mercoledì 8 luglio 2009

Caccia al libro (ovvero la ricerca de "La spada di san Crodegango")


Prendendo spunto da un post di qualche settimana fa di Gamberetta andrò qui a dimostrare per gradi di come talvolta l'insegnante che vuole ben oprare, per quanto desideroso possa essere di osservare scrupolosamente tutte le leggi vigenti nel suo paese, non abbia spesso altra possibilità che quella di infrangerle andando in tasca alle norme sul copyright; e per farlo partirò assai da lontano, più o meno da quando Adamo si aggirava ancora tra i pruni della sua prima residenza.

Il problema di base è il seguente: la maggior parte dei libri non si trova in commercio se non per breve tempo. A parte qualche editore come Adelphi, che segue la sennata pratica di stampare un numero ridotto di titoli, distribuirli a dovere e ristamparli regolarmente quando si esauriscono (più o meno), la maggior parte degli editori, per sua volontà e perversione o costretta da circostanze esterne, abbandona al suo destino la maggior parte dei suoi figli. Il problema è particolarmente grave per gli editori di nicchia, che spesso non possono fare diversamente.

In Italia vengono stampati circa 60.000 titoli l'anno. Di questi una buona parte non arriva mai in libreria, o arriva in poche librerie specializzate: per i piccoli editori la distribuzione è un problema molto serio. Anche i libri che arrivano in libreria ci restano per un tempo abbastanza ridotto, e spesso vengono restituiti all'editore quando ancora il pubblico ignora financo la loro esistenza. In tutti i casi non hanno quasi mai grandi tirature, ed esaurita la prima edizione passano nella categoria "introvabili" - chi ha incrociato almeno una volta nella sua vita un libro uscito qualche anno prima, di cui è venuto casualmente a conoscenza e che non si trova più in vendita né per oro né per argento sa di cosa parlo.

Le biblioteche non sempre sono una soluzione. Certo, esistono le Biblioteche Nazionali Centrali, che sono tenute per legge ad avere almeno una copia di ogni libro uscito in Italia. La loro esistenza è complicata, quella dei suoi utenti ancor si più. Intanto sono solo due (Firenze e Roma), quindi non esattamente dietro l'angolo per la maggior parte dell'italica popolazione; inoltre, per ottenere un libro in prestito alla Nazionale Centrale occorrono tutta una serie di autorizzazioni e pratiche iniziatiche. Se sei uno studente universitario o uno studioso non ci sono grandi problemi, ma se sei un comune mortale che voleva semplicemente leggersi La spada incantata di san Crodegango o Trenta gatti azzurri a Parigi la sera prima di dormire, beh, allora la questione non è affatto semplice.
Inoltre queste biblioteche (alle quali lo stato si diverte a ridurre i fondi e il personale ad ogni finanziaria, nell'improbabile tentativo di contenere il deficit pubblico e, signori miei, garantisco che ci vuol altro) sono letteralmente sommerse dai libri da catalogare e col passare del tempo accumulano dei ritardi sempre più mostruosi. Magari ce l'hanno, "La spada incantata di san Crodegango", uscita sei anni fa, ma se è ancora da catalogare nemmeno loro sanno dov'è.
Le biblioteche pubbliche per comuni mortali, quelle dove vai al bancone, dichiari la tua esistenza in vita, mostri un documento, fai una tesserina e da quel momento hai diritto a prenderti da uno a cinque libri per volta e tenerli fino a trenta giorni prorogabili a sessanta senza altre spese o formalità, sono molto più fruibili e i bibliotecari sono cortesi e disponibili: ti aiutano nella ricerca e ti procurano il libro da altre biblioteche se riescono a trovarne traccia.
Spesso queste biblioteche sono una vera miniera per l'editoria di nicchia - spesso, ma non sempre (detto per inciso, ogni anno riducono i fondi anche a loro). Inoltre di solito tengono una copia per ogni libro e può capitare che quella singola copia sia andata dispersa, rubata o sia scomparsa in un buco nero. Naturalmente, per quanto gentili e disponibili, i bibliotecari non sanno evocare dal nulla libri che non hanno.
Abbiamo poi i negozi e i banchetti di libri usati; andare a caccia di libri usati è uno dei grandi piaceri della vita, ma chi si diletta di questo pregevole passatempo sa che è molto più facile trovare qualcosa che non cercavi affatto, o magari nemmeno sapevi che esisteva, piuttosto che qualche libro che in quel momento vuoi con tutte le tue forze. La regola, all'incirca, è che se anche cerchi La cruna dell'ago di Ken Follett, che pure vanta tirature rispettabili, giusto nelle settimane in cui lo cerchi tutte le copie della Cruna dell'Ago disponibili all'usato nel raggio di duecento chilometri intorno a te compiono improvvisamente suicidio, e figurarsi la spada di san Crodegango, che magari, in un'altra città, ingombrerà le mani di qualche cliente che di san Crodegango e delle sue spade se ne strafrega ma vorrebbe tanto trovare i trenta gatti azzurri di Parigi, magari per regalarli alla sua ragazza per l'anniversario (e dovrà ripiegare su un mazzo di fiori o un paio di orecchini Swaroski).
Va un po' meglio con l'acquisto in rete, ma anche lì non è detto - perché insomma, se la maggior parte delle copie di un libro è finita al macero, è difficile che in giro ce ne sia una così grande disponibilità.

L'editore (soprattutto se è un grande editore, ma anche se è un editore di nicchia disorganizzato) spesso preferisce impiegare il suo tempo deprecando la pirateria della rete e le perfide fotocopie, o magari organizzando demenziali campagne pubblicitarie tese a far sentire in colpa il Perfido Fotocopiatore o lo Scaricatore Pirata (che a sentirsi in colpa, detto per inciso, non ci pensano nemmeno di lontano) piuttosto che occuparsi di cose terrene quali l'effettiva diffusione dei suoi libri o la ristampa dei medesimi. Del resto, è risaputo che in quest'epoca di culto del mercato nessuno sta mai a sentire cosa vuole l'acquirente, salvo poi lamentarsi se le vendite non vanno granché bene.
Comunque, spesso e volentieri l'editore non ristampa. Perché non è consapevole della richiesta (lui sa solo che il libro non ha venduto molto all'inizio, e non pensa mai che quel poco che ha comunque venduto possa aver dato frutto, come il seme della parabola evangelica che cade sul terreno fertile), perché è complicato ripescare i diritti editoriali, perché non gli conviene. Invece che mettersi all'anima altre cinquemila copie della spada di san Crodegango, preferisce commissionare a qualcuno un progetto editoriale fresco e originale, ad esempio la storia di tre ragazzi che frequentando una scuola di magia si imbattono in qualche oscura forza malvagia che devono sconfiggere ("no, non è il solito clone di Harry Potter, assolutamente. Tanto per cominciare è ambientato in Olanda, e poi la protagonista principale è una ragazza di quattordici anni").
Ristampare, in effetti, è una soluzione solo fino a un certo punto: non puoi ristampare quaranta copie per volta e ad ogni edizione si ripresenta il problema della gestione dell'invenduto; stoccare per anni un migliaio di questo e cinquecento di quest'altro in effetti è piuttosto costoso e complicato. Sotto questo aspetto erano messi meglio nel medioevo, quando il problema delle rese era l'ultima preoccupazione di monasteri e scriptoria vari.
Oggi però, volendo, potremmo disporre di altre possibilità.

Gamberetta suggerisce:
"Una semplice soluzione: vendere a poco prezzo l’edizione elettronica dei romanzi fuori catalogo. Diciamo 2 euro (1 per la casa editrice, 1 per l’autore). La casa editrice non deve spendere praticamente niente (il romanzo in formato elettronico l’ha già, quasi sicuramente ha già l’infrastruttura commerciale, dato che vende i libri di carta, il consumo di banda per trasferire il libro ai clienti è insignificante), e i lettori potrebbero usufruire a prezzo minimo di tante opere che per una ragione o per l’altra non hanno intercettato all’uscita nelle librerie.
Non lo fa nessuno. Quei pochi, tipo Mondadori, che vendono ebook li vendono a prezzi esorbitanti, hanno un catalogo minuscolo e, ciliegina sulla torta, i libri sono in un formato elettronico legalmente usabile solo con software Microsoft."


E quasi quasi l'ultima frase la ripeto perché mi ha davvero colpito:
Quei pochi, tipo Mondadori, che vendono ebook hanno un catalogo minuscolo e, ciliegina sulla torta, i libri sono in un formato elettronico legalmente usabile solo con software Microsoft.
Quei pochi, in effetti, sono troppo occupati a imporre gli e-book ad un mercato (quello scolastico) del tutto impreparato, per pensare di fare e-book per chi effettivamente li vorrebbe, o comunque li accetterebbe in mancanza di meglio, magari pagandoli anche a prezzi più alti di quelli ipotizzati da Gamberetta.

Domanda: ma davvero c'è questa gran calca di gente che smania per comprarsi gli e-book? Sono scomodi da scaricare, faticosi da stampare, ti consumi gli occhi a leggerli... il libro è bello in poltrona, col fruscio della carta, il piacere di tenere l'oggetto in mano, magari ben rilegato...
A titolo personale e in linea di principio posso essere anche d'accordo con questa scuola di pensiero: per me il libro è soprattutto un simpatico oggetto da gustarmi a letto prima di dormire (spesso molto, molto prima di dormire) o quando ho l'influenza, col fruscio delle pagine etc. etc.; detto questo, preferisco uno scomodo libro virtuale (che peraltro le giovani generazioni non trovano particolarmente scomodo, sembra) piuttosto che un libro ideale, rilegato in finissima pelle di drago con sovrimpressioni in mithril e fogli di carta stampigliati uno per uno su cui non ho alcuna possibilità di mettere le mani. Certo, un libro che non esiste non danneggia la vista e non costa niente a stamparlo. In effetti non costa niente, punto e basta. Però non lo leggi, tantomeno lo fai leggere ai tuoi allievi.

Così, mentre gli editori cazzeggiano variamente con minacciose campagne pubblicitarie dove cercano di descrivere l'aspirante lettore come un libricida affamatore di autori indifesi, il lettore in questione si è organizzato con i libri elettronici clandestini. L'insegnante medio, molto meno evoluto, di solito si arrangia con le fotocopie, ma non sempre le fotocopie sono una soluzione ideale, soprattutto quando l'idea è di far leggere alle proprie classi come libri di narrativa libri che non si trovano più in commercio.

Il caso, almeno per me, è piuttosto consueto. Trovo che l'istituzione del libro di narrativa in sé sia un'ottima cosa, ma disapprovo la quasi totalità dei libri di narrativa che gli editori scolastici cercano di rifilarmi: li ritengo in gran parte orrendi, spesso inadatti alle scuole medie (o alla specifica classe che ho in un certo momento) e soprattutto disapprovo che quasi tutti siano ridotti e adattati. Ho una vera idiosincrasia per i libri ridotti e adattati, soprattutto quando la cosa serve soprattutto ad aggiungere ai diritti d'autore dell'autore vero anche quelli dell'adattatore. Trovo anche che la letteratura mondiale abbia prodotto un buon numero di libri simpatici, interessanti e ben scritti, del giusto formato e con i giusti argomenti per essere validamente usati in una classe - ma spesso e volentieri non posso adottarli perché nel momento in cui li cerco sono sempre fuori catalogo. Naturalmente qualcosa è sempre presente nel catalogo... ma siccome è sempre presente nel catalogo, spesso si tratta di libri che almeno una parte della classe ha già letto. D'altra parte capisco perché in tanti fanno leggere l'Inventore dei Sogni o Ascolta il Mio Cuore: almeno quelli si trovano sempre. E sono libri validissimi, ma non è che glieli puoi far leggere tutti gli anni - tutti gli anni alla stessa classe, intendo.
Sono un'insegnante dalle ricche e variegate letture, perché non vengo messa in grado di utilizzarle a vantaggio o svantaggio dei miei allievi? Soprattutto in un'epoca in cui tanti straparlano di valorizzare le competenze?

Capita poi che a un insegnante serva solo una frazione di libro: un racconto di Agatha Christe, una novella di Verga (Rosso Malpelo per esempio è regolarmente dimezzato nelle antologie), trecento versi di Omero, un racconto di fantasmi di M.R. James, un capitolo del Nostro Comune Amico di Dickens, una fiaba norvegese. Con l'aiuto di apposite convenzioni editoriali per pochi soldi potrei evitare di surriscaldare l'unica fotocopiatrice della scuola, risparmiare tempo e fatica; inoltre soddisferei lo sfrenato esibizionismo che mi impedisce di apprezzare a dovere il (pessimo, di solito) lavoro degli autori di antologie e smetterei di uccidere libri nottetempo - non solo, ma anche i depositari dei diritti d'autore vedrebbero qualche soldo.

C'è qualche segnale che ci stiamo incamminando in quella direzione?
Assolutamente no.

4 commenti:

  1. Oddio, quante cose!
    Parto dal fondo: cioè dall'idea che un e-book (scolastico) sia possibile e utilizzabile proprio nella direzione che indichi tu: un file -magari con collegamenti web o ipertestuali o approfondimenti- che tu puoi sezionare, scaricare e stampare, se proprio vuoi stamparlo, solo per quello che ti serve, creandoti così la tua personale antologia, per esempio.
    Dove sta l'inghippo?
    Che le stesse Grandi Case editrici [che cercano di farci credere che i loro soliti libri + qualche esercizio online che nessuno userà mai sono un e-book], queste case ditrici premono perché gli e-book siano chiusi, non modificabili, e, oltretutto, acquistabili sono per un certo numero di copie.
    Dall'altra parte, ci sono quelli che parlano di Open source e licenze aperte eccetera, ma sono piccoli. Chissà se riusciranno a fare quello che vogliono.

    Il libro di narrativa a scuola io non lo adotto più. Ogni tanto, quando mi va o ne ho bisogno, interrompo tutte le lezioni, e per qualche giorno leggo io a voce alta quello che ho in mano. Così, vado a recuperare anche dizioni improbabili o introvabili. Certo, non posso dare il libro in mano ai ragazzi, ma devo dire che il 90% non lo vorrebbe nemmeno, in mano, mentre letto a voce alta per lo meno ascolta.
    E chi non vuole ascoltare, pazienza.

    Ora mi hai fatto venire voglia di saperne di più su san Crodegango.

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  2. Eh, lo so che le grandi case editrici hanno un'idea tutta loro sugli e-book.
    Però confido che, le grandi case editrici, col tempo diventeranno più ragionevoli grazie al benefico influsso di eMule e Google, almeno per quanto riguarda il settore scolastico. Certo che per il momento sembrano decisissimi a meleggiarci quanto più possono. Mi rendo conto benissimo di come i rappresentanti sciorinano certe formule magiche, tipo "CD multimediale e interattivo" a mo' di collane di perline per i selvaggi.
    C'è da dire che a St. Mary Mead sotto questo aspetto siamo in una botte di ferro, considerando lo stato del nostro laboratorio informatico, e possiamo resistere praticamente a qualsiasi tentazione.

    ll libro in copia unica letto dall'insegnante ha un sacco di vantaggi. Tuttavia il libro di narrativa propriamente detto, specie quando hai una classe in parte da alfabetizzare, ha la sua importanza e la sua ragion d'essere (vedi prossimo post). E soprattutto: tieni conto che io ancora non ho mai affrontato l'orario a nove ore e ho sempre navigato tra le dodici, le tredici e perfino le quindici ore - quindi tempo per il libro di narrativa volendo ne avevo.

    Last but not least: Crodegango, vescovo di Metz, era un illustre 8Illustre? Beh, andiamoci piano con certi termini) teologo e musicista vissuto nell'VIII secolo e autore di una regola monastica, ma non risulta che abbia mai preso in mano una spada in vita sua, nonostante il titolo del romanzo (immaginario). Sono io che mi diverto a citarlo spesso perché trovo che abbia un nome affascinante... e piuttosto originale ^__^

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  3. Post ricchissimo e interessante; mi limito soltanto ad aggiungere una cosa: conosci Azalai, il sistema meta-opac, vero? E' utilissimo per localizzare un libro introvabile, poi basta chiedere ai tuoi bibliotecari di fiducia (meglio se di una biblioteca piccola, sono più disponibili, di solito) di richiederlo come prestito interbibliotecario, anzichè avanzare la richiesta tu stessa come utente esterno.
    Molto probabilmente lo conoscerai già, però te lo segnalo lo stesso, nel caso ti fosse sfuggito...

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  4. @ Federica

    Ben incontrata e grazie della segnalazione ^__^
    No, non conoscevo Azalai, ma solo gli OPAC della mia provincia.
    L'ho prontamente messo nella cartellina delle banche dati. Sono cose che fanno sempre comodo...

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