In estate il dibattito sulla scuola si risveglia. Eminenti tuttologi (molti dei quali di professione sarebbero politici) scrivono imponenti articoli sull'arruolamento e la formazione dei docenti, sulla decadenza dei tempi moderni e soprattutto sulla vacuità delle nuove generazioni. Tali temi sono assai graditi ai direttori di giornali perché si prestano ad essere blandamente trattati sotto l'ombrellone tra un tuffo e l'altro (o davanti alla baita, tra uno strudel e l'altro): tutti siamo un po' esperti in materia e non importa impegnarsi troppo. Lasciano però una traccia vagamente bavosa durante l'anno successivo, e a volte molto più di una traccia: la folle idea di abolire i giudizi a elementari e medie e di tornare al maestro unico alle elementari partì proprio da una demenziale intervista di Tremonti, il quale sosteneva che "6" gli era più chiaro di "Sufficiente".
Quest'anno il grosso dell'attenzione è catturato da improbabili vicende personali (e archeologiche) di ancor più improbabili personaggi politici e per la scuola al momento rimane pochino. Inoltre la suddetta scuola sta ormai ritornando Scuola del Merito grazie al provvido operato del ministro Gelmini ed è dunque già meno criticabile, senza contare che i pezzi da novanta (ovvero gli articoli di fondo di Panebianco e Galli Della Loggia) arrivano di solito in pieno Agosto.
Comunque sia, ecco le tre segnalazioni di Luglio, sperando di cuore che non ne arrivi una quarta in settimana perché anche solo con questi sarei sazia.
Il 10 Luglio il ministro Prestigiacomo (attualmente in disgrazia nelle alte sfere governative. Forse per la mancanza di disponibilità dimostrata con le alte sfere in questione? Ah, saperlo, saperlo...) intervenendo alla XX Rassegna Del Mare a Roma anticipa che a partire dal nuovo anno scolastico ci saranno ore curriculari di educazione ambientale. Qualche basso manovale dell'istruzione (= insegnante) ha tentato timidamente di osservare che l'educazione ambientale nelle scuole c'è da più di vent'anni e le iniziative vengono organizzate insieme a famiglie, enti locali, associazioni ecologiste eccetera. Nessuno però ha fatto caso a un'altra parte del discorso di Stefania Prestigiacomo, ovvero "con il ministro Gelmini siamo già pronti a fornire ai presidi di tutta Italia indicazioni su come intendiamo l'educazione ambientale", che rende il tutto molto più minaccioso. Credevate, tapini, di star facendo educazione ambientale, ma adesso la Gelmini vi spiegherà (con apposite circolari) cosa essa realmente è e come dovete farla; un po' inquietante, considerando che l'attuale governo non mostra grandi segni di una vocazione particolarmente ambientalista... ma in fine è probabile che l'uscita della Prestigiacomo resti lì dov'è senza vistose conseguenze sul piano pratico.
e questo è un articolo che Luca Ridolfi ha pubblicato sulla Stampa il 23 Luglio. Costui insegna all'Università di Torino (analisi dei dati) e sostiene che l'attuale scuola ha prodotto e sta tuttora producendo una generazione intellettualmente non preparata - insomma, un tema fresco e nuovo, in fondo sull'inadeguatezza culturale dei Giovani d'Oggi si discute solo dai tempi di Platone. Cosa sono 24 secoli davanti all'eternità?
Vediamo dunque quali sono i problemi didattico-cognitivi delle nuove generazioni:
La realtà è che la maggior parte dei giovani che escono dalla scuola e dall’università è sostanzialmente priva delle più elementari conoscenze e capacità che un tempo scuola e università fornivano. (...)
Non hanno perso solo la capacità di esprimersi correttamente per iscritto. Hanno perso l’arte della parola, ovvero la capacità di fare un discorso articolato, comprensibile, che accresca le conoscenze di chi ascolta. Hanno perso la capacità di concentrarsi, di soffrire su un problema difficile.
Ammettiamolo: non è un difetto da poco; ma nemmeno molto nuovo, a quanto sembra, perché lo sento dire dalla notte dei tempi. Sospetto che magari i numeri siano cambiati, ma che le percentuali siano rimaste un po' le stesse. Gli sciocchezziari da esami universitari e da esami di maturità c'erano anche ai tempi di mio nonno e anche allora avevano quel tono surreale tra la vita vissuta e la (forse) invenzione. D'altra parte se siamo pieni fino agli occhi di incompetenti, sparsi equamente nei più vari rami delle umane attività, ci sarà pure il suo motivo.
Fermo restando che, se anche le cose vanno così dalla notte dei tempi, impegnarsi perché in futuro vadano meglio è cosa buona e giusta.
Certo, in mezzo a questa Caporetto cognitiva ci sono anche delle capacità nuove: un ragazzo di oggi, forse proprio perché non è capace di concentrazione, riesce a fare (quasi) contemporaneamente cinque o sei cose.
Diciamolo: gli adolescenti hanno sempre saputo fare contemporaneamente cinque o sei cose. E' una capacità che si perde con gli anni (ho sofferto molto quando ho visto che non riuscivo più a studiare ascoltando la musica). Sono le dure leggi della vita.
Ma quali sono le nuove capacità di un ragazzo di oggi?
Capisce al volo come far funzionare un nuovo oggetto tecnologico (ma non ha la minima idea di come sia fatto «dentro»)
...mentre gli adulti, notoriamente, sanno benissimo come funzionano "dentro" le varie diavolerie elettroniche di cui siamo circondati. Volete sapere come è fatto "dentro" un frigorifero, un computer, una stampante? Chiedetemi pure, così ci facciamo quattro risate.
Si muove come un dio nel mare magnum della rete (ma spesso non riconosce le bufale, né le informazioni-spazzatura).
...mentre è comprovato che gli adulti riconoscono una bufala lontano sette miglia e sanno perfettamente riconoscere le informazioni attendibili da quelle spazzatura. Lo vediamo ogni giorno.
Usa il bancomat, manda messaggini, sa fare un biglietto elettronico, una prenotazione via internet.
E si spera, fare una prenotazione via internet è alla portata di qualsiasi imbecille!
Scarica musica e masterizza cd. Gira il mondo, ha estrema facilità nelle relazioni e nella vita di gruppo.
Scaricare la musica è in effetti una caratteristica delle nuove generazioni (i meno giovani sono ancora attaccati al concetto di CD) - ma sulla facilità delle relazioni di gruppo mi permetto di avanzare qualche dubbio: oggi come ieri, i branchi di ragazzi allegri, spensierati e un po' scemarelli sono molto meno comuni di quel che sembra - e in quei gruppi dove le relazioni sono "estremamente facili" succede di tutto, ahimé.
Però il punto non è se siano più le capacità perse o quelle acquisite, il punto è se quel che si è perso sia tutto sommato poco importante come tanti pedagogisti ritengono, o sia invece un gravissimo handicap, che pesa come una zavorra e una condanna sulle giovani generazioni. Io penso che sia un tragico handicap, di cui però non sono certo responsabili i giovani. I giovani possono essere rimproverati soltanto di essersi così facilmente lasciati ingannare (e adulare!) da una generazione di adulti che ha finto di aiutarli, di comprenderli, di amarli, ma in realtà ha preparato per loro una condizione di dipendenza e, spesso, di infelicità e disorientamento.
Il discorso qui diventa complesso e coinvolge la società intera, più che la scuola. I "giovani d'oggi" si sono lasciati ingannare e adescare da un po' di merendine confezionate e di cellulari e non hanno dunque imparato che la vita è dura? Il benessere li ha anestetizzati? Non nego la buona fede di fondo dell'articolista, ma mi sembra che viaggi un po' troppo con lo spannometro. I giovani d'oggi hanno senz'altro più benessere di quelli cresciuti subito dopo la guerra, ma hanno anche famiglie più competitive che si aspettano di più da loro, vivono in una società che più che chiusa potremmo definire calcificata e abitano un paese piuttosto dissestato. I cellulari nella vita aiutano, ma non rendono più comoda la sedia dove studi a scuola o più largo il banco dove scrivi. I cellulari sono simpatici, ma non bastano a fare pari con tutto, sospetto.
Ora la realtà presenta il conto. Chi ha avuto una buona istruzione spesso (non sempre) ce la fa, chi non l’ha avuta ce la fa solo se figlio di genitori ricchi, potenti o ben introdotti.
E questa è una sciocchezza, o meglio un ricordo degli anni 60: la buona istruzione non si presenta come una discriminante o un aiuto, la famiglia o un qualche tipo di clan sì. Un professore universitario certe cose dovrebbe saperle anche da solo, se non abita su una nuvoletta rosa. Siamo pieni di insegnanti che si sono riciclati sull'insegnamento perché, arrivati vicino alla quarantina, si sono accorti che la collezione di dottorati e miserabili assegni di ricerca che avevano non li avrebbe portati da nessuna parte dal momento che non avevano una cordata che li garantisse (chi non ha voglia di insegnare prova ad andare all'estero, dove di solito gli va meglio).
Forse, a questo punto, più che dividerci sull’opportunità o meno di bocciare alla maturità, quel che dovremmo chiederci è se non sia il caso di ricominciare - dalla prima elementare! - a insegnare qualcosa che a poco a poco, diciamo in una ventina d’anni, risollevi i nostri figli dal baratro cognitivo in cui li abbiamo precipitati.
Dunque: la scuola non insegna più e invece sarebbe il caso che tornasse a insegnare qualcosa. Detto per inciso, qualsiasi insegnante penso sia d'accordo sul fatto che di per sé è una buona idea che la scuola "insegni qualcosa" - almeno, io mi sento più che disponibile ad appoggiare questo nobile progetto e nel mio piccolo ammetto di muovermi già da tempo in questa direzione e di avere visto numerosi colleghi impegnati in tale lodevole sforzo. Tuttavia, messo così, lo trovo un progetto un pochino vago.
Non dico che l'attuale scuola italiana produca solo meraviglie, ma la descrizione dei Giovani d'Oggi attaccati al computer che non sanno più scrivere in italiano corretto mi suona un po' superficiale: con le solite lodevoli eccezioni, esprimersi attraverso la parola è problema piuttosto vecchio. Se qualcuno desidera una conferma provi ad ascoltarsi una seduta in parlamento prestando orecchio alle vecchie leve. Lo stesso attuale Presidente del Consiglio, che pure ha fama di grande comunicatore, non acchiappa un congiuntivo nemmeno per sbaglio - ed è un problema che hanno avuto ed hanno svariati ministri dell'istruzione (sì, soprattutto le donne). La generazione tra i cinquanta e i settant'anni, quella che ha cresciuto le nuove leve in un colpevole benessere ovattato, non aveva mica un granché da insegnare, sotto questo aspetto (e infatti non l'ha insegnato).
Sembra che l'idea sia di ridefinire le priorità della didattica ponendo particolare attenzione anche a questi elementi di criticità del settore: un esame di Stato appannato, troppi insegnamenti enciclopedici e onnicomprensivi, preparazione media degli alunni appena sufficiente, una elevata dispersione. Come rimedio a tutto ciò l'atto di indirizzo suggerisce un curriculum maggiormente costruito sulle necessità dello studente.
Vago, vaghissimo e pure inquietante. Conoscendo i nostri polli, e soprattutto le nostre oche, questa parte potrebbe riservarci sorprese davvero deplorevoli, anche perché la Gelmini (o meglio, Tremonti attraverso di lei) sembra convinta che la Grande Cura per la scuola sia solo ed esclusivamente una dieta rigida. Forse per questo cercano di rimuovere i precari pesanti di cui al post precedente?
Ad ogni modo per fasciarmi la testa aspetterò di averla battuta, anche perché l'atto di indirizzo è ancora all'esame del CNPI, che al contrario di noi, se lo sta esaminando probabilmente avrò anche le idee più chiare su quel che contiene.
Nel frattempo voglio rispolverare un'antica poesia che parla di anelli deboli e di anelli forti, e ne approfitto per augurare al nostro Ministro un caldo soggiorno direttamente dentro l'Orodruin (Monte Fato, nella lingua comune):
Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende
Sette ai Principi dei Nani nelle lor Rocche di pietra
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno (deboluccio) per l'Oscuro Sire chiuso nella Reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.
Nella notte dell'estate i Nazgûl, i Cavalieri Neri, imperversano al servizio del Padrone. Dov'è il Monte Fato, dove l'Anello è stato forgiato e in cui distruggerlo?
RispondiEliminaSe poi riesci a trovare da qualche parte il famoso atto di indirizzo, avvisa, perché io non so dove andarlo a pescare...
RispondiElimina@ il grigio
RispondiElimina...dici che rischiamo di ritrovarceli anche alle convocazioni per le supplenze annuali?!?
@ La Prof
Troppo ci garberebbe! Avrai notato che qua l'unico modo per costringerli a rendere pubblico un documento sulla scuola è farglielo pubblicar sulla Gazzetta sotto forma di legge.
Par quasi che cerchino di fare le cose di soppiatto...
Mi sono dedicata alla lettura dei tuoi ultimi post, sempre godibilissimi, partecipando alle disavventure della povera Minou, tanto simile a qualche mia passata conoscenza e sorridendo alla tua "svista" oraria (immagino come ti sarai sentita...).
RispondiEliminaConcordo sulla difficoltà di far superare le difficoltà ortografiche che tanto hanno allietato i miei giorni di insegnante ed infine ho apprezzato il tuo commento all'articolo di Luca Ridolfi sulla scuola di oggi.
Se questa va male ed il modello rimane quella selettiva del passato, ante '68 per intenderci, come ho sentito in un commento alla radio, non mi pare che ci sia tanto da rallegrarsi.
E per finire, no comment sulal "scuola media, anello debole del sistema". Quando non sanno cosa dire, è lì che finiscono.
Buon proseguimento di vacanze!