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domenica 3 maggio 2020

Considerazioni sulla Rivoluzione Industriale (nei manuali di storia delle medie, intendo)

Il primo ponte d'acciaio si chiama (sorpresa!) Iron Bridge.
È stato completato nel 1779 e inaugurato nel 1781 e si trova (altra sorpresa!) in Inghilterra, nello Shropshire.
Attraversa il fiume Severn ed è tutelato a buon diritto dall'UNESCO.
Non è un tipicissimo ponte del Settecento e in effetti potrebbero facilmente averlo fatto pochi anni fa.
Nei manuali di storia delle medie la Rivoluzione Industriale arriva prima o dopo la Rivoluzione Americana. Negli ultimi anni però ho preso l'abitudine di farla dopo il Congresso di Vienna perché alla fine è una roba che riguarda solo l'Inghilterra e un pochino la Francia e altrove di industrie ce n'erano ben poche fino ai tempi della Restaurazione.
Certo, occorrerebbe intendersi. Se consideriamo le industrie, quelle che soppiantano il lavoro a domicilio, qualcosina doveva esserci giù da tempi piuttosto lontani, anche per quel che riguarda la tessitura: se a Firenze nel Trecento ci avevamo via dei Follatori, dei Cardatatori eccetera è probabile che in parecchi si alzassero la mattina per andare a follare e cardare e simili in appositi laboratori, e non credo proprio che i cannoni e i fucili li facessero a domicilio o in piccole bottegucce. E che dire dei laboratori di tessitura delle Fiandre e degli stabilimenti di ceramica in Francia? Mi sembra improbabile che a Limoges avessero tanti piccoli forni domestici dove fare centinaia di serviti e di pastorelle.
La versione ufficiale è che "intorno al 1770 un'ondata di congegni si abbatté sull'Inghilterra" secondo la geniale definizione di uno studente richiesto di riassumere in una frase l'inizio della Rivoluzione Industriale* ed è da quell'ondata di congegni che si fa partire la Rivoluzione Industriale nei manuali, salvo poi scoprire che l'ondata di congegni datava almeno a un paio di generazioni prima. Senza tanto cercare, anche il mio amato I nodi del tempo racconta che la macchina per togliere l'acqua dalle miniere di Newcomen è del 1717 e la navetta (o spoletta) volante non l'ha inventata Wagner (in un'opera dove tra l'altro si fila parecchio, anche se su telai singoli) ma un tal John Kay nel 1733.
In realtà nuovi macchinari e nuove tecnologie sono sempre state inventate dagli esseri umani, anche nei cosiddetti secoli bui e la stessa Rivoluzione Scientifica (quella del Seicento) si chiama così perché ad ogni scoperta sui massimi sistemi facevano seguito tante piccole e utilissime scoperte che miglioravano la produzione di cibo, manufatti e utensili.
Nella seconda metà del Settecento però in Inghilterra la frequenza di queste invenzioni subì una brusca accelerazione e, grazie a una serie di circostanze favorevoli, l'Inghilterra spiccò un grande balzo e diede l'esempio ai vicini. Al contrario delle buone e vecchie rivoluzioni politiche, che hanno solide date cui aggrapparsi, le rivoluzioni tecnologiche sono molto più scivolose e sfuggenti e spesso sono frutto di convenzioni e partiture di comodo. Tra queste,  la rivoluzione industriale è particolarmente insidiosa perché non smette mai e ancora non si è fermata: così i manuali si attentano a scandire capitoli sulla prima, la seconda e talvolta la terza rivoluzione industriale, spesso anticipando nettamente i tempi: per esempio i cosiddetti slum che decorano (si fa per dire) ogni Rivoluzione Industriale che si rispetti in seconda media entrano in scena solo nell'Ottocento, e dove le fabbriche sono nuove e richiedono abile manodopera spesso e volentieri le casette costruite dagli imprenditori per operai e famiglie non sono niente male, e questo vale anche per gli inizi del Novecento e anche per l'Italia; anche il tema delle lotte per il riscatto operaio si affaccia col tempo e non so fino a che punto ha senso anticiparlo a prima di Napoleone (qualcosa del genere succede anche in prima media, con la Cavalleria spesso e volentieri appiccicata all'impero carolingio anche se, con le caratteristiche standard che le attribuiamo entra in scena solo ai tempi delle crociate).
Per carità, la Rivoluzione Industriale si fa sempre volentieri e anzi in seconda è un modo carino per fare un break tra due secoli decisamente complicati e irti di date e di guerre. Detto questo non mi sembra abbia molto senso parlare di una prima rivoluzione industriale, di una seconda che, se la prima è sfuggente, sotto questo aspetto è cento volte peggio, di una terza che qualche manuale nemmeno teorizza e che comunque quasi nessuno fa perché in terza media ogni anno arrivare alla seconda guerra mondiale è un vero miracolo - e adesso qualcuno ne teorizza pure una quarta e secondo me ci ha assai ragione perché non è che le industrie al giorno d'oggi funzionino proprio nello stesso modo di quand'ero ragazzina.
Forse sarebbe meglio per ogni secolo riservare un capitolo, magari bello corposo e agganciato alla vita quotidiana, dedicato a produttività, commercio e vie di comunicazione, alimentazione eccetera. Se fatto bene sarebbe piuttosto facile da studiare per i ragazzi, foriero di soddisfazioni per tutti e tutto sommato più utile di parecchie guerre sempre più compresse e di cui forse basterebbe e avanzerebbe dire che ci sono state.
In particolare, in un periodo di cambiamenti tecnologici come questo, soffernarsi sul fatto che c'è un Grande Cambiamento Tecnologico che parte dai tempi delle caverne e delle asce di selce e non si è mai fermato potrebbe essere di conforto non dico ai ragazzi, che spesso del passato se ne fregano alla grande, ma certamente per noi poveri insegnanti, sempre così fragili e stressati e dove andremo mai a finire di questo passo, signora mia.

* trovato in un articolo nella raccolta di saggi del 1998 dell'editore Donzelli intitolata Storia moderna, e detto articolo è stato uno dei pochi frutti di un certo pregio raccolto negli anni della SSIS.

6 commenti:

Romolo ha detto...

Insomma ci stai dicendo che la Rivoluzione industriale in realtà non è mai esistita. Chissà se un domani diranno così anche della Fase2

Murasaki ha detto...

Direi di sì: la fase 2 è solo un prolungamento della fase 1 che si spera vada presto a stemperarsi in qualcosa di meglio ^_^
Ma stando alla mia tesi la rivoluzione industrale è sistita eccome, tanto che ci siamo ancora in mezzo. Con qualche cambiamento in mezzo, certo.

acquaforte ha detto...

"Il sempre - è fatto di adessi
non è un tempo differente -
tranne per l'infinità
e l'ampiezza della casa
.......
.......(dal blog Dailyhaiku di Susanna Tamaro, 27 aprile)

Emily Dickinson non sapeva di parlare anche della rivoluzione industriale e della fase 2 di oggi. Il tempo che dal passato scivola nel domani.
Al solito, bel post molto istruttivo.

Anonimo ha detto...

Splendido questo ponte! Argomento apparentemente non impegnativo quello della Rivoluzione Industriale che tu giustamente inquadri in una visione più ampia, quella connessa alla storia del modello di sviluppo vincente(non solo europeo). Delle macchine e delle tecniche i ragazzi sanno tutto, ma restano in ombra mille aspetti di attualità storica e metastorica.

Tenar ha detto...

Ti ringrazio per questo post. Non è un aspetto su cui mi sia mai soffermata. Nel senso, mi affascina la storia delle invenzioni, ma a scuola finiamo sempre per guardare un documentario e stop. Non è il periodo a cui sono maggiormente affezionata e quindi finisco per trascurarlo. Mi hai dato da pensare e con la prossima seconda mi sa che tornerò su questo post.

Murasaki ha detto...

@ Acquaforte:
Emily Dickinson era fuori del tempo, e perciò può agevolmente inserirsi in qualsiasi momento del tempo presente, passato e futuro (grazie dell'eccellente commento)!

@ Mel:
Il ponte è una meraviglia, ed è anche una delle molte cose che non avrei mai conosciuto se non mi fossi messa ad insegnare ^_^
Resta da vedere se il modello di sviluppo industriale è davvero vinmcente. Per ora, nonostante tutto, a me sembra di sì... con qualche aggiustamento.

@ Tenar:
Sono io che ringrazio te degli apprezzamenti ^_^ In realtà quando insegno seguo molto più il gradimento dei ragazzi che il mio - per esempio le due guerre mondiali mi hanno sempre annoiato a morte fin quando non mi sono trovata a insegnare, e ho scoperto che piacevano molto, mentre ho imparato a sorvolare su periodi che mi affascinano molto di più, come le guerre di religione o i regni romano-barbarici. Il cliente ha sempre ragione - ma nel caso della rivoluzione industriale sospetto che ce l'abbia davvero.