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domenica 4 novembre 2018

4 Novembre 1918, ovvero quella volta che abbiamo vinto (ma non c'è molto da festeggiare, a Firenze men che meno)

La Prima Guerra Mondiale rappresenta un unicum nella storia italiana: non soltanto perché l'Italia era effettivamente tra gli stati che vinsero, ma anche perché, una volta tanto, i Savoia la iniziarono e la terminarono nella stessa parte dello schieramento - cosa mai successa prima, salvo nei casi in cui lo schieramento era stato cambiato due volte.
Con tutto ciò alla fine della guerra non c'era molto da festeggiare né per noi né per nessuno:   il bilancio alla fine del conflitto era disastroso per tutti, vincitori e vinti, e se alcuni sconfitti portarono lungamente e dolorosamente rancore ai loro avversari, i vincitori come i vinti si ritrovarono con un sacco di macerie in giro e una intera generazione massacrata e infortunata. Se gli sconfitti ambivano alla rivincita, i vincitori ambivano a non ritrovarsi mai più in una situazione così disastrosa - e questo spiega perché gli stati che avevano governi democratici e dovevano quindi render conto ai loro elettori cercarono in tutti i modi di scansare la seconda guerra mondiale e provarono in tutti i modi a placare Hitler con offerte di territori e concessioni di tutti i tipi. Unica eccezione: gli Stati Uniti, che in verità ci si erano ritrovati tirati per i capelli e che ritardarono il più possibile l'ingresso nel conflitto - anche se poi furono quelli che ne decisero l'esito, visto che la situazione entrò in stallo quasi subito e senza l'intervento americano sarebbero ancora lì a spararsi da una trincea all'altra.
Ciò nonostante, era pur sempre una vittoria e come tale in Italia venne festeggiata - anzi un paio di anni dopo qualcuno ebbe anche l'idea di innalzare un monumento al Milite Ignoto, ovvero i milioni di poveretti morti smembrati e mai identificati. Il risultato fu un monumento cui tuttora vengono tributati omaggi dalle nostre massime autorità in occasione di vari anniversari di guerra:
Per molto tempo il 4 Novembre fu festa nazionale, e insieme al 1 e al 2 Novembre (Ognissanti e Giorno dei Morti) costituì un simpatico ponte che allietò diverse generazioni di scolari all'inizio dell'autunno. Poi verso la fine degli anni 70 decisero di abolire un po' di feste e rimase solo il 1 Novembre.

Ad ogni modo nel 1966 il 4 Novembre era ancora festa, e molti fiorentini dormivano beatamente nei loro comodi letti, in attesa di godersi il piacevole riscaldamento che dopo tanto umido che aveva infestato il piovosissimo Ottobre di quell'anno, sarebbe finalmente scattato, e tutti i depositi di case, appartamenti e condomini erano ben ricolmi di combustibili  fossili assai solidi (nafta, soprattutto) essendo il ben più ecologico metano ancora di là da venire.
Per quelli che abitavano ai piani bassi o addirittura negli interrati del centro storico di Firenze fu un amarissimo risveglio, e per i direttori della Biblioteca Nazionale e dell'Archivio di Stato fu semplicemente un incubo: all'alba l'Arno traboccò, le fogne scoppiarono, i depositi di combustibile scoppiarono... e molti fiorentini* si ritrovarono letteralmente nella merda, come ricorda la celebre canzone di Marasco:
Io vivevo ai piedi delle colline di Fiesole e per quanto ricordo tutti i parenti e soprattutto gli amici di famiglia stavano in zone ben lontane dal centro; l'alluvione non ci danneggiò (a parte il trascurabile dettaglio di passare qualche giorno senza acqua corrente) ma naturalmente era impossibile non sentirne parlare intorno a me. La leggenda di famiglia vuole comunque che mio padre sia stato uno degli ultimi a varcare il ponte - credo - di Santa Trinita: infilandosi nelle lenzuola matrimoniali dopo una lunghissima serata di piacevoli conversari con amici (= quattro del mattino) svegliò mia madre per dirle "ci soo le fogne che stanno traboccando, in centro".
"Assurdo" rispose mia madre prima di riaddormentarsi "Avete semplicemente bevuto troppo: se le fogne fossero traboccate adesso ci sarebbe mezza Firenze sotto'acqua".
In effetti aveva ragione; il problema era che mio padre non aveva affatto bevuto in modo pregiudizievole per la sua lucidità mentale, e le fogne stavano effettivamente traboccando.
E infatti quando mia madre si alzò qualche ora dopo e andò in cucina per avviare il pranzo, accendendo la radio si sentì esortare a "mantenere la calma" dall'annunciatore del notiziario - che, per quanto calmo uno possa essere, non è mai un gran segnale.

*naturalmente non fu un problema solo di Firenze: l'Arno traboccò in molti altri comuni che ebbero risvegli parimenti drammatici. Firenze però era più famosa e fece più scalpore - senza contare che io abitavo lì, e degli altri comuni non mi interessai né tanto né poco.

1 commento:

la povna ha detto...

Mamma 'povna viveva lì, all'epoca, in centro, per quanto in una casa torre. E lei e Mr. Mifflin furono tra gli angeli del fango, nei giorni successivi. De Luna definisce l'alluvione un evento periodizzante, per l'Italia, tanto e più del '68, per una serie di motivi che ne anticipano l'afflato (giovane, solidarista, internazionale, tra le altre cose): sono tra le pagine più belle della Meglio gioventù, un altro capitolo di quella storia che poteva (poteva: come Mazzini, il partito d'Azione, tra gli altri) andare, e portarci altrove.