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venerdì 18 agosto 2017

Dov'è finita Audrey? - Sophie Kinsella

Sophie Kinsella ha cominciato a scrivere come Madaleine Wickham, e appunto con questo nome l'ho conosciuta grazie a Mamma Avvocato che ha presentato per il Venerdì del Libro il suo primo romanzo A che gioco giochiamo, che mi era piaciuto molto.
Così avevo provato altri suoi libri, ma dopo due tentativi avevo lasciato perdere perché c'era sempre qualcosa che non mi andava, nonostante l'idea di partenza che mi sembrava molto buona e la storia che nonostante tutto finiva per prendermi... a tratti. La verità è che la chick lit mi dà proprio sui nervi - probabilmente avrò scelto le autrici sbagliate, vai a sapere; ma dopo un po' invece di rilassarmi e divertirmi, come dovrebbe succedere nelle intenzioni di chi scrive, mi vengono dei gran nervi. Limite mio, senz'altro.

Dov'è finita Audrey? è stata presentata diverse volte sul Venerdì del Libro, da Mamma Avvocato, da Tazze Spaiate e probabilmente da qualcun altro che non riesco a ritrovare. Le recensioni mi avevano lasciato una buona impressione, come di qualcosa dove le corde dell'autrice avevano dato il suono giusto - senza contare che sono sempre in cerca di bocconcini prelibati per la biblioteca di scuola; ma per molto tempo il libro spariva dalla biblioteca comunale non appena cercavo di avvicinarmi, per ricomparire solo quando ero strapiena di altre cose da leggere e magari pure in ritardo con le restituzioni (prima o poi qualche bibliotecario mi ucciderà e spero che quel giorno qualcuno vada a testimoniare che ci sono state numerose provocazioni gravi, per ottenergli almeno uno sconto di pena ma magari anche la piena assoluzione).
Infine quest'estate sono riuscita a prenderlo e spolparlo è stata questione rapidissima. Non solo non mi sono innervosita, ma mi è piaciuto molto.
Si tratta del primo tentativo dell'autrice nel periglioso mondo della letteratura per giovani adulti, per giunta trattando l'insidiosissimo tema del bullismo dove già tanti autori anche blasonati hanno dato miserevole prova di sé. Kinsella ha scelto una strada piuttosto interessante, lasciando parlare la protagonista in prima persona ma senza mai raccontare con precisione cosa è successo. Lo intravediamo in trasparenza, per accenni, ma alla fine abbiamo le idee piuttosto chiare in materia.
Dopotutto, ci rendiamo conto, non ha importanza sapere cos'è successo esattamente e quali sono stati gli esatti movimenti in successione che hanno sprofondato la ragazza ion una grave depressione. Ad un certo punto comunque a scuola la faccenda è venuta fuori, c'è stato un gran casino, con tutto il relativo corollario di sospensioni, espulsioni e quant'altro e Audrey è finita in clinica, dove ha avviato un lungo percorso di riabilitazione a base di terapie varie e psicofarmaci. Dopo qualche mese è tornata a casa, dove vive una segregazione volontaria, accortamente seguita da una psicologa - una creatura miracolosa che non sbaglia un colpo che è uno (ne esistono davvero? Forse sì).
Conosciamo quindi Audrey quando in parte è già uscita dal tunnell e quel che ci viene raccontato è la parte centrale della sua guarigione. Vive reclusa, parla solo con i suoi familiari (e con sé stessa, molto) combattendo col suo cervello-lucertola che cerca continuamente di prendere il sopravvento per evitarle contatti traumatici, porta sempre occhiali scuri per non dover guardare nessuno negli occhi e passa le sue giornate leggendo fumetti e seguendo distrattamente la vita di casa, un po' come se fosse a pensione in casa sua.
La famiglia sembra un po' squilibrata, all'inizio, con un fratello ben determinato a passare le sue giornate col videogame di Lord of Conquest (LOC), una madre il cui unico scopo nella vita sembra sia impedire al figlio di giocare a LOC (la quale madre dopo un po' il lettore vorrebbe ardentemente strozzare) e un padre che prende la cosa molto meno sul drammatico della moglie e cerca di barcamenarsi tra lei e il figlio senza gran successo.  Solo nel corso della storia il lettore, attraverso gli occhi di Audrey che lentamente si risveglia e torna al mondo reale, si rende conto che la vera causa dell'inquietudine della famiglia è proprio Audrey: la madre ha lasciato il lavoro perché lei non si sentisse trascurata, ma il lavoro le manca molto, il padre - che a lavorare continua perché la famiglia deve pur mangiare - è soprattutto preoccupato delle ripercussioni che qualsiasi cosa possa avere su Audrey e  anche il fratello, apparentemente avvolto nella sua bolla incantata di videogiochi è altrettanto scosso e preoccupato dei genitori; che insomma il barbaro trattamento che Audrey ha subito dalle compagne - tanto più crudele perché inizialmente travestito sotto le forme insidiose dell'amicizia - non ha colpito solo Audrey, ma tutta la famiglia, che si è ritrovata nuda e disarmata e avvolta dalla cappa del senso di colpa perché come abbiamo potuto non accorgerci di nulla? - l'eterno, angoscioso interrogativo di ogni famiglia quando salta fuori una storia del genere.
In realtà appare chiaro che non è affatto colpa della famiglia e delle gravi carenze affettive che ha inflitto alla ragazza se è successo quel che è successo, perché gravi carenze affettive in effetti non risultano: è stata solo la classica storia di un componente del gruppo (non necessariamente debole o fragile) con cui alcuni elementi hanno deciso di allestirsi un morboso banchetto mentre altri stavano a guardare inorriditi ma senza riuscire a capire in che modo intervenire e a chi chiedere aiuto. Cose di tutti i giorni, si sa, e che succedevano anche un tempo.
Nel corso del romanzo Audrey riprende lentamente i contatti col mondo, uscendo dal suo bozzolo: ricomincia a uscire, avvia una storia con un ragazzo (naturalmente un amico del fratello. Chi altri avrebbe avuto la possibilità di accostarla se non qualcuno che ha accesso alla casa ma in apparenza non viene lì per lei?) riprende i contatti con le amiche (quelle vere); c'è addirittura un incontro con una delle bulle, che ufficialmente vuole rivederla per chiederle scusa ma che gioca in realtà un gioco molto più sporco (probabilmente il capitolo più affascinante del libro perché all'incontro partecipano anche i genitori della bulla e il lettore insieme ad Audrey deve malinconicamente convenire che il sangue non è acqua); soprattutto, osserva attentamente la sua famiglia, girando per casa con una telecamera per preparare il documentario che la psicologa ha richiesto.
La visuale di Audrey, inizialmente claustrofobica, si va allargando, il cervello-lucertola si ritira in buon ordine, la famiglia comincia lentamente a rilassarsi. La storia si avvia verso un lieto fine che però il lettore si limita a intravedere.
L'ho trovato superiore di parecchie lunghezze a qualsiasi altro romanzo sul tema che mi sia mai capitato tra le mani - un interessante gioco di sfumature e chiaroscuri dove il lettore deve darsi parecchio da fare e molto di quel che gli viene detto e fatto capire non è narrato esplicitamente; e come tutti i buoni libri per giovani adulti ha parecchio da dire anche a chi adulto lo è ormai da un pezzo.
Naturalmente è adattissimo per tutte le ragazze dai dodici anni in su, ma non sarebbe male se si riuscisse a farlo finire anche nelle mani di qualche ragazzo. Certo, la copertina rosa, con la protagonista in primo piano con la sua telecamerina violetta, l'aria deficiente che più deficiente non si può e la maglietta decorata a cuoricini e stelline certamente non aiuta in questo senso: non solo qualsiasi ragazzo cresciuto nei nostri anni, ma qualsiasi essere umano dotato di un barlume di senso estetico non può ragionevolmente sentirsi attratto da una roba del genere. Le copertine originali sono molto, molto più decorose:




















Comunque l'ho ordinato per la biblioteca, e ho fotocopiato un capitolo per farne una delle prime letture per la Terza, l'anno prossimo. 

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti buone letture - ma non sui prati perché, almeno dalle mie parti, non abbiamo più prati ma solo una grande sterpaglia.

6 commenti:

pensierini ha detto...

qualcun'altro? con l'apostrofo? prof!? cosa sei diventata? pure tu? :'-(

Bridigala ha detto...

Wow! Quando ho rinunciato a questo volume della Kinsella per questioni economiche sapevo che perdevo un volume interessante, ed ora me lo confermi decisamente. Magari riuscirò a recuperare con i residui. In ogni caso, mi hai fatto venire in mente due splendidi acquisti, sempre per preadolescenti e adolescenti, che ho fatto di recente: Speak, di Laurie Anderson, da cui hanno tratto anche un film, che attraverso gli occhi della protagonista parla di stupro. Argomento durissimo, difficile, ma viene trattato con delicatezza e maestria, ci si può lavorare moltissimo., l'altro libro che ti segnalo e ti consiglio di sfogliare e' La bambina dimenticata dal tempo, di Siobhan Dowd, meravigliosa scrittrice per ragazzi che ci ha ahimè lasciati troppo presto. Narra le vicende di un ragazzo nord irlandese alle prese con una scoperta archeologica, il Sinn fein, gli scioperi della fame di Long Kesh, l'amicizia e l'amore. Denso ma semplice, non so come spiegarmi, so che ogni volta che scopro un libro della Dowd debbo comprarlo per la biblioteca.

minty ha detto...

La chick lit mi fa, solitamente, lo stesso effetto che fa a te: mi fa montare un gran nervoso!
Un'amica ha provato a prestarmi il primo libro della Kinsella, ma dopo 40-50 pagine già avevo l'irrefrenabile impulso di lanciarlo a schiantarsi contro il muro di fronte a me (non l'ho fatto solo perché il volume non era mio...). Da allora ho evitato accuratamente ogni singolo romanzo firmato Sophie Kinsella o Madeleine Wickham che dir si voglia.
Dici che a questo dovrei dare una possibilità? (Calcolando che pure con gli young adult ci vado molto sospettosa, ma che la più arcaica letteratura-per-ragazzi invece di solito mi piace) :)

Senzapre7ese ha detto...

Anch'io sono sempre in cerca di letture per i miei giovani adulti (tra l'altro un filone che leggo anch'io con piacere) ma se non fosse stato per questo post non avrei mai pensato alla Kinsella. Ho amiche che mi hanno parlato con molto sarcasmo di questa autrice... :-) Questo lo cercherò, grazie!

Aliceland ha detto...

Beh, cara Murasaki, sottoscrivo in pieno il tuo giudizio sulla chick lit...e vedo che siamo in buona compagnia...vero Minty? ;-)
Io ho avuto giustappunto lo stesso irrefrenabile impulso mentre leggevo un libro della Kinsella dove una donzella preparava il suo matrimonio sia in America che in Inghilterra sapendo perfettamente di non avere il dono dell'ubiquità...tra l'altro entrambe le cerimonie costosissime...uno spreco di denaro e uno schiaffo alla povertà davvero intollerabile.
Comunque se mi capiterà sottomano in biblio darò una possibilità a questo romanzo...mi sa che la Kinsella dovrà farti un monumento, o quantomeno un obolo :-D

Murasaki ha detto...

@Pensierini:
Grazie, ho corretto!
Va' a sapere cosa mi è preso, visto che evito sistematicamente di usare l'apostrofo con UN per raffinate questioni ideologiche... bah.

@Bridigala:
mi sono appuntata le tue segnalazioni, e le assaggerò con calma - tanto, per la prossima lista di acquisti c'è ancora mooolto tempo. La Dowd non l'avevo mai sentita nominare, ma penso che le darò la precedenza perché sembra quel tipo di autrice che mi piace moltissimo.
Il libro di Kinsella comunque adesso è in edizione economica, quindi potrebbe essere più facile farlo scivolare. In ogni caso secondo me vale la pena. Però sui ragazzi non l'ho ancora testato.

@Minty:
E' sempre difficile dare consigli, per la lettura. Questo l'ho provato proprio perché conoscevo l'autrice e, anche se spesso mi fa venire i nervi, mi rendo conto che quando vuole sa scrivere bene. Considera comunque che la young adult la pratico non solo per interesse personale ma anche in qualità di bibliotecaria (sì, insomma, tutte le scuse sono buone).

@Senzapre7ese:
Un certo sarcasmo sembra comprensibile anche a me, e considera che non ho nemmeno sfiorato con la punta di un dito la serie dello shopping, che l'ha resa famosa. Ma in tutta sincerità, questa volta mi sembra che abbia trovato il tono giusto per molte orecchie.

@Aliceland:
Bene, per mia fortuna quello col doppio matrimonio me lo sono risparmiato. Da notare che, a parte il primo, anche quelli scritti col suo vero nome mi hanno innervosito assai. In teoria mettere la protagonista a fare qualche stupidaggine ci può stare e non ho niente in contrario, visto che di stupidaggini ne ho fatte e ne faccio tante anch'io, ma santo cielo, c'è pur un limite a tutto! Comunque c'è chi ne va matto. Qui la protagonista si mette ogni tanto nei pasticci, ma in modo molto credibile e umano. Insomma, la storia funziona e lo sfondo anche.