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giovedì 30 aprile 2020

In lode dell'utilissima barbabietola da zucchero (con qualche considerazione in libertà sulla didattica della geografia)

Con la lodevole intenzione di limitare i danni nel caso di un nuovo peggioramento del mio stato di salute, ma anche per alleggerirmi il pesante lavoro di insegnamento onde non ostacolare una mia piena ripresa fisica, quest'anno mi è stato assegnato un orario ridotto con diverse ore di potenziamento da destinarsi alla cura della biblioteca (non immaginando certo che, passata la prima metà dell'anno, non ci sarebbe più stata alcuna biblioteca a disposizione delle mie solerti cure e financo quelle pubbliche avrebbero chiuso) più quattro classi dove fare quattro Geografie e una Storia. 
Quando facevo Geografia a rimorchio delle altre materie lavoravo soprattutto sull'esposizione e cercavo di tenermi un minimo aggiornata, ma col tempo mi sono resa conto di alcuni problemi intrinseci della materia.
Prima di tutto l'aggiornamento. Davvero non si ripara, anche se il libro che hai appena adottato ha chiuso l'ultimo giro di bozze due mesi fa.
Ogni giorno parte un treno nuovo: gli stati cambiano confini e alleanze anche all'interno della placida Europa, l'economia sta andandosene nemmeno lei sa dove, la gente migra senza alcun ritegno, i conflitti religiosi sono all'ordine del giorno. I fiumi... eh, i fiumi ormai da tempo possono esaurirsi a mezza strada e i laghi spariscono talvolta senza lasciar tracce. Le montagne no, vivaddio le montagne restano, belle solide (anche se qualcuna rischia di perdere i suoi ghiacciai). I poli vanno in crisi, i deserti si allargano e si restringono e i climi fanno ormai quel che gli pare in piena anarchia; finisce così che son più le volte che devi ricorrere a Santa LIM e a San Google che quelle in cui puoi rispondere serenamente alle domande degli alunni col buon vecchio e confortante andate a pagina 131 del libro, leggi tu, Teodolinda oppure con un discorsetto improvvisato alla buona ma dal quale comunque traspaia che la prof. Murasaki è vecchia e saggia e ben conosce il viver del mondo e le materie che insegna.

Tolte le Regioni d'Italia (grazie a uno dei pochi provvidi interventi del ministero Moratti che per tutto il resto è stato un discreto disastro) il programma della Prima è facile, agevole e divertente e i ragazzi lo amano assai: c'è un sacco di geografia fisica con la storia di messer Fiume e di messer Ghiacciaio, il signor Vulcano che è assai gradito, il signor Terremoto che nella mia regione (e un po' in tutta Italia, ahimé) risulta sempre assai attuale, le interrogazioni alla carta dove tutti si divertono a cercare monti e isole e golfi vari, l'economia in pillole con i tre settori eccetera.
Il programma di seconda però è una palla mostruosa: tutti gli stati d'Europa, che sono una quantità immane, e dopo un po' il giocattolino perde i suoi effetti di novità.
Per qualche anno ho cercato di puntare soprattutto sulla facilità di imbastire l'interrogazione con materiali di riciclo: se c'è il Mediterraneo sulle coste il clima è  mediterraneo e si coltivano alberi da frutta, viti e olivi e di solito si allevano pecore e capre che sono più adattabili e facili da contentare, dove ci sono grandi pianure si allevano manzi per il latte e la carne, ogni paese ci ha l'industria alimentare, dove c'è il mare presumibilmente si pesca, dove ci sono ferro e carbone si ha l'industria siderurgica, cose così. Ancora non conoscevo gli splendidi meme dedicati soprattutto alla barbabietola da zucchero e alla geografia in generale 

ma dall'anno prossimo non mancherò di dedicarci una lezione. 
Fino a quest'anno mi sono limitata a spiegare molto rozzamente che i prodotti indicati sul libro per le coltivazioni sono quelli che apportano più calorie, e dunque cereali, barbabietole da zucchero (segue la storia del blocco napoleonico dove l'Europa scoprì che si poteva produrre dello zucchero anche senza scomodare le canne da zucchero dei paesi oltremare) e i semi oleosi, magari con un po' di frutta da esportare o da cui ricavare liquori (nell'Europa dell'Est non so perché si sono impuntati sulle prugne, anche se hanno anche eccellenti vigneti da cui ricavare ottimi vini). Ma insomma anche così il giochino perde in fretta il suo fascino: barbabietole da zucchero, barbabietole da zucchero ovunque. Eccheppalle.  
Lavoravo anche sulla storia del Novecento, raccontando come ai miei tempi gli stati erano belli e solidi, non come adesso che ogni tre giorni ne nasce qualcuno; e raccontavo i complessi anni 90 e le guerre dei Balcani, le vicende del Patto di Varsavia e via dicendo. Non sempre i ragazzi ci si entusiasmavano, ma col tempo, a suon di collegamenti con la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, qualche risultato si otteneva e non erano comunque ore sprecate perché spiegavano tante cose del mondo attuale - quest'anno per esempio  ad assistermi c'era anche il Gruppo di Visegrad e le sue alterne vicende, e tuttavia anche così l'entusiasmo dei poverini non era altissimo. Mi consolavo pensando che comunque conoscere la storia d'Europa aveva un suo perché, si annoiassero o meno - anche se magari nei libri almeno un piccolo box sul Patto di Varsavia avrebbero potuto degnarsi di elaborarlo in questi 65 anni: c'è stata una frattura di 45 anni 45, con le due parti d'Europa che non comunicavano se non per speculum in aenigmate. Abbiamo avuto alle porte di casa sei paesi che si sono azzannati per anni e forse nemmeno loro hanno capito bene perché, e noi e tutta l'Unione Europea abbiam continuato a far la calza, ne vogliamo parlare un pochino? Insomma, non puoi rimediare tutto con un malinconico elenco di prodotti alimentari (dove campeggia come una stella di prima grandezza l'immancabile barbabietola da zucchero), un PIL che è un quarto del nostro e un 40 per cento di abitanti impegnati nel settore primario come se fosse una cosa normale per un paese che se lo chiami dalle coste adriatiche ti risponde senza nemmeno stare a scomodare Internet.
Ma non c'è solo quello: l'Est europeo ha monumenti, boschi, pianure e architetture diverse dalle nostre. Non sarebbe carino parlarne un po'? Due pagine per la Bosnia, due per l'Albania - sempre con le barbabietole da zucchero, per carità. Ma, signori miei, qua in Italia pulluliamo di albanesi, polacchi e rumeni di seconda e terza generazione, la vogliamo dedicare qualche paginetta in più all'Albania, che d'accordo è piccola e ancora povera, ma alla fine è il primo o secondo paese per tanti di noi e non è che le dimensioni sono proprio tutto nella vita? E la vogliamo piantare con l'allevamento di cavalli in Ungheria che ormai è un fattore marginale e parlare un pochino della Gazprom? Senza contare che, di barbabietole da zucchero ne abbiamo quante ne vogliamo anche in Italia.
Come sempre, e nonostante i miei buoni propositi di inizio anno di tirar via su Francia,  Spagna e simili che tutti conosciamo e di cui comunque sentiamo parlare in continuazione nelle altre materie, all'Europa dell'Est eravamo appena arrivati quando è scattato il Grande Blocco.
Stavolta però c'era la piattaforma e potevo obbligarli a prendere atto di certe cose piazzando una cospicua scelta di video, carte tematiche, foto e schemini vari senza sprecare le preziose ore in classe in cui c'era da interrogare. E così, volenti o nolenti, i fanciulli affidati alle mie solerti cure stanno navigando a caccia di notizie sulle sorgenti della Bosna e il castello del conte Vlad, improvvisandosi turisti nei boschi della Serbia e sulle spiagge dell'Albania e cercando monumenti di Polonia e Bulgaria.
Fanno il copia e incolla? Si capisce che fanno il copia e incolla, ma hanno dei limiti di spazio ben precisi e quindi oltre a copiare devono tagliare e cucire. E guardare. E i ragazzi albanesi, rumeni e kosovari finalmente hanno un po' di soddisfazione.
Magari, non so, a fine anno potrei chiedere una scheda sulle barbabietole da zucchero. 
Ma anche no: certo, è un vegetale molto importante e salvifico, ma non di distingue per soverchia bellezza.

5 commenti:

Romolo ha detto...

La barbabietola da zucchero è come il nero. Sta bene su tutto!

Murasaki ha detto...

Un classico senza tempo 😁

Anonimo ha detto...

La barbabietola era(è)ovunque sui manuali di geografia, almeno ai miei tempi. Vedo che poco è cambiato. Nel mio corso di geografia pochissimi i riferimenti all'agricoltura, pare che vivano tutti di globalizzazione e risorse rinnovabili. Quindi si va oltre. Si deve, direi. Ultimamente mi capita di dover insegnare storia contemporanea per restituire dignità a certe unità di geografia. A proposito di ex-Iugoslavia...ho seguito dei documentari naturalistici mozzafiato; tra gli ultimi uno sulla Repubblica della Macedonia del Nord.

Murasaki ha detto...

@ Mel:
Mi piace l'idea dei paesi che vivono tutti di globalizzazione ed energie rinnovabili!
E invece no, alle medie continuiamo a rifilargli le barbabietole da zucchero. In effetti la struttura dei libri di geografia è molto simile a quella dei libri dove non ho studiato geografia ai miei tempi, tanto che sto seriamente meditando di non adottare più il manuale. Vediamo se l'anno prossimo riuscirò a scovare un'alternativa.

Drew ha detto...

Great rread thank you