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venerdì 6 luglio 2018

Il fucile da caccia - Yasushi Inoue

Sono debitrice per questo romanzo breve (o racconto lungo?) a Dante del blog Esserino e Balena, che un bel giorno ha deciso di leggerlo ad alta voce facendo secondo me un lavoro davvero egregio perché gli ha dato esattamente la scansione e i tempi che un testo del genere richiedeva. Tanto mi è piaciuta questa sua lettura che me la sono ascoltata due volte di fila e non so se avrò mai voglia di leggere il testo scritto. A fine post lascio i link per chi vuole ascoltare la sua versione (e sono una infinità perché ce lo ha letto a puntate. Io naturalmente ho aspettato che avesse finito per ascoltarlo tutto di seguito, ma ognuno può regolarsi come meglio crede).
Prima che Dante avesse questa eccellente pensata non avevo mai nemmeno sentito nominare quest'opera, pubblicata in Giappone nel 1949 ma che in Italia si sono degnati di tradurre solo nel 2003; ma quand'anche ne avessi sentito parlare sarebbe stato con le consuete formule che si usano per i romanzi giapponesi, di cui si lodano sempre la raffinata raffinatezza della raffinatissima struttura e la squisita rarefazione della scrittura senza mai entrare nel merito - perché di fatto entrare nel merito vorrebbe dire spiattellare la storia senza riuscire a spiegare esattamente in cosa consista esattamente la bellezza dell'opera (che sì, è effettivamente anche molto raffinata).
Insomma, come in quasi tutti i romanzi giapponesi c'è una storia, ma non è facile da riassumere. Qualcosa tuttavia dovrò ben dire, perché per l'appunto la mia intenzione è proprio quella di provare a far venire in chi passa di qua la tentazione di leggerlo.

Al centro della storia c'è una lunga relazione d'amore, vista con gli occhi delle tre donne che vi sono più direttamente coinvolte. Oppure, a scelta, è un personaggio maschile (il protagonista della relazione) che riesce a restare nell'ombra pur venendo accuratamente descritto da tre donne che con lui vivono a stretto contatto. Lui stesso prova appunto a descriversi attraverso le parole di queste tre donne per meglio farsi capire dall'autore del racconto, che sembra aver afferrato la sua essenza e averla messa su carta attraverso una poesia dove fa una fuggevole comparsa anche il fucile da caccia che dà il titolo al racconto.
Un gioco di specchi piuttosto complicato, insomma, e non è strano che alla fine questo protagonista che sembra vivere solo attraverso le parole degli altri continui a restare in ombra, e che la luce finisca per essere puntata in tutt'altra direzione che verso di lui.
La prima lettera, scritta dalla Nipote, descrive quest'uomo come lo Zio Perfetto, il pilastro cui da sempre tutta la famiglia si appoggia, l'uomo che sa sempre cosa deve essere fatto e qual è il modo migliore per farlo.
La seconda lettera è della Moglie, a sua volta Zia Perfetta, ma anche donna ricca di ogni talento e su cui parimenti si può sempre contare. E questa mirabile donna ricca di virtù descrive la curiosa essenza di un matrimonio che è durato formalmente nel tempo ma nella realtà è stato abortito sul nascere, strozzato in culla da un piccolo episodio di cui il marito non è stato mai messo al corrente ma che in qualche modo ha intuito.
Nella terza lettera infine parla l'Amante, che ripercorre la sua lunga relazione col protagonista cercando di fare la cosa più difficile tra quante cose difficili si possano fare: mostrarsi veramente per quel che è, essere davvero sincera - anche, finalmente, con l'uomo che ama ormai da decenni e a cui è legata da sentimenti ambivalenti.

Al termine della lettura (o, nel mio caso, dell'ascolto) restano aperti non meno di venti interrogativi diversi e la relazione stessa, così accuratamente descritta, ci appare come un diamante dalle mille facce, passibile delle più varie interpretazioni. Tra queste domande e queste interpretazioni ho passato un paio di giorni piuttosto trasognati ma nel complesso piacevoli, senza però trovare una risposta definitiva - oppure, a scelta, trovandone più di una. Mi sento quindi di consigliare caldamente la lettura (o l'ascolto, o entrambi) a chiunque passi per qua e senta una certa inclinazione per questo tipo di narrazione tra l'introspettico e il descrittivo.

Ed ecco i link dalla prima all'ultima puntata per chi desidera ascoltare la lectura Dantis:
Prima puntata

Seconda puntata

Terza puntata

Quarta puntata

Quinta puntata

Sesta puntata

Settima e ultima puntata

Con questo post insolitamente multimediale partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma.

7 commenti:

dolcezzedimamma ha detto...

Inutile dire che ne ignoravo l'esistenza ma, come sempre, sei riuscita ad incuriosirmi. Vedrò di procurarmelo anche se non mi sembra proprio una lettura da ombrellone

Anonimo ha detto...

Quelle storie così incredibili, che dubiti essere vere.

Anonimo ha detto...

Specie se i tizi in questione hanno entrambi la testa durissima e tirano dritto per la propria strada :-)

Anonimo ha detto...

Murasaki, è venerdì... :-(

acquaforte ha detto...

Che bel libro !
Ho letto il libro perché io devo vedere la parola scritta - io leggo con la matita in mano, sottolineando e aggiungendo...poveri libri.
L'uomo solitario con il fucile che gli preme sul fianco, il freddo guerriero che il poeta descrive nella sua poesia, è al centro di questa piccola ed universale storia. È raccontato dalle 3 donne della sua vita: una moglie non amata che si lascia coscientemente disprezzare e che consumerà la sua vendetta (o rivincita?); un'amante che cerca la punizione per non aver sopportato la sofferenza di amare ma di aver cercato la felicità di essere amata (amare o essere amati?); la nipote che rinuncia a loro, perché il mondo degli adulti è triste e spaventoso, ognuno chiuso nei propri pensieri segreti.
Nelle 3 lettere e nella parte di vita che raccontano c'è qualcosa universale. La semplice verità è che ognuno di noi mostra agli altri solo una parte di sé, perché nel difficile equilibrio delle nostre vite c'è una parte importante che è solo nostra, inaccessibile. E quando le verità nascoste si svelano, anche solo per caso, siamo costretti a prendere decisioni che possono cambiare la nostra vita e quella degli altri.
Nella richiesta di Misugi Josuke al poeta c'è una sorprendente verità, che faccio mia : ".....dopotutto l'uomo aspira a essere conosciuto da qualcuno. Non avevo sentito questo bisogno prima, ma nello scoprire che esiste una persona come Lei che ha avuto la bontà di mostrare nei miei confronti uno speciale interesse, ho provato il desiderio che Lei sapesse tutto". In realtà lui sarà raccontato dall'intuizione del poeta, dalle 3 donne, di sé lui non dirà neanche il suo vero nome.
Il libro è tradotto da Giorgio Amitrano e questo ha accresciuto la mia curiosità, soprattutto dopo aver letto Iro Iro. Amitrano parla di Inoue a proposito di "Morte di un maestro del tè", ha tradotto i sottotitoli del film che ne è stato tratto. Mi intriga molto perché racconta di un periodo in cui "...i capi militari coltivavano la dimensione estetica con le stesse energie che dedicavano alla guerra" . Molto giapponese, non credi?

Murasaki ha detto...

@ Dolcezze:
Ah, dipende da come e dove è posizionato l'ombrellone: su una spiaggetta tranquilla o addirittura privata, nelle prime ore del mattino o verso il tramonto, accompagnato dal rumore della risacca del mare è assolutamente perfetto. Se però l'ombrellone è circondato da bambini che si rincorrono, gruppi di amici che discutono del più e del meno chiamando i bambini a scadenze regolari ché non vadano troppo al largo e torme di giovinetti che ascoltano musica alla radio... no, effettivamente non è proprio cosa.

@ Pensierini in versione anonima:
Sì, talmente incredibili che potrebbero essere vere - è esattamente quel genere.
Ma cosa c'entra il fatto che è Venerdì? E soprattutto: cosa c'è di triste nel fatto che sia Venerdì?

@ Acquaforte:
Ahimé, un tempo sottolineavo e annotavo volentieri anch'io. Ho perso quasi completamente l'abitudine all'università, a forza di leggere libri presi in biblioteca - anche se sembra che molti non condividano i miei scrupoli perché spesso mi ritrovo sottolineature e annotazioni di tutti i tipi, pure a penna - il che mi sembra francamente piuttosto scortese. E anch'io pensavo che un libro letto da altri non avrebbe mai sostituito un libro letto da me sulla carta. Diciamo che adesso ho superato questo tipo di blocco, e anche l'avversione per il libro elettronico - va da sé che questo comunque me lo comprerò, mi è piaciuto troppo.
E sì, anch'io credo che una delle frasi-chiave di questo racconto sia quella dove il sedicente Misugi scrive che "l'uomo aspira a essere conosciuto da qualcuno" - eppure anche così non osa descriversi in prima persona, non ci prova nemmeno, e passa la palla alle tre donne.
Per quanto riguarda la morte del maestro del té però, che da noi uscì in sala diversi anni fa, giurerei proprio di averlo visto e SENTITO con regolare doppiaggio. E allora perché sottotitolarlo? Boh. Di sicuro Inoue è ESTREMAMENTE giapponese!

acquaforte ha detto...

Amitrano ha tradotto I sottotitoli per il film "Morte di un maestro del tè" che vinse il Leone d'argento al festival di Venezia nel 1989. Mentre qualsiasi boiata americana viene doppiata senza pensarci due volte, per un film giapponese bisogna convincersi che è un capolavoro, o almeno, che vinca un premio prestigioso. Forse questa è la spiegazione.
Il silenzio di Eva mi preoccupa. ...