venerdì 11 maggio 2012
Merito più che bilustre non m'Invalse
Fino a quest'anno, le prove Invalsi per me erano qualcosa che riguardava gli altri e mai avevo avuto da impicciarmene se non per far eseguire alla terza che mi trovassi eventualmente tra le mani una qualche prova somministrata negli anni precedenti dal Ministero a mo' di esercitazione.
Quest'anno però ho vinto il mirabile privilegio di somministrare una prova Invalsi in una prima dove non insegnavo. Non avevo chiesto tale privilegio, ma me l'hanno ugualmente accordato, perché talvolta la scuola è davvero generosa nei suoi doni.
Al ritorno dal ponte elettorale mi sono dunque ritrovata sola soletta con la classe e il paccone delle prove.
Ho salutato i ragazzi con bel garbo, risposto a qualche domanda, dato qualche istruzione essenziale, ordinato e imposto che dimenticassero financo l'esistenza di lapis e matite per usare solo penne blu o nere, controllato che ognuno avesse squadra e righello, esortato a mettere via le calcolatrici, fatto separare i banchi (ma, con tutta la buona volontà del mondo, quando ci sono venticinque alunni in una classe concepita per accoglierne al massimo una ventina, c'è poco da separare, non parliamo di camminare tra i banchi per controllare che non copino. E pazienza se, secondo le istruzioni, avrei dovuto invece camminare, mi pagassero le scarpette da danza classica con la punta in gesso potrei pure provarci).
In seguito ho proposto una scaletta: prima matematica, che secondo me era meglio affrontare a mente fresca, poi il questionario come tramezzo, infine italiano. Qualcuno avrebbe preferito fare prima italiano "perché era più facile", ma i compagni li hanno convinti che andava bene come dicevo io. Infine gli ho ricordato che la compilazione del questionario era da considerarsi del tutto volontaria e che chi voleva non rispondere ad alcune o tutte le domande poteva tranquillamente regolarsi secondo il suo capriccio.
Davanti alla classe ormai pronta e attenta, ho preso il pacco delle prove di matematica, l'ho assegnato ad un fanciullo disponibile a collaborare e gli ho detto con fare regale "distribuisci, una copia a testa".
Il pacco è stato dunque distribuito. poi ho dato il segnale per aprire il fascicolo, ho augurato buon lavoro e mi sono accinta a sorvegliare.
La prova è filata liscia. Al termine ho dato il segnale di consegna dei fascicoli e fatto iniziare l'intervallo, poi mentre i ragazzi mangiavano ho riordinato le prove per numero di codice e...
Ecco, sì, appunto. C'era un piccolo dettaglio. Insignificante, del tutto secondario, ma c'era: ad ogni alunno corrispondeva un codice, segnato su apposita etichetta Invalsi sul fascicolo, ma io avevo fatte distribuire i fascicoli a casaccio - il che significava che non avevo modo di garantire che allo stesso codice corrispondesse la prova di italiano dello stesso medesimo alunno, né il questionario (beh, il questionario a dire il vero mi sembrava il male minore: dopotutto doveva restare anonimo).
Che fare?
Scartata come del tutto inutile per la soluzione del problema la possibilità di impiccarmi a una trave del corridoio (in quanto, una volta sanato l'aere contaminato da mia presenza il problema sarebbe ben rimasto) non restava che andare in ginocchio a chiedere soccorso alla VicePreside. Ma la VicePreside, che di solito sta lì inchiodata alla scuola nemmeno fosse incatenata come i bambini pakistani ai telai da tappeti, in quel momento aveva un'ora buca ed era uscita per una commissione. A chi altri confidare la mia tragica ambascia, nel mentre che la mia mente pullulava di orribili immagini di me cacciata dalla pubblica scuola a cavalcioni su un pezzo di binario dopo essere stata spalmata prima di pece e poi di catrame, nonostante l'impeccabilità del mio stato di servizio ormai più che decennale? Sono finita a tapinarmi in un'altra prima, dove la giovanissima e precarissima collega, con un bel sorriso, mi ha spiegato che i codici erano strutturati, e che ad ogni ragazzo corrispondeva il numero che aveva nel registro di classe: dovevo solo controllare le ultime due cifre. Insomma, bastava distribuirli dal numero più basso al più alto seguendo l'ordine alfabetico.
Dopo aver promesso riconoscenza eterna alla collega mi sono fiondata nella prima che mi avevano incautamente affidato, e dove l'intervallo volgeva ormai al termine. Lì ho distribuito prima i questionari e poi le prove di italiano secondo la sequenza da lei dedotta. Nel frattempo qualcuno mi ha spiegato che la colpa non era del tutto e soltanto mia, perché di solito nei pacchi c'era anche una lista che associava i codici agli alunni, ma nel mio mancava (in compenso, avevamo un fascicolo di prove in più, pur se senza codice, il che volendo aveva una sua equità di fondo). Ero molto felice perché a quel punto cominciavo a nutrire qualche speranza di scansare sia il pezzo di binario che il catrame e financo le piume. Nemmeno la notizia giuntami casualmente che le istruzioni dicevano di iniziare con italiano ha alterato questo mio gaudioso stato d'animo: confidavo infatti, salvo improbabili delazioni da parte degli alunni all'Invalsi Institute, che all'INVALSI non avrebbero mai saputo del mio insurrezionale ed anarchico gesto, visto che sui fascicoli non facevano scrivere l'orario di consegna.
A prove terminate ho chiamato i ragazzi ad uno ad uno, prima quelli che alla prova di matematica si ricordavano di aver disegnato qualcosa su qualche bordo, poi quelli che ricordavano di avere scritto in stampatello... In realtà non è stato troppo lungo, e nel giro di un quarto d'ora ogni prova di matematica aveva il suo giusto codice, da me corretto brutalmente a penna sulla delicata etichettina fornita dall'Invalsi. Mi hanno poi detto che all'Invalsi non volevano che si correggessero i loro codici a penna e avrei dovuto scollare e rincollare le etichette adesive. La mia risposta è forse immaginabile, ma in ogni caso del tutto sconveniente per una Vera Signora.
D'altra parte quel che m'interessa è scansare il binario, la pece e le piume. E visto che le prove verranno corrette qui a scuola e all'Invalsi il pacco non si sa nemmeno se e quando lo apriranno, è pur sempre possibile che l'uno e gli altri non siano nel mio futuro più immediatamente prossimo.
Ti sono sodale, ho incollato le etichette di matematica sul questionario d'italiano. Non è stato facile toglierle e re-incollarle. Che poi il codice di italiano e matematica è lo stesso, se ricordo bene.
RispondiEliminaDovrebbe, perché è formato dall'indicazione di scuola, plesso, classe e infine, per le ultime due cifre, alunno...
RispondiEliminaAnche Voglio-la-mamma in una seconda non campione ha distribuito a casaccio. E noi l'abbiamo lasciata a casaccio, e gli alunni hanno manifestato, nel passaggio da Italiano a Matematica (quando se ne era accorta) degli incredibili sbalzi di grafia! ;-)
RispondiEliminaDirei che la vostra soluzione è senz'altro la migliore.
RispondiEliminaSe mai si ripresentasse il caso, penso proprio che la caldeggerò.