martedì 2 aprile 2013

Manuale del perfetto insegnante - Talkin sul sesso


Raffigurazioni di attività a carattere sessuale si trovano attestate in molte culture e possono essere scolpite in pietra o modellate in metallo o argilla oppure dipinte con svariate tecniche su molti tipi di supporto. Anche le dimensioni possono variare molto. Tutte le dimensioni, intendo.

Se c’è una cosa di moda adesso
fatto sicuro, è proprio il sesso

Questa affermazione, con cui inizia una celebre canzone di Guccini, resta valida oggi come nei lontani giorni in cui la canzone fu scritta e come lo è stata per lungo tempo addietro: per tutta una serie di motivi un po' lunghi da spiegare l'argomento ha sempre riscosso un certo successo, soprattutto presso le giovani generazioni, che provano per esso un interesse tanto deciso quanto incomprensibile agli occhi di molti adulti.
Cotale argomento è destinato a presentarsi con notevole frequenza a chi insegna in quel delicato arco di tempo che va all'incirca dagli undici ai quattordici anni, ovvero le scuole medie: i fanciulletti che il primo giorno di scuola alzano lo sguardo radiante di innocenza sui loro professori indulgono ancora a passatempi e interessi infantili: giocano con gli areoplanini di carta, danno la caccia alle sorprese dell'ovetto Kinder e decorano i loro zaini con pupazzetti di pelouche. Nel corso del triennio, pur senza rinunciare ad alcuna di queste attività (anche e soprattutto durante le ore di lezione) il sesso entrerà con forza nelle loro fresche esistenze e i giovinetti ormai usciti dalla prima fanciullezza inizieranno a dedicargli in grande abbondanza pensieri, parole e talvolta anche atti di varia tipologia, e tutto ciò finirà con il ripercuotersi in vari modi sul loro apprendimento scolastico oltre che sulla loro vita quotidiana.

La ricaduta di questo nuovo e forte interesse avverrà anche sugli insegnanti. E chi infatti, se non gli insegnanti, è adatto a rispondere ai loro dubbi, incertezze e domande esistenziali sui vari aspetti di tale complesso argomento?
"Chiunque, eccezion fatta per l'insegnante di scienze che in effetti qualcosa da dire sull'argomento ce l'ha" è la risposta che affiora spontanea alle labbra. Tuttavia, a torto o a ragione, avviene spesso che anche insegnanti che non hanno alcuna abilitazione a tema scientifico né una specifica preparazione in biologia si trovino tirati in ballo. Ciò avviene in particolar modo per quegli insegnanti che hanno poche classi, in cui però fanno lezione per molte ore.

La prima modalità con cui il tema affiora consiste negli aggiornamenti periodici e puntuali che i ragazzi si sentono in dovere di fare... sulla vita sentimentale dei propri compagni. Non importa per questo che l'insegnante mostri alcuna forma di curiosità in proposito, l'aggiornamento arriva lo stesso, talvolta (raramente) in forma discreta e confidenziale e durante gli intervalli delle lezioni, ma molto più spesso in forma pubblica, magari durante lo svolgimento di un compito in classe o la spiegazione di un argomento particolarmente complesso, di quelli che richiedono massima concentrazione e attenzione sia da parte di chi spiega sia da parte di chi ascolta (se ascolta).

Ciò è tuttavia abbastanza facilmente arginabile, se l'insegnante dà prova di fermezza e respinge le indiscrezioni al mittente dichiarando che in classe non si parla degli affari degli altri e possibilmente, durante le lezioni, nemmeno dei propri. Nella maggior parte dei casi sarà sufficiente  ripetere con tono adeguatamente severo questo concetto per poche decine di volte - massimo un centinaio - e il concetto verrà col tempo recepito dagli alunni.
Più complessa è la situazione quando l'insegnante si sente lusingato dalla confidenza dei ragazzi, ovvero ama fare collezione di pettegolezzi da rivendere in Sala Professori o financo ai genitori, e invece di scoraggiare questa pratica la incoraggia e addirittura la sollecita, con la scusa del suo dovere educativo.
Molto più insidiosa è invece la pratica della confidenza, quando l'alunno (spesso, se non esclusivamente, femmina) sceglie per la confidenza momenti opportuni e adeguati e magari richiede apertamente un consiglio, vuoi perché ne fa collezione, vuoi perché per varie e magari valide circostanze non si fida né della famiglia né degli amici: in quel caso l'insegnante è effettivamente tenuto, non solo dal contratto di lavoro ma anche dalle consuete leggi della solidarietà umana, ad aiutare o consigliare nel modo più opportuno la creatura affidatagli. Il dilemma tuttavia presenta non meno di due corni: il primo, e principale, è stabilire quale sia in effetti il consiglio più opportuno, perché le leggi che regolano la vita affettiva sono invero molto più scivolose di quelle fisiche o matematiche (che pure già danno i loro problemi)  e variano da individuo a individuo in base all'età, al contesto socio-cultural-filosofico-bocciofilo, all'indole delle persone coinvolte, all'umore e ai sentimenti del momento eccetera eccetera; il secondo e ancor più insidioso corno è dato dalla possibilità che la confidenza venga usata come tecnica di manipolazione dell'insegnante, e lì possono aiutare solo le antenne o il buon senso, detto e non concesso che l'insegnante oggetto di confidenza disponga delle une e/o dell'altro - il che nessun contratto nazionale del lavoro può richiedere né alcuna modalità di reclutamento è in grado di stabilire.

La seconda modalità consiste nelle domande provocatorie, ed è usualmente (ma non esclusivamente) praticata da alunni maschi verso insegnanti femmine; a qualsiasi insegnante, per quanto costumata e attenta a non far trapelare nulla della sua personale vita affettiva (perché capita che anche i docenti ne abbiano una, talvolta anche piuttosto movimentata), può capitare di sentirsi chiedere ad esempio se sa cos'è una spagnola o se è in grado di descrivere un pompino. Talvolta la provocazione è abbastanza aperta da poter essere classificata subito come tale, e a seconda dei casi può sfociare in un rapporto (non sessuale, bensì sul registro), in una blanda reprimenda o addirittura in un distratto "Non adesso, caro, stiamo parlando del congiuntivo". Assai spesso però la Domanda di Provocazione è abilmente fatta scivolare in un contesto per cui l'insegnante è portato a credere che, in buona fede, l'alunno abbia cercato una semplice informazione. Di fatto in quei casi l'alunno cerca non tanto di saggiare le competenze o conoscenze effettive dell'insegnante sull'argomento (delle quali, comprensibilmente, l'alunno si interessa davvero il giusto), bensì di misurare la tendenza a scandalizzarsi dell'insegnante medesimo, o la capacità di tenere testa ad una situazione che si presenta come imbarazzante. In quei casi scatta talvolta un perverso meccanismo per cui l'insegnante si sente tenuto a dar prova vuoi di ampie conoscenze teoriche, vuoi di grande disinvoltura - cose alle quali, in effetti, non è minimamente tenuto dal Contratto Nazionale né dalle regole del viver civile. In quelle circostanze si innescano insomma una serie di meccanismi molto complessi legati a questioni di rapporti di potere in classe e di territorialità (quando pur non si sfocia in qualcosa di assai simile alla molestia sessuale) che di solito però l'insegnante non riconosce immediatamente perché, nella maggior parte dei casi, per lui e soprattutto per lei, l'epoca in cui cercava di scandalizzare gli adulti usando le cosiddette "parolacce" è passato da gran tempo, e quindi per lui o lei la questione si riduce ad una domanda cui è difficile rispondere in modo decoroso - o alla quale, semplicemente, non sa rispondere, e non sempre per particolare ignoranza in materia, quanto perché certe parole passano di generazione in generazione mentre altre con gli anni vengono sostituite o addirittura cambiano di significato e quindi l'alunno definisce in un modo una pratica che magari il docente pratica abitualmente e con suo gran piacere, ma che è abituato a indicare con altre parole. Questo tipo di, chiamiamoli così, sondaggi informativi. sono più consueti per gli alunni più cresciuti, soprattutto i ripetenti che cercano di mantenere una sorta di supremazia anche fisica sui compagni.


Ancora più insidiose sono le situazioni intermedie, quando davvero c'è la concreta possibilità che gli alunni (non sempre maschi, non sempre rivolgendosi ad insegnanti femmine) stiano semplicemente cercando di togliersi una curiosità che magari in famiglia hanno mostrato di non sapere o volere soddisfare. In questi casi rivolgersi a un docente (in particolar modo di italiano, ma anche di scienze) è un'operazione legittima da parte dell'alunno, e se anche talvolta il sospetto della provocazione e/o della manipolazione incombe in maniera consistente, può essere l'occasione giusta per chiarire dubbi e insegnare a usare le parole nel modo giusto, o anche semplicemente per impostare un discorso sui registri linguistici: perché certe parole sono lecite solo in alcuni contesti, altre sempre, altre ancora non dovrebbero essere adoperate mai. Una domanda sull'effettivo significato di orgia od orgasmo o casino (che possono essere adoperate anche senza alcuna valenza sessuale) può chiarire dubbi più che legittimi, mentre la spiegazione del significato di escort può essere usata per soffermarsi sull'evoluzione delle parole nel corso delle generazioni - perché, ricordiamolo, fino a qualche anno fa, Escort era soprattutto un modello di automobile della Ford.


Vi è poi un momento (la Terza modalitàin cui il sesso e le tematiche ad esso collegate entrano nelle aule scolastiche a buon diritto, come argomento di studio. Sì, certo, anche quando arriva il momento di spiegare la riproduzione, a scienze. Certo, anche quando arriva il corso di educazione sessuale con gli addetti della ASL (sempre più difficili da reperire, e a volte sotterraneamente ostacolati dalla dirigenza e talvolta pure dalle famiglie). Ma soprattutto a Storia e a Geografia - e qui di nuovo la palla torna allo sventurato insegnante di Lettere.

Flussi demografici. Emigrazione. Sovrappopolazione. Mortalità infantile. Mortalità delle partorienti. Matrimoni precoci. Mutilazioni genitali (per chi ha il fegato di parlarne). Discriminazioni sessuali. Punizioni diverse per l'adulterio maschile e femminile. Malattie sessualmente trasmissibili. Maltrattamenti dell'infanzia. Lavoro minorile (che è anche prostituzione). Omofobia.
Questi e decine e decine di altri incresciosi argomenti che vengono regolarmente affrontati a Storia e Geografia anche dai più integerrimi (o soprattutto dai più integerrimi) libri di testo, sono strettamente collegati al fatto che la gente spesso e volentieri si accoppia, o vorrebbe farlo, e spesso e volentieri ciò si porta dietro una serie di conseguenze, a volte liete e a volte meno liete. Di ciò va pur data qualche spiegazione, perché leggi e consuetudini e numeri e statistiche variano molto a seconda dell'epoca e del paese e delle risorse e delle cure disponibili, e i giovinetti cresciuti nel mondo occidentale relativamente prospero e assistito ignorano molte cose sull'argomento, mentre all'età delle medie è opportuno che comincino ad impararle, non fosse che per seguire meglio quel che dicono i manuali. A quel punto l'insegnante è tenuto a spiegare, con chiarezza e senza girare troppo intorno alle questioni - talvolta arginando nel più decoroso dei modi la valanga di commenti e risatine che spesso turbano non poco il corretto svolgimento didattico della lezione, e usando un linguaggio chiaro ma vagamente asettico che permetta un approccio razionale alle varie questioni.

Infine occorre tenere presente che, in una società dove di sesso si parla abbastanza spesso, è difficilissimo per le nuove generazioni comprendere taluni modi involuti in cui talvolta la letteratura del passato trattava certi temi.

Poniamo, ad esempio, che un insegnante decida di leggere in classe la novella di Verga "Libertà", ricca di interessanti agganci al programma di storia. Quasi subito si incappa nel seguente passo:

Don Antonio sgattaiolava a casa per le scorciatoie. Il primo colpo lo fece cascare colla faccia insanguinata contro il marciapiede. Egli tornava dal dir messa, coll'ostia consacrata nel pancione. - Non mi ammazzate, ché sono in peccato mortale! - La gnà Lucia, il peccato mortale; la gnà Lucia che il padre gli aveva venduta a 14 anni, l'inverno della fame e riempiva la Ruota e le strade di monelli affamati.

Per un adulto pasciuto di letteratura ottocentesca il testo è drammaticamente chiaro, ma per un ragazzo di quattordici anni cresciuto in un mondo dove si parla apertamente di prostituzione e pedofilia il passo è talmente oscuro che nemmeno capisce che c'è qualcosa da capire ma che non viene detto apertamente. E quel qualcosa va spiegato, e con una certa chiarezza, perché è un tassello importante per spiegare le condizioni di vita dei contadini in rivolta (e non solo).
Per quanto riguarda la letteratura, comunque, l'insegnante può scegliersi liberamente i testi da far leggere agli alunni, e dunque, al contrario di quel che succede con i programmi di Storia e di Geografia, può anche scegliere di evitare l'insidia limitando il campo.

Un po' più complesso è evitare qualsiasi riferimento sessuale nella mitologia e nell'epica. Tuttavia questo è un campo dove l'insegnante non viene lasciato solo, ma anzi soccorso amorevolmente da tutti i curatori di antologie che da tempo sono riusciti nella mirabile impresa di trasformare dei ed eroi in creature completamente caste ed asessuate. Tale impresa ha forse tolto un po' di interesse allo studio di mitologia ed epica, ma aiuta ad evitare che i fanciulli in crescita vengano turbati nella loro fiduciosa innocenza da questioni cui, di fatto, pensano intensamente dall'alba al tramonto e dal tramonto all'alba.

5 commenti:

  1. Interessante riflessione...

    Quando andavo io alle medie (anni 90) non si usava confidarsi con gli insegnanti,reperivamo le informazioni tramite altre "fonti",ma si sa i tempi cambiano.


    Complimenti per il blog interessantissimo!

    Un saluto.

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  2. Ben ritrovato ^__^
    Che i tempi siano cambiati, davvero, non ci sono dubbi: mai e poi mai avrei desiderato che i miei insegnanti sapessero i fatti miei. E tuttavia oggi è piuttosto difficile scampare l'aperta richiesta di consigli. I racconti nei temi, poi, sono talmente consueti che nemmeno ci faccio più caso; ma i primi che ho letto, invero, mi sorpresero alquanto.

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  3. E' vero: e le domande continuano alle superiori. Con modalità le più varie.

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  4. Il fatto è che molti ragazzi/e oggi credono di avere un ampio bagaglio di conoscenze in materia, ma spesso esse risultano caotiche e confuse, con una terminologia usata del tutto a sproposito.
    Qualche anno fa, in una delle ultime classi in cui ho insegnato, fui pregata dal collega di scienze di dargli una mano nella 'visione' degli anonimi questionari rivolti agli alunni alla fine del corso di educazione sessuale, tenuto da esperti. Leggendo le risposte, non sapevo se ridere o sbattere la testa contro il muro, da numerose che erano le 'amenità'...
    Molti non avevano capito una beata mazza!

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  5. Quello delle conoscenze confuse in materia è un'altra cosa che mi ha sempre sorpreso. Voglio dire, nessun essere vivente può ragionevolmente sperare di conoscere appieno le infinite sfumature dell'amore, ma una base con poche e semplici nozioni di base è facilmente acquisibile. Eppure, le leggende metropolitane continuano a sprecarsi, e a volte sono le stesse che, quando avevo dodici anni, mi venivano indicate come residui di arcaiche superstizioni di tempi oscuri. Poi te le ritrovi, intatte, a decenni di distanza.

    Mah.

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