Seconda avventura dell'investigatore Cormoran e della sua segretaria Robin, questa volta alle prese con il caso di uno scrittore di non più troppo belle speranze ma molto affamato di fama e successo; il quale scrittore scompare dopo aver consegnato all'agente editoriale un libro assai corrosivo sul mondo dei letterati che, ancora manoscritto, sta seminando polemiche incendiarie.
Tutta l'indagine si svolge dunque nel mondo dell'editoria: conosciamo agenti letterari, editor, editori e, naturalmente, scrittori e scrittrici.
Uno scrittore che parla di scrittori rimbalza sempre il lettore in un complesso gioco di specchi: la scrittura come creazione? La scrittura come metafora della vita? La scrittura come interpretazione della vita? L'editoria come un mondo di poveri diavoli perennemente insoddisfatti di tutto e di tutti, branco di cani randagi famelici che si contendono con ferocia anche le ossa più spolpate?
Senza escludere le prime tre possibilità, l'ultima elencata è senz'altro la più appariscente nel romanzo; ed è davvero interessante che a descrivere così il mondo che vive di scrittura, sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith, sia niente meno che J.K. Rowling, autrice che dai suoi scritti ha ricavato non già ossa spolpate, bensì enormi pile di bistecche dei tagli più pregiati (anche se è probabile che qua e là qualche ossicino le sia rimasto tra i denti).
Se uno cerca amicizie durevoli e cameratismo senza riserve, deve entrare nell’esercito e imparare ad uccidere. Se invece vuole una vita di alleanze temporanee con gente uguale a lui, che gioisce di ogni suo fallimento, deve scrivere romanzi.
Così racconta all'investigatore Cormoran (che per l'appunto ha militato a lungo nell'esercito) il solo scrittore di successo presente nel romanzo - un uomo di singolare antipatia ma non privo di una certa sincerità, tanto antipatico e tanto sincero da suscitare la simpatia nel lettore nonostante (come quasi tutti i personaggi) sembri un candidato assai probabile alla colpevolezza di un omicidio che unisce ferocia e perversione in modo assai sgradevole.
In questa raccolta di cani rabbiosi fino all'idrofobia e acidi nel più corrosivo dei modi (la presenza di una buona dose di acido cloridrico nel romanzo non è affatto un caso) l'unica persona che all'apparenza sembrerebbe un essere umano gradevole è intravista solo di striscio, senza mai comparire in scena: si tratta di Dorcus Pengelly, autrice di apprezzatissimi e vendutissimi libri erotici travestiti da romanzi storici, che firma col suo vero nome e organizza piacevoli barbecue. Come contraltare abbiamo poi, nella rosa dei protagonisti, la scrittrice di fantasy erotica che deplora l'incapacità degli editori di riconoscere la validità di prodotti che si allontanano un po' dalla classica divisione per genere - con cui si finisce inevitabilmente per simpatizzare in nome del dolore di vivere che accomuna tutti noi, nonostante sia chiaro che scrive da cani.
Quel che ne viene fuori non è un romanzo leggero e gradevole: l'atmosfera ritorna sopportabile solo quando sono in scena i due investigatori, nei momenti in cui la loro vita privata prende il sopravvento, loro e il loro seguito di parenti, innamorati ed ex innamorati, compreso Matthew (il fidanzato di Robin, che a me continua a non restare antipatico). La loro vita privata non è un letto di rose, hanno i loro problemi ma, vivaddio, non passano il loro tempo esclusivamente a divorarsi vivi o cercare di divorare gli altri.
La trama gialla dunque è acida, corrosiva e perversa nonché piuttosto opprimente; il tocco di chi la scrive e l'intermediazione dei due investigatori però la rende digeribile anche a quei lettori che, come me, non hanno alcuna inclinazione verso i romanzi di atmosfera morbosa. La storia è costruita molto bene e la soluzione imprevedibile, nonostante la congrua sfilata di indizi seminati con grande chiarezza lungo la strada ma abilmente travestiti. Per giunta, sul finale, una parte della vicenda si avvia su strade più liete di quel che si era finito per temere, e alcuni protagonisti conosceranno una qualche forma di riscatto morale; si chiude l'ultima pagina con un sospiro di sollievo ma un po' riconciliati con la vita.
Un bel giallo, molto diverso dal precedente Richiamo del cuculo. Adatto a letture sia estive che invernali, si lascia leggere a dosi massicce senza problemi; raccomandatissimo a tutti, anche se personalmente lo terrei lontano dai ragazzi sotto i 15-16 anni.
Con questo post partecipo al Venerdì del libro di Homamademamma e ricordo a chiunque passi di qua che nelle lunghe giornate e nelle corte notti estive, un buon giallo, possibilmente lungo, è la migliore delle letture.
Come sempre anche la Nostra Murasaki è la migliore delle letture😊
RispondiEliminaOttimo resoconto hai reso l'idea dell'atmosfera del romanzo....perlomeno a me serve per la prima sensazione,quella del "lo compro/non lo compro"Ciao e grazie
Io ce l'ho già sul kindle insieme al successivo,visto che ho approfittato di due offerte di Amazon. Per un attimo ho temuto qualche spoiler...ma tu sei bravissima!
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