martedì 31 dicembre 2013

Non siamo noi, bensì quelli che verranno dopo di noi, a creare le leggende sui nostri tempi

La pergamena dove Isildur descrive l'Anello, antica testimonianza di un evento scivolato pian piano nella leggenda, svolge un non piccolo ruolo nel romanzo

Eomer di Rohan è uomo concreto e sensato, al punto da inghiottire senza difficoltà sia la ricomparsa improvvisa di un erede di Isildur (con tutte le conseguenze che la cosa si porta dietro) sia la reale esistenza della Signora del Bosco d'Oro, nota a Rohan solo dalle antiche storie. Gli uomini di Rohan infatti sono saggi ma non dotti; non scrivono libri ma cantano canzoni; e Eomer si rende conto che quando i tempi sono strani, come quello che stanno vivendo sogni e leggende divengono realtà e sorgono dall'erba dei prati
Tuttavia anche per i cavalieri di Rohan c'è un limite, e curiosamente questo limite arriva quando Aragorn cita gli hobbit, detti anche Mezzuomini.
"Mezzuomini!" esclama ridendo un cavaliere "Ma è soltanto un popolo di piccoli esseri di cui parlavano vecchie canzoni e leggende del Nord. Stiamo camminando in un mondo di favole o su verdi praterie alla luce del sole?".
Aragorn, che di certe cose si intende perché è nato in una leggenda, ha vissuto  circondato da leggende e ne sta pure realizzando alcune, soprattutto nel tentativo di rimediare a un errore commesso da un suo leggendario antenato riguardo a un piccolo oggettino d'oro, non ha difficoltà a spiegare che una cosa non esclude l'altra perchè non siamo noi, bensì coloro che verranno dopo, a creare le leggende sui nostri tempi, e del resto le verdi praterie sono ottimi argomenti per una favola, anche quando vengono calpestate alla luce del sole.
Leggende, favole e realtà sono qui equiparate e infilate in un unico calderone - quello stesso calderone dove, secondo Tolkien, elementi reali e spunti narrativi ben fusi producono alla fine le storie, che nascono e si evolvono con un percorso tutto loro*.

Undici giorni dopo, in cima alle scale di Cirith Ungol, giusto prima di entrare nella Terra di Mordor, Frodo e Sam discutono lo stesso argomento, ma con una visuale più ampia - perché ormai hanno capito benissimo di essere dentro a un futuro racconto eroico, e hanno anche capito come nascono, questi racconti: semplicemente, i protagonisti ci si trovano in mezzo. Spesso hanno la possibilità di tornare indietro, non una ma molte volte, ma noi conosciamo le storie di chi non l'ha fatto, ed ha proseguito, non tutti verso una felice fine, o comunque non verso quella che i protagonisti di una storia chiamano una felice fine come è stato per Bilbo (ma sappiamo che anche per lui la fine non è stata poi così felice); e le storie con una fine felice sono quelle magari migliori da vivere ma probabilmente non sono quelle migliori da ascoltare.
A quel punto della vicenda né Sam né Frodo sanno ancora in quale delle due categorie sono finiti (anche se di lì a poco Frodo comincerà a chiarirsi le idee in proposito) ma è così che accade nelle storie vere: Tu potresti sapere o indovinare di che genere di storia si tratta, se finisce bene o male, ma la gente che la vive non lo sa, e tu non vuoi che lo sappia. E loro due, osserva Frodo, sono proprio nel punto peggiore della storia, quando il bambino chiede al padre "Chiudi il libro adesso, non ho più voglia di leggere". Anche se Sam è sicuro che non chiederebbe mai una cosa dl genere perché ciò che è passato e finito e fa parte di un lungo racconto è ormai diverso.

In principio dunque è la vita, e chi la vive procede a tastoni, non ha letto il libro, non sa la trama e si arrangia come può. Altri verranno dopo, riordineranno il materiale e gli daranno la giusta direzione (un problema che Tolkien conosce bene, perché proprio scrivendo il seguito de Lo Hobbit ha capito che il punto centrale della storia non era quello che aveva immaginato all'inizio). E magari perfino Gollum potrebbe venire bene, in una favola, osserva Sam, e si domanda se in quel caso si vedrebbe come l'eroe o il cattivo; ma molto giustamente Gollum non risponde ed anzi è scappato ben lontano da questo tipo di discorsi: perché in tutti i casi la sua parte è spiacevolissima da vivere dall'inizio alla fine - e quanto a dire se è l'eroe o il cattivo, non ci riesce nemmeno l'autore, e figurarsi lui.

Le storie nascono dalla vita, dunque; ma nascono anche come prosieguo di altre storie, anche lì seguendo un corso imprevedibile a tutti (...autore compreso...). E non hanno mai fine. Quella che i due hobbit stanno vivendo è il seguito della storia di Bilbo, ma anche di Sauron e di Isildur; e con loro ad aiutarli c'è una scintilla della luce del Silmaril, e Silmaril vuol dire anche Beren e Luthien (e la famiglia di Aragorn al seguito), la luce degli alberi di Arda, la creazione di Arda...    davvero la Via prosegue senza fine, lontano dall'uscio da cui parte, e chi imbocca il sentiero lo fa a suo rischio e pericolo, senza sapere dove andrà.

*così spiega Tolkien nel saggio Sulle fiabe che la maggior parte dei tolkieniani e la quasi totalità dei critici letterari sembra non avere ancora digerito a dovere - mai capito perché, dal momento che la tesi di base mi sembra tanto concreta quanto sensata. Forse che tra i miei antenati c'è qualche cavaliere di Rohan?

3 commenti:

  1. Buon anno, carissima Murasaki.
    Con l'auspicio che sia sereno e ricco di salute, momenti lieti e, perché no, di soddisfazioni economiche...

    RispondiElimina
  2. Grazie, cara, e altrettanto a te e a tutta la tua costellazione, con l'Husband in testa ^__^

    RispondiElimina
  3. C'è una frase che Gimli pronuncia mentre la Compagnia dell'Anello è ancora in formazione, frase che mi ha sempre fatto credere che il destino di tutti loro fosse in qualche modo segnato e che il finale fosse, non scontato, ma in un certo modo stabilito: "Sleale è colui che si accomiata quando la via si oscura". Come se la meta fosse una promessa, un impegno che ciascuno di loro ha cercato, come ha potuto, di portare a termine, in nome della lealtà ad un ideale bello. Da lettore non erudito ho sempre saputo che il finale non poteva che essere positivo, a chiusura di tutte le negative storie precedenti, e che la lealtà di cui parlava Gimli non è mai venuta meno per nessuno, anche quando avrebbero potuto darsela a gambe. Ma da dentro, nessuno di loro poteva saperlo, certo, come capita nella vita vera: mentre vivi, ignori come andrà a finire e solo dopo si potrà parlare di ciò che è passato, che è chiuso. Sicuramente però mentre vivi sai quali sono i tuoi riferimenti, i tuoi valori, le tue priorità e sai che le tue azioni, a prescindere da come andrà a finire, a questi punti di riferimento si ispirano.

    Detto questo, vorrei ringraziarti di tutti questi bei post, che aspetto con infantile trepidazione e che mi hanno aperto gli occhi su un mondo bellissimo, come già ti dissi da me. Ho comprato anche una mappa per seguire meglio il viaggio fino a Mordor (con testo di Paolo Gulisano), tanto per disintossicarmi un po'... :)
    Grazie ancora.

    RispondiElimina