giovedì 26 giugno 2014

Progetto Lenford, ovvero il Corso di Formazione che credevi di avere scelto

La più bella storia di tutti i tempi sugli stereotipi di genere è senz'altro Ranma 1/2 di Rumiko Takahashi. 
Per una bella sfilarata di luoghi comuni sull'argomento, invece, basta andare qua


Un anno fa la prof.  Therral, all'epoca responsabile della Legalità* mi chiamò per farmi vedere un avviso di progetto della Regione contro il bullismo omofobico.
"Visto che sei interessata a questi temi potresti farlo" mi disse.
Lo guardai e lo riguardai "Per essere interessata lo sono" garantii "Però non capisco di che si tratta".
"Nemmeno io l'ho capito bene" ammise la prof. Therral.
La prof. Therral non è una sciocca, e ha comunque conseguito una laurea in Lettere più  un abilitazione SSIS tramite corso biennale. Quanto a me, non mi ritengo certo fornita di senno sovrabbondante, ma ho anch'io la mia laurea in Lettere e ben due abilitazioni, con la SSIS e con il concorso. Due lauree e tre abilitazioni comunque non ci sono bastate per  venire a capo di quel paio di cartelle scritte in corpo 12. Chi è del ramo sa che la cosa è tutt'altro che insolita, quando si tratta di progetti presentati alla scuola.
Dopo una seconda e una terza rilettura ci convincemmo trattarsi di un corso per docenti "Loro ti formano, e così diventi il punto di riferimento per la scuola se ci sono episodi di bullismo omofobico o se decidiamo di trattare tematiche legate all'omosessualità".
"Perché no?" dissi io. A St. Mary Mead non c'era mai stato l'ombra di un episodio di bullismo omofobico ma mai dire mai, e poi l'argomento mi interessava "Se la Preside lo firma lo faccio volentieri". Sarebbe stato il mio primo corso di formazione, e non c'era dubbio che sull'argomento andassi formata perché ne sapevo ben poco.
La Preside firmò di buon grado e il modulo fu spedito. 
A Settembre poi mi telefonarono per sapere se confermavo la mia adesione. La confermai, e mi dissero che mi avrebbero contattato loro.
Poi l'anno scolastico cominciò e dimenticai il tutto, anche perché nessuno mi chiamò.

Passarono i mesi e la Seconda d'Ogni Grazia Adorna si rivelò improvvisamente d'Ogni Scheletro Ingombra: tra le ragazze si aprirono misteriose fratture, tre di loro formarono un Malefico Trio che era al centro di ogni pettegolezzo del paese e di molte insufficienze, e una mattina la madre di Cuorcontento (che da qualche tempo si mostrava assai poco contento e molto spento) mi spiegò che parte della classe aveva avviato la simpatica abitudine di chiamare "frocio" suo figlio, anche mediante coretti,  e che il ragazzo ne risentiva fortemente.

Un fulmine scoppiato due passi davanti a me mi avrebbe senz'altro fatto meno impressione.
La Seconda d'Ogni Grazia Adorna, nientemeno! La mia classe di bravi bambini, i cigni della scuola, la delizia del genere umano!
Una volta ingoiato il rospo informai i colleghi e avviai una serie di colloqui individuali per capire cosa diavolo stesse succedendo.
I colloqui si rivelarono altrettanto sconvolgenti della traumatica scoperta. Anni prima mi ero ritrovata ad affrontare uno strano racket di merendine, ma era stato tutto più semplice perché era un caso in cui il Torto e la Ragione si potevano facilmente separare con un bel taglio netto e la frattura si era saldata nel giro di poche settimane.
Stavolta la questione era più complessa, era coinvolta una metà della classe e non tutti ammisero il fatto. Alcuni genitori deprecarono l'accanimento crudele dei professori per una sciocchezza simile, mentre altri caddero con doloroso stupore dal pero assicurando che la loro prole, alle elementari, era stata a sua volta oggetto di bullismo e, visto quanto ne aveva sofferto, mai nemmeno nei loro incubi peggiori avrebbero mai immaginato che la creatura avrebbe mai bullato alcun essere vivente**; molti dei bullatori spiegarono che "era uno scherzo e lui non aveva mai detto che la cosa gli dava noia, per cui non pensavano che gli importasse" (in effetti era quasi tutta gente che si conosceva dalla nascita, che uno di loro potesse capire cosa passava per la testa di un altro era del tutto improbabile, certo)... insomma, mi vidi sfilare davanti il più colossale carico di  situazioni da manuale in cui mi sia mai ritrovata in quindici anni di onesto insegnamento, e non avevo la minima idea di come venirne a capo senza fare troppi danni.

Cuorcontento è effettivamente gay? Ecco, fermo restando che sono affari suoi e non deve renderne conto a nessuno, Cuorcontento sembrava ancora in quella fase in cui non ci si pone il problema ("né carne né pesce" lo definì efficacemente Inglese) e ogni tanto mi domandavo, per puro esercizio di masochismo, se una persecuzione del genere è più dolorosa se si è o non si è gay. Probabilmente messa così la questione non ha senso perché il vero problema per lui è stato che chi lo prendeva in giro era suo amico - o meglio, fino a poco prima si era mostrato tale.
La storia si chiuse formalmente con una settimana di intervallo fatto in classe e cinque esclusi dalla gita di fine anno - per noi di St. Mary Mead sono state punizioni davvero esemplari. E, per quel che mi è stato dato vedere, nonostante tutti alla fine si siano scusati, la crisi non è rientrata, e temo che fosse già insanabile quando Cuorcontento ha deciso di parlarne infine con sua madre. Se il Consiglio ha agito bene, male o così-così non saprei dire, eravamo tutti come pulcini nella stoppa e personalmente, a torto o a ragione, l'ho vissuta sin dall'inizio come una cosa senza rimedio: Cuorcontento nella Seconda d'Ogni Scheletro Ingombra non sarebbe stato a suo agio mai più. Ma forse la stessa Seconda d'Ogni Scheletro Ingombra non sarà mai più a suo agio con sé stessa.
Durante i vari colloqui in cui cercavo di sdipanare la matassa avevo colto diverse cose inquietanti. Per esempio alla domanda "Come vi è venuto in mente di chiamarlo così?" la prima risposta delle bulle era stata "Perché sta sempre con le femmine" e la seconda "Perché con lui si può parlare di tutto, come se fosse una ragazza".

Ad un certo punto mi ricordai del magnifico Corso di Formazione dove avrebbero dovuto insegnarmi a gestire cotali spinose situazioni, ripescai il numero di telefono che mi era stato lasciato a Settembre e chiamai. Che ne era del corso?
Venni così a sapere che ero stata dimenticata, ma si mostrarono ansiosi di rimediare e mi diedero un altro numero di telefono che chiamai prontamente.
Scoprii così che mi ero impelagata nientemeno che nel temutissimo Progetto Lenford sugli stereotipi di genere e le discriminazioni, che già tante (e surreali) polemiche aveva scatenato a Lungacque al suo apparire. Per giunta non ne avevo mai parlato ai genitori quando avevo presentato le attività in programmazione, convinta com'ero che si trattasse di un  corso per me. Ed eravamo ormai alla fine dell'anno (quest'anno eravamo a fine anno scolastico già a fine Aprile, tra ponti vari e scadenze elettorali) quando tutti difendono le loro ultime ore di lezione con la spada sguainata.
Che fare?

Si capisce che accettai con profonda riconoscenza quel dono insperato della sorte: ben otto ore con un tecnico esterno a parlare di stereotipi, per quella classe che negli stereotipi ci sguazzava e ci annegava, erano assolutamente irrinunciabili. E, visto che infine anch'io avevo una programmazione da completare, presi il piattino e andai senza ritegno a mendicare in giro, ottenendo due ore da Scienze e una da Musica e garantendomi così almeno di fare un tema, un compito di grammatica e una comprensione del testo di fine anno. Poi raccontai ai ragazzi com'erano andate le cose e dettai un avviso ai genitori sul fatto che a fine anno era comparso all'improvviso un nuovo Progetto Regionale contro la Discriminazione. A St. Mary Mead però le famiglie sono quasi tutte chiesine, ma non palmine - e ottenni quindi senza colpo ferire una bella serie completa di firme sgombre di qualsivoglia commento o perplessità. Del resto ce n'era ben donde, perché il percorso del progetto era calibrato in modo assai ragionevole.

Resta il fatto che l'unico corso di formazione da me volontariamente scelto per quest'anno non me l'hanno fatto, anche perché non era pensato per i docenti bensì per gli alunni - e che se quando presentano un progetto cercassero di farsi un po' capire, secondo me non sarebbe poi questo gran male.

*misteriosa funzione impostaci dalla Nostra Preside il cui senso e scopo non è mai stato chiaro ad alcuno di noi,  ma che riguardava soprattutto organizzazioni di uscite didattiche alla Prefettura e simili. Quest'anno è misericordiosamente scomparsa.
**in realtà il caso è relativamente comune ma per loro, che di figli ne avevano solo uno, non c'era proprio nulla di comune, in quella storia

5 commenti:

  1. Non so se essere sollevata (per la somiglianza di situazione, della serie mal comune...) o scoraggiata (sempre per la somiglianza di situazione.
    Noi abbiamo il Malefico Quartetto, e ci sembrava di averlo preso in tempo per evitare conseguenze nefaste, ma con i genitori è una battaglia persa. Ai colloqui durante i quali li abbiamo messi in guardia, con giudizio e criterio, spiegando che prevenire è meglio che curare, ci hanno risposto:
    - è sempre stata così, anche all'asilo litigava con tutti
    - la colpa non è sua, si fa trascinare;
    - la colpa è delle altre, lei si fa trascinare;
    - la colpa è delle perseguitata che adesso va in giro a cercare altre amiche (!)
    - mia figlia non c'entra, perché le avete dato sette in condotta?

    Purtroppo poi, sia i genitori che le Malefiche, quando intavoliamo il discorso (in classe, negli "a parte", coi genitori...), dicono che loro sono tanto amiche di Paganina (quella messa in croce), e non ci ascoltano quando facciamo notare che un conto è quello che dicono, un conto è quello che fanno.
    Inoltre, le Malefiche hanno cominciato a dividere la classe secondo i loro particolari criteri (ci sono loro, poi le timide, poi le straniere o le povere vestite male, e via così), e quando cerchiamo di mescolare o di fare discorsi o di metterle davanti a certe responsabilità, la risposta è sempre quella: ma noi di Paganina siamo amiche (e tu magari stai parlando del fatto che il quartetto ha appena accusato una prof di una scorrettezza inventata da loro...)
    Mah...

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  2. Solidarietà!

    "Dagli amici ci guardi Iddio" è certo un proverbio con un suo perché (ma, certo, quella disgraziata di Paganina, andare a cercarsi altri amici quando ne ha di così amabili, davvero questi ragazzi di oggi non si riesce più a capirli).
    Resta il fatto che in questi casi anche gli adulti più accorti possono fare poco. Però la vita a volte sa farsi del male e guarirsi da sé, come cantano i Pooh: ricordo il caso di una Terza in cui la bullata da un giorno all'altro mandò a spagliare le sue carnefici e si accodò al gruppo delle sfigate, fornendo a loro tra l'altro lo stesso aiuto scolastico che forniva alle fighette. Sotto la sua accorta guida e sostegno le sfigate fecero una bella fine dell'anno e un esame piuttosto brillante, mentre le fighette ebbero un bel calo.
    In God We Trust, ché tanto non si può (quasi) fare altro...

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  3. Be', ma poi com'è andata a finire?

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  4. Effettivamente, come dici, una cosa del genere fa cambiare la fisionomia di classe per sempre, fa perdersi e il prezzo del ritrovarsi è quello di accettare di lasciarsi un pezzettino differente, una cicatrice. C'è una estate, di mezzo, per fortuna, e una terza che, quanto a colonizzazione dell'immaginario, può tanto.
    A tutti voi, buona navigazione e in bocca al lupo.

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  5. @LGO:
    Io o La Prof?
    Comunque la risposta è la stessa: lo scopriremo solo vivendo.

    @la povna:
    In God We Trust. E che ci sia un'estate di mezzo mi è di grande conforto. A quell'età tre mesi sono un'intera era geologica e, come dici tu, la Terza è un universo a parte ^___^

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