Questo è un libro che ho pescato per puro caso alla biblioteca, attratta dalla copertina che prometteva "La storia vera di una famiglia di ebrei russi sopravvissuta alla Germania di Hitler".
Se era sopravvissuta, mi sono detta, è andata a finire bene. Magari è un libro un po' meno drammatico della media su questo pur drammaticissimo argomento? Tanto più che uno dei brani di recensione riportato sul retro della copertina prometteva un libro "Pregno di colore e di atmosfera, di umorismo e ironia e, al tempo stesso, di angoscia".
Sull'angoscia sono perfettamente d'accordo, il libro ne trabocca. Sull'umorismo e l'ironia, francamente non saprei: il pur leggendario umorismo ebraico qui fa solo poche e occasionali sortite.
Nel complesso l'ho trovato deprimente, anche se probabilmente per l'autore è stato liberatorio scriverlo. Ed è senza dubbio un bel documento storico, molto valido anche senza considerare il suo valore di testimonianza. A ben guardare, è anche un libro sulle difficoltà di sopravvivere in senso lato, non soltanto alle persecuzioni naziste o ai sensi di colpa dei sopravvissuti, ma in generale alla vita e ai suoi soffocanti legami intrecciati di rancore e di riconoscenza - in pratica, e per smettere di girarci intorno: alla propria madre - altro classico tema ebraico ma su cui gli ebrei non sono certo gli unici ad avere qualcosa da dire.
Valentin Senger è un giornalista tedesco morto nel 1997 che aveva 15 anni quando Hitler diventò cancelliere in Germania.
All'epoca viveva con la famiglia (i due genitori, un fratello e una sorella) in una via interna nel bel mezzo di Francoforte.
A Francoforte i suoi genitori erano arrivati nel 1911, dopo un avventurosa fuga dalla Russia dove il padre di Valentin era stato a lungo perseguitato e ricercato per le sue idee rivoluzionarie.
I Senger (che in origine non si chiamavano affatto Senger) erano russi, ebrei e pure comunisti moderatamente praticanti; non solo, ma continuarono una cauta opera di appoggio ai movimenti antinazisti durante tutta la guerra. Eppure trascorsero in relativa tranquillità tutto il periodo nazista, conducendo una vita normale per quanto era possibile trascorrerla in quegli anni in Germania.
Certo, non erano ebrei praticanti. Certo la madre, con accortezza, aveva coperto le loro tracce e si era procurata un cognome nuovo - ma i due figli maschi erano stati regolarmente circoncisi (una cosa, questa, che procurò un bel po' di grattacapi a Valentin e a suo fratello ad ogni visita medica dopo l'inizio delle persecuzioni), e per anni la famiglia aveva moderatamente frequentato la sinagoga; non solo, ma aveva apertamente usufruito per molti anni degli aiuti (soprattutto cibo) che l'associazione ebraica elargiva agli ebrei poveri. E molti dei loro vicini sapevano che erano ebrei, anche se parecchi l'avevano almeno in parte dimenticato.
La spiegazione del mistero sta forse lì, in una fortunata serie di combinazioni che permisero alla famiglia Senger di scivolare tra le pieghe della burocrazia, grazie anche all'aiuto di alcuni tedeschi che però agirono sempre di loro iniziativa perché mai nulla gli venne richiesto. Circostanze casuali, passaporti di apolidi, qualche mano che ogni tanto provvedeva a cancellare i dati più spinosi...
E così, mentre il vicolo intorno a loro si spopola e tanti loro vicini vengono deportati (una famiglia di zingari, un travestito, qualche omosessuale, qualche persona del tutto innocua ma dall'equilibrio mentale fragile) che l'autore ricorda e descrive con cura, la famiglia di ebrei russi comunisti si fece la sua vita e addirittura il passaporto apolide gli risparmiò non solo la deportazione, ma anche la chiamata alle armi fin quasi alla fine della guerra.
Ma naturalmente niente di tutto questo poté risparmiare loro la paura, continua, ossessiva e logorante. La madre ne ebbe letteralmente il cuore spezzato e non sopravvisse fino alla fine della guerra, e tutta la famiglia trascorse la sua vita apparentemente tranquilla avvolta in un soffocante bozzolo di angoscia.
L'angoscia è la protagonista principale di questa autobiografia davvero particolare, che descrive molto bene non soltanto la vita quotidiana e i problemi della popolazione negli anni della guerra, ma anche le correnti interne di un mondo dove il pericolo si annidava in ogni piega dell'esistenza, non soltanto per gli ebrei casualmente scampati alle persecuzioni ma proprio per tutti.
Nonostante la depressione che si porta dentro è una lettura che scorre bene, ed è anche molto istruttiva. Mi sento di raccomandarlo, purché non stiate cercando qualcosa di allegro e brillante che vi carichi con una sferzata di vitalità.
Con questo post torno a partecipare, dopo un assenza del tutto indipendente dalla mia volontà, al pregevole Venerdì del Libro di Homemademamma, da sempre un impareggiabile miniera di spunti per le letture.
Un libro che oggi, giorno della Memoria, è molto significativo. Non lo conoscevo...
RispondiElimina@ Murasaki:
RispondiEliminaLeggi anche Horror? Suspence, Thriller, Mistero o che so?
Che bel suggerimento per la giornata della memoria. Pero in questi giorni cerca qualcosa di più leggero. Io come dieta ricostituente di darei:
RispondiElimina- Douglas adams
- Tom robbins
Di loro due qualsiasi libro. Sono troppo bravi.
Poi qualche libro mangereccio tipo Come acqua per il cioccolato o libri che ti facciano venite fame.
Se no gli ammazzatempo, i thrilleroni di Schatzing (la a con l'umlaut) o ken follet.
Se invece vuoi leggerezza Nick Hornby
Un bacione alle gatte
V
@Stefania:
RispondiEliminaDiciamo che mette in risalto un aspetto di quel periodo cui non siamo abituati a pensare: l'angoscia di chi è rimasto in sospeso. Ho poi scoperto che ci sono stati altri casi, ognuno con la sua strampalatissima storia.
@dhaulagiri8167:
Ah, le distinzioni per genere letterario le seguo poco, comunque leggo un po' di tutto. Horror pochino, in verità, ma gialli a carrettate ^__^
@Vanessa:
Ma che bell'elenco di possibilità!
No, non è una lettura di questi giorni, non credo sia proprio adatta a questo periodo per me. E ammetto che Adams non mi sembra poi così "leggero".
In compenso non ho mai toccato Tom Robbins, mentre sarebbe forse il momento di provarci. Mi manca del tutto anche Schatzing, e me lo segno.
In compenso avevo fatto una bella scorta in biblioteca prima delle vacanze di Natale, e un paio in particolare si stanno dimostrando più che adatti al periodo.
E poi, naturalmente, si sono mossi gli amici, venendo a offrire prestiti e doni, alcuni anche piuttosto azzeccati.
Di sicuro, per i prossimi Venerdì del Libro non ho carenza di argomenti ^__^
Cara Murasaki,
RispondiEliminami permetto di segnalarti la trilogia del piccolo popolo di Terry Pratchett
anonima affezionata
Grazie, affezionata anonima: Pratchett è sempre una grande lettura, e forse adesso ho di nuovo abbastanza concentrazione da dedicarmici ^__^
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