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giovedì 5 novembre 2015

Life Skills Strikes Back - La gestione delle emozioni - 1

Terzo anno di Life Skills, e prima puntata della nuova serie.
La Life Skill gettonata stavolta è stata la "Gestione delle Emozioni". Un po' pilotata, sospetto, perché la tenutaria del corso è arrivata con un mazzo di emoticon e ne ha distribuita una a testa e dovevamo spiegare perché ci rappresentava o non ci rappresentava in quel momento.
In realtà parecchie volevano l'empatia. Così ho improvvisato un collegamento sul fatto che  un insegnante sa gestire bene le emozioni in classe quando è in empatia con gli alunni, e lo stesso vale per gli alunni quando sono in empatia tra loro. La prima parte di questo funambolismo verbale è stata apprezzata, la seconda, non so perché, è stata ritenuta improbabile.
Suppongo che molti vedano la classe come qualcosa di cui l'insegnante ha il timone, mentre io non ci ho mai creduto molto - o meglio, la mia teoria è che l'insegnante tiene il timone se i ragazzi sono convinti che è bene così e glielo lasciano tenere - il che non sempre avviene, soprattutto alle medie dove l'utenza è un filino capricciosetta.

Sono tornata a casa navigando in un piacevole fiume di considerazioni, pensieri sparsi, embrioni di idee e brandelli di pensieri che fluttuavano cercando di combinarsi tra loro.
Stamani, mentre provavo a collegarli un po' mentre sorseggiavo il caffè e cazzeggiavo piacevolmente nella mia sessione mattutina di caccia al tesoro, una considerazione si è affacciata:
d'accordo, la gestione delle emozioni degli alunni. Insegnargli a gestirle. Provare a fargliele analizzare. Un lavoro da sciamano, insomma. 
Ma non ci sono solo gli alunni, in classe. 
L'insegnante sa gestire le sue emozioni?
Forse potremmo partire da questo. 

Scartiamo le emozioni esterne: la mia amica del cuore si sta separando, ho trovato mio marito a letto con mia cugina, mia figlia ha dieci giorni di ritardo, mia madre si è rotta il femore, il mio gatto ha una grave infezione e non sanno come curargliela. Quasi sempre tutto questo resta fuori dalla classe, almeno a livello cosciente, per poi ripiombarti addosso appena lasci l'aula.
Ma ci sono le emozioni strettamente legate alla classe. Le sappiamo gestire?
Mmmmhhhh. 
Con gli anni si impara, naturalmente, ma questo lavoro, nel bene e nel male, è nuovo ogni giorno.
Direi però che un elenchino si può provare a farlo. Strettamente personale, perché so una sega io delle emozioni degli altri.
Penso a una candida classe che mi aspetta fiduciosa per conoscermi e la prima emozione che mi viene in mente, limpida e forte è
LA PAURA.

Le nuove classi mi fanno paura. Tanta. Il mio stato d'animo al primo ingresso in aula non teme confronti nemmeno con quello di un tenore dell'Aida la sera della prima della Scala (Se quel guerrier io fossi, avete presente?)



quando l'incubo della stecca a voce ancor fredda inquieta anche le ugole più virtuose.

Seguono, a distanza abbastanza ravvicinata
L'ESASPERAZIONE sapientemente frammista alla FRUSTRAZIONE quando la classe ha fermamente deciso che quel giorno non ne vuol sapere della lezione che vuoi propinargli, o quando risulta chiaro che la lezione che gli hai propinato la volta scorsa è scivolata sulle loro penne come acqua sul più liscio dei marmi, oppure quando ha stabilito, senza consultarti, che oggi non si fa lezione, si perde tempo e basta.

E non ci sono emozioni positive?
Sì che ce ne sono, ma possono essere molto ingannevoli e dietro di loro si affaccia spesso lo spettro del pericolosissimo AUTOCOMPIACIMENTO, emozione infida quant'altre mai in questo lavoro, e foriera di grandissima DISILLUSIONE con conseguente pericolo di CROLLO DELL'AUTOSTIMA, che è un emozione con cui ogni insegnante fa i conti una trentina di volte al giorno come minimo - e quello, il crollo dell'autostima, non lo sa gestire nessuno, perché di per sé stessa l'autostima che crolla è il chiaro segnale di emozioni non accortamente gestite, e insomma l'unica cosa che si può fare nei casi gravi è aspettare pazientemente che passi - un po' come si fa con il raffreddore (comunque non è sempre colpa dell'autocompiacimento, oh no: si possono avere crolli micidiali nell'autostima anche e soprattutto in presenza di esasperazione, frustrazione e, naturalmente, anche della paura).

Pòle l'insegnante imparare a gestire le sue emozioni attraverso piccoli comportamenti virtuosi che migliorino il clima nella classe?
E' quello che vedremo, se mi viene un idea.

9 commenti:

Eva ha detto...

MAMMA MIA che bella riflessione!! Ecco tutto quello che posso dire.
Aspetto
Onesta soprattutto e sincera come ti mostri sempre, pur conoscendoti solo in maniera virtuale.
Vorrei essere tua alunna, piucchealtro per tornare indietro nel tempo, al periodo più felice, entusiasmante e proficuo della mia carriera di studentessa!
Ecco forse anche solo quei 4 insegnanti che sono riusciti a gestire le proprie emozioni, pur mostrandoci un pochino il loro "vero io"(tipo il mitico prof. di italiano che il primo giorno di scuola entrò in classe all'improvviso, ci vide tutti seri e silenziosi, quindi improvvisò e salì apposta sopra i nostri banchi per attaccare le cartine geografiche, chiedendoci se poteva scendere con un salto carpiato, spiegando di essere il bidello...fino ad arrivare alle letture, con lui, dello Spoon River che ci commossero tanto in 2^media o a majakovskij e Pasolini), sono quelli che ci hanno aiutati di più nella maturazione e formazione di carattere e coscienza critica.
Spero di non essere andata "fuori tema"...era(ed è)spesso un mio difetto...Ciao, Grande

Eva ha detto...

la parola "Aspetto" mi son scordata di cancellarla..un c'entra nulla!!

Murasaki ha detto...

E perché fuori tema? Voi alunni siete l'altra faccia della nostra medaglia, è sempre interessante sentirvi, anche molti anni dopo.
Il tuo prof che salì sui banchi facendo finta di essere il bidello... grandissimo. Con quel gesto si presentò e vi disse moltissime cose, di lui e di come voleva lavorare con voi. Un biglietto di presentazione molto ben riuscito. Gestire le emozioni non vuol dire nasconderle, vuol dire saperle usare in modo positivo, per tirare fuori il meglio di sé. Lui, senza dubbio, ci riusciva.
Grazie.

Eva ha detto...

Ecco sì era ed è proprio così. L'ho scritto molte volte, so che sono ripetitiva e daltronde la mie esperienza è questa. Questa persona è stata importantissima per tutti 24 noi ragazzini e lo è tutt'ora; anno scorso abbiamo festeggiato il 30ennale del nostro annuale "raduno", una cena insieme...quasi tutti 24 anche perché alcuni sono andati a vivere lontano per lavoro, alcuni pure all'estero.
Bella storia, davvero, di successo professionale e soprattutto umano. La auguro a tutti voi insegnanti.
Prego e grazie a te, sempre carissima!

Melchisedec ha detto...

Si impara con l'esperienza a gestire le emozioni strettamente legate alla classe, è la parte più spinosa del nostro lavoro; una gestione non controllata delle emozioni ci fa rischiare grosso a tal punto che, in alcuni casi, si compromette la relazione umana irrimediabilmente. Mi è successo nel passato e il pericolo è sempre in agguato, quindi fattore da monitorare in ogni momento della vita scolastica.
Come succede a te, anche per me la prima volta in una classe è sinonimo di paura, crolla ogni certezza.
Mi sta a debita distanza l'autocompiacimento, raramente mi ubriaco di me. E tollero poco i colleghi di siffatta specie o meglio quelli che lo mostrano consapevolmente.

Anonimo ha detto...

Paura di una classe che non si conosce ma anche paura quando la classe si conosce bene. Ricordo un anno terribile in una scuola potremmo dire di "frontiera". Ogni giorno era una guerra. Essere sopravvissuta a quell'esperienza mi ha aiutato a gestire, e soprattutto a non prendere troppo sul serio, rabbia frustrazione e paura del nuovo. In fondo molto spesso anche la classe ha paura del nuovo insegnante!
Ornella

Murasaki ha detto...

@Mel:
immagino che le emozioni cambino a seconda del carattere (anche se la paura credo che valga davvero per parecchi): io per esempio ho, come si dice, un eccellente rapporto con la mia aggressività, ma non ricordo di essermi mai arrabbiata davvero in classe: anche quando tuono e lampeggio è "in funzione didattica".
Quanto all'autocompiacimento no, nemmeno per me è un problema, perché quand'anche mi cogliesse per un attimo, la classe riesce a rimettermi in riga nel giro di pochi minuti. Mi domando come fanno quei colleghi che lo sfoderano con tanta disinvoltura, e mi sono fatta l'idea che non siano molto sinceri, ma in molti casi faccia parte di una specie di training. Spesso comunque mi suona falso - per quanto, certo, non si possa mai dire con sicurezza.

@Ornella:
Vero, essere sopravvissuta ad una classe di frontiera ti aiuta a ridimensionare tante cose e a non trasformare i sassolini in montagne insormontabili - cosa molto utile perché gli insegnanti amano molto drammatizzare, forse per scaramanzia, forse per... boh?

la povna ha detto...

Per me esasperazione e noia sono le più rischiose, perché se mi annoio finisce tutto. E poi una certa passione per gli eccessi, che anno dopo anno imparo a controllare. Invece la pratica teatrale mi ha guarito della paura in pochi anni, tanto che c'è stato proprio un cambiamento: paura i primi tre anni, desiderio autentico di iniziare negli altri. Essere nella stessa scuola in questo aiuta, però. Rimane ovviamente quel senso di thrilling, ma quello fisiologico prima di iniziare la rappresentazione, direi.

Murasaki ha detto...

Naturalmente c'è un tipo di paura che contribuisce a caricarti. Nel mio caso però credo che sia autentica: le novità mi spaventano, le nuove conoscenze mi spaventano... figurarsi un intera classe nuova.
Un buon corso di teatro farebbe un mondo di bene a tutti noi, invece - come pure un bel corso di impostazione della voce, e invece l'uno e l'altro sono offerti agli insegnanti solo sporadicamente. Eppure, se tutto il mondo è un palcoscenico e la scuola ancor di più, e se recitare fa così bene ai nostri alunni, altrettanto dovrebbe fare a noi.