Cosa c'è di più pallificante di un libro?
Chiamansi recienzioni (le forme correnti in realtà sono recenzione e reciensione, ma una collega ha trovato più comodo fondere le due parole) quelle strane schede che vengono molto spesso rifilate agli sventurati alunni delle scuole medie (ma c'è chi comincia già alle elementari), di solito con cadenza mensile o, più raramente, durante le vacanze estive o natalizie. In pratica l'alunno legge un libro e poi su quel libro compila una scheda.
La maggior parte degli insegnanti lascia una certa libertà nella scelta del testo, pur mettendo paletti qua e là onde evitare che vengano scelti solo libri che ritiene di qualità infima o non abbastanza impegnativi (ad esempio i Piccoli Brividi, o Geronimo Stilton). Talvolta viene assegnata una lista e da quella si deve scegliere il libro - e quest'ultimo sistema avrebbe forse i suoi vantaggi, se gli insegnanti avessero l'accortezza di leggere tutti i libri che consigliano, o riflettessero seriamente sui titoli che assegnano.
Le schede comprendono, o meglio dovrebbero comprendere, una sintesi del contenuto (detta anche riassunto), un'analisi dei personaggi, un giudizio motivato che comprenda anche una valutazione di stile e lessico, nonché l'indicazione del messaggio che l'autore ha voluto trasmettere. E giuro su quanto ho di più caro che non sto scherzando.
Quel che poi gli alunni consegnano è di solito un testo decisamente tirato via che contiene un riassunto che raramente si segnala per qualità e un giudizio critico del tipo "Questo libro mi ha un po' annoiato perché ci sono troppe descrizioni", con descrizioni dei personaggi non pervenute; se pure consegnano qualcosa, perché qualcuno (soprattutto se ha un profitto nella fascia più bassa) risolve la questione non consegnando proprio niente. Naturalmente c'è anche chi consegna mirabili schede compilate in ogni parte e ricche di osservazioni originali e interessanti - e guarda caso si tratta di quei qualcuni che in italiano hanno sempre voti molto, molto alti.
Trovai questa curiosa pratica in uso sin dalla mia prima supplenza breve, e di recienzioni nei miei primi anni di insegnamento ne ho corrette un bel po', oltre ad ascoltare i lamenti delle colleghe davanti alle recienzioni che venivano loro consegnate. Il mio atteggiamento, inizialmente piuttosto neutrale (non sono mai stata convinta che costringere a leggere chi non ne ha nessuna voglia sia un'azione valida sul piano etico, ma avendo sempre letto molto pensavo che un libro al mese non fosse poi questa gran cosa) ha finito per sfociare in una completa ostilità, per tutta una serie di considerazioni basate anche su quel che sentivo dire dai ragazzi.
Di solito quella della recienzione viene considerata una pratica virtuosa e che richiede scarso impegno da parte degli alunni, perfettamente descritta dalla frase ricorrente "Che vuoi che sia un libro al mese?".
E proprio dal "Che vuoi che sia?" potremmo cominciare. Secondo le statistiche degli ultimi anni una buona metà degli italiani non legge nemmeno un libro all'anno, mentre la percentuale di chi ne legge uno o più al mese oscilla intorno al 15%. Questo significa che l'insegnante del "che vuoi che sia, un libro al mese" pretende con grande nonchalance una cosa che per molti è assolutamente contro natura, ovvero leggere ben un intero libro al mese.
Il punto è che questa cosa del tutto contro natura viene richiesta in aggiunta a tutto il resto dei compiti, a un orario scolastico pesante e pure alle attività esterne. Se l'alunno considera la lettura un'attività piacevole e divertente cercherà e troverà i ritagli di tempo per farlo, altrimenti sarà solo un fardello in più cui si accosterà con grande malumore. Peggio ancora se intorno a lui la famiglia, che normalmente apre un libro una o due volte l'anno sotto l'ombrellone, continuerà ad esortarlo a leggere "che hai il libro del mese da finire".
A questo punto verrebbe spontanea la domanda: ma l'insegnante di Lettere che assegna la scheda, lo legge, un libro al mese?
I risultati potrebbero essere sorprendenti. Gran parte degli insegnanti di Lettere che conosco ama tanto la lettura, è sempre prontissima a tessere caldissimi elogi della lettura, trova che la lettura sia la più bella cosa del mondo... ma purtroppo non ha tempo per leggere. Ci sono i figli, c'è il marito da badare, poverello (no, la moglie non è vista come un carico di lavoro ulteriore, di solito. Tuttavia niente lascia supporre che l'insegnante di Lettere maschio legga di più della sua controparte femminile. Caso mai il contrario, dicono le solite statistiche, che affermano che le donne leggono più degli uomini). C'è la casa. E poi il lavoro, i compiti da correggere, le lezioni da preparare... insomma, l'insegnante non ha tempo ma trova normalissimo che l'alunno ce l'abbia.
(N.B.: conosco anche molti insegnati di Lettere che sono accaniti lettori, ma nessuno di loro ha mai istituito l'uso del Libro del Mese con recienzione annessa).
Secondo aspetto della questione: per leggere occorre un libro. Ma, al contrario di quel che molti sembrano pensare, non tutti i libri vanno bene. I ragazzi non sono fatti in serie, e ognuno ha i suoi gusti e le sue inclinazioni. Il lettore forte, che fin dall'inizio ha provato immenso divertimento a tuffarsi in una storia scritta, sviluppa ben presto spiccate preferenze: ha i suoi generi preferiti, i suoi autori preferiti, i suoi libri preferiti. Si orizzonta senza difficoltà in libreria e in biblioteca, spulcia, spelluzzica, esperimenta, trancia giudizi, si schifa e si entusiasma. La sua famiglia (non di rado costituita a sua volta da lettori forti, perché certe caratteristiche sono anche ereditarie) lo porta in libreria, lo iscrive alla biblioteca del comune o del quartiere, lo assiste con regali scelti con cura, consiglia parenti e amici che in occasione di Natale e dei compleanni sono a caccia di idee per i regali di rito.
Poi ci sono gli altri. Nelle loro case i libri scarseggiano, e i pochi presenti sono stati comprati per lo più per avere qualcosa da leggere sotto l'ombrellone; costoro vanno in libreria al massimo una volta l'anno per comprare qualche regalo e si accostano timidamente ai commessi "Ho un amico cui piace leggere, cosa potrei regalargli?" è la loro tipica domanda di esordio, e tutte le volte che la sento solidarizzo con tutta me stessa col povero libraio che non può permettersi l'unica risposta valida in questo caso, ovvero "So una sega io!". Talvolta la domanda (ancora più disperante) è "Cerco un libro per una ragazzina di dodici anni, cosa mi consiglia?". Già, ma la ragazzina ama le storie d'amore o la letteratura fantastica? O predilige la letteratura fantastica, ma con una storia d'amore dove il protagonista maschile abbia un carattere dolce ma razionale? Oppure ama soprattutto i gialli? Magari le piacerebbe moltissimo un libro sugli insetti o sulle stelle, ma nessuno glielo regalerà mai perché non ha mai pensato a chiederlo (ed è difficile fare la scheda del libro del mese da un libro di biologia sugli insetti, anche se è probabile che l'insegnante accoglierebbe con entusiasmo un tocco di originalità). Magari leggere l'annoia a morte, ma potrebbe trovarlo sopportabile se qualcuno le trovasse il libro giusto. Peccato che gli adulti che ha intorno si muovano in quel campo con la stessa disinvoltura di un tordo invischiato.
Una biblioteca scolastica ben curata sarebbe magari utile per fare qualche onesto tentativo, ma sappiamo tutti in che condizioni vertano attualmente le biblioteche scolastiche. Alcuni insegnanti tentano di supplire facendo "la biblioteca di classe", spesso formata da qualche resto pescato dal mucchio della biblioteca scolastica, un po' di edizioni ridotte di narrativa per ragazzi e qualche doppione di casa loro scelto con scarsa cognizione degli interessi dei loro alunni; e proprio da lì pescano i più sfigati e inesperti, perché se non altro sono libri a portata di mano, mentre i più esperti della classe faranno la scheda sul settimo volume della Saga dei Gatti Guerrieri o sul Ritorno del Fantasma Verde, nuovo cult della stagione di cui discutere accanitamente con gli amici durante l'intervallo. E proprio a causa della loro inesperienza in materia gli sfigati di turno si lasciano guidare da criteri davvero aleatori, ad esempio la lunghezza, (senza nemmeno considerare che, oltre al numero di pagine, andrebbe per lo meno considerata anche la grandezza del carattere di stampa e il tipo di impaginazione). Chi ha un po' di dimestichezza con i libri sa che un libro può essere più o meno "facile" a seconda della trama e dello stile, e anche la notorietà dell'autore ha un suo peso (se in tanti l'hanno letto, vuol dire che se non altro costui o costei sanno come farsi leggere, e arrivare in fondo potrebbe non rivelarsi una tragedia) - tutti criteri istintivi per chi ha un po' di dimestichezza con quella strana roba a stampa, ma assolutamente astrusi per chi non ha la minima idea di come funzionano gli strani oggetti testé citati.
Qualsiasi libro però, anche quello scelto o comprato con entusiasmo, può risultare una tavanata galattica. Magari lo è davvero, magari semplicemente non è il genere giusto, lo stile giusto, la storia giusta, il momento giusto. Un libro è solo una roba piena di parole, non ha nessun potere taumaturgico e non è detto che si raccomandi per qualità o capacità di suscitare interesse.
E arriva così il momento in cui, dopo che ormai da dieci giorni sei inchiodato a pagina 30 e ogni sera trovi una scusa diversa per non continuare, prendi atto della situazione e ammetti che preferiresti entrare in un alveare piuttosto che continuare a leggere quel libro. Ma tra cinque giorni c'è la scheda da consegnare. Gli altri libri che hai a disposizione sono di almeno 200 pagine e ti sembrano attraenti quanto un attacco di appendicite. Che fare?
Puoi spelluzzicare la tavanata galattica, fare un riassunto senza capo né coda e sperare in dio.
Puoi cercare il riassunto in rete - che spesso è fatto malissimo, perché anche chi mette i riassunti in rete non è detto che si diverta a leggere. Naturalmente i lettori esperti sanno come procurarsi un riassunto almeno decoroso, ma... spesso non hanno alcun motivo per cercarlo, in quanto preferiscono farselo in proprio, dandogli un loro taglio personale.
Puoi chiedere aiuto a qualcuno che ha già letto la tavanata che hai incautamente scelto - SE qualcuno che conosci l'ha già letta, ed è disposto a darti una mano (il che non è detto, magari avete litigato la settimana prima).
Puoi saltare la consegna della scheda. Magari è la terza volta di fila che la salti. Magari in Italiano non vai nemmeno tanto bene. In famiglia sbuffano: e non finisci mai un libro, e non ti va bene niente, e non hai costanza né nerbo né fibra morale e loro, alla tua età, leggevano sette libri a fila in un giorno (ma chissà perché adesso non ne leggono nemmeno uno al mese)...
Oppure sei di quelli coscienziosi, che piuttosto che non consegnare un compito entrerebbero in due alveari. E allora devi finire il libro, a qualsiasi costo.*
Alla fine, dopo gran patire e infinito sfoggio di autocommiserazione e ribellione, il libro è finito. E c'è ancora da fare la recienzione.
La quale recienzione, così come la pretendono di solito, non è affatto facile da confezionare.
Prima di tutto, il riassunto. La maggior parte degli alunni di scuola media non sa fare un buon riassunto (come del resto la maggior parte degli adulti).
Premesso questo, il "riassunto" è una bestia con più branche e branchie di un branco di pesci, e ce ne sono centinaia di tipi diversi. Parlando di libri ci sono almeno tre generi diversi di riassunti: quello che dovrebbe invogliarti a leggere il libro, quello che potrebbe quasi sostituire la lettura del libro e quello che riesce in poche parole a spiegarti di cosa parla il libro. Il primo è quello che l'editore mette in giro per procurarsi acquirenti, il secondo è usato da chi sta scrivendo un saggio critico su quell'autore e quel libro e deve quindi scendere nei dettagli, il terzo ci si scambia tra amici. Per una recienzione il terzo tipo sarebbe l'ideale, peccato che sia difficilissimo da fare, specie per i libri per ragazzi. Esistono infatti dei libri per adulti che si riassumono con relativa facilità in poche parole: "C'è un gruppo di villeggianti che vorrebbe andare in gita a un faro. Finiscono poi per andarci solo qualche anno dopo"; "E' un'autobiografia dell'imperatore romano Adriano"; "Un tale, finito in analisi, ripercorre la storia della sua vita". Ma un libro per ragazzi ha quasi sempre un intreccio, e piuttosto complesso. Sintetizzarlo in poche frasi richiede un notevole abilità. Quasi sempre il malcapitato comincia un riassunto dettagliato, si stufa e taglia via; oppure prova a cercare in rete, copia con pazienza quel che trova e non capisce come mai l'insegnante se ne accorge quasi sempre.
L'analisi dei personaggi si risolve, quattro volte su cinque, con una descrizione fisica o il racconto di quel che il personaggio fa, anche se i più smaliziati riescono a costruire una frase fatta del tipo "Laura: è una ragazza di 16 anni, bionda, con un carattere allegro che la porta a vedere sempre il lato positivo delle cose" oppure "Stefano: è un ragazzo buono ma sfortunato" (e di solito è una frase che si può facilmente trovare nelle prime pagine, dove il personaggio è introdotto, se non direttamente sul risvolto o sul retro del libro).
Al di là della difficoltà oggettiva di riassumere storie, descrivere personaggi ed estrapolare messaggi, la cosa si presenta ardua anche quando il libro è stato letto con passione e partecipazione, anzi, ancor di più in questi casi: chi legge di solito pensa a leggere, e più che la raffinata analisi psicologica dei protagonisti gli interessa sapere se troveranno il tesoro, riabiliteranno lo zio di uno di loro, ingiustamente accusato di furto di polli o si metteranno insieme. Non sempre segue tutta la vicenda nei minimi dettagli, tante cose non lo interessano e addirittura fraintende passaggi anche abbastanza cruciali. A volte si perde un po', di cosa succede all'allevatore di polli defraudato del pollame non gli importa un accidente e del fatto che la protagonista è riuscita a liberarsi gli interessa solo l'evento principale, ovvero che è riuscita a liberarsi, e per quanto riguarda come sia riuscita a liberarsi, mah, faccia un po' lei e andiamo avanti con la storia.
Si tratta quindi di una lettura superficiale? Ah, può ben essere. Ma tanta gente legge così, per andare avanti nella storia, senza avere in mente il futuro terzo grado che la scheda gli imporrà; e chi legge per rendere conto con cura di quel che ha letto (tutti gli studiosi di letteratura, per esempio) non può permettersi di godere liberamente la lettura. Spesso il prezzo da pagare è una vaga nausea al solo pensiero di mettersi a leggere.
L'insegnante di Lettere fatica a capirlo, perché ha alle spalle un lungo percorso di esami basati sulla critica letteraria - al termine dei quali, non di rado ha perso buona parte del suo iniziale interesse per la lettura e non sarà certo una sfilarata di recienzioni fatte male a farglielo tornare.
Quanto al messaggio dell'autore, la questione è ancora più delicata. Infatti, se il messaggio è così evidente da risultare chiaro anche ad un lettore alle prime armi, allora, semplicemente, il libro è scritto male. Se invece il libro è scritto bene il "messaggio" si insinua garbatamente sotto la pelle di chi legge e da lì inizia la sua lenta opera di conquista senza che il lettore ne sia consapevole, almeno all'inizio - per tacere del fatto che non sempre l'autore ha consapevolmente un messaggio da predicare, che a volte il suo atteggiamento verso questi "messaggi" è decisamente conflittuale e che ci sono libri che hanno trasmesso, anche a distanza di secoli, messaggi che avrebbero invero assai sorpreso il loro autore, a volte anche dolorosamente.
Una cura a base di recienzioni mensili probabilmente non distruggerà un affetto per la lettura solido, ben radicato e saggiamente alimentato da una famiglia partecipe; ma là dove questo affetto è inesistente, oppure gracile e timido, a malapena sbocciato tra le difficoltà e le traversine**, non c'è dubbio che sia destinato a precoce sfioritura o a temporanea ibernazione. Forse l'alunno oggetto di cotal trattamento non leggerà mai più, forse passeranno anni prima che acconsenta a dare almeno una scorsa al Codice Da Vinci, oppure entrerà nelle file non tanto ridotte di quelli che dicono "Mi piace molto leggere ma purtroppo ho cominciato tardi, dopo i trent'anni, perché la scuola mi ha fatto odiare la lettura". Ed è davvero improbabile che la qualità della produzione scritta dei nostri amati alunni migliori vertiginosamente grazie alla "Lettura Di Un Libro Al Mese Con Relativa Recienzione".
Dunque l'insegnante di Lettere deve rinunciare a promuovere l'amore per le buone letture?
Beh, sì: piuttosto che far danni sarebbe certo molto meglio.
Tuttavia può anche cautamente tentare un approccio meno drastico: suggerire libri en passant, chiacchierando del più e del meno; approvare le letture che gli alunni stanno facendo (è sempre un buon segno, quando ti parlano dei libri che leggono di loro spontanea volontà, o magari dietro un cauto incoraggiamento), anche se non lo entusiasmano - perché ognuno ci ha i suoi gusti; concordare un'uscita alla biblioteca comunale più vicina, o magari a qualche grossa libreria nei dintorni; soprattutto, offrire vaste scelte di letture nelle ore di lezione - quest'ultima cosa in effetti è parte integrante delle sue mansioni e non c'è Indicazione Ministeriale degli ultimi decenni che non lo ricordi più volte. Insomma può provare onestamente a fornire i suoi alunni di un po' di coordinate che gli permettano di procurarsi un libro, qualora ne avvertano effettivamente il desiderio.
Se il terreno non è troppo ostile si possono poi tentare anche vie meno subliminali, come ad esempio partecipare a qualche premio letterario dove è previsto che gli alunni leggano libri forniti aggratis o a poco prezzo dagli editori per poi darne valutazioni (le schede di questi premi sono di solito stilate con molto più criterio di quelle delle recienzioni), organizzare mostre del libro con la collaborazione di qualche libraio compiacente, avviare tornei di lettura e via dicendo. Sempre però tenendo a mente alcuni criteri base (qui di seguito, dopo le note):
*Qualcuno ricorda l'immortale saga di Charlie Brown e la relazione di Natale sui Viaggi di Gulliver?
**Sì, proprio quelle dei binari: al primo treno che passa il fiore finisce malamente stroncato. E magari era il suo primo giorno di vita, povera creatura.
La maggior parte degli insegnanti lascia una certa libertà nella scelta del testo, pur mettendo paletti qua e là onde evitare che vengano scelti solo libri che ritiene di qualità infima o non abbastanza impegnativi (ad esempio i Piccoli Brividi, o Geronimo Stilton). Talvolta viene assegnata una lista e da quella si deve scegliere il libro - e quest'ultimo sistema avrebbe forse i suoi vantaggi, se gli insegnanti avessero l'accortezza di leggere tutti i libri che consigliano, o riflettessero seriamente sui titoli che assegnano.
Le schede comprendono, o meglio dovrebbero comprendere, una sintesi del contenuto (detta anche riassunto), un'analisi dei personaggi, un giudizio motivato che comprenda anche una valutazione di stile e lessico, nonché l'indicazione del messaggio che l'autore ha voluto trasmettere. E giuro su quanto ho di più caro che non sto scherzando.
Quel che poi gli alunni consegnano è di solito un testo decisamente tirato via che contiene un riassunto che raramente si segnala per qualità e un giudizio critico del tipo "Questo libro mi ha un po' annoiato perché ci sono troppe descrizioni", con descrizioni dei personaggi non pervenute; se pure consegnano qualcosa, perché qualcuno (soprattutto se ha un profitto nella fascia più bassa) risolve la questione non consegnando proprio niente. Naturalmente c'è anche chi consegna mirabili schede compilate in ogni parte e ricche di osservazioni originali e interessanti - e guarda caso si tratta di quei qualcuni che in italiano hanno sempre voti molto, molto alti.
Trovai questa curiosa pratica in uso sin dalla mia prima supplenza breve, e di recienzioni nei miei primi anni di insegnamento ne ho corrette un bel po', oltre ad ascoltare i lamenti delle colleghe davanti alle recienzioni che venivano loro consegnate. Il mio atteggiamento, inizialmente piuttosto neutrale (non sono mai stata convinta che costringere a leggere chi non ne ha nessuna voglia sia un'azione valida sul piano etico, ma avendo sempre letto molto pensavo che un libro al mese non fosse poi questa gran cosa) ha finito per sfociare in una completa ostilità, per tutta una serie di considerazioni basate anche su quel che sentivo dire dai ragazzi.
Di solito quella della recienzione viene considerata una pratica virtuosa e che richiede scarso impegno da parte degli alunni, perfettamente descritta dalla frase ricorrente "Che vuoi che sia un libro al mese?".
E proprio dal "Che vuoi che sia?" potremmo cominciare. Secondo le statistiche degli ultimi anni una buona metà degli italiani non legge nemmeno un libro all'anno, mentre la percentuale di chi ne legge uno o più al mese oscilla intorno al 15%. Questo significa che l'insegnante del "che vuoi che sia, un libro al mese" pretende con grande nonchalance una cosa che per molti è assolutamente contro natura, ovvero leggere ben un intero libro al mese.
Il punto è che questa cosa del tutto contro natura viene richiesta in aggiunta a tutto il resto dei compiti, a un orario scolastico pesante e pure alle attività esterne. Se l'alunno considera la lettura un'attività piacevole e divertente cercherà e troverà i ritagli di tempo per farlo, altrimenti sarà solo un fardello in più cui si accosterà con grande malumore. Peggio ancora se intorno a lui la famiglia, che normalmente apre un libro una o due volte l'anno sotto l'ombrellone, continuerà ad esortarlo a leggere "che hai il libro del mese da finire".
A questo punto verrebbe spontanea la domanda: ma l'insegnante di Lettere che assegna la scheda, lo legge, un libro al mese?
I risultati potrebbero essere sorprendenti. Gran parte degli insegnanti di Lettere che conosco ama tanto la lettura, è sempre prontissima a tessere caldissimi elogi della lettura, trova che la lettura sia la più bella cosa del mondo... ma purtroppo non ha tempo per leggere. Ci sono i figli, c'è il marito da badare, poverello (no, la moglie non è vista come un carico di lavoro ulteriore, di solito. Tuttavia niente lascia supporre che l'insegnante di Lettere maschio legga di più della sua controparte femminile. Caso mai il contrario, dicono le solite statistiche, che affermano che le donne leggono più degli uomini). C'è la casa. E poi il lavoro, i compiti da correggere, le lezioni da preparare... insomma, l'insegnante non ha tempo ma trova normalissimo che l'alunno ce l'abbia.
(N.B.: conosco anche molti insegnati di Lettere che sono accaniti lettori, ma nessuno di loro ha mai istituito l'uso del Libro del Mese con recienzione annessa).
Secondo aspetto della questione: per leggere occorre un libro. Ma, al contrario di quel che molti sembrano pensare, non tutti i libri vanno bene. I ragazzi non sono fatti in serie, e ognuno ha i suoi gusti e le sue inclinazioni. Il lettore forte, che fin dall'inizio ha provato immenso divertimento a tuffarsi in una storia scritta, sviluppa ben presto spiccate preferenze: ha i suoi generi preferiti, i suoi autori preferiti, i suoi libri preferiti. Si orizzonta senza difficoltà in libreria e in biblioteca, spulcia, spelluzzica, esperimenta, trancia giudizi, si schifa e si entusiasma. La sua famiglia (non di rado costituita a sua volta da lettori forti, perché certe caratteristiche sono anche ereditarie) lo porta in libreria, lo iscrive alla biblioteca del comune o del quartiere, lo assiste con regali scelti con cura, consiglia parenti e amici che in occasione di Natale e dei compleanni sono a caccia di idee per i regali di rito.
Poi ci sono gli altri. Nelle loro case i libri scarseggiano, e i pochi presenti sono stati comprati per lo più per avere qualcosa da leggere sotto l'ombrellone; costoro vanno in libreria al massimo una volta l'anno per comprare qualche regalo e si accostano timidamente ai commessi "Ho un amico cui piace leggere, cosa potrei regalargli?" è la loro tipica domanda di esordio, e tutte le volte che la sento solidarizzo con tutta me stessa col povero libraio che non può permettersi l'unica risposta valida in questo caso, ovvero "So una sega io!". Talvolta la domanda (ancora più disperante) è "Cerco un libro per una ragazzina di dodici anni, cosa mi consiglia?". Già, ma la ragazzina ama le storie d'amore o la letteratura fantastica? O predilige la letteratura fantastica, ma con una storia d'amore dove il protagonista maschile abbia un carattere dolce ma razionale? Oppure ama soprattutto i gialli? Magari le piacerebbe moltissimo un libro sugli insetti o sulle stelle, ma nessuno glielo regalerà mai perché non ha mai pensato a chiederlo (ed è difficile fare la scheda del libro del mese da un libro di biologia sugli insetti, anche se è probabile che l'insegnante accoglierebbe con entusiasmo un tocco di originalità). Magari leggere l'annoia a morte, ma potrebbe trovarlo sopportabile se qualcuno le trovasse il libro giusto. Peccato che gli adulti che ha intorno si muovano in quel campo con la stessa disinvoltura di un tordo invischiato.
Una biblioteca scolastica ben curata sarebbe magari utile per fare qualche onesto tentativo, ma sappiamo tutti in che condizioni vertano attualmente le biblioteche scolastiche. Alcuni insegnanti tentano di supplire facendo "la biblioteca di classe", spesso formata da qualche resto pescato dal mucchio della biblioteca scolastica, un po' di edizioni ridotte di narrativa per ragazzi e qualche doppione di casa loro scelto con scarsa cognizione degli interessi dei loro alunni; e proprio da lì pescano i più sfigati e inesperti, perché se non altro sono libri a portata di mano, mentre i più esperti della classe faranno la scheda sul settimo volume della Saga dei Gatti Guerrieri o sul Ritorno del Fantasma Verde, nuovo cult della stagione di cui discutere accanitamente con gli amici durante l'intervallo. E proprio a causa della loro inesperienza in materia gli sfigati di turno si lasciano guidare da criteri davvero aleatori, ad esempio la lunghezza, (senza nemmeno considerare che, oltre al numero di pagine, andrebbe per lo meno considerata anche la grandezza del carattere di stampa e il tipo di impaginazione). Chi ha un po' di dimestichezza con i libri sa che un libro può essere più o meno "facile" a seconda della trama e dello stile, e anche la notorietà dell'autore ha un suo peso (se in tanti l'hanno letto, vuol dire che se non altro costui o costei sanno come farsi leggere, e arrivare in fondo potrebbe non rivelarsi una tragedia) - tutti criteri istintivi per chi ha un po' di dimestichezza con quella strana roba a stampa, ma assolutamente astrusi per chi non ha la minima idea di come funzionano gli strani oggetti testé citati.
Qualsiasi libro però, anche quello scelto o comprato con entusiasmo, può risultare una tavanata galattica. Magari lo è davvero, magari semplicemente non è il genere giusto, lo stile giusto, la storia giusta, il momento giusto. Un libro è solo una roba piena di parole, non ha nessun potere taumaturgico e non è detto che si raccomandi per qualità o capacità di suscitare interesse.
E arriva così il momento in cui, dopo che ormai da dieci giorni sei inchiodato a pagina 30 e ogni sera trovi una scusa diversa per non continuare, prendi atto della situazione e ammetti che preferiresti entrare in un alveare piuttosto che continuare a leggere quel libro. Ma tra cinque giorni c'è la scheda da consegnare. Gli altri libri che hai a disposizione sono di almeno 200 pagine e ti sembrano attraenti quanto un attacco di appendicite. Che fare?
Puoi spelluzzicare la tavanata galattica, fare un riassunto senza capo né coda e sperare in dio.
Puoi cercare il riassunto in rete - che spesso è fatto malissimo, perché anche chi mette i riassunti in rete non è detto che si diverta a leggere. Naturalmente i lettori esperti sanno come procurarsi un riassunto almeno decoroso, ma... spesso non hanno alcun motivo per cercarlo, in quanto preferiscono farselo in proprio, dandogli un loro taglio personale.
Puoi chiedere aiuto a qualcuno che ha già letto la tavanata che hai incautamente scelto - SE qualcuno che conosci l'ha già letta, ed è disposto a darti una mano (il che non è detto, magari avete litigato la settimana prima).
Puoi saltare la consegna della scheda. Magari è la terza volta di fila che la salti. Magari in Italiano non vai nemmeno tanto bene. In famiglia sbuffano: e non finisci mai un libro, e non ti va bene niente, e non hai costanza né nerbo né fibra morale e loro, alla tua età, leggevano sette libri a fila in un giorno (ma chissà perché adesso non ne leggono nemmeno uno al mese)...
Oppure sei di quelli coscienziosi, che piuttosto che non consegnare un compito entrerebbero in due alveari. E allora devi finire il libro, a qualsiasi costo.*
Alla fine, dopo gran patire e infinito sfoggio di autocommiserazione e ribellione, il libro è finito. E c'è ancora da fare la recienzione.
La quale recienzione, così come la pretendono di solito, non è affatto facile da confezionare.
Prima di tutto, il riassunto. La maggior parte degli alunni di scuola media non sa fare un buon riassunto (come del resto la maggior parte degli adulti).
Premesso questo, il "riassunto" è una bestia con più branche e branchie di un branco di pesci, e ce ne sono centinaia di tipi diversi. Parlando di libri ci sono almeno tre generi diversi di riassunti: quello che dovrebbe invogliarti a leggere il libro, quello che potrebbe quasi sostituire la lettura del libro e quello che riesce in poche parole a spiegarti di cosa parla il libro. Il primo è quello che l'editore mette in giro per procurarsi acquirenti, il secondo è usato da chi sta scrivendo un saggio critico su quell'autore e quel libro e deve quindi scendere nei dettagli, il terzo ci si scambia tra amici. Per una recienzione il terzo tipo sarebbe l'ideale, peccato che sia difficilissimo da fare, specie per i libri per ragazzi. Esistono infatti dei libri per adulti che si riassumono con relativa facilità in poche parole: "C'è un gruppo di villeggianti che vorrebbe andare in gita a un faro. Finiscono poi per andarci solo qualche anno dopo"; "E' un'autobiografia dell'imperatore romano Adriano"; "Un tale, finito in analisi, ripercorre la storia della sua vita". Ma un libro per ragazzi ha quasi sempre un intreccio, e piuttosto complesso. Sintetizzarlo in poche frasi richiede un notevole abilità. Quasi sempre il malcapitato comincia un riassunto dettagliato, si stufa e taglia via; oppure prova a cercare in rete, copia con pazienza quel che trova e non capisce come mai l'insegnante se ne accorge quasi sempre.
L'analisi dei personaggi si risolve, quattro volte su cinque, con una descrizione fisica o il racconto di quel che il personaggio fa, anche se i più smaliziati riescono a costruire una frase fatta del tipo "Laura: è una ragazza di 16 anni, bionda, con un carattere allegro che la porta a vedere sempre il lato positivo delle cose" oppure "Stefano: è un ragazzo buono ma sfortunato" (e di solito è una frase che si può facilmente trovare nelle prime pagine, dove il personaggio è introdotto, se non direttamente sul risvolto o sul retro del libro).
Al di là della difficoltà oggettiva di riassumere storie, descrivere personaggi ed estrapolare messaggi, la cosa si presenta ardua anche quando il libro è stato letto con passione e partecipazione, anzi, ancor di più in questi casi: chi legge di solito pensa a leggere, e più che la raffinata analisi psicologica dei protagonisti gli interessa sapere se troveranno il tesoro, riabiliteranno lo zio di uno di loro, ingiustamente accusato di furto di polli o si metteranno insieme. Non sempre segue tutta la vicenda nei minimi dettagli, tante cose non lo interessano e addirittura fraintende passaggi anche abbastanza cruciali. A volte si perde un po', di cosa succede all'allevatore di polli defraudato del pollame non gli importa un accidente e del fatto che la protagonista è riuscita a liberarsi gli interessa solo l'evento principale, ovvero che è riuscita a liberarsi, e per quanto riguarda come sia riuscita a liberarsi, mah, faccia un po' lei e andiamo avanti con la storia.
Si tratta quindi di una lettura superficiale? Ah, può ben essere. Ma tanta gente legge così, per andare avanti nella storia, senza avere in mente il futuro terzo grado che la scheda gli imporrà; e chi legge per rendere conto con cura di quel che ha letto (tutti gli studiosi di letteratura, per esempio) non può permettersi di godere liberamente la lettura. Spesso il prezzo da pagare è una vaga nausea al solo pensiero di mettersi a leggere.
L'insegnante di Lettere fatica a capirlo, perché ha alle spalle un lungo percorso di esami basati sulla critica letteraria - al termine dei quali, non di rado ha perso buona parte del suo iniziale interesse per la lettura e non sarà certo una sfilarata di recienzioni fatte male a farglielo tornare.
Quanto al messaggio dell'autore, la questione è ancora più delicata. Infatti, se il messaggio è così evidente da risultare chiaro anche ad un lettore alle prime armi, allora, semplicemente, il libro è scritto male. Se invece il libro è scritto bene il "messaggio" si insinua garbatamente sotto la pelle di chi legge e da lì inizia la sua lenta opera di conquista senza che il lettore ne sia consapevole, almeno all'inizio - per tacere del fatto che non sempre l'autore ha consapevolmente un messaggio da predicare, che a volte il suo atteggiamento verso questi "messaggi" è decisamente conflittuale e che ci sono libri che hanno trasmesso, anche a distanza di secoli, messaggi che avrebbero invero assai sorpreso il loro autore, a volte anche dolorosamente.
Una cura a base di recienzioni mensili probabilmente non distruggerà un affetto per la lettura solido, ben radicato e saggiamente alimentato da una famiglia partecipe; ma là dove questo affetto è inesistente, oppure gracile e timido, a malapena sbocciato tra le difficoltà e le traversine**, non c'è dubbio che sia destinato a precoce sfioritura o a temporanea ibernazione. Forse l'alunno oggetto di cotal trattamento non leggerà mai più, forse passeranno anni prima che acconsenta a dare almeno una scorsa al Codice Da Vinci, oppure entrerà nelle file non tanto ridotte di quelli che dicono "Mi piace molto leggere ma purtroppo ho cominciato tardi, dopo i trent'anni, perché la scuola mi ha fatto odiare la lettura". Ed è davvero improbabile che la qualità della produzione scritta dei nostri amati alunni migliori vertiginosamente grazie alla "Lettura Di Un Libro Al Mese Con Relativa Recienzione".
Dunque l'insegnante di Lettere deve rinunciare a promuovere l'amore per le buone letture?
Beh, sì: piuttosto che far danni sarebbe certo molto meglio.
Tuttavia può anche cautamente tentare un approccio meno drastico: suggerire libri en passant, chiacchierando del più e del meno; approvare le letture che gli alunni stanno facendo (è sempre un buon segno, quando ti parlano dei libri che leggono di loro spontanea volontà, o magari dietro un cauto incoraggiamento), anche se non lo entusiasmano - perché ognuno ci ha i suoi gusti; concordare un'uscita alla biblioteca comunale più vicina, o magari a qualche grossa libreria nei dintorni; soprattutto, offrire vaste scelte di letture nelle ore di lezione - quest'ultima cosa in effetti è parte integrante delle sue mansioni e non c'è Indicazione Ministeriale degli ultimi decenni che non lo ricordi più volte. Insomma può provare onestamente a fornire i suoi alunni di un po' di coordinate che gli permettano di procurarsi un libro, qualora ne avvertano effettivamente il desiderio.
Se il terreno non è troppo ostile si possono poi tentare anche vie meno subliminali, come ad esempio partecipare a qualche premio letterario dove è previsto che gli alunni leggano libri forniti aggratis o a poco prezzo dagli editori per poi darne valutazioni (le schede di questi premi sono di solito stilate con molto più criterio di quelle delle recienzioni), organizzare mostre del libro con la collaborazione di qualche libraio compiacente, avviare tornei di lettura e via dicendo. Sempre però tenendo a mente alcuni criteri base (qui di seguito, dopo le note):
*Qualcuno ricorda l'immortale saga di Charlie Brown e la relazione di Natale sui Viaggi di Gulliver?
**Sì, proprio quelle dei binari: al primo treno che passa il fiore finisce malamente stroncato. E magari era il suo primo giorno di vita, povera creatura.
diritti dei quali si potrebbe talvolta perfino tenere conto nelle ore di lezione, qualora le circostanze lo rendano opportuno (fermo restando che nelle ore di Lettere un po' di contatto con la prosa scritta e pubblicata è comunque prevista dalle indicazioni ministeriali, e con validi motivi).
Mi hai convinta.
RispondiEliminaPensando al post di Monica e ai commenti che sono seguiti ho riflettuto molto e sono giunta alla conclusione che NON si può instillare amore per la lettura costringendo a leggere, soprattutto la recensione obbligatoria e periodica è un autogol. Nemmeno se il fine è nobile, perchè è giusto cosa scriveva Monica, che chi non legge - famiglie intere - non leggerà mai senza uno stimolo, ma così secondo me viene messo a rischio chi legge già, cui viene fatto odiare qualcosa che amava.
A tal proposito ho ricordato che alle medie l'insegnante di italiano disse in prima che DOVEVAMO leggere il giornale, ogni giorno, indicando anche quale (!). A casa mia non si leggeva, c'era il TG, c'erano gli approfondimenti in radio, e si macinavano libri con voracità, ma per la prof, un giornale al giorno doveva essere il minimo sindacale per definirsi civilizzati. Risultato: già il giornale era un alieno, ingombrante, ostico, per nulla interessante salvo le pagine di recensioni di libri, presto iniziai ad odiarlo. Solo dopo l'avvento dei media digitali ho ripreso a leggerlo, mia sponte, e non uno solo, e non in una sola lingua.
Allo stesso modo fu una professoressa che fece supplenza prima delle vacanze alla nostra (Hitler!) in prima superiore a farmi tornare voglia di leggere: ci lasciò una lista di 20 titoli, quella che aveva dato alla sua classe, dicendo che lei non dava compiti ma "suggerimenti per chi avesse voglia di leggere qualche titolo", senza obblighi. Li ho letti quasi tutti, alcuni sono stati i miei libri preferiti per anni, tra classici, contemporanei, generi molto diversi tra loro con cui facevo l'alba in montagna per non far vedere che leggevo sempre.
L'amore per la lettura è probabilmente una inclinazione liberale, costretta muore.
@Monica
RispondiEliminaGran bel commento, grazie, e "autogol" mi sembra una parola perfetta per descrivere il Libro del Mese ^__^
Direi che l'amore per la lettura, come tutti gli amori, non si può imporre, DEVI AMARE è un verbo che non esiste. Però in Italia il discorso è ancora diverso perché per molti, davvero molti, l'idea della lettura è proprio straniera - abbiamo avuto per molto tempo un tasso di analfabetismo davvero superiore alla media europea. Quindi è opportuno procedere comunque con cautela.
Una lista di libri suggeriti direi che non morde, mal che vada uno ci fa un areoplanino, ma spesso incuriosisce, se non ha scadenze o obblighi. Se sono un insegnante di Lettere si suppone che sappia qualcosa di letteratura, e quindi sono abbastanza qualificata per CONSIGLIARE. Diventa una specie di servizio in più offerto dalla scuola.
La storia del giornale è allucinante: a parte che in prima media quasi a nessuno gliene frega niente del giornale, con i giornali che abbiamo in Italia c'è anche il rischio (direi la certezza) di tirare in ballo la politica, specie se imponi un determinato giornale. Anche lì, le intenzioni erano senz'altro buone ma...
uff... AEROPLANINO!
RispondiEliminaAbbiamo sempre letto la storia "della nanna" per un certo periodo è stato un lettore spontaneo specie nel periodo che anche a scuola leggevano miti greci ecc. ecc. adesso legge i libri assegnati e gli status su fb...di libri in casa ne vede passare, sono del parere di non obbligarlo quando avrà una sua maturità (ed essendo adolescente deve ancora spuntare) troverà il filone che lo appassionerà oppure rifarà l'abbonamento a paperinik
RispondiElimina^__^
Devo dire che finché sono andata scuola io nessuno s'è mai sognato di imporre libri da leggere. Neanche suggerire. Altri tempi. Solo una volta, in quinta liceo (allora leggevo diversi libri a settimana) il prof di italiano, che era un supplente giovane e molto precario, con aria di sufficienza buttò lì che se uno non conosceva Gadda che campava a fare... Non esattamente un suggerimento, ma le vie dell'amore sono curiose.
RispondiEliminaC'è da dire che da qualche anno quando a giugno vedo le liste dei libri consigliati dalle mie colleghe di italiano, butto giù qualche suggerimento anch'io. E trovo sempre qualcuno che lo segue, senza impegno.
Scusa, non trovo il commento di Monica, dove è?
RispondiEliminaSul, resto, scrivo dal paese-che-è-casa e non riesco a essere esauriente, però sono d'accordo a metà. Esiste scheda e scheda, ma io credo che la scuola debba insegnare anche, in modo acconcio certo, ma non meno stringente, non l'amore per la lettura, o non solo, ma che certe letture fanno parte della necessità formativa non meno del concetto di equazione. E a queto proposito penso che l'applicazione didattica della regole, sacrosante, di Pennac abbia fatto più danni che bene.
Ps. (Semi OT): ma l',autobiografia di Adriano sarebbero le Memorie della Yourcenar?!??
Pps. Ora ho capito, scusa, siccome hai risposto a Cì chiamandola Monica credevo di essermi persa il suo commento, mentre era Cì ad aver citato il suo post.
RispondiEliminaPurtroppo i miei figli non sono appassionati di Lettura. Va be', ne prendo atto amaramente ma con rispetto. Il grande, ora ventenne, ha letto solo i libri imposti dalle sue professoresse di Lettere (ricordo grandi smadonnamenti addirittura per S. King!), mentre la piccola sembra più aperta e della lista data dalla sua insegnate di Lettere ha letto i tre libri più vicini al suo sentire (Diario di una schiappa, Scuola media. Gli anni peggiori della mia vita e Marcovaldo), scartandone altri(l'idea di una lista non è male) "troppo strani" -dice lei.
RispondiEliminaConcordo sul fatto che obbligarli non serve a appassionarli, ma se il mio grande non fosse stato obbligato ora sarebbe fermo alle riviste sportive, invece almeno ha potuto intravedere un mondo oltre la soglia (che poi non abbia deciso di oltrepassarla, be', quella è un'altra faccenda... :) )
Sì, sono Cì ;)
RispondiEliminaInfatti: mio padre si arrabbiò perchè lui, solo nel week end quando aveva tempo di leggerlo, comprava un altro giornale e gli parve davvero fuori luogo quella imposizione.
Son molto curiosa di scoprire che accadrà nella scuola di mia figlia, vi saprò dire, quando l'ho visitata ho guardato con molta attenzione le biblioteca interna - che non mi ha soddisfatto per i titoli, ma mi è piaciuta perchè c'erano moltissimi libri, tutti molto sfogliati - e ho apprezzato i progetti di lettura interclasse (i grandi leggono ai primini in un momento comune dopo il pranzo), poi vedremo al vero che succederà... (son emozionata più io che mia figlia, ho addirittura già pronti un paio di libri da donare alla biblioteca interna :) )
Io non do schede libro da fare. Mai. Devo dire che ci ho provato a costruirne, ma poi non le uso. Alcune cosa che chiedo dopo un paio d'ore mi sembrano ridicole (come quando si danno temi del tipo: parla di come ti sei divertito durante le vacanza), così rinuncio.
RispondiEliminaI libri di narrativa (l'ho già detto tante volte) li leggo io, interamente, nel giro di pochi giorni (una volta cominciato uno, si va alla fine un giorno dietro l'altro). Poi se ne parla, e mi sono accorta c'è modo di discuterne o di scriverne anche senza fare la scheda libro.
Il lavoro vero e proprio sui testi lo faccio con l'antologia, se me lo permette, mentre le recensioni capita di farle proprio per imparare un certo tipo di testo che di solito non si usa.
(quanto ai Piccoli Brividi, ricordo quando mi mettevo le mani nei capelli ma mi dicevo: be', cominciamo da lì, poi si vedrà; adesso come adesso, accenderei un cero se almeno metà della classe prfendesse in mano almeno Piccoli Brividi (o l'equivalente))
Prima di tutto mi scuso strisciando con Cì, che non so perché ho chiamato Monica.
RispondiEliminaPoi, come ricorda LGO, ai nostri tempi non c'era il Libro del Mese. A dirla tutta non c'erano nemmeno i compiti per l'estate, e l'orario era più leggero.
Poi sì, l'autobiografia di Adriano sono proprio le Memorie della Yourcenair ^__^
Alle elementari e alle medie le indicazioni ministeriali hanno sempre insistito, da quando ho ricordanza, sull'importanza di avvicinare i ragazzi alla lettura come piacere. In pratica dovremmo formarli un po' anche come lettori, farli spelluzzicare qua e là e proporgli la lettura anche come attività piacevole in sé stessa, senza particolare necessità del cosiddetto "ritorno didattico"; abbiamo insomma una zona franca dove valgono i Diritti del Lettore di Pennac, che sono nati ovviamente per la lettura personale, non per il programma di letteratura da fare a scuola. E infatti noi il programma di letteratura non lo abbiamo (anche se qualcuno lo segue: non è vietato seguirlo; ma non è nemmeno un obbligo). Abbiamo invece questa attività bifida per cui leggiamo in classe per fare le comprensioni del testo e tutto questo genere di cose, ma anche, a decisione insindacabile dell'insegnante, per il piacere di farlo o meglio per far capire agli allievi che la lettura può essere ANCHE un piacere fine a sé stesso. Sotto questo aspetto la scheda del Libro del Mese si rivela quasi sempre un autogol, soprattutto con gli alunni più sprovveduti e più inesperti, o con quelli meno portati a simpatizzare con la lettura fine a sé stessa, che finiscono per applicare una serie di scorciatoie di sopravvivenza che si riveleranno piuttosto dannose al momento in cui, alle superiori, gli verrà chiesto di fare un lavoro diverso su certi determinati libri che l'insegnante assegna.
Il libro "di narrativa" ha sempre vissuto sul crinale, e sta all'insegnante decidere che uso farne, cioè se puntare esclusivamente sul piacere della lettura, oppure usarlo come base per analisi ed esercizi o se tenere una qualche via di mezzo. Essendo un libro su cui comunque si lavora insieme, farci su una scheda non dovrebbe risultare disastroso,anche se, come osserva la Prof, la Scheda non è l'unico modo per lavorare su un testo a disposizione sulla faccia della terra. L'importante è ricordare che le medie non sono le superiori; uno degli aspetti del problema è appunto che molti insegnanti sembrano non avere presente questo dato di fatto, e cercano di avviare le superiori già in prima media, senza considerare che gli alunni non hanno le basi per le superiori, appunto perché hanno ancora da fare le medie (lo so che sembra una stupidaggine, detta così, ma secondo me è un problema serio).
@Cì
La lettura interclasse mi sembra davvero buona. Facci sapere
(il cielo benedica i genitori che regalano libri alle biblioteche scolastiche, ora e per sempre, amen),
Accipicchia: mi hai aperto gli occhi su un mondo che non conoscevo... i riassunti in rete poi!
RispondiEliminaNon so se hai visto il commento che ha lasciato una delle maestre di Chiara al mio post. Nella nostra classe c'è molta competizione (da parte dei genitori ovviamente) infatti si è anche sviluppata una specie di gara a chi legge di più... ma non per il mero amore della lettura, piuttosto per farsi vedere più bravi degli altri!
Forse anche questo risvolto va considerato nel fallimento della lettura assegnata.
Mia figlia sembra aver superato il momento buio ed ora (forse perchè libera dai compiti) si dedica nuovamente alla lettura e legge anche assieme a sua sorella.
Anche io, come molte di voi, non ho mai avuto libri assegnati, ma solo consigliati. Tranne una volta al ginnasio che il prof di lettere (latino,greco,storia, geografia, italiano e civica per un tot di 18 ore settimanali) mi disse, allungandomi il tomo Anna Karenina "questo è bello" il che equivaleva a "leggilo e fai la recensione sennò ti becchi un due" beh, quella è stata l'unica volta che non ho letto il libro, solo le prime 10 pagine, la quarta di copertina, la lista dei personaggi e poi feci la recensione.
Risultato?
"Ottimo Monica, brava, finalmente qualcuno che ha veramente letto il libro 8!"
Inutile dire che la mia stima per quel prof finì sotto le scarpe senza mai più risalire ;)
@Cì: l'obbligo scolastico a leggere il giornale, velato ma costante, ha solo contribuito ad aumentare il mio odio per la stampa scritta!
Pur macinando pagine e pagine di libri, non riesco quasi mai a d arrivale alla fine di un articolo, mi annoio e mi distraggo.
Spero che l'ambiente famigliare, i libri regalati e ricevuti, i libri presenti in casa... continuino a fornire alle mie figlie degli appigli per continuare ad amare i libri... e continueremo le letture condivise sul lettone, dato che han funzionato così bene!
@Monica (quella vera)
RispondiEliminaL'ho letto adesso. Avevo anche provato a rispondere, ma oggi la tastiera fa i capricci e il commento si è autosuicidato a metà.
La competizione tra genitori è senz'altro un elemento pericoloso da gestire (per fortuna alle medie intervengono meno, però quelli che intervengono ancora sono molto più insidiosi e difficili da disinnescare).
Le letture ad alta voce condivise sono sempre belle: con me cominciò mia madre che profittando delle mie influenze mi lesse, tra l'altro, Ivanhoe e Orgoglio e Pregiudizio, due libri che ho sempre amato molto(ed ero già sulla fine delle elementari). Anni fa andavo in montagna con un'amica, e nelle escursioni ci portavamo sempre dietro i libri. Nelle nostre lunghissime pause sull'erbetta tra un tratto e l'altro ci mettevamo a leggere, fornendoci a vicenda passi scelti delle nostre letture. Avevamo iniziato con due tavanate galattiche, ma più avanti lo facemmo anche con libri che ci piacevano, ed era molto divertente.
(O almeno, NOI ci divertivamo).
Affascinante la storia dell'Anna Karenina (che poi è un libro gradevolissimo, tra l'altro). Mi ricorda certe storie di relazioni universitarie portate al prof. "Te le fa sempre fare almeno due volte, ma non importa che cambi nulla, giusto u ritocco qua e là". Provavi, un po' perplesso/a a dare qualche ritocco qua e là - ma proprio qualche parila o qualche virgola - e il tuo schifo di relazione improvvisamente diventava un lavoro eccellente... quando potevo, scansavo quei professori come se fossero appestati.
Ai miei tempi, per la verità, il libro del mese c'era, eccome. E anche ai temi di mia cugina Thelma, più grande di me (per tacer di quelli di mia madre, uguale come sopra). Ed è proprio leggendo alcuni di quei libri lì, che alcune volte mi piacevano, altre no; che in alcuni casi ho letto anche detestandoli per il puro gusto di farci sopra una sonora stroncatura (a prova di voto, si intende), e che in altri invece non ho letto, imparando a cavarmela con la lettura veloce e la capacità di intuire sulla base di una serie di funzioni che allora non sapevo si chiamassero greimassiane - dicevo, è proprio leggendo quei libri lì che ho capito che le letture obbligatorie ci vogliono non per educare alla lettura, ma per educare al dovere formativo, che, come dicevo, è altra cosa. Poi è chiaro che questo non può e non deve giustificare nessuna insegnante a far leggere D'Avenia o Moccia come obbiglio, che NON sono (quanto meno "ancora") letteratura canonizzata e imperdibile. Ma può e deve giustificare qualsiasi insegnante a far leggere alcuni testi che sono essenziali nella formazione, né più né, a mio avviso, meno delle equazioni o dello sperimentalismo gastronomico necessario anche per i bambini.
RispondiEliminaQuanto ad Adriano (Memorie di), spero che chiunque abbia fornito di quel romanzo una sintesi tanto involontariamente umoristica quanto letterariamente aberrante sia stato impeciato con penne e piume, ché autobiografia, Pennac o non Pennac, è un concetto che si può insegnare anche alle elementari!
La sintesi delle memorie di Adriano fa parte dei riassunti della terza categoria, quelli che si fanno agli amici - e agli amici uno di solito racconta le cose un po' come crede, senza necessariamente temere piume e catrame...
RispondiEliminaPer il resto: se non ho capito male tu ti riferisci a un libro al mese, ma scelto dall'insegnante - un'usanza per me completamente nuova - e per certi aspetti, ripensandoci, meno problematica. Resta però il problema di procurarseli, quei libri (con una classe numerosa anche le biblioteche pubbliche rischierebbero di trovarsi impacciate). Comunque è una cosa che non ho mai provato e di cui non ho la minima esperienza.
Ai testi essenziali per la formazione ammetto di non avere mai creduto - caso mai all'esistenza di testi abbastanza opportuni da leggere in certi momenti e in certe circostanze, ma nulla più.
Per formazione intendo culturale quella alla quale - seghe educative a parte - ogni tanto dovrebbe ancora servire la scuola.
RispondiEliminaFrancamente non capisco proprio perché le divisioni a quattro decimali sì, i vulcani sì e alcune opere più o meno fondative, diverse a seconda del ciclo scolastico, no.
Comunque sì, un libro al mese, circa, scelto dall'insegnante, che in questo caso sono io. Un'usanza che mi ha educato culturalmente, come spiegavo, sia nel merito, per le opere lette, sia nel metodo, aiutandomi a imparare che, a scuola come a casa, certe volte, banalmente, l'insalata si mangia perché c'è un adulto più esperto che ti garantisce che fa bene. In entrambe le circostanze, pur sbuffando all'occorrenza se la pietanza non era di mio gradimento, sono stata, a posteriori, molto grata.
La reperibilità in larga copia in biblioteche pubbliche è un primo e ottimo criterio per chiaririre l'importanza culturale del libro. Ma in generale, anche in una classe numerosa, di solito tra qualcuno che ce l'ha in casa o per prestiti privati, qualcuno che lo compra e le copie bibliotecarie ce la si cava.
Comunque ora io li do in e-book, che fornisco io, e morta lì.
È vero che uno agli amici le cose le racconta come crede (basta pensare a un resoconto qualunque di un amico pescatore qualunque per farsene un'idea). Ma ciò non dovrebbe fornire automaticamente una patente di legittimità a ogni puttanata, no? Sia esso il racconto della pesca di uno squalo tigre con lo spago dell'arrosto o la pretesa autobiografia, postuma di centinaia di anni, dell'imperatore Adriano.
Parola di ex-pescatrice patentata, eh!
Non so nulla di eventuali vincoli per i programmi di Matematica, ma non sono sicurissima che alle medie comprendano le divisioni a quattro decimali. Per quanto riguarda Italiano, sempre alle medie, non c'è un canone di autori cui attenersi, così come non c'è un vincolo specifico per i vulcani in Geografia - e infatti c'è chi non li fa (a me, tra l'altro, non li hanno mai fatti); va da sé che l'insegnante quindi può in tutta legittimità vincolarsi con quel che gli sembra più opportuno, Libro del Mese incluso.
RispondiEliminaLe divisioni a quattro decimali le sta facendo mia nipote L., in quarta elementare. Sul resto, va da sé che, se vogliamo rispondere sul punto e far finta di non capire il concetto generale di quello che sto dicendo, possiamo andare avanti per un intero A.S..
RispondiEliminaQuello che voglio dire è che il concetto di libri dati da leggere obbligatoriamente sono secondo me, sia nel merito (alcuni testi che vale la pena conoscere) sia nel metodo (l'insalata si mangia perché fa bene - la scuola serve anche a questo) una buona pratica sia educativa, sia didattica.
E secondo me, stante la buona pratica didattica, il problema non è l'attacco alla libertà di lettura degli alunni, ma come questo obbligo didattico viene costruito e declinato.
Proprio per questo parlare di educazione all'amore per la lettura, così come dei diritti di Pennac, è a mio avviso fuorviante (sia pure in modo complementare): il problema di chi ha sperimentato un disamore alla lettura per colpa della recensioni sui libri dati per obbligo dalle maestre e/o dai professori - (il posto della maestra di Chiara da Monica in questo è molto istruttivo) - non è, a mio avviso, la lettura in obbligo, ma a) un atteggiamento sbagliato dell'insegnante nel proporre questo obbligo (ce ne sono tanti, di insegnanti sbagliati, si può sbagliare anche nel proporre la lettura), b) un atteggiamento troppo protettivo/competitivo di certe famiglie.
Anche la questione del giornale in classe, per dire: noi alle medie facemmo educazione alla lettura del giornale. Andammo in visita a un quotidiano, imparammo a fare il menabò, e poi iniziammo un percorso di lettura dei giornali quotidiani in cui:
a) per un mese ciascuno di noi ha comprato il quotidiano, diversi a rotazione di settimana in modo da avere in classe tutti i principali;
b) leggevamo una notizia a casa e la portavamo in classe;
c) gli altri alunni cercano sul loro giornale la stessa notizia e guardavamo le differenze di come era raccontata;
d) (mese successivo) guardavamo anche come era raccontata in TV.
Alla fine di questo lungo percorso, che è durato TUTTA la seconda, in terza il lunedì facevamo l'ora di notizie, alla prima: ciascuno di noi portava la notizia più significativa del weekend, ivi compreso lo sport, letta/ascoltata/vista dalla fonte che preferiva, bastava citarla con chiarezza. Beh, ti assicuro che, in questo modo, nessuno si è sentito coercito e anche molti di noi che non leggevano il giornale per abitudine hanno iniziato a leggerlo come cosa piacevole. Ancora una volta, non è il merito (il giornale), ma il metodo, che fa a mio avviso la differenza.
Per questo, nella mia esperienza prima di alunna, poi di insegnante, se fatta per bene, la lettura obbligatoria rientra secondo me nelle cose da insegnare, per i motivi che ho spiegato sopra, né più né meno delle quattro operazioni.
E - detto per inciso - all'università è abbastanza evidente la differenza, non di bravura, ma di facilità, tra chi ha 'subito' un po' di letture obbligatorie, e dunque i miserrimi corsi di così poche ore che siamo costretti a fare ora non cadono sul nulla, ma su un discreto zoccolo di cultura, e chi invece ha bellamente seguito Pennac, che annaspa tra spiegazioni e riferimenti e, nella mia esperienza di oramai quasi venti anni, riesce solo alla fine della triennale ad emergere dalla fatica.
Il concetto generale di quel che stai dicendo credo di averlo capito, e non mi convince. Il concetto generale di quel che sto dicendo io è che medie e superiori sono due ordini di scuola diversi, e agli insegnanti e agli alunni vengono chieste cose diverse. Io cerco di occuparmi di congiuntivi, lettura espressiva e cose del genere, più che di autori formativi - gli autori formativi sono compito di chi viene dopo di me. Però esiste la libertà didattica, e chi crede agli autori formativi può occuparsene anche alle medie o alle elementari. Di fatto è una possibilità che molti sfruttano - e fanno bene, se ci credono.
RispondiEliminaIo non penso solo agli autori culturalmente formativi delle superiori, perché pensavo, visto anche il tipo di taglio e di commenti del post, che la riflessione avesse preso un valore un po' più universale. È in quel valore universale che io continuo a dire che gli autori 'formativi' sono solo una parte, quella che ho sbrigativamente definito il merito della questione, del dilemma. L'altra, a mio avviso altrettanto o probabilmente più importante, il metodo, è quello per il quale a scuola ci sono delle cose che si fanno e basta. Come mangiare l'insalata. Ed è in questo contesto che io penso che educare al dovere della lettura sia una cosa che, con canoni diversi, si possa e si debba fare a partire dalle elementari (io il libro mensile del resto l'ho avuto per TUTTI i cicli di studi). Ed è in questo contesto che la recensione sbagliata, mero accidente di una pessima didattica, rischia di diventare emblema di una pratica (la lettura precoce obbligatoria) che a mio avviso non è sbagliata, solo mal declinata.
RispondiEliminaHo letto questo tuo post, che mi ha fatto riflettere molto. Conclusione: ho commesso peccato nei confronti di Bambino lettore e nei confronti di me stessa lettrice. Catalizzatore di questo mea culpa, è stata proprio una frase di mio figlio, il quale dopo essere stato esortato a leggere un po’ di più da solo, una sera mi dice: “Tu mi dici di leggere, perché leggere è bello, ma TU non leggi mai!”
RispondiEliminaIo leggo tanti libri ad alta voce per lui prima del sonno serale, ma in effetti, da quando è nato, non mi ha vista troppo frequentemente leggere per me stessa, per il piacere di farlo (la media di almeno un libro all’anno è salva, ma, santocielo, che fatica! E poi, “Ginnastica per Tardone” lo consideriamo un “vero” libro?? ;) ).
Bene correrò ai ripari. Smetterò di esortarlo a leggere e cercherò di ritagliare più tempo per le mie letture.
L’esempio, in fondo è meglio di ogni insegnamento.
Grazie per questo post e per il riferimento a quello di Monica.
@Monica2
RispondiEliminaMi fa molto piacere aver contribuito a innescare questa reazione virtuosa. Troppe madri, secondo me, sottovalutano l'importanza di far dono al proprio figlio di una madre che coltiva interessi propri con la stessa passione che dedica a loro ^__^
...e ne ho poi riscritto, e ancora ne riscriverò!
RispondiEliminaPrime impressioni sulle prime letture http://ilmondodici.blogspot.it/2013/11/libri-per-bambini-prime-letture.html
ADORO le nostre maestre! :) Piaceranno anche a te, sono sicura.