di sopra degli altri: più autorevole e più intelligente, più stratega e più consapevole; più bravo insomma, il suo innegabile sbaglio tattico verso H sembra soprattutto un escamotage della trama per permettere di far evolvere una situazione in un certo modo.

    Insomma Dumbledore è un personaggio più difficile da compatire di Cedric perché mette più alle strette un lettore adulto - e infatti il bello sportivo falciato giovane fa più effetto del compiuto maestro intelligente e intellettualmente e moralmente superiore a tutti.
    Ma mentre di Cedric ne puoi trovare altri Dumbledore sembra difficilmente rimpiazzabile nella sua apertura mentale e nella sua infinita attenzione a dei ragazzini che potrebbe facilmente ignorare confondendoli in una massa amorfa.

    Per questo anche è crudele che la sua figura scompaia: perché sparisce l'UNICO rappresentante di un modo diverso e più libero di vivere e di fare vivere una scuola insieme a dei bambini.

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  7. E' un bellissimo elogio di Silente ^_^
    Io non ho sofferto per la sua morte, invece, anche se era un personaggio che mi piaceva molto (esiste qualcuno su questa terra cui non piaccia Silente?). Era arrivato il suo momento, Harry e i suoi amici e i ragazzi di Hogwarts e perfino Voldemort e i Mangiamorte dovevano infine andare per la loro strada, senza più quell'ombrello benevolo che riparava da tutte le tempeste e decideva per tutti cos'era meglio fare. Draco... sì, Draco era importante, e salvarlo per Silente era un modo di risarcire quegli errori del passato.
    Silente aveva fatto tutto quel che doveva ed era arrivato fino al punto in cui poteva arrivare; era pronto per la nuova avventura che la morte rappresenta per una mente ben organizzata. Quando descrive la futura morte di Nicholas Flamel e signora Silente sembra quasi provarne un certo desiderio: è come "andare a dormire dopo una giornata molto, molto lunga".
    E poi, per un carattere a tendenza manipolatrice come Silente, non c'è forma più raffinata e perfetta di rinuncia che lasciare infine che gli altri se la sbrighino a modo loro.
    Silente fa una bella morte, al momento giusto. Cedric no, Sirius nemmeno, e anche Edwige quando arriva il suo momento avrebbe ancora parecchio da dare, e anche tutti gli altri. Ma Silente è pronto. La sua è una bellissima morte secondo me (e Hogwarts avrà altri presidi capaci anche di incoraggiare la fantasia. Nella scuola non sono troppo comuni, ma nemmeno troppo rari)

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  8. @Murasaki: grazie, parole che fanno molto piacere.

    Certamente proteggere Malfoy rappresenta un gesto altamente professionale e responsabile da parte di Silente che non è legato dalla solita promessa come Piton ma proprio dal suo essere una persona seria e adulta nel fare quel che fa (oh ma Piton? costui passa la vita a fare promesse personali contrarie a ciò che in teoria dovrebbe fare. Mica male come spunto, eh?).

    Bella morte, non so: non sono capace di concepire belle morti (così tanto) violente nemmeno in finzione. Onorata pensione no :-P?
    Speriamo per le generazioni future.
    Grazie ancora per questa risposta.

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