Per molti di noi oggi è il 46° anniversario di Star Trek, splendida serie di telefilm di fantascienza. Per l'Italia però è anche il 69° anniversario di uno degli snodi più importanti della nostra storia, quando l'allora sovrano Vittorio Emanuele III riuscì a cacciare tutti i suoi sudditi, nessuno escluso, nei pasticci, avendo comunque cura di mettersi al riparo e parendogli anche di non essercisi messo abbastanza.
Qualcuno sostiene che lo stato italiano è morto l'8 Settembre 1943, altri che proprio in quel giorno è nato. Nessuna delle due tesi mi convince più di tanto: secondo me l'8 Settembre è una delle tante tappe della nostra italica storia, anzi forse la più caratteristica delle date della storia italiana. Quale altro stato poteva infatti disporre di una classe dirigente capace di ficcarlo in un pasticcio simile? Quale altro paese poteva vantare un re capace di trasformare una guerra persa in un casino di quella portata?
La notte tra il 7 e l'8 Settembre gli italiani andarono a dormire (piuttosto di malumore) alleati con i tedeschi, si svegliarono la mattina dell'8 alleati con gli Alleati, in un paese letteralmente invaso dai loro nemici (che ancora la sera prima non erano nemici ma alleati) e senza vedere in giro l'ombra dei loro alleati. In compenso mancava qualcosa: il re. Il sovrano d'Italia stava scappando.
Molti paesi sono stati invasi, nella storia dell'umanità, e molti hanno cambiato alleanze da un giorno all'altro, e molti governi sono stati rovesciati; ma quanti paesi si sono ritrovati invasi da nemici che non erano entrati da nemici bensì da alleati, mentre i nuovi alleati stavano altrove ?
Ogni singolo italiano si ritrovò con una scelta da fare, anche se in certi casi all'inizio si trattò di una scelta solo formale. Non ebbero molta scelta, ad esempio, i soldati che si ritrovarono prigionieri dei tedeschi e deportati prima ancora di aver capito cosa stava succedendo - ma poterono scegliere in seguito se arruolarsi con i tedeschi e continuare con loro la guerra, o morire di stenti nei vari campi di deportazione. Anche i ragazzi arruolati a forza nella Repubblica di Salò non ebbero in partenza molta scelta, ma poterono in seguito cercare di scappare (e molti ci riuscirono). In quella situazione però le singole scelte rischiavano (rischiavano?!?) di ricadere anche sulle rispettive famiglie, spesso in modo molto pesante. Qualcuno scelse con più libertà, qualcuno cercò di scegliere tra ciò che era giusto e ciò che era conveniente; per molti, soprattutto militari e ragazzini cresciuti a pane e propaganda eroica, c'era il serio problema di salvare l'onore della patria - impresa, a quel punto, singolarmente difficile.
Gli ex-alleati tedeschi ci guardavano con comprensibile diffidenza, i nuovi alleati pure. Inoltre non eravamo più un paese autonomo, e la scelta che restava era tra aiutare gli invasori già presenti sul nostro territorio oppure lavorare per aiutare altri invasori a invaderci meglio - in un modo o nell'altro c'era da collaborare con gli invasori, che non è poi questa gran prospettiva anche quando il tuo grado di fanatismo patriottico è a livelli minimali. Per l'appunto le giovani generazioni erano state cresciute a pane e fanatismo patriottico, e questo complicò ulteriormente le cose.
In questa demenziale situazione, l'italico genio riuscì a sfruttare una serie di opportunità favorevoli. Fino all'8 Settembre in Italia non c'era una vera resistenza, perché non eravamo un paese invaso; ma profittando di una situazione decisamente confusa, alcuni gruppi di ragazzi inventarono la resistenza armata - che non fu un pranzo di gala, certamente; ma parò il culo all'intero paese, al momento di stilare i trattati di pace (Giappone e Germania furono trattati con assai minor cortesia): gli Alleati ci occuparono in modo più soft e ci lasciarono più liberi - e ci diedero anche molti più soldi, perché al momento di votare risultò che avevamo un partito comunista numericamente molto importante, ed eravamo geograficamente collocati ad un passo dal Pericolo Rosso.
l'8 Settembre è una data su cui i manuali di storia delle medie tendono a sorvolare, preoccupatissimi di ricordare che ci furono i buoni e i cattivi, le scelte giuste e le scelte sbagliate. A me pare invece che andrebbe esaminata con cura la situazione del momento, che era disperatamente confusa e piena di tagliole ad ogni dove, ricordando e spiegando bene che tutti noi cittadini di un'Italia democratica e repubblicana, siamo figli di uno dei più insoliti crocevia che la storia ricordi, che in quella confusione le scelte erano oggettivamente difficili da fare e che, se ogni tanto ci accorgiamo che l'Italia non sempre negli ultimi 69 anni ha goduto di grande prestigio internazionale, ciò è dovuto anche al fatto che nella nostra classe dirigente troppo spesso non ha prevalso il senso dello Stato e delle Istituzioni. Sotto questo aspetto, siamo un paese abbastanza anomalo in Europa (e non solo in Europa, se solo ricordiamo come si comportò l'imperatore del Giappone, che infatti rimase sul trono senza perdere il rispetto e la devozione dei suoi sudditi).
Insomma, una data su cui riflettere e un momento da esaminare con molta attenzione, magari con qualche laboratorio dedicato. D'accordo, non è uno dei nostri momenti gloriosi; tuttavia, ognuno è figlio anche dei suoi errori e degli errori dei suoi padri e madri e zii. Perché rimuoverli?
Articolo intellettualmente onesto e questa sul web è già una rarità.
RispondiEliminaLa storia ufficiale, qui come altrove, sorvola sempre su quello che non serve a costruire una storiografia ad hoc. L'8 settembre una nazione non nazione mostrò tutta la sua intrinseca debolezza: ci furono almeno 2 italie e 2 storie nettamente separate. Nella prima la guerra finì due anni dopo con una guerra civile sanguinosa; nella seconda dal 43 in poi si avviò la ricostruzione clientelare e mafiosa che oggi è l'ossatura portante del paese intero. Dal labirinto non siamo ancora usciti. Complimenti per il post.
Pensando a quel che ci raccontò mio padre, il prologo all'8 settembre fu il 25 luglio, in cui gli incrduli giovani fascisti videro i loro genitori rinnegare da un'ora all'altra l'ideologia alla quale avevano votato la vita dei loro figli ed i destini del paese.
RispondiEliminaPoi venne l'8 settembre, chi ci capiva sapeva che sarebbe venuto e ci si preparò, sia da una parte che dall'altra. Per gli altri, si trovarono presi in mezzo come il Sordi di "tutti a casa".
E' vero: paradossalmente, quell'Italia del Nord dove di più fiorì la Resistenza fu quella che pagò il prezzo più alto, sia dai tedeschi con le stragi SS, sia dagli alleati con le stragi dei bombardamenti.
Però la resistenza parò poi il culo a tutti, Nord e Sud, e impedì almeno in gran parte del centro-nord la ricostruzione clientelare e mafiosa partita con Cosa Nostra alla testa degli americani in Sicilia.
Comunque la si veda, ripeto comunque, l'8 settembre è morta la PATRIA. Da allora il tradizionale cinismo degli italiani ha ripreso il sopravvento sull'idea di patria costruita faticosamente in 50 anni dal Risorgimento laico e borghese alle trincee del Carso, e vigliaccamente strumentalizzato dal fascismo.
Da allora, l'unico simulacro di Patria è la Nazionale di calcio, e l' Italia non è più una nazione di patrioti come tutti o quasi gli altri popoli.
Sarà mai più l'Italia un paese "normale" ?
Anonimo SQ
Mio padre, nato nel '21, crebbe di fatto nella cultura di quel periodo anche se il nonno (alpino reduce della prima guerra mondiale in Adamello) continuava a mettere diversi paletti. Ma lui ci credeva ... poi venne arruolato è partì per la campagna di Russia con gli alpini. Fu fortunato, in Russia lasciò parte del suo corpo e centodieci coetanei e amici (l'arruolamento nel corpo alpino era zonale e si conoscevano tutti). Cominciò a pensare, confrontare idee, cambiare. Il suo diario (che ho potuto leggere solo dopo che è mancato) e le sue lettere di quel periodo sono uno spaccato emozionante di tutto quanto hai esposto nel post, che ho letto con molta commozione.
RispondiEliminaX L'ANONIMO DELLE 23.06
RispondiEliminaMi permetto di dissentire da alcune tue valutazioni. La resistenza fu un minestrone di ideali e obiettivi anche molto diversi tra loro e non parò il culo a nessuno ( a sud in assoluto). La parte del leone la fecero i comunisti convinti per lungo tempo che la lotta partigiana fosse solo il preludio di un paese pronto ad entrare in orbita attorno al sole dell'URSS. Le cose andarono diversamente ( con molta stizza dei comunisti di allora) ma gli alleati avveano un fortissimo bisogno di un avamposto strategico come la penisola italiana davanti al blocco sovietico di quegli anni. Non avrebbero mollato l'Italia Resistenza o meno. Il nord pagò un prezzo altissimo per via della guerra civile che non ha mai fatto bene a nessuno di qualsiaisi colore politico egli sia.
@Anonimo SQ
RispondiEliminaNon sono d'accordo. Il 25 Luglio fu il prologo della resa, e che alla resa saremmo arrivati prima o poi era abbastanza prevedibile. Forse era inevitabile, a quel punto, anche l'Italia spaccata in due. Forse.
Quello che era senz'altro evitabile era una resa fatta in quel modo per permettere al re di scappare. Ed è qui che entra in ballo la classe dirigente, quella che gestì malissimo il periodo postunitario nonché la prima guerra mondiale nonché il primo dopoguerra. l'8 Settembre è uno dei tanti episodi della nostra storia dove la classe dirigente si comportò in modo singolarmente inadeguato. E l'Italia non è stata mai, se non per brevi periodi, un paese "normale", che è il otivo per cui viene guardata con grande diffidenza all'estero.
@Oblivion
Grazie. Si cerca di essere onesti, ma l'8 Settembre è qualosa di così complicato che parlarne è sempre difficile. Tutti i paesi hanno le loro pagine ingloriose e le loro sconfitte, ma pochi paesi hanno passato un momento confuso come quello. E sono d'accordo che non ne siamo ancora usciti. IMHO, se non smettiamo di vedere la questione solo in termini di "buoni" e "cattivi" non ne usciremo ancora per un bel pezzo.
@il Grigio
Mi sono commossa anch'io leggendo il tuo commento. In mezzo a quell'immane casino c'erano degli uomini, degli esseri umani, e ognuno di loro ha dovuto attraversare una tragedia personale che andava al di là delle ferite fisiche (spesso molto dolorose, spesso mortali).
Bellissimo post, Murasaki, su uno snodo cruciale, complesso e bislacchissimo, che deve sempre essere raccontato, come tu ricordi, nella maniera giusta.
RispondiEliminaProprio per capire che alla scelta si arriva spesso per caso, a volte per convinzione, talvolta per costrizione geografica e temporale. E che tutto quel casino di motivazioni ha fatto poi la storia di dopo.
Ovviamente, come tu dici, il 25 luglio fu il prologo, anche politicamente, della resa, visto che il trattato come è noto era già stato firmato, pur se non reso pubblico.
Ciò che fece la monarchia in occasione dell'8 settembre non ha parole. Aggiungerei anche ciò che fece dopo, visto che l'ottimo Umberto di Savoia si portò via a Cascais non solo se stesso, ma l'archivio di famiglia, peccato che essendo la sua la famiglia regnante l'archivio non potesse considerarsi proprio 'strettamente privato'.
Che è poi uno degli altri tremendi errori (oltre a Genova, per esempio) fatti dal presidente Ciampi quando concesse il rientro senza comprendere quali fossero le necessarie (la restituzione degli archivi, appunto) condizioni.
Pare una minchiata, e invece non lo è per nulla, e si immette, a mio avviso, in quello scarso senso delle istituzioni da parte di sé medesime di cui parlavi.
La storia dell'archivio è particolarmente grave perché lo statuto albertino lasciava ai re una particolare autonomia SOPRATTUTTO NELLA GESTIONE DELLA POLITICA ESTERA, e in quell'archivio ci devono essere più scheletri che in un ossario.
RispondiEliminaChe deve poi essere il motivo per cui i Savoia se lo tengono tanto stretto...
(un'altra condizione che Ciampi ha sbagliato a non mettere per il rientro dei Savoia era un divieto assoluto di cantare a Sanremo, IMHO)
I couldn't agree more! :-)
RispondiElimina@oblivion
RispondiEliminaLa Resistenza parò il culo a tutti gli italiani, nel senso che permise che l'Italia fosse trattata in modo diverso dall'Austria e dalla Germania: per dire, be la immaginate un'Italia con le Tre Venezie divise tra le Armate Rosse e quella Titine, in Nord-ovest zona francese, centro inglese e sud americano, come zone di occupazione ? Poteva anche essere, se non ci fossero stati i partigiani e la resa. Non so se gli americani avrebbero potuto dir di no ai Russi, come fecero col Giappone, dove i pochi giorni di guerra guerreggiata impedirono ai russi troppe pretese.
Alla conferenza di pace, rispetto alla Germania, l'Italia fu trattata con i guanti.
La Resistenza non fu solo comunista, anche se bisogna riconoscere che le brigate Garibaldi ebbero gran peso. Comunque nelle formazioni partigiane si formò molta parte della classe dirigente (anche democristiana, per dire !) che gestì poi, anche a livello locale, la ricostruzione.
E certe cose di corruzione, almeno al Nord, non avvennero con la frequenza che hanno ora (anche al Nord). Era gente con le palle, fossero comunisti o democristiani o altro. Abbiamo cominciato ad andar male come nazione quando quella generazione è stata sostituita da chi sappiamo.
@murasaki
Sarò tonto, ma non capisco su cosa dissenti : mi pare che si dicano le stesse cose, o non in contraddizione, almeno. Salvo che tu pensi possibile che i giovani fascisti, cresciuti ed educati dal regime (mio padre è del '25), dovessero aver capito, prima del 25 luglio e dell'8 settembre, cosa stava per succedere. Come avrebbero potuto, accecati dalla propaganda? Son quelli della generazione prima, che mi hanno sempre stupito per la cecità. Ma molti avevano capito, e ne hanno ricavato anche dei buoni affari... per primi la famiglia reale, che abbandonò il paese alla mercè dei tedeschi. Se Umberto avesse avuto quel guizzo di indipendenza dal padre che la madre auspicava, sarebbe passato in clandestinità, ed avrebbe salvato la dinastia. Ma, a quanto pare, l'unica con gli attributi, in famiglia, era solo la madre...
Anonimo SQ