venerdì 6 novembre 2009

Storia di Calimero


Prendo spunto dal racconto di Cautelosa per ricordare il mio Claudio personale - anzi il mio Calimero personale.

Non era un ragazzino particolarmente piccolo e nessuno ce l'aveva con lui, né compagni né insegnanti: anche lui però viveva la scuola con un senso di assoluta inadeguatezza: in effetti era inadeguato.
Era mortalmente ansioso, per ogni cosa. La classe era un po' vivace ma accogliente, la maggior parte degli insegnanti adattabili e gentili, ma lui era sempre preoccupatissimo di non avere la situazione sotto controllo (anche perché ovviamente non l'aveva).
"Ha subito qualche trauma di recente?" chiesi alla madre "Tipo trovarsi bloccato in una casa in fiamme".
No, mi assicurò la madre. Era ansioso per natura. Molto ansioso.
Studiava tanto, a pomeriggi interi. Lo diceva la mamma (un po' sconsolata. Anche lei "stava rifacendo le medie", in effetti) e dunque ci credevo; e poi aveva sempre i compiti fatti - a volte male, a volte bene. Amici, zero. Gli piaceva (scoprii dai temi) stare alle stazioni, guardare i treni, prenderli. Conosceva tutte le stazioni della zona e tutti i tipi di treni. Altri divertimenti non ci risultavano.
Matematica osservò che se gli si dava tempo veniva a capo delle espressioni, di solito; anche con gli esercizi di grammatica non se la passava male - avevo sempre cura di fargli fare la frase per quinto o sesto, quando ormai il meccanismo era abbastanza chiaro, ma insomma la faceva. Era abbastanza inchiodato a certi errori di ortografia, tipo le H, ma se per questo anche mezza classe.
Nei temi si perdeva, senza speranza. Come primo compito in classe diedi una traccia sul passaggio tra elementari e medie, molto fiera di aver trovato un argomento su cui tutti, ma proprio tutti avrebbero avuto un sacco di cose da dire. Lui mi raccontò di una gita fatta in treno a Firenze con i genitori dove non c'era l'ombra di un riferimento alla scuola.
Per la prima volta in vita mia diedi un Non Sufficiente per "fuori tema": le mie tracce sono scatole talmente larghe che andare fuori tema è praticamente impossibile, e ammetto sempre ogni tipo di interpretazione possibile del titolo - lui però era proprio andato fuori tema; d'altra parte era un lavoro insufficiente, da qualsiasi parte lo guardasse e nonostante tutta la mia ferma intenzione di non scoraggiarlo; almeno, dando la colpa al "fuori tema" evitavo di soffermarmi sul resto, che era abbastanza agghiacciante.
Comunque anche nel secondo e terzo tema mi parlò di gite a Firenze (in treno) con i genitori. In compenso nelle prove di comprensione del testo era un disastro.
Mi guardavo bene dall'interrogarlo a storia e geografia. Gli facevo leggere ogni tanto gli esercizi, che a volte funzionavano e a volte no. Leggeva peggio di certi allievi dislessici, con un tono monocorde che faceva seriamente dubitare della sua appartenenza al genere umano.
Il vero problema però era che non dava segni di miglioramento né nella lettura né in qualsivoglia altro ramo dello scibile.
Non aveva amici ma nemmeno nemici. Aveva rintuzzato senza problemi il paio di tentativi del Teppista di prenderlo in giro - tentativi che, a quel che so, il resto della classe non aveva fatto niente per appoggiare. Gli altri lo prendevano così com'era, qualcuno anche mostrandosi molto amichevole.
Si parlò di certificarlo. Quell'anno, a quanto ci dissero, le certificazioni erano diventate più difficili, ma si poteva tentare. I genitori sospirarono, la madre pianse ma infine accettarono. Per un qualche intralcio burocratico però la cosa finì in nulla. D'altra parte anche noi insegnanti non eravamo convinti al cento per cento: qualche ora di sostegno gli avrebbe fatto certo comodo, ma i vantaggi sarebbero bastati a compensare il dispiacere e l'umiliazione per lui? Perché - e questo era chiaro - era perfettamente consapevole che qualcosa non andava, pur non riuscendo a fare nulla per porvi rimedio. Questo, ovviamente, peggiorava i sensi di colpa striscianti che buona parte di noi sentiva nei suoi confronti - e d'altra parte anche noi insegnanti saremmo stati ben lieti di migliorare la situazione se solo avessimo avuto idea di come farlo.
Discutemmo a lungo se bocciarlo o no. Per tutto l'anno a ogni consiglio si ripeté la stessa discussione:
"Se lo fermiamo si scoraggerà definitivamente e ne concluderà che è inutile impegnarsi, tanto non serve a niente".
"Come facciamo a non fermarlo, visto che non è andato avanti di un centimetro?".
"Appunto, se non è andato avanti è inutile fargli ripetere la prima. Tra l'altro perderebbe i compagni, con cui si trova abbastanza bene".
"Ma che cosa ci facciamo con Calimero l'anno prossimo in seconda? Sarà peggio di un pesce fuor d'acqua".
"Ma è già un pesce fuor d'acqua anche adesso!".
Siccome entrambe le posizioni avevano le loro ragioni, non sapevamo letteralmente che pesci prendere e continuavamo a rimpallarci gli stessi argomenti consiglio dopo consiglio. Calimero era bloccato peggio di un mulo, ma anche noi non scherzavamo.
Finché Matematica ebbe un'ispirazione:
"Noi non sappiamo come saranno le prossime prime. Nella classe dov'è adesso Calimero si è ambientato, magari in un'altra prima si troverebbe male. Se lo fermiamo l'anno prossimo invece sapremo almeno dove andiamo a metterlo".
Appoggiammo tutti il suo punto di vista con sollievo e riconoscenza: era un argomento, qualcosa a cui attaccarsi. E aveva una sua validità. Passammo Calimero in seconda - con qualche perplessità, ma lo passammo.

La storia è a lieto fine; perché, qualsiasi cosa sia successa durante l'estate, l'anno seguente Calimero mise foglie e fiori. Certo, non diventò mai la punta di diamante della classe e il suo inglese agghiacciò sempre ognuna delle tre insegnanti che cambiò, ma nelle altre materie cominciò a migliorare. Smise di fare temi sulle gite in treno a Firenze con i suoi e cominciò a svolgere le tracce assegnate (ricordandosi, per giunta, di mettere le H al posto giusto). Leggeva decorosamente. Alzava la mano per rispondere alle domande. Parlava con i compagni, talvolta ci usciva persino insieme. Addirittura (oh, gioia!) dovevamo riprenderlo perché chiacchierava; ci spingemmo perfino a minacciarlo di una nota sul diario (un paio di volte gliela mettemmo davvero, con grande sollievo della madre). Ci attentammo a interrogarlo, e dopo le prime lezioni ripetute a memoria lo vedemmo perfino, in qualche occasione, seguire un suo personale ragionamento.
Insomma, andava avanti. Con i suoi tempi, a obbiettivi magari un po' ridotti ma andava avanti. Per quanto terrorizzato, ci fece perfino un colloquio decente all'esame.
Lo passammo con grande soddisfazione collettiva. Al nostro consiglio di classe (di cui ero parte integrante) ritengo vada riconosciuto un grande merito, spesso l'unico che un Consiglio di Classe può riconoscersi, malgrado la migliore buona volontà del mondo: quello di non aver peggiorato le cose.
Il resto è nelle mani di forze imperscrutabili - ovvero, dei ragazzi stessi.

7 commenti:

  1. La tua testimonianza a lieto fine dimostra, caso mai ce ne fosse stato bisogno, come possono evolversi positivamente situazioni che a prima vista sembrerebbero immutabili per tutti i secoli dei secoli...
    Gli anni della scuola media sono suscettibili di cambiamenti anche repentini e soprattutto l'immagine che si ha di un ragazzo dodici-tredicenne, ringraziando Iddio o chi per lui, non è sempre è la stessa di quando sarà adulto.
    Questo per dire che molti insegnanti (ed io ne ho incontrati diversi nella mia "carriera") hanno spesso una visione rigida delle situazioni critiche, "bollando" con marchi talora indelebili il preadolescente che per un motivo o l'altro esca dai parametri standard della valutazione.
    Non so se e quando per Claudio ci sarà un positivo cambiamento che lo porti a migliorare in tutti gli ambiti scolastici. Quello che gli auguro, comunque, è di incontrare insegnanti che abbiano ancora la pazienza di attendere i suoi personali passi in avanti, ancorché piccoli e stentati... E che, perlomeno, non peggiorino la situazione.
    Buona domenica, Murasaki!

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  2. Mi piace come tu abbia sottolineato l'enorme difficoltà che sottende certe decisioni, la sensazione di sbagliare in ogni caso, la paura di peggiorare le cose; il nostro mestiere è anche questo, ma se per tanti (parlo dei non addetti ai lavori) è difficile capire le fatiche oggettive, come correggere i compiti e preparare le lezioni, pensa quanto poco possano cogliere le tante complesse dinamiche che fanno parte del 'pacchetto' insegnamento! Sono contenta del lieto fine per Calimero.

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  3. Il tuo bellissimo post evidenzia ancor più la stupidità di voler ridurre la valutazione a dei numeri e a una media di voti. Ogni ragazzo è un universo diverso: a parità di condizioni numeriche uno deve essere promosso, l'altro bocciato. A deciderlo devono essere i loro insegnanti, non un decreto ministeriale.

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  4. Come dice Il Grigio.
    Penso con preoccupaizone mista a compassione alle colleghe che quest'anno, agli esami, dovranno arrotondare allo 0,5 superiore la "semplice" media matematica voluta dalla Gelmini e dal suo galoppino Bruschi.

    p.s.: confesso: aspettavo che alla fine tu scrivessi: e adesso Calimero è ministro di...

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  5. bellissima storia.
    dovrebbero leggerla tutti quelli che pontificano sulla scuola senza saperne niente.

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  6. Le risorse che hanno i calimeri talvolta sono impensabili... basta guardare bene o, nel dubbio, aspettare: penso che sia meglio una bocciatura in meno che una in più. Certo è che se non hai gli occhi attenti non ti accorgi di quello che succede... tanti colleghi sono offuscati dai pregiudizi, cioè da quello che credono di sapere sul calimero di turno.

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  7. Secondo me l'aspetto più inquietante e insieme il più curioso di questo lavoro è che non esistono quasi mai controprove e che quindi è veramente difficile capire se una scelta è stata giusta o no. Allo stesso modo è praticamente impossibile rendersi conto se abbiamo capito o no un determinato ragazzo. Spesso resto quasi ammirata dalla facilità con cui vedo certi colleghi tranciare giudizi - ma mi consolo pensando che i ragazzi ne tranciano almeno altrettanti su di noi, spesso sbagliati quanto i nostri ^__^

    @ La Prof

    Per fare il ministro sarebbe ancora presto, però... ecco, devo dire che ne ho tratto l'impressione di un ragazzo magari non vivacissimo intellettualmente, ma molto buono e onesto. Le ultime due doti non sono proprio il massimo per entrare in politica, anche in tempi meno infelici dei nostri...
    Comunque staremo a vedere!

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