venerdì 22 novembre 2013

Il pugnale di Morgul

Risveglio a Gran Burrone dove tutto è bello, perfino le coperte

Nessuno ha spiegato a Frodo che invocare il nome di Elbereth (nelle Terra di Mezzo certi nomi e certe parole sono più forti delle spade più acuminate) è un'eccellente difesa contro le armi del Nemico, ma ci arriva da solo. Purtroppo però l'idea gli viene solo dopo che la lama di Morgul lo ha ferito.
Per effetto di quel nome la lama si disfa come neve al sole - tutta, tranne la scheggia che è rimasta dentro lo hobbit e che lo cambierà per sempre. 
La ferita non è grave e si richiude in fretta. Il gelido frammento però lavora dentro di lui, lasciandogli dentro un freddo e una pena che né le mani da guaritore di Aragorn né il tocco di Glorfindel né la potentissima athelas riusciranno altro che ad attenuare per breve tempo.
Frodo soffre, in silenzio e con ammirevole forza, e un po' per volta la sua vista si annebbia. Prima sembra un velo dovuto alla stanchezza, che arriva alla sera e che i raggi del sole disperdono; ma col passare dei giorni la visuale si fa sempre meno chiara finché non vede più la cosiddetta realtà fenomenica, ma solo "l'altro mondo": la fiamma di Glorfindel, potente su entrambi i livelli, i gelidi cavalieri neri e ombre vaghe e indefinite. Il tenace organismo hobbit alla fine cede, ma il cuore hobbit non viene scalfito e i suoi pensieri e i suoi sentimenti non cambiano: gli uomini cedono facilmente alle lame di Morgul, ma per gli hobbit ci vuole ben altro.
Alla fine, dopo un grandioso inseguimento che splende davanti al lettore come una sequenza cinematografica, l'ammirevole e assai magico cavallo Asfaloth porta Frodo oltre il guado che conduce alla terra di Elrond. I Cavalieri Neri ormai impazziti per il richiamo sempre più forte dell'Anello provano a varcare il guado a loro volta, dimenticandosi dei problemi che hanno con l'acqua; ma Elrond scatena le acque del Rombirivio e li travolge. Pesti e ammaccati, dovranno tornare a piedi a Mordor (e il fatto di non avere piedi né cavalli complicherà alquanto il loro viaggio, con grande soddisfazione di chi legge e che non prova per loro alcunissima simpatia).

Il frammento però continua a lavorare, e solo dopo tre giorni Elrond riesce infine ad estrarlo, proprio prima che raggiunga il cuore di Frodo, che stava ormai cominciando a svanire, lasciando per sempre la terra dei comuni mortali.
Una ferita di questo tipo non resta senza conseguenze, solo che non sono  affatto le conseguenze previste dal Nemico. Il cuore di Frodo è intatto, ma la sua anima è in un certo senso raffinata. Frodo continua a non sentire alcuna  attrazione verso il lato oscuro della Forza, ma sviluppa una sensibilità più acuta e una maggior consapevolezza del Male quando lo ha vicino - per certi versi anche una maggiore capacità di comprensione; diventa però più facilmente percepibile per i servitori del Nemico (per esempio il misterioso mostro acquatico che vive nello stagno davanti alle porte di Moria e che cerca di afferrare soltanto lui).
E' una ferita magica e produce effetti magici. Se ci fosse stata solo quella però lo hobbit sarebbe potuto tornare a vivere nella Contea senza troppi problemi, probabilmente. Restando comunque segnato, certo: non si possono passare due settimane tenendosi dentro un frammento di lama di Morgul e tornare a vivere come se niente fosse. Qualcosa è comunque cambiato.
Ma forse è proprio quel Qualcosa che è cambiato che lo spinge, infine, ad accollarsi l'intera missione e ad accettare di portare l'Anello fino al Monte Fato, adesso che non è più "solo" un hobbit.

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