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venerdì 8 gennaio 2016

Mio figlio è un fenomeno. Amorevoli disastri dei genitori nello sport giovanile - Fabio Benaglia

Il libro che presento questa settimana mi è passato tra le mani per puro caso: quando ho portato la mia prima in visita turistica alla biblioteca di St. Mary Mead la bibliotecaria, che dispone tra l'altro di una bella voce e legge meravigliosamente bene, ha offerto qualche assaggio da tre libri; uno era questo.
Visto l'interesse che ha suscitato nei ragazzi l'ho preso in prestito e, oltre a leggerlo per conto mio, ne ho anche letti vari passi in classe. 
Si è rivelata un esperienza a doppio taglio perché, se da una parte la classe ascoltava con grande attenzione, subito dopo e senza alcuna necessità di incoraggiamenti da parte mia partiva una lunga discussione condita di aneddoti personali e zittirli per poi passare alla consueta lezione di grammatica non era affare di poco conto. D'altra parte sono state discussioni piuttosto interessanti e ho imparato molte cose su di loro senza dovermi scomodare a fare domande personali o altro. 

E' un saggio sul rapporto dei ragazzi con lo sport e, soprattutto, sui rapporti delle famiglie con lo sport praticato dai loro figli. Non è necessariamente indirizzato ai ragazzi e qualsiasi adulto che abbia a che fare con dei giovinetti troverà la lettura molto utile. In effetti si parla di sport, ma il problema del genitore convinto di avere un fenomeno per figlio è purtroppo vecchio come il tempo e spazia per molti campi, dalla musica classica al mondo dello spettacolo. In questi anni però le attenzioni genitoriali puntano soprattutto verso lo sport - o meglio, i genitori delle fasce medio-basse hanno scoperto lo sport dei figli come possibilità di ascesa sociale, laddove un tempo si preferiva indirizzarsi verso campi più colti, come la musica o la danza classica, e il fenomeno riguardava in prevalenza fasce sociali più alte.

Si parla insomma di quel fenomeno ormai relativamente comune per cui una partita tra due squadre delle medie può finire, con grande confusione e imbarazzo dei giovani giocatori, in una rissa ben condita di insulti tra genitori, non necessariamente delle due squadre avversarie, o in aggressioni vere e proprie verso l'arbitro e gli allenatori, accusati di non aver arbitrato correttamente o di non aver valorizzato nel modo giusto i pregiati fanciulli affidati alle loro mani.
Le risse tra genitori sono, naturalmente, solo la punta di un inquietante iceberg con cui ogni insegnante si ritrova prima o poi a battere le corna: ragazzi e ragazze sottoposti ad intensi allenamenti troppi giorni alla settimana, che tornano a casa tardi la sera dopo partite, trasferte e allenamenti, che vanno scarrozzati su e più per tutta la regione e assai raramente trovano il tempo e l'agio per studiare almeno lo stretto indispensabile o anche per frequentare la scuola con una certa regolarità e che le famiglie evitano con cura di riportare con i piedi per terra, estirpando anzi con decisione quei barlumi di buon senso di cui il giovanetto o la giovinetta possono essere ancora provvisti - insomma la terribile sindrome del "ho un campione in casa", che copre un ampio spettro di possibilità che vanno dai genitori che si aspettano una carriera strepitosa escludendo a priori qualsiasi altra possibilità a quelli che, semplicemente, spingono troppo oltre l'onesto e legittimo tifo con cui ogni genitore appoggia i giovani sportivi di casa.

In 125 pagine scarse il libro, che si basa su un ampio lavoro di interviste a genitori, allenatori, dirigenti sportivi, tecnici e giornalisti descrive il punto di vista delle famiglie, delle società dilettanti e professioniste e dei loro cauti tentativi di arginare il genitoriale entusiasmo (e talvolta, ahimé, la genitoriale follia) con una ricca aneddotica quasi sempre rigorosamente anonima. Il lavoro è infarcito di gustose scenette dall'aria assai autentica ed è di lettura scorrevole anche per un lettore molto giovane.
La prefazione è di Maurizio Viroli, le note di Dionigio Dionigi e l'editore è Il Ponte Vecchio, di Cesena. Il prezzo è di 11 euro.
Molto consigliato anche per le biblioteche scolastiche.

Con questo post ritorno finalmente, Telecom permettendo, a partecipare al Venerdì del Libro di Homamademamma dopo un assenza del tutto indipendente dalla mia volontà e auguro felici letture a tutti quelli che passano di qua.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Uh ne potrei raccontare molti di aneddoti... Dalle mamme che urlano spaccagli le gambe ai papà che pagano per far visitare mulanello con relativa sessione di allenamento (ripeto pagato come per andare a Gardaland) e gonfiare il petto perché il suo ottenne ha buone possibilità...
Agrimonia

Anonimo ha detto...

Ovviamente era Milanello...

Aliceland ha detto...

Sono certa che il libro sia godibilissimo, perché parla di cose che tutti hanno vissuto....preferibilmente in terza persona :-)
È la classica situazione che tutti stigmatizzano e sembra che nessuno ne sia protagonista, un po' come chi-ha-votato-Berlusconi ...hahaha!

Stefania ha detto...

Un tema sempre attuale... con la mia famiglia ho sempre seguoto mio fratello che giocava a calcio da quando aveva sei anni (quest'anno ne compie 40 e gioca ancora!) ed ora è il turno dei miei figli (pallavolo e calcio)...
E ci sono sempre state situazioni come quelle che descrivi tu e che sono proposte dal libro. Lo cercherò... poi, dopo averlo letto, lo presterei a qualcuno... ;-)

Eva ha detto...

UH aneddoti a go-go anche per me!
Quando avevo 13 anni iniziai a frequentare gli allenamenti di pallacanestro...ero una pippa infatti lasciai dopo un mesetto, preferendo il più tranquillo ambiente del nuoto, ma le mie compagne continuarono e la squadretta divenne una squadra di adolescenti davvero bravine!Ora il "punto nero" erano i genitori invasati che premevano sull'allenatore affinchè facesse scendere in campo una figlia più dell'altra, sino al punto che un paio di "babbi" decisero di "affiancare" l'allenatore negli allenamenti...
FACCIO NOTARE CHE ERA TUTTO A LIVELLO AMATORIALE.....
La goccia che fece traboccare il vaso fù una polemica nata tra uno di questi solerti babbi ed il povero nome della squadra: "olimpia LIBERTAS"....Egli iniziò a sbraitare ed inveire contro allenatore e sponsor della squadra inquanto PRESUNTI luridi "democristiani"....il nome, innocentissimo, fu cambiato con quello della ditta dove lavorava il suddetto "babbo"...la fanciulle continuarono a giocare meno allegre di prima...poi nacque una nuova polemica perché in squadra c'erano un paio di ragazzine (le più brave!!!!) NON di Arezzo ma di Anghiari(provincia di Arezzo....nta bene!). Alcune scuse erano:"quelle due sono forestiere non ci devono stare sennò un vòle dire più che siam d'Arezzo"...notare il fine italiano! e fù così che il bravissimo ( ma sreassatissimo) allenatore sciolse la squadra....dopo alcuni anni di sofferta resistenza.....a volte chi l'ha dura non la vince....eheheeheheh

Eva ha detto...

volevo scrivere "STRESSATISSIMO allenatore"

Murasaki ha detto...

Sì, purtroppo non è un fenomeno recentissimo... e volendo si potrebbe trovare una ricchissima aneddotica anche nei decenni passati.

Eva ha detto...

In primis dico che è molto carino il libro e mi ha fatto ripensare a quegli anni in maniera ironica, anche perché ci sarebbe stato davvero bisogno di scriverci un "giornaliero" per poi pubblicarlo nel vernacoliere o affini!!
Ciao e grazie come sempre per i consigli d "buona lettura" che ci dai!