St. Mary Mead, come molti paesi della Toscana, non viene da una tradizione di secolare miseria - il che non vuol certo dire che trent'anni fa lì fossero tutti ricchi o anche semplicemente benestanti: diciamo che non facevano la fame e, a partire dagli anni 50, i bambini han sempre avuto le scarpe ai piedi.
La posizione geografica è buona e grazie alla ferrovia il paese non era tagliato fuori dal civile consorzio; resta il fatto che era fuori dell'orbita della Città e lontano dal Grande Paese. Le medie furono costruite nel 1963 e fino a quel momento chi voleva continuare a studiare dopo le elementari doveva prendere il treno (e nel primo dopoguerra nemmeno quello, perché la ferrovia era sfasciata). Insomma è un paese di brave persone, oneste e lavoratrici, ma non è detto che chi è nato prima del 1950 abbia necessariamente una gran cultura, ecco.
Altra cosa si cui tener conto è che, nonostante i toscani siano convinti di parlare italiano di default, il fiume in cui Manzoni e altri vennero a sciacquare i loro panni non passa per St. Mary Mead. Per intendersi il loro è un italiano abbastanza originale, ecco. Creativo.
Il vero problema non sono i vari "si dice" per "diciamo", "si mangia" per "mangiamo" ("e poi s'è mangiato tutti i tortelli fatti dalla zia e l'arrosto girato", dove l'insegnante è tentato di aggiungere a lato "la volta prossima ricordatevi di invitare anche me"; "gli s'è detto che la smettesse di fare così"): con un po' di pazienza scompaiono quasi da soli quando i ragazzi realizzano che fan parte del registro parlato ma non di quello scritto. La vera difficoltà arriva con i verbi autenticamente dialettali: andiedi, potenno, stettimo, friggerono. Dove si rischia seriamente l'incidente diplomatico.
"Cos'è quest'orrore?" chiedo schifata, durante la correzione degli esercizi di grammatica dati per casa, quando uno scolaro mi scodella serenamente un "fecino".
Lo scolaro sgrana gli occhioni, irraggianti lampi di innocenza "Me l'ha detto il nonno; io volevo mettere "facemmo", ma lui mi ha detto di scrivere così".
Attimo di panico. I nonni, è risaputo, sono amatissimi. C'è chi mi ha scritto dei poemi d'amore sui nonni, in quella classe. Criticare i nonni è proprio fuori questione, senza contare che se i nonni non han studiato e quindi non parlano proprio un italiano dei più correggiuti, non è detto che sia stato per loro scelta.
"Ehm, i compiti li devi fare tu, non tuo nonno. E poi ricordate sempre che forma parlata e forma scritta sono due cose diverse" spiego, dopo aver velocissimamente montato ai piedi e alle mani le ventose per arrampicarmi sugli specchi. La gomma stride un po', ma fa niente.
Col tempo abbiamo imparato tutti quanti a manovrare meglio: io limito le mie esclamazioni di orrore a quel che scrivono in classe e sono mooolto più diplomatica su quel che fanno a casa, e loro han smesso di chiedere ai nonni e talvolta perfino ai genitori, mettendo in pratica l'ottimo detto "Non datemi consigli, so sbagliare da solo".
Delizioso. Buona vita.
RispondiEliminaperò è bello che dei ragazzini diano ancora retta ai nonni..
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