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lunedì 31 luglio 2017

Il bonus e i captivi (dura cosa è l'aggiornarsi)


E anche quest'anno per gli insegnanti è arrivato il bonus per l'aggiornamento: 500 euro croccanti e a corso legale da spendere in libri, biglietti di spettacolo, hardware e software e tante altre simpatiche cosarelle che servono a fare di noi dei docenti più bravi, più istruiti, più acculturati, più rilassati e con miglior conoscenza del viver del mondo. 
Al contrario dell'anno scorso il MIUR però non si è limitato a sbatterceli sul conto in banca. No, quest'anno dovevamo seguire una complicata procedura iniziatica per entrare in possesso di quei soldi.
All'inizio non si sapeva bene come, e nella mia santa ingenuità pensavo che ci arrivasse la solita tessera magnetica da strisciare da qualche parte per pagare. Invece a fine Ottobre è risultato che no, sarebbe stato un affare più complesso.
Dovevamo prima di tutto identificarci, poi grazie a questa identificazione ci avrebbero dato uno SPID. Una volta avuto lo SPID ci saremmo dovuti iscrivere da una qualche parte, con tanto di password e username, e da lì avremmo generato appositi buoni con i quali avremmo pagato i vari fornitori.
Sembra un po' contorto? Sì, lo sembra. Anche perché esso lo è.
Ma nemmeno nei miei incubi peggiori avrei immaginato che sarebbe stato così complicato.

Un bel giorno di Novembre, disponendo di una ora buca e del computer della Sala Insegnanti provvidenzialmente libero decido di avviare la procedura di identificazione per ottenere quel cazzo di SPID. Dopo attenta ponderazione delle varie possibilità, decido di identificarmi attraverso le Poste. Tutti abbiamo un ufficio postale dietro l'angolo, giusto? Quindi non dovrebbe essere un problema farsi identificare lì.
MA per identificarmi alle Poste volevano che prima mi iscrivessi (alle Poste come altrove, sia chiaro, non è che alle Poste fossero più rompini degli altri rilasciatori di SPID. Semplicemente, seguivano le istruzioni ricevute).
Prima domanda: perché mi devo identificare? Non basta un qualsiasi avallo della Segreteria di scuola? 
Lo stato ormai mi conosce. Conosce i miei dati, il mio codice fiscale, il mio casellario giudiziario, il mio stato civile e di salute. Ogni mese mi versa uno stipendio sul conto corrente, sa dove lavoro e dallo scorso anno sa persino che sono una insegnante meritevole, in base a criteri stabiliti dai miei amati colleghi. Come mai mi conosce abbastanza da versarmi tredici volte all'anno una retribuzione, per quanto non altissima, ma NON abbastanza da attribuirmi un modesto assegnuccio di 500 euro una volta all'anno?
Non è che fossi l'unica là dentro a pensarla così, s'intende, e tutti abbiamo deprecato la sciocchezza di doverci identificare. Ma siccome, una volta deprecato e criticato e lamentato e inveito contro questa deplorevolissima tendenza tutta italiana a complicare la vita all'individuo, la questione non si era spostata di un millimetro che fosse uno, alla fine ho avviato la complessa procedura di identificazione.
Intendiamoci, la procedura è effettivamente complessa e comprende tra l'altro l'inserimento del codice fiscale oltre che dei consueti dati anagrafici, oltre all'immissione di ben due diversi codici, uno ricevuto su casella postale e uno su cellulare. Tuttavia l'insieme non sarebbe stato così disperatamente complicato se il computer della sala insegnanti della scuola media di St. Mary Mead non avesse persistito a piantarsi alla quarta schermata. Ho poi scoperto che tutto il sistema funzionava "in modo ottimale" (ma vai a sapere se è vero) solo con Google Chrome, ma questo sulla circolare non era scritto.
Comunque, dopo il quarto tentativo ho chiuso tutto e sono andata a fare qualcosa di più produttivo, ben decisa a riprovare nel pomeriggio a casa mia.
Nel pomeriggio, a casa mia, il browser mi spiega che non riesce a stabilire una connessione sicura col sito richiesto. Stessa risposta mi dà nei giorni successivi.
Finché mi viene il dubbio che il problema sia nel mio computer, ormai anzianotto, e mi riprometto di riprovare col tablet.
E infatti col tablet va meglio, e riesco a richiedere il primo codice, quello che mi deve arrivare alla casella postale. Se non va bene il codice non c'è problema, mi assicurano nelle istruzioni, basta richiederne un altro.
Dopo quattro codici che non vanno bene al programma decido di abbandonare il tutto per riprovare nelle vacanze di Natale, quando la rete è più tranquilla e in pochi si preoccupano di ottenere il loro SPID.
Ahimé, una buona parte delle vacanze se ne va in affari al cui confronto la caccia a uno SPID imprendibile sembra un vero svago. Comunque, dopo la degenza e un bel po' di convalescenza, in Marzo decido che è il momento di riprendere in mano la situazione, anche perché sono di nuovo fisicamente in grado di andare alle Poste per identificarmi.

Così, un giorno in cui mi sento particolarmente bene (rispetto alla media del periodo) decido di ritentare l'avventura.
Arrivata al secondo codice che non vuole saperne di entrare chiamo il numero verde e spiego la situazione.
Mi spiegano che, in effetti, su certe versioni di Mopzilla ci sono dei problemi...
"Io uso Safari, non Mozilla".
Mi viene così spiegato l'arcano di Google Chrome.
Pur debilitata dal lungo e doloroso decorso dell'operazione, ho senz'altro abbastanza forza per ruggire.
"Non è scritto da nessuna parte che per avere questo bonus è necessario avere Google Chrome installato sul computer!".
"Ma non è necessario che lo tenga, può benissimo disinstallarlo, dopo" mi rassicura l'addetto del numero verde.
"Io non ho la minima idea di come si fa a installare e disinstallare un browser. Non l'ho mai fatto in vita mia e non ho nessuna voglia di provarci oggi".
Infatti la mia Regola Aurea col computer è: se tu non provi a giocare al Piccolo Informatico, lui farà il suo dovere. E' una regola che mi sono imposta sul campo, avendo avuto un bel po' di amici a cui giocare al Piccolo Informatico piaceva da pazzi e che hanno ridotto sull'orlo della crisi di nervi ben più di un computer.
Inoltre, dubito moltissimo che sul mio computer ormai anzianotto Google Chrome possa essere installato senza problemi. E comunque sulla circolare non sta scritto che io debba sapere installare un browser.
Pianto una grana che non finisce più allo sventurato addetto al numero verde, poi lo ringrazio comunque della consulenza e chiudo la chiamata.

In un lampo di ispirazione però decido, prima di cominciare il giro delle telefonate per sapere quale dei miei amici ha Google Chrome già installato, di fare un altro tentativo.

Sorpresa!
Tutto va liscio. Senza colpo ferire entrano prima il codice arrivato via mail e, un paio di schermate dopo, anche il codice arrivato via cellulare. Infine riesco a vedere, bella come un miraggio, la scritta che mi annuncia che ho finito l'iscrizione.

Felice e giuliva come mai nessuna ochetta lo fu corro festosa alle poste, dove la cortese impiegata avvia la procedura di identificazione... per poi scoprire che ho sbagliato a inserire il codice fiscale.
Ebbene sì. Ho sbagliato una lettera.
"Ma non può correggerlo lei?" provo a supplicare.
"No, io non posso farlo" mi assicura "Però è una procedura semplice, le basta rientrare nel sito".
Col mio consueto ottimismo,  le credo.

Arrivata a casa mi precipito nel sito. E cosa succede non l'ho capito ma tanto armeggio che scopro di essermi iscritta come utente poste in qualcosa che con lo SPID non c'entra nulla.
Infine riesco, non dico a entrare, ma almeno ad accostare il sito giusto e la registrazione giusta; l'unico problema è che non mi permette di cambiare i dati.
Richiamo il numero verde. Naturalmente mi risponde un altro operatore e quindi posso sciorinare tutta la storia e deplorare la mia triste sorte e soprattutto meravigliarmi molto per quel che mi dice su Google Chrome. Recito una bella sceneggiata indignandomi molto, che di Google Chrome la circolare non aveva parlato, e che modo di fare era, e io ero solo una povera insegnante che voleva il suo SPID... dopo qualche minuto lo ringrazio per l'assistenza e chiudo la chiamata.
Poi riprovo, e stavolta entro tranquillamente. 
Riscrivo il codice fiscale, lo controllo tre volte, do il comando di chiusura, poi torno alle Poste dove mi identificano senza colpo ferire.
Stremata ma soddisfatta torno a casa, dove mi concedo un parco spuntino per festeggiare il mirabile evento. 
"Domani entro nel sito del MIUR e provo a produrre il buono" mi riprometto.
Ma il giorno dopo ho l'ultimo controllo medico alla ferita, e dopo sono troppo debole e debilitata per affrontare il gran cimento e...

Ebbene sì, il buono è stato prodotto, anzi generato, soltanto la settimana scorsa, e non è stata una procedura indolore. Tra i vari intoppi il programma generatore di buoni (e mai nessuno che pensi ai captivi, imprigionati in questo dedalo informatico) si è piantato non meno di due volte e quando ho cercato di entrare nel sito è stato stabilito che non ero abbastanza affidabile e quindi necessitavo di un codice supplementare che mi sarebbe arrivato via cellulare. Al terzo codice comunque il programma si è degnato di prendere atto che esistevo e ha infine acconsentito a farmi entrare.
Per mia grandissima fortuna quest'anno dovevo generare un solo buono, che sarebbe prontamente stato fagocitato dal venditore di computer senza lasciarmene nemmeno una briciola; ma tremo in cuor mio al pensiero di cosa potrebbe succedere l'anno prossimo alla biglietteria del Teatro Comunale di Firenze.

Tutto ciò può almeno in parte, non dico giustificare, ma almeno rendere un po' più comprensibili le immonde scene cui si è trovata ad assistere la giovane libraia del blog omonimo, che all'argomento ha dedicato uno dei suoi racconti a fumetti più spassosi (quella messa all'inizio è solo una delle tante tavole) che consiglio a tutti di andare a leggere.
In conclusione: d'accordo, il Vero Insegnante Non Teme Il Ridicolo; ma non per questo dovrebbe cercare di coprirsene da capo a pié ogni volta che mette piede fuor di casa.

sabato 29 luglio 2017

Haeretica - Sulle favole e la loro molto lodevole mancanza di sessismo

Frequentando vari siti e gruppi più o meno femministi ogni tanto mi imbatto nel grave problema del Principe Azzurro, e qualcuno (di solito, in effetti, qualcuna) spiega che alle bambine non andrebbero lette le fiabe tradizionali, dove si parla di principesse in perenne attesa del suddetto Principe Azzurro, ma andrebbero loro somministrate versioni alternative delle fiabe, dove il Principe Azzurro non c'è o dove la Principessa di turno non se ne interessa preferendo dedicarsi ad altre attività (e talvolta queste versioni alternative vengono anche raccontate nei dettagli, e a me hanno fatto sempre venire il latte alle ginocchia, ma vai a sapere).
Ora, lungi da me voler inchiodare le giovani promesse del futuro al mito del Principe Azzurro o deprivarle di storie in cui si interessano di altro che del Principe Azzurro; ma una fiaba è una fiaba e le fiabe non sono sessiste né propagandano in alcun modo un modello femminile dove la principessa sta perennemente in attesa di venire salvata da un Principe, azzurro o di qualsivoglia altro colore.
Certamente la maggior parte delle raccolte di fiabe per bambini è composto con un canone piuttosto ristretto di di fiabe che poi sono quelle scelte dalla Disney per i suoi film: Cenerentola, la Bella Addormentata, Biancaneve... la Bella e la Bestia (?), la Sirenetta, Rapunzel... Va poi aggiunto che queste fiabe sono state spesso pesantemente riadattate per propagandare un determinato modello femminile che per gli americani sembra sia l'unico proponibile. Di recente è stato poi inaugurato un filone in cui la principessa dichiara di non volere alcun principe, che se vogliamo è solo un altro modo per propagandare quel modello, anche perché tutti intorno a lei la trovano strana per questo suo rifiuto eccetera. E va pur riconosciuto che tenere un bambino lontano dai film della Disney è un impresa assai faticosa e di scarso profitto, analoga a tentare di svuotare il mare con un setaccio o spalare l'acqua con un forcone. E di questo si può pure parlare, ma è chiaro che con Disney qualsiasi bambino deve pur fare i conti.
Il vero problema è però che le fiabe proposte ai bambini sono quasi soltanto quelle scelte dalla Disney, e spesso anche le illustrazioni richiamano i film.
Detto questo, le fiabe sono molto più numerose di quelle scelte dalla Disney, e propongono una visione del mondo dove vige una notevole parità dei sessi, anche perché lavorano su archetipi, e gli archetipi non hanno sesso. E infatti quasi sempre la stessa storia viene raccontata al maschile e al femminile, in un gioco di rimandi molto affascinante.
Prendiamo Cenerentola, che conserva sempre lo stesso titolo che si richiama alla cenere. Perché Cenerentola sì, è la fanciulla che va al ballo e trova il suo principe... ma è prima di tutto la fanciulla negletta e trascurata da tutti, che vive nella cenere del camino. Ma poi si alza, si scuote la cenere, si mette il vestito buono e va al ballo, dove è talmente bella che nemmeno la sua famiglia la riconosce.


Cosa è successo?
E' un semplice caso di trasformazione alchemica: stando nella cenere la fanciulla è maturata, come un uovo di fenice.
E solo le donne godono di questa mirabile possibilità? Niente uomini-fenice?
Ci sono naturalmente i vari casi con tre fratelli, di cui il terzo è considerato un idiota e che poi sarà quello che troverà il tesoro e soprattutto sposerà la principessa. Ma c'è soporattutto  Ceneraccio, un personaggio molto comune nelle fiabe norvegesi: si chiama Ceneraccio, o meglio è soprannominato così (anche Cenerentola ha un nome, ma di solito non lo conosciamo) e fa proprio quel che fa Cenerentola: sta accanto al fuoco, nella cenere. Poi un giorno si alza, si dà una ripulita e parte per il mondo. Sposerà la principessa, si capisce (qui una delle tante storie dove è protagonista). Ed è di umili origini, al contrario di Cenerentola che è stata privata del suo status da deplorevoli vicende familiari; va anche detto che di solito Ceneraccio lascia il suo nido di cenere dopo la morte del padre, quando i fratelli, che di solito sono due, gli ordinano di darsi una mossa perché non hanno nessuna intenzione di mantenerlo vita natural durante mentre sta a covare nella cenere.

Si potrebbe osservare che il personaggio di Cenerentola si trova praticamente in tutta Europa (tanto che credo sia l'unica favola ad avere non solo un balletto dedicato, ma perfino una bella opera di Rossini) mentre Ceneraccio è confinato tra le fiabe norvegesi - o almeno, io l'ho trovato solo lì.
Tuttavia, anche senza cenere, il carattere di Ceneraccio è diffusissimo nelle fiabe: il figlio minore, non considerato dai due fratelli maggiori e nemmeno dal padre, che tuttavia sarà quello che riuscirà nell'impresa... e sposerà la principessa. Né sono rari i figli unici, a volte contadini e a volte principi, che si distinguono per il buon carattere e la gentilezza d'animo (ma non per un loro particolare amore per la cenere) e che sposeranno la principessa, talvolta liberandola da qualche terribile incantesimo che le ha trasformate in animali o in brutte vecchie. Questi principi sopportano stoicamente di venire sposati a tope (sì, tope), cornacchie, ranocchie e vecchiacce finché la loro pazienza non verrà ricompensata.
Esistono povere spiantate che sposano il principe? 
Certo che sì, ed è un caso molto comune. Figlie di legnaioli, contadini, mugnai, bottegai, che salvano il principe dal solito orribile incantesimo o anche lo aiutano quando è ferito o cose del genere. In effetti nelle fiabe c'è anche una certa parità sociale: principi e poveracci sposano la principessa, mentre principesse e poveracce sposano il principe, talvolta conquistando il consorte a prezzo di atti eroici, qualche volta limitandosi a seguire le istruzioni dell'aiutante magico e talvolta guadagnandosi lo sposo grazie all'intelligenza (nelle Fiabe Italiane c'è Caterina, per esempio, fanciulla di spirito assai pronto che riesce a seguire una serie di istruzioni una più impossibile dell'altra). 
Talvolta semplicemente queste fanciulle si prendono cura di un animale ferito o infreddolito - nei fratelli Grimm abbiamo Biancarosa e Rosella che accolgono addirittura un orso... che chiede asilo perché fuori nella foresta fa un gran freddo; e sì, un orso che parla e che ha freddo forse potrebbe far nascere qualche sospetto, ma naturalmente le due fanciulle e la loro cortesissima madre non sanno di vivere in una favola.
Va pur detto che mentre talvolta i maschi, principini o figli di mugnai che siano, se ne vanno via di casa spontaneamente per "cercare fortuna" le fanciulle, povere o nobili che siano, molto raramente si muovono di loro spontanea volontà. Ma Pelle d'Asino non è l'unica che scappa volontariamente, senza essere cacciata da qualche matrigna crudele, onde evitare l'incesto: diverse protagoniste, nobili e non, se ne vanno per cercare una nidiata di fratelli trasformati in animali selvatici da qualche madre/matrigna imprudente o malvagia, ma talvolta anche per rincorrere il loro animale preferito o qualche giocattolo che gli sfugge di mano (e qui Zeus avrebbe molto da dire a riguardo, perché le ragazze che gli piacevano spesso venivano da lui catturate proprio in questo modo) - e anche i loro corrispettivi maschili partono spesso per rincorrere qualche uccello dalle penne d'oro o cerve bianche o lepri o simili, senza avere una vera intenzione di partire. Talvolta si va a fare una commissione e si perde la strada, altre volte si va a fare una commissione ma la cosa si rivela più lunga del previsto: e certo, se ti mandano a Est del Sole e a Ovest della Luna puoi anche immaginartelo da solo/a che non sarà affare di due ore. E naturalmente c'è il caso di Gerda che parte per ritrovare il suo compagno di giochi - e se non partisse Kay sarebbe ancora a pasticciare con le lettere di ghiaccio, perché anche lì c'è un incantesimo molto potente da spezzare.

Le principesse sono sempre belle? Quasi sempre. Un po' più frequente è il principe brutto, di solito per colpa di un incantesimo - ma la storia di Enrichetto del Ciuffo ha parecchio da dire sull'argomento: lì abbiamo due regine brave ed esemplari che hanno partorito in un caso una principessa bruttissima ma assai sveglia e una principessa bellissima ma di una stupidità  davvero notevole, nell'altro un principino singolarmente orrendo. 
Qualche volta la ragazza (principessa o meno) si ritrova sposata a un mostro: e sarebbe interessante sapere se l'idea originaria è stata di Apuleio o se è molto più antica (come personalmente credo, perché anche in questo caso si tratta di una storia iniziatica);  comunque sia, viene il momento in cui il Mostro sparisce e la sposa, principessa o figlia di contadini che sia, si deve dare parecchio da fare per riprenderselo, ritrovandolo alla fine immerso in un sonno mortale:
tu dormi a le mie grida disperate
e il gallo canta, e non ti vuoi svegliare
ricordava la nonna di Carducci. Ma alla fine lui si risveglia; e insomma nelle favole ci sono anche i principi addormentati da svegliare.
A questo proposito va tuttavia ricordato un caso in cui fa una certa differenza se ad essere addormentato è il principe o la principessa: perché il protagonista talvolta trova la principessa addormentata, la mette incinta e se ne va (per poi tornare, naturalmente) mentre non mi ricordo di aver mai trovato un caso in cui la protagonista mette incinta il principe nonostante le mie folte letture fiabesche. In compenso abbondano i casi in cui in un matrimonio, diciamo così, dall'apparenza stravagante, è lo sposo che rompe un divieto ed è poi costretto a cercare la principessa per mari e per monti fino al lieto finale.

Dunque nelle favole eroi ed eroine sono più o meno in numero pari e se una bambina ne legge in abbondanza non per questo rischia di stramazzare sotto un modello passivo e insulso che si limita a stare alla finestra in attesa di chi la salverà, purché il genitore abbia cura di cercare favole al di fuori del canone disneyano - o almeno di cercare la versione originale delle favole in questione, giusto per dimostrare alla giovane creatura in formazione che intraprendenza e spirito di inziativa - oltre, si capisce, a una gran pazienza e a uno spirito assai caritatevole che la spinga a nutrire vecchietti affamati o ad aiutare animali in difficoltà - sono sempre qualità molto utili sia per maschi che per femmine, in particolar modo se ti ritrovi nei dintorni di Faerie.

Potrei a questo punto aggiungere in tono molto acido che di tutto ciò le antologie delle medie non sembrano fare gran conto, presentando di solito una serie di favole talmente insulse e piatte e sforbiciate che l'eventuale sessismo è davvero l'ultimo dei problemi che danno. Potrei, ma siccome sono buona e cara e dolce non lo farò: al massimo dedicherò un garbato accenno a questo aspetto della questione - praticamente un impercettibile messaggio subliminale.

martedì 25 luglio 2017

Cornelius Fudge / Caramel, ovvero scegliere portati dalla piena

Se ci chiedessero una lista dei cattivi di Harry Potter, è molto improbabile che il ministro Fudge ci verrebbe in mente tra i primi - in effetti è molto improbabile che ci verrebbe in mente anche se ci chiedessero una qualsiasi lista dei personaggi più notevoli di Harry Potter. E' presente in sei volumi su sette, ma non si fa notare molto. In compenso influisce con una certa forza sulle vicende, ed è anche uno stronzo di notevole levatura* - stronzo e anche incapace. Ma all'occorrenza piuttosto gioviale.

Fudge in inglese è una torta morbidosa, di quelle a più strati ricoperte da una o più glasse, non necessariamente rigide: una fragile corazza per un cuore morbido, più esattamente molle. Nella prima traduzione si chiamava Caramell, con un richiamo a quei dolci al cucchiaio di cui fanno parte i creme caramel ma anche i budini, la panna cotta, la crema bavarese e simili: dolci composti essenzialmente di uova e latte (o panna) e che si mangiano col cucchiaio. Non era una brutta traduzione, e va detto che fudge per il lettore italiano non è una parola particolarmente evocativa, anche se qualsiasi dizionario può soccorrerci facilmente.
Questa è una chocolate fudge cake. Abbastanza simile a una Sacher, in effetti

Insomma, un perfetto uomo politico, di quelli destinati al successo e di cui gli storici si domandano perplessi "Ma come ha fatto costui a trovare qualcuno che lo prendesse sul serio abbastanza da dargli un qualche incarico?".
Perché i tipi come Fudge di solito fanno una brillante carriera, sorpassando senza difficoltà persone assai più preparate e capaci di loro - e una volta arrivati al potere, evitano con cura di prendere decisioni impopolari, per quanto necessarie possano rivelarsi; perché, com'è noto, le decisioni impopolari sono brutte, fastidiose, scomode cose che fanno fare tardi a cena.
In tempi tranquilli (ma esistono tempi tranquilli?) i Cornelius Fudge non fanno troppi danni e anzi non fanno proprio niente a parte qualche insulso provvedimento che non lascia tracce; ma se le circostanze richiedono un qualche tipo di capacità, persone come lui producono di solito grossi danni e chi prende il loro posto si ritrova costretto a gestire l'impossibile - di solito fallendo clamorosamente (ogni riferimento a Rufus Scrimgeour non è casuale).

Sentiamo parlare del ministro Cornelius Fudge (nella prima traduzione Cornelius Caramell) già nel primo libro, quando Hagrid accompagna Harry a Diagon Halley e gli racconta di Silente che ha rifiutato di fare il Ministro della Magia e però quello che al momento è il Ministro in carica non fa che chiedergli consiglio. Vabbé, il lettore al momento è convinto che Hagrid sia il classico Gigante Buono Ma Non Necessariamente Astutissimo (imparerà solo più avanti che Hagrid è sempre attendibilissimo, tranne forse quando parla di animali interessanti, verso i quali è a volte un po' troppo parziale) e quindi prende la cosa con le molle.
Ad ogni modo, per quanto Silente possa essere liberale con i suoi consigli, nel corso della saga Fudge evita con cura di seguirli non appena hanno l'apparenza un po' scomoda - e a volte Silente gliene dà di scomodissimi (e sempre molto validi, si capisce, se solo Fudge avesse la pur minima intenzione di scomodarsi a seguirli).

Incontriamo dal vivo il Ministro Budino nel secondo volume quando, nonostante il parere contrario di Silente, fa arrestare Hagrid per la questione della Camera dei Segreti.
"Io sto ricevendo un mucchio di pressioni. Bisogna far vedere che si sta facendo qualcosa" spiega a Silente. Del resto i precedenti di Hagrid sono contro di lui, e in effetti arrestarlo sembra la cosa più facile. Soprattutto, tra la scelta di arrestare un innocente (perché i precedenti di Hagrid sono contro di lui, ma le prove no) e quella di contraddire il potente Lucius Malfoy, non c'è nemmeno da porsi la questione, per il ministro.
Il primo incontro ufficiale tra Harry e il Ministro avviene però solo all'inizio del terzo volume, quando un preoccupatissimo Harry, appena scappato da Privet Drive dopo aver gonfiato l'insopportabile zia Marge, ha una gran paura di venire espulso da Hogwarts. A sua volta, scopriremo poi, il Ministero della Magia e una discreta fetta del mondo magico sono preoccupatissimi per la scomparsa improvvisa del Ragazzo Che E' Sopravvissuto, perché temono sia stato rapito e ucciso da Sirius Black. Cornelius si mostra gentile, quasi paterno, rassicura Harry che non ci saranno conseguenze per quel piccolo incidente (via, non si finisce certo ad Azkaban solo per aver gonfiato una zia!) e anzi si occupa di trovargli una stanza al Paiolo Magico perché il ragazzo passi il resto delle vacanze estive in Diagon Alley, dove la comunità magica ne avrà gran cura sorvegliandolo con molta attenzione.

Ritroviamo il Ministro alla fine del libro, quando partecipa al processo in appello contro Fierobecco - un processo talmente garantista che insieme a Fudge arriva anche il boia ufficiale del mondo magico per procedere all'esecuzione del povero grifone. Più avanti Piton cercherà di convincerlo che l'evasione di Sirius Black, appena catturato, è opera di Harry Potter - ma per quanto abbia in effetti ragione, le circostanze sono tali che l'accusa non viene nemmeno presa in considerazione. 
Resta il fatto che, per scelta del Ministro Budino, Hogwarts è stata impestata per tutto l'anno dai Dissennatori, che alla fine hanno addirittura cercato di somministrare il loro famigerato bacio a Harry e Ron. Lo sventato Cornelius si mostra molto colpito da questo incidente: "Oh sì, dovranno andarsene. Non avrei mai immaginato che avrebbero cercato di somministrare il Bacio a un ragazzo innocente... del tutto incontrollabili... no, li farò rispedire ad Azkaban questa notte stessa..." dimenticando i che i suoi amati Dissennatori si sono mostrati fuor di controllo praticamente dall'inizio dell'anno, come Silente non ha mancato di ricordargli più volte.

E' solo alla fine del Calice di Fuoco però che Cornelius Fudge si rivela in tutta la sua micidiale storditaggine: accorso ad Hogwarts dopo l'incidente di Cedric si porta dietro un Dissennatore a mo' di scorta (ma allora è un vizio?), il quale Dissennatore appena vede Bartemius Crouch junior non trova di meglio da fare che succhiargli via l'anima con il Bacio, trasformandolo così in un vegetale. In questo modo Crouch non potrà più testimoniare e tutta la vicenda della resurrezione di Voldemort diventa una semplice fantasia di Harry Potter. 
Per la prima volta Harry lo vede per quel che è, e ne rimane sbalordito:
"Aveva sempre pensato a Caramell come a un uomo gentile, un po' chiassoso, un po' pomposo, ma fondamentalmente buono. E ora davanti a lui c'era un piccolo mago iroso, che si rifiutava categoricamente di accettare l'idea che il suo comodo mondo tranquillo potesse venire turbato... che si rifiutava di credere che Voldemort potesse essere tornato".
Davanti al comportamento del Ministro Minerva McGonagall dà in escandescenze per la prima e unica volta in tutta la saga, e lo stesso Silente, che lo conosce molto bene, non gli risparmia parole decisamente taglienti: "Sei accecato dall'amore per la poltrona che occupi, Cornelius! (...)  Te lo dico ora: prendi i provvedimenti che ti ho suggerito, e verrai ricordato come uno dei più grandi e coraggiosi Ministri della Magia che abbiamo mai avuto. Scegli di non agire, e la storia ti ricorderà come l'uomo che si è fatto da parte, quello che ha concesso a Voldemort una seconda possibilità di distruggere il mondo che abbiamo cercato di ricostruire!".
Come sappiamo, Cornelius sceglierà di non agire e si farà da parte, negando la possibilità che Voldemort sia davvero tornato, nonostante il racconto di Harry e perfino nonostante la testimonianza di Piton che non esita a esibire il suo Marchio Nero, tornato improvvisamente attivo e pulsante. Negherà tutto, rifiuterà di allontanarsi dai suoi amati Dissennatori perché "metà di noi dormono sonni tranquilli solo perché sanno che i Dissennatori fanno la guardia ad Azkaban", e del resto, lo caccerebbero via solo per averlo suggerito, e non si può provare ad allearsi con i Giganti perché la gente ha paura dei giganti... 

Fudge è in buona fede, o più esattamente è convinto di esserlo. L'idea del ritorno di Voldemort fa parte di quelle cose brutte e scomode che ti fanno fare tardi a cena, la gente rischia di spaventarsi se diffondi la notizia, e del resto la notizia non può essere vera, è troppo scomoda per essere vera. Il confortevole mondo di Cornelius rischierebbe di andare in pezzi, se accettasse la possibilità che Potter e Silente e Piton stiano dicendo la verità, così lui chiude la porta e dichiara che si tratta solo di una assurdità causata dalla fantasia troppo accesa di un adolescente (dimenticando però che l'adolescente in questione è il massimo esperto vivente su Voldemort). 
L'unica vera scelta che Cornelius Fudge fa dunque è una non-scelta: si sfila, si tira indietro e dichiara che quel che sta succedendo non sta affatto succedendo. Non è una scelta insolita per un politico - Manzoni descrive molto bene questo tipo di comportamento nel capitolo dedicato alla peste, quando in tanti decidono d'ufficio che la peste non esiste e quand'anche esistesse non sarebbe lì - ed è una scelta che porta inevitabilmente a risultati disastrosi.

Saldamente attaccato alla sua comoda poltrona e ai suoi amati Dissennatori, Cornelius Fudge  separa la sua strada da quella di Silente: già all'inizio dell'Ordine della Fenice vediamo che gli ha tolto le più pregiate onoreficenze, ha ridotto notevolmente i suoi poteri ad Hogwarts e ha avviato una campagna stampa contro l'inaffidabile e visionario Harry Potter;  trova anche qualcuno che lo capisce, una sorta di anima gemella: Dolores Umbridge, che senza un suo esplicito ordine costruisce per Harry la trappola dei Dissennatori in Privet Drive, per obbligare Harry a reagire con un incantesimo e poterlo così incastrare in un processo davanti al Wizengamot.
Anche se basato su una buona base di inganno, il processo non è truccato: i giudici sono imparziali e ascoltano sia il racconto di Harry che quello di Silente, prestando grande attenzione alla testimonianza della Maganò Arabella Figg, per poi finire per assolvere il ragazzo con formula piena. Cornelius però ha comunque fatto del suo meglio per truccare le carte, retrodatando l'ora dell'udienza per poter svolgere il processo in contumacia e soprattutto tenere lontano Silente - un procedimento più che illegale, oltre che una vera porcata.
Costretto a condurre comunque il processo, visto che l'accusato ha avuto la malagrazia di presentarsi, per giunta con Silente al seguito (e davanti a Silente Fudge soffre un vistoso complesso di inferiorità, del resto pienamente giustificato) il Ministro cerca di giocare ogni carta per ottenere una sentenza di colpevolezza, minacciando Silente, rievocando le vecchie infrazioni di Harry - compreso l'episodio della zia gonfiata due anni prima, per l'occasione diventata una gravissima infrazione e non più una ragazzata.
La giuria però non si lascia ingannare. Più avanti Silente pagherà a caro prezzo la sua difesa di Harry, ma sul momento Fudge è costretto ad accettare il verdetto della corte.

Una scena abbastanza simile (salvo il fatto che in apparenza Silente ne esce sconfitto) si ripeterà molti capitoli dopo, quando grazie alla delazione di Marietta Edgecombe il gruppo di studio autonomo chiamato l'Esercito di Silente viene scoperto. Accorso ad Hogwarts per godersi l'arresto del pericoloso e lunatico Harry Potter, Cornelius si vedrà nuovamente sbarrare la strada da Silente, che riuscirà a fargli credere che si trattava in realtà di una sua iniziativa per togliergli il Ministero con un colpo di mano.
Un lampo d'improvvisa comprensione brillò sul volto di Fudge. Arretrò di scatto, inorridito, lanciò un grido e balzò di nuovo lontano dal fuoco.
"Tu?" bisbigliò, rimettendosi a calpestare il mantello bruciacchiato.
"Proprio così" annuì amabile Silente.
Il Ministro si mostra ferito, indignato e furente - soprattutto, abbocca come una carpa; da tempo probabilmente si era convinto che tutte quelle strane storie sul ritorno di Voldemort fossero solo abili manovre con cui l'ambizioso Silente cercava di strappargli la sua amata poltrona; e dunque cerca di arrestare il suo pericoloso rivale.
Come sappiamo il tentativo di arresto viene gestito da Silente con la consueta abilità (o meglio stile, come osserva giustamente Phineas Nigellus dal suo ritratto) e in sostanza né Cornelius Fudge né Dolores Umbridge ottengono granché: dopo una sparizione molto teatrale Silente rientrerà nel suo ufficio (o almeno così si suppone) mentre Umbridge, nominalmente preside di Hogwarts, non riuscirà mai più a metterci nemmeno la punta di un piedino.

Il terzo e ultimo confronto tra Fudge e Silente all'interno dell'Ordine della Fenice si situa alla fine del romanzo, dopo la drammatica battaglia del Ministero, e più che un confronto è un massacro in piena regola: piuttosto confuso, Cornelius arriva nell'atrio del Ministero mentre lo scontro si sta concludendo:

Ma nonostante tutta la sua buona volontà, il Ministro è infine costretto a dare credito alle numerose testimonianze dei maghi che si affollano intorno a lui... e ai suoi stessi occhi:
"Per la barba di Merlino... qui... qui!... nel Ministero della Magia!... cieli supremi... non sembra possibile... parola mia... ma come può...?".
Davanti al suo insignificante balbettìo e alle sue patetiche rimostranze, Silente risponde con  istruzioni molto precise: "Tu darai ordine di allontanare Dolores Umbridge da Hogwarts. E dirai ai tuoi Auror di smetterla di dare la caccia al mio insegnante di Cura delle Creature Magiche, così potrà tornare al lavoro. Stanotte ti concederò mezz'ora del mio tempo: sarà più che sufficiente per informarti di quanto è successo qui. Dopo di che dovrò tornare alla mia scuola". 
La deposizione di Fudge dal Ministero inizia in quel momento, quando Silente gli dà ordini come se fosse un sottoposto di basso rango e si autorinomina preside di Hogwarts.
Da quel momento Fudge riceverà solo ordini. Nel giro di pochi giorni sarà costretto a dimettersi.

Osserviamo meglio questo passaggio attraverso i suoi colloqui col Primo Ministro dei babbani, all'inizio del sesto libro: prima amichevole e un po' borioso, nel corso degli anni Cornelius si mostrerà sempre più debole e incapace financo di spiegare la situazione al  ministro babbano, attonito (ma non sprovveduto nella gestione del potere):
"Deve fare qualcosa! In quanto Ministro della Magia è sua responsabilità!"
"Mio caro Primo Ministro, non può onestamente credere che io sia ancora Ministro della Magia dopo tutto questo! Sono stato cacciato tre giorni fa! La comunità magica al completo ha chiesto le mie dimissioni per quindici giorni di fila. Non li ho mai visti così concordi in tutto il mio mandato!".
E infatti a quell'ultimo colloquio Cornelius non arriva in qualità di Ministro della Magia... ma come lacché incaricato di presentare il nuovo ministro Scrimgeour al ministro babbano.

L'ultima apparizione del Ministro Torta la vediamo al funerale di Silente: 
Cornelius Caramell li oltrepassò, diretto alle file davanti, con l'aria derelitta, rigirando la bombetta verde come al solito
Anche lui è venuto a rendere omaggio all'uomo che vedeva troppo lontano perché lui potesse capirlo, e che ha cercato di trasformare in avversario perché era troppo scomodo come alleato: scomodo, e rischiava di fargli fare tardi a cena.
Di lui non sapremo più niente, e non ce ne fregherà un accidente: persone come lui non meritano nemmeno la curiosità dei lettori.

*in italiano "stronzo" sta ad indicare sia una persona di scarsissima levatura intellettuale che una persona scorretta e di ridotti scrupoli morali. Il ministro Budino è sia l'una che l'altra cosa.

venerdì 21 luglio 2017

Il parrucchiere di Harare - Tendai Huchu

Nel mio percorso di cautissimo approccio ai Misteri dell'Africa Nera sono sbarcata su questo romanzo, che è breve ma denso, interessante, fa riflettere su tante cose e soprattutto è proprio bello - che in un romanzo, se vogliamo, ha pure una sua importanza.
Il libro è del 2010. La casa editrice terre di libri l'ha stampato nel 2014 e poscia messo in circolazione, ma visto che si tratta di un editore con un catalogo di cinque libri cinque e dunque non esattamente un colosso della Grande Distribuzione, non so quanto abbia effettivamente circolato. Un po' sì, comunque, visto che alla biblioteca locale l'hanno comprato. Aggiungo che ha un rapporto qualità-prezzo davvero eccellente, mentre di solito questi piccoli editori, per rientrare con le spese, tendono a spennarti alquanto.
L'ho trovato durante una minuziosa opera di spulciatura degli scaffali giusto a caccia di romanzi africani (mi era mancato il fegato di andare a chiedere ai pur disponibilissimi bibliotecari "Vorrei una roba un po' africana, ma scritta da qualcuno che sia africano davvero, non un giornalista e poi deve parlare dell'Africa vera, non di quella mediterranea").
L'autore è africano (anche se adesso vive in Irlanda) e, volendo andare un minimo più sullo specifico, dello Zimbabwe, ovvero in alto a destra proprio sopra la Repubblica del Sud Africa.  Africa seria, insomma, quella con i leoni e la foresta tropicale - e un sacco di diamanti, detto per inciso.
Ex colonia inglese, sulla carta non sembrerebbe nemmeno passarsela tanto male; ad ogni modo una bella fetta della popolazione ha un pingue reddito intorno ai due dollari americani al giorno, mentre una piccola fetta è ricca e straricca. In mezzo c'è il cosiddetto ceto medio che - sorpresa! - di recente si è impoverito.
Come in tutti i paesi del mondo e in particolare in quelli africani il parrucchiere è un centro sociale di grande importanza e la scelta del taglio di capelli e del tipo di pettinatura è un affar serio, soprattutto per le donne delle fasce più ricche (anche perché quelle povere non hanno certo i soldi per pagarsi le cifre folli richieste da certi trattamenti e dal paziente lavoro richiesto da una acconciatura a treccine). Lavorare da un parrucchiere, specie nella capitale, ti mette dunque in contatto con la classe dirigente del paese, e in effetti già il fatto di lavorare, in un paese con un tasso di disoccupazione del 90 per cento 90, ti inserisce in una fascia economica piuttosto privilegiata; anche se una parrucchiera può avere i suoi problemi economici come tutti, specie se è una madre nubile con una bambina a carico e da poco è stata messa al bando dalla famiglia per una questione di eredità.
Vimbai, la protagonista, è la prima parrucchiera in un negozio assai quotato,  per intendersi l'abile maga che con la sua abilità attira le clienti più pregiate, quelle che cercano proprio lei. Gode quindi dei privilegi di Colei di Cui Non Si Può Fare A Meno e in questa posizione privilegiata è abituata a crogiolarsi, nonostante le molte difficoltà economiche dovute alla decisione di mandare la sua bambina in una scuola privata, di quelle che possa garantire un futuro alla piccola, e di vivere in una grande casa (il risultato dell'eredità contesa), ma soprattutto ad un tasso di inflazione degno della repubblica di Weimar, dove i preventivi di un lavoro non si possono fare con troppo anticipo perché i prezzi aumentano di giorno in giorno e dove spesso il baratto sostituisce i normali pagamenti in carta moneta.
E improvvisamente arriva lui, Dumisani, il parrucchiere del titolo. 
Un uomo che fa il parrucchiere?!?
Sì, ed è anche molto bravo. E bello, e simpatico, con un fascino tutto particolare e una grande abilità nel trattare con le clienti, e porta con sé un repertorio di pettinature nuove e aggiornatissime e un talento speciale nel mettere in risalto la bellezza di ogni cliente.
Insomma, non un parrucchiere, ma il parrucchiere dei sogni di ogni donna. Manca solo di scoprire che resuscita i morti e moltiplica pani e pesci.
Risultato: la supremazia di Vimbai viene messa sempre più in pericolo, i suoi privilegi si dissolvono come neve al sole e ben presto perfino la sicurezza del suo amato (e raro!) posto di lavoro comincia a diventare tutt'altro che garantita. La già travagliata vita di Vimbai si trasforma così in un incubo.
Dumisani però la prende quasi subito in simpatia e nonostante sul lavoro le faccia ripetutamente le scarpe, in privato è molto amichevole. I due finiscono presto per vivere insieme per convenienza economica, ma più avanti la convivenza si trasforma in un legame affettivo che sfocia in un fidanzamento. E improvvisamente scopriamo che Dumesani fa parte di quella ristretta fascia di persone che può contare su un reddito praticamente infinito. Famiglia ricchissima, potentissima... e amichevolissima, che accoglie la spiantata parrucchiera quasi fosse l'arcangelo dell'Annunciazione. L'incubo diventa così una bella favola a lieto fine fin quando...

C'è una sorpresa finale, anzi parecchie sorprese finali, di cui in precedenza sono stati seminati indizi a pioggia per tutto il romanzo pur non dando al lettore motivo di credere che ci sia alcunissimo mistero sul quale seminare indizi.
Il libro è ben scritto e ben costruito, ma soprattutto presenta una carrellata di personaggi davvero interessanti - in particolare la protagonista, che conta una invidiabile serie di chiaroscuri. Non è troppo buona, non è troppo simpatica ma si finisce per identificarsi con lei fin nel midollo perché è meravigliosamente umana. In effetti sarei davvero contenta di leggermi qualcos'altro dell'autore, se qualche editore si desse da fare.

Con questa segnalazione (che va benissimo anche se ve ne fregate alla grande sia del Botswana che dell'Africa Nera, ma non se le storie di madri nubili col problema di dare un futuro alla figlia vi lasciano indifferenti, perché in quel caso davvero fareste bene a cercarvi qualcos'altro) partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti buone letture al mare, sui monti, sulle colline e sulle rive dei laghi - ma anche sul terrazzo di casa.

mercoledì 19 luglio 2017

Manuale del Perfetto Insegnante - Come scegliere un perfetto libro di storia

Colgo l'occasione per un doveroso omaggio a un grande scrittore e attore che ci ha lasciato pochi giorni fa. Eva, spero che gradirai ^_^

Occorre primieramente ricordare che l'insegnante che cerca un Perfetto Libro di Storia è prima di tutto un insegnante di Lettere, con tutte le caratteristiche del caso - una premessa magari un tantinello ovvia, ma che può essere d'aiuto per meglio comprendere alcune sfumature della questione.

Il Perfetto Insegnante non ha grosse pretese, quando cerca un buon manuale di storia: per accontentarlo è sufficiente che il testo sia economico, robusto, non troppo pesante per lo zaino di un povero ragazzo ancora in crescita, accuratissimo sul piano storico, scritto in un linguaggio accurato ma scorrevole, molto chiaro, ben impostato graficamente, brillantemente illustrato, con ricchi box di approfondimento sulla vita quotidiana delle varie epoche, dotato di abbondanti e congrui congrui esercizi e coincidente in tutto e per tutto con la visione e le conoscenze storiche dell'insegnante. Purché il libro risponda a questi requisiti minimi, verrà senz'altro adottato.
Tuttavia la scadente editoria scolastica contemporanea sembra incapace di rispondere a queste poche ma basilari richieste, soprattutto quando si tratta di coincidere in tutto e per tutto con la visione storica del singolo docente, e dunque al momento di scegliere il manuale di storia, ivi è sempre pianto e stridor di denti e lamentele accoratissime e senza fine.
"Non c'è il genocidio armeno!
"Non c'è la piramide feudale!
"C'è anche qui la piramide feudale, e per di più ai tempi di Carlo Magno,!maledetti!"
"Ci sono troooppi concili

"Il passaggio da Comune e Signoria è fatto veramente col culo!
"C'è troppo poco Illuminismo
"Non si parla delle fucilazioni dopo Caporetto
"Ossignore no, le brioche di Maria Antonietta no!
"E questa sarebbe la Guerra dei Trent'Anni?
"Gli squadristi del fascio qui sembrano gentiluomini vestiti in frac!
"Il fascismo ha anche avuto aspetti positivi da non sottovalutare"
"Vabbé, se le foibe devono raccontarle in questo modo tanto vale non raccontarle affatto, non ci si capisce niente!
"E la Terza Internazionale? Se la sono mangiata, la Terza Internazionale?
"Ma due righe sulla questione balcanica non potrebbero mettercele? I ragazzi che ne sanno della questione balcanica se non gliela spieghi?
"L'Affaire Dreyfus qua semplicemente non esiste
"Come si fa a raccontare la Guerra dei Cent'Anni in due paginette scarse?" "Dieci righe sulla Magna Charta, ma si può?
e via lamentando, deprecando e criticando.
Il punto è che, quando c'è tutto - l'affaire Dreyfus e la Guerra dei Cent'Anni con annessi e connessi e la crisi dell'impero ottomano e l'assedio di Vienna e la differenza tra galera e caravella, la rivolta di Vandea e la Terza Internazionale e la Repubblica di Roma e le decimazioni dopo Caporetto, il libro risulta di una lunghezza improponibile.
"Sì, d'accordo, è un libro fatto bene, ma come si fa a fare tutto? Qua tocca tagliare,e parecchio"
"Sì, ma è tutto collegato, qua dentro, si taglia male. Tanto vale prendere questo che è più corto"
"Ma non c'è l'affare Dreyfus, e sulle squadracce non dice quasi niente!"
"E' vero, ma c'è la Terza Internazionale".
"E a guardare bene c'è anche il Codice Napoleonico, ben sette righe. Più tre quarti di pagina dedicati a Josephine Beauharnais. Cioè, cosa ci importa di Josephine Beauharnais?"
(Beh, non è escluso che, finito il libro, le brillanti vicende di Josephine Beauharnais siano quel che ai ragazzi restano più impresse di tutto quel tumultuoso periodo, e alcuni particolari sono davvero divertenti. Ma stiamo divagando).

Il problema non è solo la lunghezza del libro, ma i tempi tecnici necessari. Per fare il genocidio armeno e le foibe e la questione balcanica e la conquista dell'Impero non basta il tempo, semplicemente, nemmeno in quegli orari dove ci sono tre ore di storia a settimana.
"Ma non possono comprendere la rivoluzione francese con tutte le sue implicazioni se non hanno fatto bene l'Illuminismo!".
Probabile che dei ragazzi di tredici anni scarsi abbiano qualche difficoltà a comprendere a fondo tutte le complesse implicazioni della rivoluzione francese; anzi, molto probabile: a tutt'oggi, per molti storici la rivoluzione francese presenta tuttora numerosi aspetti oscuri, e non è certo l'unico argomento che li vede divisi, perplessi e dubbiosi. Tuttavia è opportuno tenere nel debito conto che la gran parte degli alunni si guarderà bene dal capire sia l'Illuminismo che la rivoluzione francese e che, quand'anche gli avvenisse di riuscirci, ben presto avrà cura di sgombrare dal suo cervello ogni traccia di nozioni su Illuminismo e rivoluzione francese per occupare quello spazio con qualcosa che gli interessa di più - perfino quelli che più avanti nel tempo diventeranno storici di professione.
D'altra parte è probabile anche che i fanciulletti, finito il corso di storia delle scuole medie, abbiano ancora davanti a sé una lunga esistenza (e se disgraziatamente così non fosse, il fatto che non abbiano conseguito una adeguata e completa preparazione storica non necessariamente sarà il primo dei rimpianti in chi li ha amati, insegnanti compresi) dove sia l'Illuminismo che la rivoluzione francese avranno, forse, ancora delle carte da giocare. 
Hanno un futuro, anche se il Perfetto Insegnante tende a dimenticarsene e talvolta ha l'impressione che, fuori dalle sue abili mani, la povera creatura sarà destinata a vagare in un deserto didattico popolato solo di incapaci e privo di quasivoglia possibilità di apprendere alcunché.

Nessun manuale di storia potrà mai parlare di tutto, soprattutto alle scuole medie, e quand'anche ci riuscisse nessuna classe potrà mai studiare tutto quel che c'è in quel libro e tenerlo a mente in modo adeguato. E' una verità amara, ma va coraggiosamente accettata.
E allora accorre che il Perfetto Insegnante si dia una calmata e provi a stabilire alcune priorità, che non devono necessariamente essere le stesse con ogni classe e in ogni periodo - anche perché la storia, di anno in anno, cambia: a seconda degli anniversari e degli avvenimenti contemporanei certi temi aumentano o calano di importanza. Sì, perfino la rivoluzione francese. Anniversari, congiunture politiche, congiunture internazionali e persino romanzi o telefilm di gran voga rendono improvvisamente attuali avvenimenti che era abitudine confinare nelle note a piè di pagina o riassumere in un paio di esercizi.
Fare un manuale di storia per le scuole medie è impresa davvero difficile, quasi al di sopra delle umane forze, tanto che alcuni editori rimediano prendendo qualche manuale più o meno di buon livello per le superiori e si limitano a sforbiciarlo. Il risultato è orripilante e si riconosce facilmente per il lessico troppo spocchioso e la comparsa di personaggi importanti solo se collegati a temi che di solito alle medie non si affrontano, tipo la buonanima di Ottone III di Sassonia.
Qualcuno invece rimastica manuali che trenta o quarant'anni fa avevano molti titoli di merito, e si possono riconoscere dalla mancanza di personaggi oggi tenuti in gran conto ma soprattutto da una schiacciante presenza di re e regine cui si contrappone una notevole carenza di comuni mortali e in particolar modo  di comuni mortali che non abitino in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra e Germania.
Alcuni manuali sono però di fattura recente, e costruiti con un impianto nuovo che allarga la visuale a tutta l'Europa arrivando addirittura a lambire un po' di Asia e di Africa e persino il continente americano. In modo superficiale, spesso, e del tutto slegato a quello che tuttora viene considerato il vero asse portante della storia: Italia, Francia eccetera eccetera. Comunque ci provano, e magari un giorno impareranno a farlo bene o il Perfetto Insegnante smetterà di considerare la storia cinese come un blocco unico che passa dai mandarini col codino ai comunisti senza che in mezzo ci sia nient'altro.
Tutti questi manuali, assolutamente tutti, hanno lacune, errori, travisamenti, interpretazioni non convincenti (specie per il singolo Perfetto Insegnante, che come già detto è dotato di una sua particolare e specifica visione storica da cui non transige) e un sacco di ciarpame. Alcuni però sono raccontati molto bene. Scorrono. Si lasciano leggere. Non infilano troppi nomi, troppe date, troppa dialettica tra i ceti dell'aristocrazia terriera e della borghesia mercantile, troppe considerazioni profonde, troppe seghe mentali. Costoro di solito seguono anche un filo narrativo che, pur tagliando qua e là con l'accetta, ha una sua coerenza interna, il che è di un certo conforto al povero alunno - e anche se non c'è il genocidio armeno, magari ci sono delle foibe ben spiegate o una Guerra dei Trent'Anni narrata in modo chiaro.
Alcuni di questi virtuosi manuali hanno perfino una bella linea del tempo o comunque una qualche cronologia che permetta al giovinetto implume di districarsi senza troppo affanno in un mondo che gli è quasi completamente ignoto (e non per colpa sua, visto che a scuola ci viene per imparare); e alcuni addirittura spingono il loro virtuosismo fino a chiudere il capitolo con un grosso close, che è poi un riassunto del capitolo con alcuni spazi da riempire con qualche parola che nel capitolo viene ripetuta fino a sfinimento - una categoria di esercizi non molto utile a Geografia, ma assai preziosa a Storia.

In conclusione: il Perfetto Insegnate di Storia deve sempre tenere presente che non tutti gli alunni sono Perfetti Alunni di Storia (nemmeno quelli che passano per le sue abili mani), e che alle medie il Perfetto Manuale di Storia deve adempiere soprattutto a due specifiche funzioni: farsi leggere e aiutare l'alunno (anche quello non particolarmente perfetto) a collocare alcuni fatti principali nel secolo giusto. 
E la Storia maestra di vita che ci aiuta a capire il presente? E il genocidio armeno? E la Terza Internazionale? E la rivolta dei decabristi?
Se ci sono, bene. E se proprio non si trova traccia del genocidio armeno il Perfetto Insegnante può sempre dedicargli una lezioncina a parte, magari allegandoci qualche agghiacciante brano da La masseria delle allodole in lettura.
Perché un Perfetto Insegnante di Storia dovrà ben fare sfoggio della sua perfezione, almeno ogni tanto.