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venerdì 13 settembre 2019

Vento in scatola - Marco Malvaldi e Glay Ghammouri


Per noi toscani Malvaldi è una sorta di gloria locale e la gran parte delle persone che conosco che ha una qualche prossimità con la lettura lo legge e lo compra con gran diletto - come del resto faccio anch'io, che pure tendo a scansare il più possibile gli scrittori italiani contemporanei, specie se maschi. Lo fanno anche molti non-toscani, certo, ma per noi Malvaldi ha il piacere aggiunto di una specie di rimpatriata - perché è così, esattissimamente così, che noi toscani parliamo, smoccoliamo, siamo e viviamo, nel bene come nel male, e nelle conversazioni dei suoi personaggi c'è sempre qualcosa di filologico, come l'impressione di un registratore lasciato aperto e poi sbobinato per mandare avanti la storia.
I suoi romanzi più famosi sono quelli della serie del Bar Lume, consigliatissimi agli amanti del giallo classico che possono ritrovarci una variante al maschile di Miss Marple, qui suddivisa in quattro terribili vecchietti quattro. Le trame gialle, devo ammettere, non sono proprio imperdibili, ma le indagini sono decisamente gustose - anche perché a tirare le fila dei quattro terribili vecchietti c'è un quinto uomo che è anche lui un personaggio notevole; diciamo uno di quei casi in cui, dietro a un grand'uomo o meglio a quattro, c'è un altro uomo.
Alle vicende del Bar Lume Malvaldi, proprio come Camilleri, ha affiancato una produzione un po' più seriosa e di solito storica, che si lascia comunque leggere molto volentieri. 
Di lui ho letto quasi tutto - non proprio tutto perché i due anni passati nel limbo ospedaliero mi han fatto perdere qualcosa, che naturalmente recupererò quanto prima. Questo romanzo che vado a presentare comunque è l'ultimo uscito dalle sue prolifiche mani, e me lo sono visto scodellato su un piatto d'argento all'ultima Mostra del Libro della scuola, dove c'è sempre un angolino degli adulti dove spesso bazzicano anche i ragazzi con un certo interesse.
Non è ambientato al Bar Lume ma in un carcere; ed è un giallo anche se per molto tempo non ce ne accorgiamo. L'investigatore, naturalmente, è un detenuto. Extracomunitario, come si usa dire oggi. No, non il solito sfigato senza permesso di soggiorno beccato per piccola criminalità, ma un tunisino laureato in economia e finanza che si è fatto beccare con mezzo chilo di cocaina al seguito - e con mezzo chilo di cocaina non si può certo parlare di piccolo spaccio o di modica quantità per uso personale.
Per molto tempo comunque non lo conosciamo come investigatore ma come un detenuto che si è trovato incastrato da... vabbeh, non è il caso di anticipare tutta la questione, tanto la storia scorre bene ed è chiara.
Il lato più interessante del romanzo stavolta non è costituito dalle chiacchiere di paese di quattro indomabili vecchietti, ma dalle chiacchiere di carcere di un folto gruppo di detenuti. Il carcere qui rappresentato è un tipico carcere italiano, non uno di quei carceri modello che sono i fiori all'occhiello del sistema carcerario italiano, e nemmeno uno di quelli impresentabili (che in Italia abbondano, e infatti abbiamo una gran quantità di sanzioni da parte dell'Unione Europea a riguardo, come so in quanto fida ascoltatrice di Radio Radicale e della sua giustamente celebre rubrica "Radio Carcere"); anche così, comunque, non si tratta di un carcere che segue tutte le regole stabilite dalle leggi e sia i detenuti che il personale di guardia hanno davvero parecchio di cui lamentarsi sul suo funzionamento, come andiamo scoprendo nel corso della lettura.
Il carcere è un mondo a sé e attraverso lo snodarsi della vicenda ne scopriamo le stranezze e le assai numerose assurdità, oltre al sadismo di fondo che non sempre è dettato da comprensibili esigenze di sicurezza. Ed è qui che interviene il secondo autore del romanzo, Glay Ghammouri, di cui viene detto fumosamente nei risvolti di copertina che è un ex militare tunisino dalla carriera stroncata per motivi politici e attualmente detenuto per un grave delitto non meglio specificato. Spigolando qua e là sono venuta a sapere che Malvaldi lo ha conosciuto in occasione di un corso di scrittura creativa da lui tenuto in carcere. A lui dobbiamo la perfetta e minuziosa descrizione di questo universo parallelo conosciuto nei suoi particolari solo da chi, appunto, vive in carcere diciamo non per sua scelta e dai pochi e intrepidi gruppi di volontari che di carcerati appunto si occupano e con loro parlano cercando di difendere i loro diritti. Il romanzo dunque, oltre a costituire una gradevolissima lettura, serve anche a conoscere uno spaccato abbastanza sconosciuto del nostro multiforme e complesso paese e ha quindi anche una valenza istruttiva.

Con questo post di alto contenuto didattico partecipo all'ultimo Venerdì del Libro prima dell'inizio dell'anno scolastico (almeno qui in Toscana, perché corre voce che in altre regioni abbiano già cominciato) - curato come sempre da Homemademamma e auguro liete e libere letture a chiunque passi di qua.

4 commenti:

dolcezzedimamma ha detto...

E infatti noi abbiamo già bellamente cominciato, perché fare scuola con 30° è un'esperienza irrinunciabile per i nostri governanti.
Questo libro mi manca, ma ho letto tutti i libri del Bar Lume (inguardabile la serie tv). Lo segno.
Dimenticavo... buon anno!

la povna ha detto...

Non amo molto Malvaldi, per uno dei motivi che hai detto nel post (le sue trame poliziesche, per me poco classiche perché a mio avviso mancano di nitore e politura tipici dei classici, sono assai più che perdibili per me) e per un altro linguistico (a me la sua resa linguistica, tutt’altro che à l Camilleri, dà sempre l’impressione di uno pseudo-toscano messo lì per turisti, un po’ come la mai troppo vituperata cannuccia corta della Coca Cola). In questo trovo la serie TV migliore perché assai più onesta, a mio avviso. Però mi piace questa dimensione del carcere, specie se, come immagino, questa doppia autorialità deriva dai risultati delle lezioni di scrittura creativa in carcere e serve a dare lustro a del talento scoperto che in seguito, si spera, se valido, sia in grado di procedere per il mondo senza appoggio, magari dando al suo autore una seconda strada e possibilità. Dunque magari lo provo, grazie.

Aliceland ha detto...

Anche noi abbiamo già cominciato...che bello tornare in una scuola dove non funziona il collegamento ad internet avendo preparato per il primo giorno una serie di kahoot! con inevitabile investimento di tempo. Per fortuna ci sono sempre i tanto disprezzati libri in formato cartaceo :-(

Murasaki ha detto...

@ Dolcezze:
Grazie degli auguri, quest'anno mi servono ancora più del solito e avrò ben CINQUE classi nuove (GULP)

@ la povna:
No, non è uno pseudo-toscano, assolutamente. In effetti è un toscano pisano, che è un po' diverso dal fiorentino, ma è proprio in quel modo lì, soprattutto nel modo di comporre le frasi. Quanto a Ghammouri, se son rose fioriranno, ma la capacità di osservazione sembra comunque notevole.

@Aliceland:
Eh, il collegamento... staremo a vedere, la fibra è forte ma ogni tanto (ogni poco) salta la luce per un secondo o due e...